"Boca Chica, Repubblica Dominicana: il mio cuore è rimasto là..."

Racconto di viaggio 2010

di Fabio Mantello

 

Come riuscire a descrivere Boca Chica a chi non ci è mai stato?

E' un posto difficile da comprendere immediatamente e lo diventa ancora di più se si parte prevenuti negativamente, avendo magari letto articoli nei vari forum che ne parlano in una determinata maniera. L'opinione, la propria opinione va fatta esclusivamente vivendo le esperienze in prima persona. In quanti modi diversi può essere descritta una stessa persona a seconda di chi la conosce sotto differenti aspetti, in diverse situazioni, con diversi “scopi”?

Posso ascoltare il parere di un uomo, ad esempio, che ha incontrato una data ragazza e con lei ha avuto un semplice e disinteressato rapporto di amicizia. Mi può capitare di sentire parlare della medesima ragazza da un altro uomo che ha tentato di intraprendere con lei una relazione amorosa, venendo rifiutato. Magari sempre casualmente posso trovare colui che invece è stato ricambiato e ne è tuttora innamorato. Pensate che tutti mi descriveranno la stessa ragazza? Al di là di come sia veramente questa donna e di che carattere possa avere, ognuno me ne parlerà differentemente. Il “respinto” me la descriverà in maniera pessima e magari anche denigratoria, colui che l'ha amata me la esalterà come una dea, mentre l'amico parlerà di lei sotto un altro profilo e così sarebbe se avessi discusso con un suo collega di lavoro. Tutto questo per dirvi che non bisogna credere a tutto ciò che si scrive.

 

Boca Chica è come una donna difficile da capire subito (oddio, spesso le donne non si comprendono dopo anni, quindi...).

I primi giorni che vi ho passato sono stati quasi traumatici, anche (e forse soprattutto) per quel maledetto fuso orario che non riuscivo a smaltire e che mi faceva crollare sul letto non più tardi delle 19 (beh, per me sarebbero state le 2 italiane...) e perché non riuscivo a capire che razza di posto fosse quello. Mi sembrava strano, complicato ma non mi sono arreso e grazie all'aiuto di una persona davvero speciale (Nicoletta, la proprietaria della struttura dove ho soggiornato) sono riuscito ad entrare nello spirito del luogo.

La terza sera vengo infatti “trascinato” fuori a forza e scopro cosa è “la Duarte” (o meglio la Calle Duarte) di notte. Di giorno è una normalissima via piena di negozi dove i turisti possono comprare souvenir di tutti i tipi, ma di notte...

Alle 19 di ogni giorno la strada viene chiusa al traffico (è spezzata in due parti da un incrocio che viene però scarsamente affrontato dai veicoli) ed i vari bar e ristoranti ne prendono possesso, inondandola di tavolini e sedie. La musica la fa da padrona e ritmi di bachata, merengue, salsa ed il più' “moderno” (ma a mio modo di intendere la musica anche meno piacevole) reggeton le danno colore.

Il tramonto ai Caraibi è netto, dura pochi istanti e già alle 19:30 è buio totale, non ci sono vie di mezzo.

La popolazione della Duarte vive e cambia allo stesso modo. Le famiglie scompaiono e per chi come me va a conoscerla per la prima volta, lo choc è assicurato. Donne a perdita d'occhio.

Donne caraibiche a perdita d'occhio. Dominicane ed haitiane (emigrate in quei posti specialmente dopo l'ultimo tremendo disastro che quella terra eternamente sfortunata ha subito non molti mesi fa) in cerca di un “novio” (il termine locale per indicare la parola italiana “fidanzato”) rendono la Duarte qualcosa di incredibilmente bello.

Il mio choc era dovuto dal fatto che la proporzione tra donne ed uomini era circa di 8 (se non 10) a 1! Se considerate poi che la stragrande maggioranza era composta da bellezze veramente notevoli... beh, immaginatevi con che difficoltà riuscivo a trattenere i miei occhi all'interno delle “apposite” orbite.

Ho letto di violenza, di pedofilia, di spaccio di droga, di luoghi pericolosi per i turisti... tutte balle, credetemi. Sono rimasto molto attento a tutto ciò che mi circondava ed in nessun posto ho visto bambine che si prostituivano o che venivano accalappiate, spacciatori e delinquenti vari. La Polizia da quelle parti poi funziona davvero bene, è efficiente e, pensate, che i commercianti locali (buona parte dei quali italiani) pagano di tasca propria gli straordinari notturni della Polizia Municipale per garantire un'ulteriore sicurezza ai turisti anche dopo il calar del sole. Credetemi, ho avvertito un minor senso di sicurezza a Sharm El Sheikh ed anche in Italia...

La Duarte... lo choc di essere “abbordati” (certo, capita a volte anche in modo troppo esplicito con “palpamenti” come fulmini a ciel sereno) da ragazze bellissime ed eternamente sorridenti.

Già il sorriso delle persone di quei posti... regalano sempre un sorriso a chiunque, anche se non hanno niente e tanto meno un motivo per sorridere, ma lo fanno lo stesso perché hanno l'invincibile sogno che il futuro sarà migliore e che essere vivi è già un valido motivo per ringraziare Dio.

Alle donne della Duarte si può dire di no o magari soffermarsi con una di loro, senza per questo “cadere” in una trappola per turisti fessi.

Non chiamatele prostitute, perché non lo sono, assolutamente no per come le intendiamo qua in Italia. Da giovani solitamente vengono messe incinte da connazionali che avendo il terrore di assumersi responsabilità scappano e le lasciano da sole. Le famiglie le aiutano come possono ma la povertà (quella VERA, non quella di chi non riesce a comprarsi l'ultimo modello di iPhone o di chi magari ha difficoltà ad arrivare con i soldi alla quarta settimana del mese: là non arrivano neanche alla prima!) è tremenda e talvolta può capitare che per il semplice “sopravvivere” una ragazza vada una sera sulla Duarte per cercare un piccolo, misero guadagno. Il turista che ne conosce una e capisce il tipo di essere umano che è, spesso la tiene con sé per tutta la sua vacanza, condividendo con lei pranzo e cena e magari facendole dei piccoli regali (piccoli perché per noi 8 euro non sono niente, mentre per la gente di quei posti è tantissimo). Alla fine della vacanza sa che per lo meno per quei sette giorni ha fatto stare bene una bella persona e si sente un po' meno stronzo per aver creduto di andare a Boca Chica per rinverdire il fasto dello sfigatissimo stallone italiano (a pagamento).

Non si va a Boca Chica per il sesso o meglio non ci si ritorna per quello, dato che basta recarcisi una volta per capire che era veramente da coglioni credere che quel posto fosse un casino a cielo aperto.

 

Boca Chica è mare (caldissimo... nel pomeriggio la sua temperatura è solitamente di 32°), è spiaggia (sabbia chiara che non fa bruciare i piedi quando la si percorre), è frutta (che scorpacciate di mango ed ananas... in 2 settimane ho perso 3,2Kg stando benissimo e non facendomi mancare le colazioni favolose nel bar pasticceria della Duarte), è soprattutto sorrisi (come potrò mai dimenticarmi quelli di Tania, quella dolce bambina che la mattina passava per la spiaggia a vendere a 5 pesos l'una le banane che acquistava a 4 pesos: è la prima volta che avrei voluto adottare una creatura).

Io ho avuto la grande fortuna di conoscere Nicoletta (del Playa Marina) e tantissime altre persone (molte delle quali lavorano con lei) ed ora sono “cotto” di Boca Chica. Certo, ho avuto anche un'altra grandissima, enorme fortuna: di aver trovato una ragazza dominicana bellissima della quale mi sono innamorato follemente. Quel posto è diventato una droga e la crisi di astinenza a soli 2 giorni da quando sono ripartito per l'Italia è pazzesca. Devo ritornarci, lo farò ed anche se adesso la vita qua mi sembra assurda, le persone fredde ed i loro comportamenti e “vizi” insensati... dovrò riuscirci il prima possibile perché non mi sono mai sentito a casa come da quelle parti.

Si, yo quiero Boca Chica.

 

Fabio

vgaplanets@email.it

 

 

 

 

 

 

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