100 giorni in India

di freefred

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GOA (Palolem and Chapora/Vagator)

Mentre faccio colazione a Gokarna, con lo zaino appoggiato
alla sedia, conosco Isabelle e Valerie, di Parigi.
Anche loro stanno andando a Goa, cosi' dividiamo il taxi.
Sono in India per la seconda e la sesta volta, sono belle
e Valerie rolla in continuazione (in India c'e' sempre
qualcuno che rolla in continuazione).
Io non so ancora dove andare, in verita'.
Loro vanno a Palolem, la prima spiaggia, e cosi' ci vado anch'io.
Scappano, ma lo fanno bene e da parecchio tempo, dalla vita
ricca dei sabati sera e delle boutiques della buona, forse
buonissima, borghesia parigina.

Sul treno per Palolem ascolto Isabelle parlarmi dettagliatamente di un posto
in cui sa che non andro' (a volte il charas...).
Ma resto ad ascoltare mentre mi parla di montagne e di valli dove la marijuana
cresce libera ed altissima, e dappertutto.
"Se quando scendi alla stazione degli autobus vai a fare pipi',
la fai su una pianta d'erba"

A Palolem sono loro a farmi vedere i posti (Isabelle c'e' gia'
stata) e farmi scegliere dove dormire.
Scelgo una capanna sulla spiaggia in una minuscola
spiaggia, proprio accanto alla lunghissima spiaggia di Palolem.
E' forse il giorno piu' facile della mia vita in India.
C'e' un momento, in cui siamo sulla spiaggia, io con la testa
appoggiata a una specie di piroga, Valerie che rolla alla mia
sinistra e Isabelle che prende il sole sulla destra;
se guardo in alto, vedo il sole proprio accanto
alla palma di fronte a me, come in una cartolina.
Mi manca soltanto un cocktail in mano e poi ho realizzato il sogno
dell'italiano che gioca tutte le settimane al totocalcio.
Ma non e' cosi' perfetto.Palolem e' una spiaggia magnifica,
piu' bella (forse) di kudle beach, qui ci sono soltanto
palme, ma la prima volta che ho visto i lettini bianchi sulla spiaggia
ho sentito un brivido lungo la schiena.
Siamo a Montecarlo? ho pensato.
E Palolem e' un po' Montecarlo senza il Casino,
o Copacabana senza il samba, e senza le ragazze che lo ballano.
E siccome vuole essere mantenuta tranquilla, la spiaggia
e' piena di poliziotti in borghese e non.
Terranno forse tranquille le famiglie, un po' meno me.
Insomma, e' probabilmente vero che io non sono
mai contento ma questo posto e' un fottuto Club Med.

Richie, un gallese senza peli tranne che due piccoli baffi,
tranquillo e gentilissimo, se ne va domani, dopo essere stato
qui 6 mesi.
La famiglia che gli affitta la stanza ha organizzato una festa
e una cena, a cui ovviamente siamo tutti invitati.
Stiamo prima sotto il portico a fumare chiloom e tutte le erbe
del mondo, mangiando squalo fritto (la mia prima volta).
C'e' un russo, un tedesco con sua moglie, cosi' stonato
che solo un miracolo puo' averlo salvato finora in sella
alla sua Enfield 750.
Altri francesi, qualche indiano, una donna che sembra
un uomo, e ogni tanto, della cattiva filosofia.
E, ovviamente, techno, trance e volume a palla.
Qualcuno balla, io come al solito mi limito a restare
leggermente meno immobile del solito.
La donna che sembra un uomo, tedesca ma nata ed
educata nell'Algeria francese, comincia a schizzare,
e mi grida, con le mani a coppa, che questa musica
non le piace, perche' la rende nervosa.
Non faccio che muovere la testa, non riuscendo forse
a fare altro, ma in fondo vorrei dirgli
forse allora non dovevi venire a Goa.
Forse non dovevi venire a questa, seppur piccola, festa.
E di certo, non dovresti stare cosi' vicino alle casse.
Ma Goa e' il posto dove piu' facilmente la parola "freak"
prende la "s", diventando "freaks", mostri, ed e' chiaramente
piena di chi abita un altro pianeta.
Anche se non e' quasi mai un pianeta che venga voglia di esplorare.
Se potessi guardare da vicino il pianeta con un telescopio, so
che mi apparirebbe come un pianeta infelice, e solo.
Come una luna senza cani, come Marte senza i marziani.

E Goa, come tutta l'India, sembra essere piena, davvero piena,
di gente che sa come stanno le cose, e ti dice cosa e' giusto
e cosa e' sbagliato.
("non voglio dirti cosa e' giusto e cosa e' sbagliato, ma...")
Ma io non sono pronto per questa sicurezza, troppo affine forse,
anche se potrebbe essere un bene, alla semplicita'.
Non mi basta essere vivo; non mi basta enjoy nature and life.
Il divertimento deve la sua esistenza allo stile di vita,
incentrato sul lavoro e la produzione, e mescolato col
pensiero cattolico della colpa e del sacrificio, a cui ormai
siamo abituati.
Esiste soltanto come riflesso di qualcosa che ci diventa cosi'
insopportabile da costringerci a prendere delle pause.
Se smettessimo di affidare le nostre vite a un grottesco
sistema che ci vede paradossalmente essere consumatori,
alimenti e distruttori del sistema stesso, probabilmente
il divertimento non avrebbe piu' senso.
Troppe volte il divertimento e' soltanto lo spreco
della cosa migliore che abiamo: il tempo libero.
Non ho soluzioni, chiaro, ma bisogna essere felici.
E siccome alla fine probabilmente una parte di
me viene da Rimbaud e da Baudelaire
(non queste persone allegre) alla fine credo che si
puo' anche non essere felici, forse e' sufficiente essere densi.

Platon Fred

GOA (CHAPORA/VAGATOR)

Lascio Palolem e decido che gia' che sono a Goa tanto vale che vada
nel centro della commercialita', Chapora e Vagator.
Se mi fermo a bere una birra in uno dei bar sulla strada, posso vedere la
sfilata di motociclisti tatuati (grazie a dio ho anch'io un tatuaggio,
altrimenti mi sentirei nudo)che cavalcano delle enormi Enfield.
Per quanto Valerie e Isabelle mi abbiano detto di avere visto anche indiani
alla guida dellle Enfield, io non ne ho mai visto uno.
Gli indiani che possono permetterselo, guidano delle veloci e
leggere Suzuki di picola cilindrata.
Sara' perche' ci sono strade in India (non a Goa, dove se stessi di piu'
probabilmente noleggerei anch'io uno scooter, le strade sono larghe
e nuove) dove una Enfield non passa nemmeno.

Goa e' piccola, splendida e cattolica.E' un posto dove si riposano
i viaggiatori prima di andare sulle montagne, o dove si viene
in villeggiatura.
Ma non ho tempo per capirla, ne' per affittare uno scooter, e comunque,
sinceramente, non starei mai 3 mesi a Goa.
Arrivandoci dopo 2 mesi, la mia prima volta in India, con ancora
tutte le visioni da riflettere e da mettere insieme, Vagator
sembra decisamente Riccione, o come immagino debba essere Ibiza.
Non ho piu' l'eta' per mangiare degli acidi in continuazione, e sto
tornando verso un nulla incorniciato da un conto in banca quasi a zero.
A Goa si sta bene, ma si sta solo bene.
Ora, non e' abbastanza.
Fondamentalmente, anche se so che e' un giudizio un po' affrettato,
a Goa non c'e' niente che non so.
E sopratutto, credo, ho voglia di muovermi.
A parte gli eroismi del viaggiatore, da buon turista ho voglia di riprendere
in mano la Guida ("your bible", come la chiamano in Rajasthan) e guardare
cosa mi dice di questo o di quell'altro posto.
Alcuni dei momenti importanti di questo viaggio sono state anche le notti
in cui nel fumo della mia stanza spiegavo la cartina sul letto,
aprivo la guida, sfogliavo l'orario dei treni e mi dicevo:
"Dove vado domani?E sopratutto, come ci arrivo?"
Cosi' decido di andare verso Omkareshwar, un posto piccolo piccolo
in Madya Pradesh, il centro dell'India, passando per Bombay.

Perche' mi mancano un sacco di cose ma credo starei volentieri
in viaggio qualche altro mese.
Come John Irving fa dire ad Homer Wells, in una di quelle frasi
che sembrano scritte apposta per il momento in cui le stai leggendo:
And how do I say, "I miss you"? he wondered - when I don't mean,
"I want to come back!"?

GOA (Madgaon)

Madgaon, in cui sto solo mezza giornata, non ha nulla di particolare
da offrire, tranne forse quell'atmosfera indiana di tensione continua
che scopro essere (sembra assurdo lo so) quello che mi mancava a
Palolem e Chapora.
Verso sera, vado come al solito alla deriva, dalle parti del mercato.
Per quanto stia andando a Bombay e non possa cambiare per due giorni
e mi siano rimaste poche rupie, voglio comunque bere la mia ultima
birra di Goa.
Vedo due piccoli caffe', dalle vetrine interamente ricoperte di bottiglie
di alcolici, cosi' tipici delle spiaggie di Goa, che senza pensarci
entro nel primo.
Al contrario di Chapora pero', qui le pareti non sono dipinte con funghi
o disegni psichedelici, niente lungi colorati alle pareti, che sono invece
color arancione spento.
Il posto e' piccolo, affollato e quasi buio.
Solo uomini, con facce lombrosianamente criminali o quantomeno
non cosi' amichevoli.
Sono i facchini del mercato, credo, sono qui a sbronzarsi dopo, o
probabilmente
durante, il turno di lavoro.
Bevono improbabili liquori mischiandoli alla soda, o mischiandoli tra loro.
Vorrei dire ehi guardate che alla fine facciamo lo stesso mestiere, ma il mio
aspetto, sopratutto quando viaggio, e' estremamente europeo, e per quanto
i miei vestiti siano sporchi e strappati, so di sembrare molto piu'
ricco di quanto sia in realta'.
Insomma, e' una di quelle volte, (un'altra volta in Brasile ma allora
era un bar per gay), in cui so di essere entrato nel posto sbagliato.
Vado nel tavolo in fondo, l'unico libero, alterno sguardi al telegiornale
che non comprendo a pose in cui fingo di ripassare tutte le arti marziali
che la mia vita da pericoloso agente segeto mi ha insegnato
("amico, posso romperti un braccio con un dito", vorrebbe dire il mio
sguardo).
Ma alla fine, a parte qualche occhiata e qualche "hello" biascicato,
non mi succede nulla.
Gli indiani sono gente tranquilla.Bevo la mia Belo, saluto, ed esco.
E forse, mi sento meglio.

BOMBAY (MUMBAI)

Quasi tutti quelli con cui ho parlato, odiavano Bombay.
A me, come le altre grandi citta' che ho visto in India, piace moltissimo.
E'il posto perfetto per dire che in India non ho trovato me stesso
ma un sacco di altre persone.
A Bombay, nessun dubbio, c'e' davvero un sacco di gente.
Durante le ore di punta tutti sono dappertutto, sembra che non ci sia
piu' spazio; ci sono tutte le cose, tutte le facce, tutte le scarpe,
tutto di tutto.
C'e' anche una strada in cui ci sono i pittori di insegne.
Stanno sui marciapiedi fuori dalle loro botteghe a dipingere lettere in hindi
sopra strisce di tessuto, con dei pennelli piccoli e piatti.
Sono tutti bravissimi ma ieri c'era un vecchio con una mano cosi' ferma,
perfetta e veloce, e un segno cosi' puro ed efficace che stavo per
gettare tutti i miei disegni in mare.
Bombay e' anche la citta' piu' cara dell'India.
Grazie al consiglio di un olandese con cui condividevo la tragica
attesa all'ufficio prenotazioni ferroviarie di Panaj (GOA), sto all'Hotel
Prince (camera 17), vicino alla stazione Victoria Terminus (magnifica coi suoi
leoni e i suoi mostri gotici che le escono dalla testa).
Per Bombay e' veramente cheap, pago soltanto 175 rupie.
E' forse il posto piu' basso, piu' misero forse, in cui ho dormito.
La mia singola al primo piano (bagno esterno) e' lunga circa 2 metri e mezzo
e molto piu' stretta delle mie braccia allargate.
Sono stanze costruite dal nulla, senza finestre, e i muri, o meglio le pareti,
sono di compensato.
E c'e', inspiegabilmente, sempre qualcuno che dorme in terra nel
corridoio.
Ma in camera ho uno speccchio, un posacenere e un cestino, le tre cose
(le ultime due quasi sempre) che spesso mancano nei budget hotel indiani.
Bombay e'comunque una citta' geniale, con tutte le antichita'
e tutte le modernita', e camminare alla sera per Marine Drive, il lungomare
sulla baia, coi grattacieli in lontananza, fino a Chowpatty Beach, dove tutti
vendono tutto e i giovani innamorati fanno gli attori davanti alla luna,
e' allegro e' magnifico.
E ho visto il Gateway of India, questo arco gigante, proprio sul
mare,
e l'Universita', un incrocio tra Notre Dame e il nome della Rosa.
E questa mattina un indiano mi ha portato a casa sua dove sua madre, 300 anni,
ha estratto prima una piccola valigetta che conteneva una bilancia
e poi una palla di afgano grande come due palle da tennis.
Non ho comprato pero',troppo caro.
L'ho detto che Bombay e' la citta'piu' cara dell"india.
Ma a parte questo, e' un posto fantasico e non credete a chi vi dice il
contrario.
Probabilmente non gli piacerebbe nemmeno Rio de Janeiro e nemmeno
New York.
"Odio Bombay, vado la' un paio di giorni a trovare degli amici, poi torno a
Goa." mi ha detto la ragazza (anche lei di Parigi tra l'altro) con cui ho
diviso
la mia ultima sigaretta in treno, "e'troppo grande, non sai mai dove sei."
E' vero solo in parte, e poi, altrimenti, dove starebbe il bello?
Dio mi guardi, ho pensato in quel momento, dal sapere sempre dove sono.


Stasera parto per Indore, da dove domattina dovrei prendere un autobus
per Omkareshwar.Anche Nir ci sta arrivando, ma credo non faremo in tempo a
beccarci, peccato.

bzzzzzzzzzzzzz

 

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