Cile / Isola di Pasqua

Diario di viaggio 13 febbraio -  6 marzo 2013

di Nadia R.

Augusto viajesyviajes@hotmail.it

www.ilregnodicondy.it

 

Mercoledi –giovedi 13-14 febbraio

Comincia la nuova avventura. Viaggio tranquillo, arrivo a Santiago dove i doganieri ci sequestrano Maria (per un limone! ) e Lidia (per le mandorle!), ma poi ce le dissequestrano  e si parte per l’hotel. La guida che ci aspetta (per fortuna lo sarà solo per oggi!) è uno zombi che quasi non parla. Comunque, dopo l’hotel, iniziamo un breve tour per la città.                   Davanti  al Palazzo della Moneda e alla statua di Allende il pensiero corre a quell’indimenticato 11 settembre del 1973, alle speranze morte quel giorno, ai terribili mesi ed anni che seguirono, a Victor Jara e Violeta Parra, ai tanti desaparecidos anonimi, al “pueblo unido jamas sara vencido”.

Un po’ di commozione al ricordo delle tante manifestazioni per l’orrore di quei giorni lontani.

Oggi Santiago sembra aver dimenticato, una città vivace, animata, pulita, molto moderna, grattacieli accanto a edifici più antichi, un bel mix. Plaza de Armas, la bella Cattedrale (dove recuperiamo il disperso Guido), il Mercado Central, la collina di Santa Lucia e poi di San Cristobal, che domina la città.

             

               La Moneda                                             Salvador Allende

 

Venerdi 15 febbraio

Svegliatici alle 4 ( e non sarà l’unica levataccia!), partiamo in volo per Calama e di qui a San Pedro de Atacama, il villaggio in uno dei deserti più aridi del mondo. Paola consegna al grande Capo una frusta e un fischietto per gli eventuali trasgressori (ma non ce ne saranno!). Ci accoglie il bravissimo Claudio, nostra guida, buon italiano, grande disponibilità e professionalità. E siamo a San Pedro, paesino divenuto turistico ma ancora molto integro, le case di adobe (mattoni di argilla), la piazzetta alberata, la bianca chiesa coloniale con le strutture in legno di cactus, il sacro vulcano Llicancabur a regnare su tutto, con il suo cono perfetto e le sue nevi eterne.

Nel pomeriggio partiamo per la straordinaria escursione alla Valle della Luna, una conca immensa di montagne bianco-marroni, un anfiteatro grandioso cui fa da splendido sfondo la Cordigliera delle Ande dalle cime innevate. Brillano i cristalli di sale, svettano le gigantesche torri di pietra, i pinnacoli d’arenaria, simili a stravaganti sculture, le profonde spaccature e le alte dune di sabbia. Uno spettacolo indimenticabile!

Quindi la Valle della Morte in mezzo ad un vento che soffia furioso e poi il tramonto ,dolcissimo, dove pian piano le ombre rosa,chiare e scure, coprono la Cordigliera: tanta bellezza e poi …tanto pisco chiudono la giornata.

 

 

 

                                               Valle della Luna

 

Sabato 16 febbraio

Altra giornata strepitosa! Nostra meta è il Salar de Atacama. Dopo le consuete, esaurienti e piacevoli spiegazioni di Claudio ed alcune fermate lungo il tragitto, siamo alla nostra meta, il Salar. E’ ciò che resta di un mare preistorico, è il cuore del deserto  questa grande distesa di tormentate rocce bianchissime di sale con al centro la meravigliosa Laguna Chaxa. Fenicotteri rosa si specchiano nelle acque rosa-verdi , quasi immobili,e sembrano doppi nel riflettersi nella laguna, così come vi si riflettono, in una vastità che lascia senza fiato, la corona dei vulcani innevati e i ghiacciai tutt’attorno. “ Un quadro vivente” dice  Sara; “ il mondo all’inizio” dice Teresa. Ci fermiamo a pranzo in un delizioso paese andino, Socaire e poi le lagune Miscanti e Meñiques, luccicanti laghi blu zaffiro tra ondulati vulcani marroni dalle cime bianche, terra rossa e arbusti gialli che si muovono al vento.

Breve sosta a Toconao, poi in pochi ce ne andiamo al Museo Paige, che ricostruisce con numerosi e interessanti reperti la cultura Atacameña, oggi del tutto dimenticata.

               

         Laguna Chaxa                                                       Altopiano

 

                      Laguna di Miscanti

                                                        

Domenica 17 febbraio

Con oggi si chiudono queste tre splendide giornate. Si parte alle 4,30, stracoperti per il grande freddo, ci accompagna una Via Lattea di eccezionale luminosità mentre costeggiamo i rilievi andini ancora scuri nella notte in direzione del Tatio. Tatio, ossia “vecchio che piange”, grandioso scenario della Cordigliera che sovrasta la terra fumante di geysers: sembra l’Inferno dantesco, con le persone che si aggirano oscure tra il vapore e l’acqua che zampilla! I geysers me li aspettavo più alti, ma lo spettacolo è comunque bellissimo, anche perché, mano a mano che avanza il sole, brillano sempre più nitidi gli arbusti, le montagne, le vigogne e l’acqua stessa.

Tutti rinunciamo al bagno (troppo freddo) e ci lanciamo in una ricchissima colazione. Ripartiamo e il paesaggio è sempre splendido mentre arriviamo a Caspana, il più bello dei paesini visti. Un paesetto che arriva dopo una strada che sembra non portare a nulla e lo vedi dall’alto, costruito sotto alti speroni rocciosi, pieno di colori. Mais e frumento, cipolle e patate sulle pareti tagliate a terrazzo, e al centro un piccolissimo fiume .quasi un torrente, caprette e asini. Un paese immobile, fermo nel tempo, un piccolo presepe vivente.

Claudio ci illustra davvero bene le caratteristiche della cultura Atacameña, poi di nuovo verso Chiù Chiù e infine al meritato riposo a San Pedro.

          

                                             Geyser del Tatio

 

          

                                                   Caspana

 

Lunedi 18

Giorno di trasferimento, solita sveglia alle  4! Volo Calama – Santiago- Puerto Montt, dove ci aspetta la nuova guida, Gabriel che non brillerà. Andiamo in bus a Puerto Varas, graziosa cittadina turistica, che sorge sulle rive del suggestivo lago Lanquihue, tra due alti vulcani innevati, l’Osorno e il Calbuco. Trascorriamo il resto del giorno passeggiando piacevolmente tra qualche edificio coloniale tedesco, mercatini (ma l’artigianato è scarso, più che altro lane grezze colorate, belle da vedere ma poco portabili!), baretti, aria tersa e cielo azzurro sul lungolago e tanti cespugli di rose. La cena per molti di noi è al Gordito, pesce vario,ottimo e abbondante.

 

Martedi 19

Oggi è il giorno di Chiloè, la Isla Grande, isola di tanti miti e leggende narrate da Coloane che è nato qui, e da Sepùlveda.Verdissima, metà terra e metà acqua, con ondulate colline dalle linde fattorie, mandrie di buoi e pecore,tanti fiori colorati.

La visita inizia dal capoluogo, Castro, con la splendida chiesa di San Francesco, dai due svettanti campanili, tutta gialla all’esterno,tutta di legno all’interno. Quindi breve  giro in barca per vedere i famosi palafitos, le palafitte dipinte a colori vivaci che colorano piacevolmente la zona costiera. E poi gli altri paesini,come Dalcahue e Ancud, e, nella minuscola isola di Quinchao, il paese di Curaco de Velez dalle bellissime case a due piani in legno di scandole, a scaglie, di diversi colori; poi le altre chiesette di legno a tinte vivaci, una più bella dell’altra, tutte Patrimonio Unesco, per le quali l’isola è famosa.

Dopo un’ultima occhiata da un Mirador ce ne torniamo,molto tardi, ma che splendida giornata e che meravigliosa isola!

        

                                            Castro

 

Mercoledi 20

Costeggiamo il bel lago con dietro il magnifico vulcano Osorno; pian piano la nebbia si alza e vince il sole, mentre una soffice barriera di nubi bianche brilla sempre più. Ma eccoci al Parco  Rosalez, alle cascate del rio Petrohuè. Si percorre un breve sentiero con una leggera nebbia che rende l’ambiente più misterioso. Dietro, l’alto vulcano innevato; davanti a noi, la forza impetuosa del fiume che si fa strada tra le nerissime rocce laviche e una vegetazione che fa da naturale contorno.

Quindi ci imbarchiamo sul catamarano che ci condurrà, attraverso il lago Todos Los Santos, a Peulla. Acque verdissime e placide che scorrono tra alte pareti di roccia, rigogliosa vegetazione, cielo azzurro. A Peulla ci dividiamo: chi vive l’avventura del canopy, chi il safari tour, altri, come me, si incamminano per un  bel percorso a piedi, che costeggia il lago, ricco di coloratissimi fiori. Pranzo e rientro tranquillo.

       

                                                  Rio Petrohuè

Giovedi 21

Volo per Punta Arenas e trasferimento a Puerto Natales, con la nuova guida, Mario,che mi pare subito svelto e preparato e che parla un ottimo italiano. Sono i primi momenti nella stramitica Patagonia e sono emozionata. Superata P. Arenas,- città industriale relativamente nuova di stile europeo- ci immergiamo finalmente nell’infinito. Quel che colpisce subito è l’immensità del tutto, la mancanza di confini, la scarsa presenza umana; compaiono solo i piccoli struzzi, i cespugli, gli alberi mentre costeggiamo lo Stretto di Magellano,dove finisce la Cordigliera delle Ande per ricomparire nella Terra del Fuoco come Cordigliera Darwin.

Mentre Mario ci racconta tanto di questo paese (la guerra col Perù e la Bolivia, i rapporti con l’Argentina, e naturalmente Allende e il golpe ), osservo questa terra magnifica, le montagne sullo sfondo, le mille sfumature di verde e giallo degli arbusti, i piccoli specchi d’acqua, le pecore al pascolo, mentre il vento pettina gli alberi e il cielo è un gioco di nuvole chiare e scure,il solo appare e scompare,l’orizzonte si allarga all’infinito.

Magica Patagonia!

                                             

Venerdi 22

Costeggiamo il braccio dell’Oceano Pacifico che bagna Puerto Natales, con i cigni dal collo nero che passeggiano dolcemente in coppia e ci imbarchiamo per il fiordo dal significativo nome di “Ultima Speranza”, che rimanda più che mai ad avventure in terre lontane e dimenticate. Ancora un incantato labirinto d’acqua, tra una affollata colonia di cormorani appollaiati su scogli e le grandi estancias; superiamo il ghiacciaio Balmaceda, una lingua ghiacciata bianco azzurra, e siamo all’altro ghiacciaio, il Serrano. Qui scendiamo dalla barca e percorriamo uno splendido stradino, dentro il bosco patagonico, tra il giallo-verde degli arbusti, le bacche rosse, i fiorellini gialli…E sotto di noi ecco il braccio di mare, poi un lago d’acqua dolce con blocchi di ghiaccio  dalle forme più svariate che passeggiano sull’acqua verdissima e per ultima la grande lingua ghiacciata bianco – azzurra che scende fino al lago.

Pranzo in una hacienda tipica e tranquillo ritorno a P. Natales.

  

                  Cormorani                                           Ghiacciaio Serrano

 

Sabato 23

La prima sosta di oggi è alla famosa grotta, la Cueva del Milodon, che diede origine alle avventure di B. Chatwin, dove fu rinvenuto il grande scheletro di bradipo terrestre. La meta finale è il più bel parco dell’America Latina, le Torri del Paine, ma, a causa del tempo davvero brutto e della pioggia che cadrà a intermittenza, lo vedremo in chiaroscuro e le Torri solo in foto! Eppure anche così è bellissimo: un universo di vallate, di laghi, di piccole cascate, di iceberg, di guanachi e nandù in libertà.

Un mondo fantastico popolato da iceberg azzurri che viaggiano pian piano su un’acqua grigio latte, la Patagonia vera dei racconti di Coloane, aspra,minacciosa di pioggia e di vento freddo, una delle “terre d’oblio”.

Il pranzo è in una isoletta , dopo di che,ritorno con il cielo sempre grigio a P. Natales.

   

                                            Parco Torri del Paine

 

Domenica 24

Oggi trasferimento a El Calafate in Argentina. Di nuovo Patagonia: praterie, foreste argentate, chiaroscuri sui laghi con le montagne che vi si riflettono, tappeti di fiorellini bianchi, animali in libertà, l’orizzonte che si perde e si dissolve.

Io dormo niente, parlo poco, guardo molto!

Dalla Patagonia cilena, più verde e rigogliosa, a quella argentina, più brulla e più gialla. E siamo a El Calafate, grazioso, turistico paese sul grande Lago Argentino. Lo esploro con Sara e Doriana, tra tanta gente ( oggi è domenica!), negozietti con artigianato non eccellente e caro ( e poi come si fa a comprare con le infinite restrizioni poste dai cileni ...) e un bel lungolago solitario tra cigni dal collo nero, paperette e cani in libertà. Riposo nel grazioso hotel proprio di fronte al lago.

 

Lunedi 25

Altro clou del viaggio, il Perito Moreno. La nostra bravissima guida argentina, Silvia,ci illustra con competenza e passione le caratteristiche scientifiche del parco Los Glaciares, ma anche la vita quotidiana del paesino, quando, per esempio in inverno, i bambini giocano sulla grande pista ghiacciata in cui si è trasformato il lago, o ,in primavera, è possibile veder passare dalle finestre di casa un iceberg mentre nel giardino sbocciano i fiori!.

Un primo scorcio dal Mirador de Los Suspiros, poi ci siamo. Percorriamo la lunga e bella passerella che attraversa il bosco patagonico, di per sé un incanto, che ci porta pian piano al fronte del ghiacciaio: piccoli scorci tra i rami degli alberi e si scopre sempre di più fino ad arrivare ad averlo proprio di fronte. Il Perito Moreno è lì, davanti a noi, con la sua splendida barriera, da un lato alta e compatta, dall’altro spaccata e tormentata, dove si insinuano lembi di azzurro. Chilometri di guglie di ghiaccio, crepacci, spaccature, cesellate e modificate dal vento, dalle piogge, dall’avanzamento costante. Un ghiacciaio che non si ritira, anzi cammina! Il bianco azzurro del ghiaccio, il verde intenso del lago immobile, le nere montagne sullo sfondo, il verde colorato del bosco. E si fa anche sentire, con piccoli o grandi scrosci, al cadere di pezzi di ghiaccio nel lago.

Ce lo godiamo anche in barca, accostandoci il più possibile, col sole magnifico che illumina ogni cosa, mentre ci riempiamo il cuore di questa grande emozione.

        

                                                   Perito Moreno

 

 

Martedi 26

Ripercorriamo la strada di ritorno da El Calafate fino a Punta Arenas, superando la frontiera argentina a Rio Gallegas. Oggi abbiamo la Pinguinera di Otway, tra boschi e prati di fiori gialli. Purtroppo i pinguini sono pochi, ma il percorso è molto bello e ci consente di vedere da vicino i vari tipi di arbusti ed anche un paio di simpatici pinguini a passeggio.

Riprendiamo il cammino ed è ancora Stretto di Magellano, sempre diviso tra l’Oceano Pacifico e l’Oceano Atlantico e dietro, davvero lontano lontano, l’ultimo lembo del Cile, la Terra del Fuoco.

P. Arenas è per noi solo una sosta necessaria, un tempo sede di esploratori , marinai, cacciatori di foche ,mentre oggi è una città piuttosto anonima.

  

                                                    La Pinguinera

 

Mercoledi 27

Levataccia alle 2,30 per prendere il volo per Santiago. Abbiamo la giornata libera, sicchè con Sara e Doriana mi faccio una bella passeggiata a piedi per la città, e nel pomeriggio ce ne

 andiamo ad una delle tre case di Neruda, la famosa Chascona, così chiamata (la scompigliata) in onore di Matilde Urrutia, la terza moglie del poeta. E’ una casa bellissima, preceduta da un bel giardino, piena di stanze, con tanti e diversi oggetti che Neruda portava dai suoi numerosi viaggi in Africa, Asia ed Europa.Mille colori, la lunga stanza a forma di nave, il ritratto di Matilde fatto da Diego De Rivera e nei suoi capelli il ritratto nascosto del poeta, ancora sposato con la seconda moglie argentina. E la tavola apparecchiata, le matrioske russe in occasione del premio Lenin, le stanze di lettura, la biblioteca con alcuni suoi scritti originali, la foto con Machado e Allende: il mondo di Neruda privato e pubblico si apre davanti a noi ed anche un pezzo importante di storia.

Dopo di che, giro per il vivace e popolato quartiere di Bellavista, il quartiere degli artisti, pieno di murales, piazzette, edifici colorati, tanti giovani a bere e chiacchierare nei baretti all’aperto.

 

Giovedi 28

Oggi voliamo verso l’ultima meta, la favolosa Isola di Pasqua, Rapanui, uno dei luoghi più enigmatici della Terra, così isolata, nell’Oceano Pacifico, così lontana da tutto e da tutti.

Ci aspetta Miti, la brava guida che ci seguirà nei  prossimi giorni. Per un equivoco il giro guidato comincerà domani e così abbiamo il pomeriggio libero. In parecchi andiamo qui vicino all’hotel, a vedere i nostri primi Moai. Altissimi, si stagliano voltando le spalle all’oceano, immobili, quasi sdegnosi delle cose del mondo, sentinelle impenetrabili di un passato ancora in gran parte misterioso. Che splendida sensazione! Tornerò qui anche per il tramonto, è troppo bello questo posto, si sta a guardare e, dopo aver letto tanto, ora sto senza pensare, senza chiedermi dove, quando, perché: vivo le emozioni e nient’altro.

 

                                    

 

Venerdi 1 marzo

Per il diario di oggi ci vorrebbero pagine e pagine, proverò a rendere il senso di questa giornata straordinaria, ma davvero le parole mai potranno rendere ciò che abbiamo visto e provato!

La nostra prima tappa è Akahanga, e prima di arrivarci Miti ci dà tantissime informazioni sulla storia dell’isola, anche se ripetutamente ci avverte che, perduta la tradizione orale, assente la scrittura e non decifrate le tavolette rongo-rongo, si procede per ipotesi, più o meno suffragate da fatti certi.     Akahanga è un centro cerimoniale, con costruzioni a strati e cilindri rossi che venivano utilizzati per fare i “cappelli “ ai Moai; ci sono tombe, piattaforme in pietra non perfette o meglio non finite, perché probabilmente già era in corso la guerra tra “orecchie lunghe” e “orecchie corte” risalente alla fine del 1600. Miti ci espone le varie teorie e soprattutto sottolinea come ormai un cosa , almeno, secondo gli astronomi, sia certa: i Moai guardavano un punto preciso del cielo.      Ci spostiamo verso Tongariki attraverso un bellissimo percorso: all’orizzonte cielo nero, a terra erbe gialle, nell’oceano le onde si frangono sulle rocce nere con grandi spruzzi bianchi, cavalli pascolano in libertà. Ma ecco i più famosi Moai dell’isola, rimessi in piedi dagli sponsor giapponesi. Sopra una lunga piattaforma, 15 imponenti Moai, tutti diversi tra loro, si ergono impassibili davanti a noi, un enigma tradotto in pietra. Occhi senza sguardo, irrigiditi, custodiscono gli infiniti misteri dell’isola, le origini della popolazione, la loro storia, le guerre interne, la religione, le tecniche di costruzione e spostamento, frutto di innumerevoli teorie, dalle più fantasiose alle più serie!

Ma ancora, eccoci al vulcano Rano Raraku, la “cava” dei Moai. Tanti e tanti Moai, appena iniziati o quasi terminati, inginocchiati, sdraiati, rotolati lungo il declivio, piantati a caso nel terreno, a segnalare una storia interrotta, una guerra fratricida…Saliamo sempre più in alto, lo sguardo si amplia in uno spettacolare panorama ed ecco che appare dall’alto Tongariki, che brilla sotto il sole. Alla fine l’apoteosi del cratere, terra  rosso fuoco che circonda il lago al centro tra la verde totora e i fiori rossi!       Rifocillati da un ottimo box lunch, ripartiamo per Te Pito Kura, nerissime rocce laviche sul mare, dove c’è una pietra con particolari fenomeni di magnetismo. E ancora, sotto una gran pioggia, Anakena (da me vista solo dal bus)  e infine l’hotel. Isola stramagica!!

   

                                                   Tongariki

 

 

                                                   Rano Raraku

 

Sabato 2

La prima meta è Orongo, il villaggio cerimoniale famoso per il rituale dell’uomo –uccello, situato nel vulcano Rano Kau. Ci sono case di pietra, costruite con lastre sovrapposte, molto basse perché servivano solo per proteggersi e riposare, non per essere abitate. Sulla cima del promontorio, un tempio di pietra, con rocce scolpite e levigate a rappresentare la divinità e soprattutto l’uomo-uccello. Un lago azzurro occupa il cratere, coperto a macchie da un fitto manto di giunchi di totora, mentre i ripidi pendii sono coperti di vegetazione e perfino da vigneti.

Poco al largo nell’oceano emergono gli scogli dei motu, le isolette dove nidificano le sterne marine e dove i contendenti andavano a cercare di catturare l’uovo del rituale Altro paesaggio magico!

E ci spostiamo ad Anakamgata, grotta oscura sull’oceano, davanti ad un’ansa spettacolare, un anfiteatro di rocce nere dove si frangono le onde impetuose dell’oceano biancheggiando di spruzzi; dentro, pitture rupestri con uccelli di mare. Risaliamo mentre la marea si alza, lasciando anche questo luogo misterioso e selvaggio.

Nel pomeriggio, altri siti, tutti diversi tra loro e tutti belli: Ahi Vinapu, una piattaforma dalle grandi pietre accostate con grande maestria, che ricordano i famosi siti peruviani degli incas; di qui la teoria di Thor che i rapanui provenissero dall’America Meridionale, mentre oggi si sa con buona certezza che erano di origine polinesiana e che, se mai, furono proprio i rapanui ad andare in America Meridionale. Teste di Moai qua e là, tombe, tracce della terribile guerra civile che sconvolse l’isola.

E ancora Ahu Akivi, sette splendidi Moai che,unici, guardano verso il mare, secondo la leggenda sette esploratori inviati a cercare una terra dove stabilirsi.

E, davvero per ultimo, Puna Pau, bellissimo paesaggio con le rosse colline intorno e il verde della vegetazione.

  

                  Ranu Kao                                                 Ahu Akivi

 

 

               Anakamgata                                                Ahi Vinapu

 

Domenica 3

Ultimo giorno qui. Quasi tutti andranno alla idilliaca spiaggia di Anakena e si divertiranno molto. Noi rimaniamo un po’ in hotel, nel dolce giardino fiorito e colorato sotto un albero di mango; un breve giro in paese e , verso sera, a goderci l’inizio del lunghissimo tramonto accanto ai primi Moai visti, in religioso silenzio. Concludiamo con la cena al porto tra fiammeggianti bagliori di un bellissimo tramonto. E’ l’addio a questa splendida, enigmatica, suggestiva isola.

 

               L’hotel                                                       tramonto

 

Lunedi 4

Breve passeggiata in mattinata e volo per Santiago dove ci aspetta (a “scherzi a parte” in confronto sono dei dilettanti! ) un autista in età – con un minibus, bagagli pressoché auto caricati a spalla sul tetto del bus – che non sa dove dobbiamo andare e comunque, avendogli noi comunicato il nome dell’hotel, peraltro centralissimo, non sa dov’è!!Telefonate misteriose (alla figlia…ma perché? Boh!) , finalmente noi troviamo l’hotel, che è anche buono.

Per fortuna il gruppo è formato da persone di spirito e anzi si ride davvero tanto.

 

Martedi 5

Nella mattinata giro ancora  con Sara e Doriana per Santiago,poi ci fermiamo, insieme al capo, ahinoi!, nel ristorante di fronte all’hotel  e qui il fattaccio: ci rubano la macchina fotografica con tutte le foto del viaggio. Un po’ di dispiacere per la perdita delle “ nostre” foto, ma conta di più quel che abbiamo nel cuore.

Il volo è tranquillo, dopo che qualche batticuore c’è stato  per lo sciopero dei piloti Iberia. Per fortuna a Madrid solo il gruppetto per Roma partirà con qualche ora di ritardo, mentre i bolognesi e i milanesi partiranno in orario. E il viaggio è davvero finito. Vorrei, come sempre, fare un breve commento finale, ma è stato un viaggio così straordinario che faccio fatica a selezionare i ricordi. Terra ricca di contrasti estremi, il deserto più arido e solitario, i ghiacciai più grandi, gli innumerevoli vulcani, le Cordigliere che fanno da sfondo ovunque, la Patagonia infinita. E i laghi di smeraldo, le abbaglianti distese di sale con i fenicotteri rosa, le case dei villaggi andini con lo stesso colore della terra, arancio e rosa; le chiesette multicolori a Chiloè…

Davvero “ il paese che ha la testa nei Tropici e i piedi nell’Antartico” , e ancor più “ il mondo alla fine del mondo”.

Nadia

 

 

le foto sono di Papy C. e Franco R.

se volete vedere le foto di Condy trovate il ladro che  ha rubato la macchina fotografica

 

 

Nadia R.

Augusto  viajesyviajes@hotmail.it

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