Malesia

Diario di un viaggio autogestito 2011

di Giorgio Paolillo

 

 

Martedi 22 marzo 2011

Da sempre provo attrazione e mistero al solo pensare all’Oriente.

Anche la Malesia non sfugge a questa sensazione evocando le classiche avventure Salgariane, la giungla dei Tropici, fiumi, isole e tigri di Sandokan, la dominazione inglese, il porto ed i traffici di Singapore.

Tuttavia la Malesia dei giorni nostri è tutt’altra cosa che un sogno romantico.

Se escludiamo Paesi come il Brunei e Singapore si tratta di una federazione di 13 Stati alcuni dei quali ex sultanati islamici ripartiti tra la Regione peninsulare indocinese e la porzione di Borneo Nord Occidentale ed Orientale.

Stati che stanno combattendo una formidabile battaglia di modernizzazione per il successo sociale ed economico.

La matrice più diffusa è coniugare stili di vita orientali e caratteristiche locali con l’immagine del benessere e dello stile  occidentale, cercando possibilmente di minimizzare storture e difetti sia locali che capitalistici seguendo  una strada asiatica.

E si direbbe che ci stiano riuscendo…… a modo loro.

Come si coniugano ambiente e costumi in questa realtà?

Giungla tropicale e megalopoli cosa hanno a che fare?

Cominciamo dalla Capitale, Kuala Lumpur, che vuol dire “confluenza fangosa”che ha ora le sembianze del progresso economico di una delle tre tigri d’Oriente.

Tigri che  devono confrontarsi giorno per giorno con l’influenza del Dragone cinese immediato, sovrastante ed ingombrante vicino di casa.

Dichiarata l’indipendenza dal Regime Britannico nel 1967 dopo essere stata per decenni una metropoli di secondaria importanza nel panorama del Sud Est Asiatico, finalmente Kuala Lumpur sembra vivere il suo momento magico.

Più divertente e facile da visitare rispetto a Banghkock, più spavalda e arruffona rispetto a Singapore, Kuala Lumpur dal 1974 quando fù ceduta dal Sultano di Selangor, si sta sempre più perfezionando passando da uno sviluppo esaltante, ma caotico e non troppo programmato, a sistema integrato.

Il nuovo punto di riferimento cittadino è diventato il centro moderno denominato KLCC Kuala Lumpur City Centre , le zone direzionali e commerciali, i grandi Hotel , un parco esotico, vari Centri Congressi e sale per concerti, che ruotano tutti attorno alla sagoma inconfondibile delle Petronas Towers, una attrattiva da non perdere.

Costruite tra il 1992 e il 1995 ed aperte al pubblico nel 1998, queste due torri gemelle rivestite interamente di acciaio inox per i loro 88 piani si stagliano sul profilo della città da  452 metri e vogliono rappresentare la fusione tra lo stile occidentale e le caratteristiche architettoniche malesi.

Oggi sono l’Emblema del Paese, la sede della compagnia petrolifera nazionale, la Petronas, oltre a sedi di aziende internazionali.

 

Al di la del futurismo dei nuovi centri commerciali, il tradizionale Central Market nella Old Town in stile tradizionale moresco e rivisto in chiave locale  dagli inglesi nel periodo della loro dominazione, rappresenta la tradizione.

 

La popolazione della Malesia conta attualmente circa 25 milioni di abitanti che per l’85% vivono nella porzione peninsulare.

L’etnia malese forma circa il 62% della popolazione, a cui si aggiungono circa il 24% di cinesi, il 7% di Indiani ed un restante 7% di altre provenienze asiatiche.

Quando nel 1969 la reciproca diffidenza tra malesi e cinesi raggiunse il culmine il Paese per preservare le sue caratteristiche dovette forgiare una Società più tollerante e multiculturale.

Sebbene il senso di appartenenza alla propria etnia sia molto forte, il concetto di una vera identità malese è ancora discusso e auspicato dal Regime anche se ben lontano da essere abbracciato da tutta la popolazione.

Il Governo Malese sembra molto attento a dimostrarsi imparziale nei riguardi degli aspetti multiculturali e nell’accattivarsi le simpatie delle comunità cinese e indiana che tendono ad aumentare la loro influenza politica.

Dopo i fatti del settembre 2001 e la scoperta che gli attentati a Bali( Indonesia)  erano nati da cellule malesi, le Autorità pongono grande attenzione al controllo dei fenomeni islamici.

Tuttavia la coesistenza delle tre etnie sembra non solo pacifica, ma mediamente ben integrata considerando i concetti culturali estremamente diversi tra i modi di vivere cinesi e la componente islamica malese la quale comunque controlla l’economia in maniera piuttosto marcata.

Per preservare infatti la prevalenza malese sul territorio non sembra esserci parità di diritti tra malesi e cinesi.

L’imprenditorialità e la particolare intraprendenza cinese vengono quindi moderati con un filtro economico sulla società intera.

 

 

Una serata multiculturale

A pranzo la prima esperienza di  cucina malese  tipica dell’isola di Penang non è stata esaltante.

Ma col coraggio di 4 debuttanti ci rituffiamo  fin dalla prima cena in una serata multiculturale al Seri Melayu uno dei ristoranti più in voga della città.

L’ho prenotato via Internet con un’ anticipo di 30 giorni.

Mi ricorda le cene  parigine con spettacolo.

 

MUSICAL

Il musical è un genere da sempre molto popolare in Malesia ed a Singapore.
I cartelloni spaziano dagli spettacoli tradizionali che si inspirano ad antiche leggende fino al musical contemporaneo .

Questa sera Musical e Gusti e sapori si stanno fondendo magicamente in un pot pourri di musica malese, indiana, cinese e del Borneo

 

GUSTI E SAPORI

La cucina malese riflette molto bene la società multiculturale locale.

Le comunità dei malesi, dei cinesi e degli indiani e i numerosi gruppi indigeni hanno creato nei secoli piatti legati alle antiche tradizioni e rimodellati nel tempo dalle influenze reciproche.

È proprio grazie a questo felice incontro di esperienze che l’eredità gastronomica della Malesia viene definita da vari intenditori del palato la più deliziosa e prelibata del mondo. Gli elementi comuni di tutti i pasti sono la presenza del riso, fin dalla prima colazione, e l'utilizzo di spezie come la citronella, le foglie di Pandan, il Ginger, il Tamarindo,il cocco e il lime.

 

Gli ingredienti della cucina Malay sono naturali e coltivati sul posto. Un piatto che

non manca mai sulle tavole Malay è il Sambal, fatto con chili macinato, pasta di gambero e vari condimenti.

Il famoso piatto Satay è costituito da pezzi di carne di pollo o di manzo marinati, poi

cotti alla brace e serviti con salsa piccante di arachidi.

Il Nasi Lemak è un piatto tipico per la colazione: è una ricetta speziata fatta di riso cotto al vapore con pollo al curry, manzo o calamari, cocomeri, acciughe fritte e sambal, servito su una foglia di banana.

Il Nasi Padang è riso in bianco di accompagnamento agli altri piatti mentre l’ ottimo l’Ikan Assam,  è pesce fritto servito con curry agro di tamarindo e il Sambal Udang, gamberi al curry piccante.

 

La cucina cinese è più difficile da identificare sul posto. E’ generalmente una cucina economica che offre soprattutto il riso con pollo.

Il termine Sichuan contraddistingue invece la cucina piccante: i ristoranti di questo tipo servono pietanze dagli aromi decisi che abbondano di aglio e peperoncino.

Beijing è la classica cucina di Pechino, con le sue infinite e squisite varietà di cibo. Teochew è nota per gli ingredienti delicati e per gli aromi naturali.

 

In genere i piatti della cucina indiana sono più buoni in Malesia che in India!

Tra le specialità  il Thali che viene servito nei ristoranti su una grande foglia di banana e

consiste in una montagna di riso su cui si versano diversi tipi di curry.

Il Masala Dosa, frittella arrotolata ripiena di verdure speziate, servita con

zuppa.

Le specialità Tandoori devono il loro nome al tandoor, un tipico forno di argilla in cui si

cuoce la carne dopo averla fatta marinare tutta la notte in yogurt, aglio e spezie. Il pollo è la carne più diffusa cucinata in questo modo.

 

La cucina Nyonya è  una straordinaria mescolanza delle

cucine tradizionali malese e cinese, che utilizza prevalentemente ingredienti cinesi combinandoli con aromi tipici della regione come la citronella e la crema di cocco.

Viene chiamata anche Baba-Nyonya o Peranakan, dal nome dato ai cinesi dello Stretto. Questo tipo di cucina è essenzialmente casalinga anche perché il metodo di cottura è piuttosto elaborato e comporta il sapiente dosaggio di diversi ingredienti come spezie, erbe, piante aromatiche, cipolla, aglio e chili.

 

Fra le tribù del Sabah e del Sarawak il termine cucina nativa comprende una vasta

gamma di cibi a base di riso, carne o pesce, che rappresentano il meglio dei piatti tradizionali di ciascuna regione. Alcune usanze sono vincolanti per tutti. Ad esempio, anche se si mangia con le mani, il cibo deve essere preso solo con le prime tre dita della mano destra: si intinge il boccone nelle salse e si porta subito alla bocca.

Una menzione particolare va alla cosiddetta cucina hawker (ambulante) dove con pochi soldi è possibile mangiare piatti delle varie tradizioni culinarie. Ovunque, anche nel paese più piccolo, si trovano numerosi venditori ambulanti e, se il venditore è ordinato e il luogo della bancarella è pulito, non ci sono problemi. Di solito i cibi si cuociono su richiesta e ciò ne garantisce la freschezza e i venditori ambulanti hanno un’incredibile varietà di proposte: spaghetti fritti, riso fritto e a vapore, zuppe....insomma ce n’è davvero per tutti i gusti.

 

 

Mercoledi 23 marzo 2011

Batu Caves

Per cominciare oggi ci acclimatiamo al caldo dei tropici e  allarghiamo i nostri confini di pochi chilometri fuori Kuala Lumpur.

Sulla strada che porta a Ipoh una piccola formazione montagnosa ospita le Batu Caves ovvero le Grotte di Batu, ufficialmente scoperte 120 anni fa e subito diventate sede di un Tempio Hindu.

Al loro ingresso sono state costruite due cappelle adornate di sculture dipinte in tonalità multicolori raffiguranti varie divinità hindu in scene dei testi sacri.

Ci attardiamo ad ammirarle per niente entusiasti di salire i  272 gradini che ci porteranno alla grotta principale.

Alla base della scalinata e ben visibile con i suoi 30 metri di altezza fa da custode un’enorme statua dorata del Dio Muruga detto anche Signore Mughramaniam a cui sono dedicate le grotte.

Ogni anno a gennaio il Santuario è visitato da quasi 1 milione di fedeli nei tre giorni di festa del Thaipusam che prevede una processione che parte dal Tempio Sri Mahamariamamman a Chinatwon in piena Kuala Lumpur

Dal punto di vista storico il complesso è quindi recente, ma rappresenta per noi una prima occasione di esotismo.

Intramezziamo la fatica della scalata alla grotta principale con simpatici episodi creati dai macachi e l’incontro con un viaggiatore padovano.

L’ imponente grotta principale che è alla sommità ci regala scorci di una funzione religiosa Hindù e la soddisfazione di avercela fatta appena un giorno dopo il nostro arrivo in un clima tropicale che a marzo è forse l’ideale per non soffrire troppo l’umidità.

 

L’ Islamic Art Museum che visitiamo nel tardo pomeriggio raccoglie una imponente e ben esposta collezione di arte islamica raccolta in un periodo storico che va dal 600 al 1600 partendo dal Marocco fino in Cina e Nepal.

Sono visibili non solo tappeti, suppellettili e tessuti, ma anche gioielli, ceramiche e la ricostruzione che sembra fedele di ambienti domestici islamici  come soggiorni e camere da letto.

Al piano superiore sono esposti i modellini di alcune tra le più importanti moschee del Mondo.

E’ molto interessante notare come la toponomastica di questi Templi cambia e si adatta al clima ed alle tendenze dell’architettura locale dall’Africa fino in Asia,  in una ideale panoramica da Marrakesh al Cairo, da Istambul a Gerusalemme, alla Mecca, a Baghdad ed Isfahan, per finire infine con le moschee Indiane e persino quelle in Cina.

L’edificio stesso è una splendida opera architettonica moderna con cupole ceramiche decorate e intarsi Cufi.

Un capitolo a parte meritano le iscrizioni sacre e l’interessante integrazione di videoscrittura che permette di seguire un testo declamato in audio video come se fosse un Karaoke.

Tutt’attorno al Museo che abbiamo raggiunto fortunosamente per strade traverse data la difficoltà di ottenere informazioni precise e tempestive dalla popolazione locale, un Centro Televisivo e l’imponente KL Station, edificio del 1911 che rappresenta una costruzione Fusion dell’epoca.

Solo di lontano incrociando nelle varie linee metropolitane ci è dato di vedere la Majid Negara ossia la Moschea Nazionale che si riconosce dal minareto di 73 metri e per la cupola principale a forma di stella, le cui 18  punte simboleggiano i 13 Stati Malesi e i cinque pilastri della dottrina islamica.

Si tratta di un edificio comunque moderno ispirato alla Mecca.

Purtroppo alcuni contrattempi per salire sulla passerella Skybridge a 128 metri delle Petronas ci lasciano giusto il tempo di visitare il quartiere storico, Little India e Chinatown prima dell’appuntamento serale con il ristorante girevole  Seri Angkasa che dall’alto della Menara Tower a 276 metri ci permetterà di gustare il panorama notturno dell’intero agglomerato.

Il Seri Angkasa è gestito dalla stessa organizzazione del Seri Melayu della sera precedente con un nuovo ricco menu a buffet di molte ottime specialità malesi.

Lo spettacolo, perlomeno quello della vita sottostante,  è assicurato.

Una visita corretta di Kuala Lumpur richiederebbe 5 – 7 giorni, ma domani è un gran giorno: comincia il vero itinerario, quello che ci porterà ad esplorare la giungla Malese al Taman Negara, il Parco Nazionale per eccellenza.

 

Giovedi 24 marzo 2011

Da Kuala Lumpur a Kuala Tahan

 

Oggi sarà sostanzialmente una giornata di trasferimento al Parco Nazionale di Taman Negara che dista circa 350 km da Kuala Lumpur.

Ci sarebbe un’alternativa totalmente stradale non sicura e frequente, ma la  via  classica ed anche la più pittoresca,  consiste in  un percorso misto , bus più long boat.

E’ un modo di addentrarsi nella giungla tropicale che predilige le vie d’acqua, il mezzo più semplice per aver ragione della giungla.

Superati i primi sobborghi di Kuala Lumpur, la foresta comincia infatti mano a mano a prender piede.

Ovviamente almeno metà del territorio è ormai stato convertito ad attività umane, ma quello che resta della foresta pluviale è impenetrabile come sempre.

Qui ovviamente non giochiamo a fare i piccoli esploratori.

Avremmo dovuto fermarci molti più giorni per penetrare nella vera giungla accampandoci a dormire diverse notti in tenda.

Cerchiamo  comunque di cogliere le migliori sensazioni possibili.

A Jerantut, centro di interscambio fluviale, armi e bagagli siamo per la prima volta su di una long boat.

Un mezzo che attraverso l’acqua limacciosa e marron giallastra del fiume Tembeling, dopo 3 ore di navigazione ci porterà a Kuala Tahan, la porta del Parco Nazionale Taman Negara Pahang.

La barca non è al completo, data la stagione e c’è posto per una persona ogni compartimento.

Si sta seduti su leggeri tappetini di gommapiuma direttamente sul fondo della barca, costruita interamente con antiche tecniche in legni duri tropicali.

Legni abbastanza immarcescibili, come la giungla che ci circonda.

La testa è a circa 30 – 40 centimetri dal bordo dell’acqua e, vinte le prime impressioni, ci si rende conto che la saggezza storica della gente del posto sa come affrontare la situazione.

Beccheggio e rollio sono minimi, grazie alla velocità impressa dai motori fuoribordo.

La foresta pluviale ancora vergine scorre veloce attorno a noi e si possono osservare piante rigogliose, alberi secolari, isolette e sponde sabbiose.

Il fiume Tembeling è largo mediamente 200 metri, ma l’acqua non ristagna mai.

A tratti la corrente forma dei mulinelli.

Sempre, sono presenti piccoli e medi rami con fronde galleggianti, trascinati a valle.

Il barcaiolo adatta continuamente la velocità alle varie condizioni, facendo tutto sommato poca attenzione agli oggetti galleggianti.

Sembra più interessato alla corrente ed a tenersi a sinistra, come nella guida stradale, spostandosi poi dove ci sono le migliori condizioni per le virate.

Sono barche lunghe 10-15 metri e quindi hanno difficoltà nelle virate strette.

A proteggerci dal sole, e dall’acqua quando piove, un tettuccio metallico sostenuto da tanti montanti.

Il tempo comunque volge al meglio e si aprono sempre maggiori sprazzi di azzurro.

Nonostante il rumore del fuoribordo, giungono i suoni della foresta, soprattutto grilli e cicale,  oltre a tutta la fauna circostante, in particolare uccelli che resteranno sempre i più difficili da osservare da vicino.

All’arrivo, nel pomeriggio inoltrato ci attende una nuova docciata.

E' il temporale classico delle 17 che ci coglie giusto all’arrivo in camera presso il Woodland Resort, un bell’ Hotel considerando che siamo alle porte della giungla.

Gli chalet e l’intera struttura sono recenti, puliti e ben tenuti.

C’è anche una simpatica piccola piscina che sfrutteremo non appena avrà finito di piovere: un vero piacere dopo il viaggio.

Il Titolare si farà perdonare la mancata navetta,  riservandoci un trattamento preferenziale al ristorante annesso,  che prevede menù campagnoli semplici, ma variati e, soprattutto, quando non è self service,  tutto è pulito e coperto con cellofan.

Il programma prevede una prima passeggiata notturna nella giungla, ma non ci siamo accorti che ha ricominciato a piovere e la Guida, Bogo, un brav’uomo con 8 figli e 23 anni di professione è abbastanza recalcitrante.

Oltre alle ragioni di prammatica, ho l’impressione che ci sia una certa deriva  islamica,  ma, alla fine, dopo varie insistenze, accetterà di accompagnarci per una breve esplorazione se dovesse spiovere nel giro di mezz’ora.

Come puntualmente succederà.

Con felicità ed emozione, alle 22 circa, attrezzati di tutto punto per la pioggia, e con torce e macchine fotografiche, attraversiamo il Tembeling  in piroga e dopo aver sbrigato le formalità di ammissione al Parco, ci tuffiamo in una breve passeggiata notturna.

Entrare per la prima volta in una foresta tropicale di notte è forse più entusiasmante che farlo di giorno.

Cominciamo a familiarizzare con i rumori della natura.

Bogo ci spiega che gli animali notturni sono principalmente insetti, quelli che vediamo: coleotteri, uno scorpione nero annidato e serpenti verdi appollaiati sui rami.

Mentre camminiamo e  la Guida perlustra la giungla con la sua potente torcia, domina l’emozione che sovrasta il rumore dei grilli e delle rane.

Domani ci attendono nuove sorprese.

 

Venerdi 25 marzo 2011

Le foreste tropicali fluviali, rainforest,  sono localizzate nella fascia equatoriale di Africa, Asia, Australia, America Centrale e si caratterizzano per la loro estrema biodiversità, dal momento che ospitano almeno la metà delle specie animali e vegetali terrestri attualmente viventi.

Tutto questo in una superficie che ormai da un originario 14%  non supera oggi  il 5- 7% del globo.

Come in una grande farmacia il 25% dei princìpi attivi della farmacopea moderna non di sintesi attinge alle foreste tropicali ed è continuo oggetto di studio per nuovi medicinali.

Gli indigeni malesi le chiamano anche il loro grande supermercato,  dove trovano nutrimento, utensili e tutto il necessario per la vita facendone un uso saggio e sostenibile che si chiude nel riciclo.

 

Le giungle Asiatiche si distinguono per piccole variazioni climatiche durante l’anno, con generalmente  un periodo relativamente secco ed uno umido in cui le abbondanti precipitazioni dilavano rapidamente il suolo.

Nella stagione umida, diminuiscono così le sostanze minerali e quelle organiche nonostante l’alta concentrazione di ossidi di ferro e alluminio, come si nota dai colori  marron rossicci di terreno e fiumi.

Tuttavia il  ciclo naturale genera continuamente nuova materia organica derivante dal decadimento della vita vegetale e il suolo è nuovamente colonizzato da liane, felci e giovani piante che vivono in un sottobosco dove giunge solo l’1% della luce solare.

Il ciclo vitale è quindi  rigoglioso, ma fragile

 

Queste condizioni fanno in modo che gli alberi crescano vertiginosamente alla ricerca di luce e le fronde  si innalzano fino a 50 - 80 metri

Ogni 10 metri verso l’alto , si trovano differenti  habitat  e quindi animali differenti che ne sfruttano le diverse condizioni.

Gli animali che si trovano sul terreno sono soprattutto mammiferi scavatori (roditori ), scimmie terricole, boa e pitoni, rane, gallinacei, leopardi e giaguari, chiocciole e formiche, ragni e scorpioni.

Sotto la volta e sui rami alti si trovano scimmie, piccoli uccelli che si nutrono di nettare , uccelli dai colori variopinti, serpenti arboricoli,  pipistrelli.

In questo ambiente i grandi mammiferi sono relativamente pochi e formano gruppi molto distanziati tra di loro come  gli Oranghi.

Nella foresta tropicale la maggior parte delle attività degli animali si svolge all'alba, al crepuscolo e durante la notte quando iniziano ad uscire animali come i pipistrelli, le raganelle e i lemuri che riempiono la foresta di rumori.

Il giorno invece le cicale riempiono l’aria del loro canto stridente che per somiglianza a rumori meccanici abbiamo chiamato  "  la nostra segheria "

 

Scampando al periodo della glaciazione, Il Taman Negara è stimato essere la foresta pluviale più antica del mondo, risalendo a 130 milioni di anni fa,  dove la bio-diversità, pur se su di una ben più piccola superficie, è persino più elevata che in Amazzonia.

Copre un’area di 4343 km quadrati  simile al Lussemburgo distribuendosi nei 3  Stati del Pahang,  Kelantan  e  Terengganu.

Il suo territorio  va da un’ altopiano di 300 metri alla più alta montagna , il Gunung Tahan di 2.187 metri nei cui pressi siamo noi durante questo soggiorno.

Molta parte è ancora inesplorata.

Noi ci limiteremo a pochi km al suo confine.

 

Contando su di un’affluenza di circa 60.000 visitatori all’anno, in questa zona sarà pressocchè impossibile vedere i 600 elefanti asiatici e le circa 110 tigri malesiane che ospita, tutti animali che da tempo si sono rifugiati nelle parti più interne del Parco a cui hanno accesso solo spedizioni scientifiche.

Non tutto è però negativo.

L’affluenza di visitatori finanzia le attività di protezione del Parco dal momento della sua creazione, nel 1937, e crea posti di lavoro, oltre ad aver debellato la caccia e la pesca di frodo.

 

D’altra parte, in questa fitta vegetazione, è estremamente facile passare accanto agli animali e non accorgersene.

Tuttavia il brivido di essere osservati da occhi di belve feroci non ci ha mai contagiato.

Semmai ci siamo sempre affidati alla guida che, di volta in volta,  ci indicava ciò che era alla portata delle nostre capacità di osservazione.

Infatti occorre avere l’occhio allenato date le distanze e le capacità mimetiche degli animali   aiutandosi distinguendo rumori e suoni.

Per insetti, scorpioni e serpenti che sono silenziosi è un po’ come cercare funghi porcini.

 

Addentrarsi in zone sensibili del Taman Negara, necessita trekking di almeno cinque  giorni con guide e tende, cosa che per il momento abbiamo escluso, dato il poco tempo a disposizione nel nostro viaggio.

Il titolare del Woodland Resort mi ha invece informato di essere in grado di organizzare soggiorni a tema su singole specie animali,  con percorsi guidati impegnativi e pernottamenti organizzati chiedendo permessi alle Autorità del Parco.

 

Comunque, un buon approccio, è stato per noi quello di scalare la Bukit Teresek (collina Teresek).

Percorrere poi con entusiasmo per la prima volta una Cànopy Walkway ed in seguito  con un percorso in lancia a motore raggiungere, tramite un piccolo affluente del Tembeling, ed un successivo  piccolo percorso a piedi,  le cascate Lata Berkok.

 

E’ un’esperienza unica, quella di entrare in contatto con la natura vegetale che, insensibile all’uomo che qui ha limitato i suoi danni, percorre la sua strada invariabilmente da milioni di anni.

 

Parlare di simbiosi è forse troppo, ma a contatto con l’acqua o con la vegetazione  non è difficile sentire i limiti umani e la potenza amica della natura, i suoi suoni e le sue manifestazioni più semplici e genuine.

 

Le parole qui non servono.

Meglio entrarci in punta di piedi e godere di questi momenti.

 

Sabato 26 marzo 2011

Non tutti i sogni si riescono a realizzare.

Non è stato possibile trovare un modo di saltare sulla ferrovia della giungla che da Singapore attraversa questa zona per arrivare a Banghock , trasbordando a Kota Bahru per la prosecuzione del nostro soggiorno.

L’omaggio a Tiziano Terzani che per un anno non utilizzò aerei purtroppo non potremo farlo.

E non potremo provare l’emozione di tempi ormai andati nell’attraversare la giungla di notte in treno.

Dal momento che i giochi li abbiamo fatti in Italia e che non abbiamo Indovini che si sono pronunciati contro il nostro volo da Kuala Lumpur a Kota Bahru, ripartiamo per un percorso all’inverso,  per l’aereo della FireFly  " lucciola " che ci attende domattina dal secondo aeroporto di Kuala Lumpur, il Subang.

 

Terzani, comunque, dall’alto ci aveva preparato una sorpresa " cinese " al Saujiana, uno splendido Hotel vicinissimo all’aeroporto che ci ha permesso di assistere ad un matrimonio cinese in piena regola.

Non da invitati ovviamente    sebbene qualcuno dei nostri avesse riposto una segreta speranza,  vista  l’avvenenza della sposa.

 

Ogni mondo è Paese: si dice.

Ecco che ci si para dinnanzi agli occhi questa celebrazione di una coppia di cinesi-malesi che ha fatto le cose in grande ed in una maniera assolutamente moderna.

 

Effetti della Globalizzazione ?

O attrazione e celebrazione degli stili di vita occidentali ?

 

Al mondo tutto cambia ed ecco che gli ancestrali costumi cinesi si fanno corrompere dal karaoke, da una troupe audio video al completo e da una cerimonia che sembra però funzionare al contrario.

 

La torta non c’è, ma dopo il tentativo di entrare nella Guinness dei primati col bacio pubblico più lungo della storia, è entrata in azione la moda del riempimento di una piramide di bicchieri per il brindisi.

 Loro e dell’intera brigata.

 

La cena seguirà, ma se tutto sembra per noi al contrario, una cosa è certa : lei l’ha preso al guinzaglio.

 

Noi comunque ci consoliamo in uno dei 7 ristoranti dell’Hotel.

 

Perché 7 ?

Anche qui scaramanzia Cinese ?

 

Domenica 27 marzo 2011-08-28

Dopo tre giorni di giungla,  una bella spiaggia tropicale farebbe al caso nostro.

Altre tre tappe e  voilà ce la dovremmo fare  a passare un paio di giorni tra i banchi corallini di Pulau Redang, una delle isole più incantevoli della costa Est, quella che si bagna direttamente nel Mar Cinese Meridionale.

Redang è una delle tre perle del Terengganu, assieme a Pulau (Isola) Perènthian e Pulau Kapas.

 

A patto che il Monsone sia d’accordo.

Perché qui, come ai tempi di Sandokan, il monsone la fa da padrone e ci giocherà un brutto scherzo.

 

Nel percorso da Kuala Lumpur attraverseremo incidentalmente 2 grandi città.

La prima, Kota Bahru, capitale dello Stato Nord Orientale del Kelantan la potremo osservare solo dai finestrini di un’auto e da ben lontano.

 

Kota Bahru  confina con la Tailandia e la città di Tumpat, citata da Terzani per i bordelli, ove gli islamici fanno ricorso per le loro scappatelle ai barber shop.

 

La seconda, Kuala Terengganu, capitale dell’omonimo Stato, ci regalerà una piccola e simpatica escursione.

Se a Redang ci mancheranno le immersioni, qui ci tufferemo in un clima culturale islamico più genuino derivante dall’isolamento storico che questa costa ha goduto nel corso dei secoli.

 

L’ultimo salto per arrivare a destino, un passo alquanto agitato, lo faremo cavalcando onde di 2 metri , con  un veloce aliscafo.

 

Ciò comporterà qualche mal di pancia ad alcuni temerari componenti del gruppo che hanno deciso di accomodarsi a prua da cui affioreranno madidi di sudore solo all’arrivo.

 

Ma, una volta sulla terraferma  ne vale la pena, meteo a parte.

 

I nostri chalet del Legoon Resort (da non confondersi col megagalattico Laguna Redang Island  Resort  di chiara estrazione cinese ) non saranno il massimo dell’accoglienza, ma sono immersi nella natura (attenti alla caduta delle noci di cocco durante i temporali ) .

 

Lunedi 28 marzo 2011 

Pulau Redang fa parte di un gruppo di 9  ìsole appartenenti ad un parco marino protetto.

Le immersioni e lo snòrkeling beneficiano quindi di fondali dove, se le condizioni del mare lo permettono, la vita vegetale ed animale è rigogliosa almeno quanto la giungla del Taman  Negara. 

 

Per fortuna,  lo Tsunami provocato dal  terremoto di 15 giorni fa in Giappone, quello che ha creato la catastrofe nucleare di Fukùshima,  non è riuscito ad arrivare fin qui.

Tuttavia sia i danni al sistema ecologico causati da tifoni e Tsunami precedenti, che la creazione di alcuni Resort,  hanno  comportato una serie di danneggiamenti all’ambiente che le autorità di Terengganu stanno ora recuperando.

 Tra questi,  il cinese Laguna Redang Island Resort che ospita non meno di 500 turisti al giorno,

 

Sebbene tardivi,  questi provvedimenti come la creazione di una barriera corallina artificiale , là dove è stata distrutta, lasciano ben sperare.

 

Con una dimensione di meno di 10 km di lunghezza e meno di 5 in larghezza è una piccola isola

La sua morfologia è montuosa e le baie più ad Est dell’isola sono quelle più incantevoli.

Tra queste Teluk Dalam, Teluk Kalong e Pasir Panjang dove ci posizioniamo nel nostro soggiorno.

 

E’ quasi impossibile accedere all’Isola senza aver prenotato un pacchetto turistico che è praticamente imposto e comprende i diritti di accesso al Parco Marino e relativo pagamento del Contributo oltre a quello per la sistemazione alberghiera e le attrezzature sportive. 

 

Belle parole.

Ma oggi spioverà?

Dopo una nottata d’acqua che ha giocherellato con invadenza sul tetto del nostro chalet, conserviamo qualche speranza.

Se era lecito attendersi di essere nella stagione giusta che comincia da inizi marzo, qui si direbbe che cataratte scendano dal cielo ed il mare non è nelle condizioni di visibilità che permettono alcuna immersione.

I gestori locali, due anziani cinesi alquanto burberi ed arcigni,  scuotono la testa.

 

Tutto è colpa della lotta tra i Monsoni e quello caldo del SudEst, evidentemente, non ne vuol sapere di risalire a proteggere la zona. 

Ecco perché il Legoon Chalet Resort ha una spropositata veranda dove si inganna l’attesa prima che spiova, si mangia, si fanno giochi e si scherza e ride assieme ad un Gruppo Aziendale di una preminente Banca Malese che ha inviato i suoi dipendenti in viaggio premio con giochi e cotillons. 

Non ci resta che cercare di intrattenerci con loro. 

Nel frattempo,  restituiremo pinne fucile ed occhiali agli albergatori.

Ormai a pomeriggio inoltrato non se ne parla più.

Approfittando di una breve schiarita è bello avventurarsi per la spiaggia a " spiare " ragazze cinesi che posano per servizi fotografici.

Giovani cinesi ardimentosi, davanti al Laguna Redang Island Resort si tuffano tra le onde.

Mi faccio anche coinvolgere dagli animatori del Free Beach che a tutto volume cercano di creare un po’ di atmosfera per le centinaia di ospiti dell’Hotel.

 

Poi una bella passeggiata   sfidando le onde del Mar Cinese Meridionale,  sulle passerelle che portano fino al Redang Reef Resort.

Occorre sincronizzarsi, onda , per  onda  e si evitano delle belle docciate fresche.

 

Al Dive Center del Resort sperimenterò anche una sorpresa un po’ osè.

Qui siamo in zona Cinese, lontani dalla zona islamica.

 

Gli istruttori del Centro Immersioni non sapendo che fare, invece di ripassare la teoria sui loro schermi LDC, hanno messo un porno.

 

Tutto all’aria aperta..non c’è qui il concetto peccaminoso che invece riveste il mondo occidentale.

 

Martedi 29 marzo 2011 

Se ieri abbiamo avuto alcune simpatiche pause, della collera del Dio Nettuno, oggi è una giornata da diluvio universale! 

Durante la notte si è superato ogni limite ed il Legoon, oltre ad altre caratteristiche negative, non è certamente una struttura da favola.

Gocce d’acqua hanno per ore tamburellato il pavimento tutt’ attorno al mio letto.

Quasi impossibile  non bagnarsi durante il sonno!

 

Se le condizioni del mare non miglioreranno, il Dash 7 delle 10 della  Berjaya Air per Singapore potrebbe diventare a rischio,  con conseguenze pesanti sui nostri itinerari

 

Siamo a due passi dall’aeroporto che è posizionato a 2 km dietro un contrafforte della montagna, ma per raggiungerlo dobbiamo illogicamente aggirare tutta la costa in barca e poi prendere un taxi.

 

Un amico malese  propone di valicare a piedi, inerpicandosi sotto la pioggia battente, usando un viottolo largo un metro.

Il tutto,  in mezzo alla foresta tropicale.

Con armi e  bagagli ??

 

Dopo dieci inevitabili e interminabili minuti a piedi, sotto cascate d'acqua ed il guado di stradine e  marciapiedi inondati da 30 cm , giungiamo comunque fradici e inzuppati fino al midollo  al molo del Laguna Redang, unico scalo in caso di mare mosso.

Anche  le valige hanno sofferto, nonostante le avessimo protette con sacchi di plastica neri, quelli da immondizia.

 

Rifiutata la lancetta da 4 metri  inviataci dal Legoon,  facciamo un rapido dietro-front e dopo contrattazioni, formalità e pagamenti,  siamo a bordo di uno dei potenti mezzi privati dei cinesi del Laguna Redang.

Ieri sera nel loro Hotel avevo preso nota degli orari e  dell’elenco delle persone che ripartivano.

Ogni cosa  aveva una sua precisa collocazione.

Questi cinesi sanno il fatto loro!

Soprattutto quando business is business!

 

Messe da parte 5 ore di ritardo, non giustificate, a mio avviso,  da parte della Compagnia Berjaya Air,   il nostro volo di transfer a Singapore non ha più storia.

 

Ne fà le spese la mia valigia rigida nuova che, al check-in in aeroporto, accusa circa 5 kg di più, molti dovuti al peso dell’acqua filtrata attraverso le cerniere.

Pagheremo felici tutti i nostri sovrappesi.

Scopriremo così cosa significa aprire in Hotel a Singapore una valigia con gli abiti bagnati, dopo un viaggio in Paesi tropicali.

La zaffata di caldo umido e quell’odore caratteristico che ne viene fuori,  ti dice: vieni dall’Equatore!

 

Mercoledi 30 marzo 2011 

Per primeggiare, non basta essere al passo coi tempi.

Bisogna precederli.

 

Ad alcuni Singapore sembrerà un sogno occidentale, inserito nel bel mezzo del mondo Asiatico.

Una Manhattan tropicale da mordere con ingordigia e piacere.

 

Per altri si tratterà di apparenze e falsità del mondo moderno,  costruzioni artefatte del pensiero per abbagliare e sorprendere, ma con pochi fondamenti.

 

La chiave di volta potrebbe stare nel cercare di penetrare a fondo scavando nel passato.

Cercando nel groviglio di motivi culturali, localizzazione geografica, le ragioni storiche e commerciali che hanno fatto il successo  della Singapore di oggi e forse anche di quella del domani.

 

Le prime migrazioni di indigeni malesi, avvennero 2500 anni fa, nell’età del bronzo, sotto pressioni delle migrazioni del Mekong..

Fino al quindicesimo secolo il territorio appartenne all’ Impero di Sumatra, passando la mano poi a portoghesi ed Olandesi fino al diciottesimo secolo.

Ma  le vere origini della Singapore odierna risalgono a Sir Thomas Stamford Raffls nel 1819.

 

Nel 1867 grazie alla sua politica filo-britannica vi si instaurò saldamente il dominio della Corona.

Attirati dalle esenzioni doganali, gli immigranti si riversarono a migliaia e Singapore divenne una fiorente colonia e una base navale militare che contava circa 10.000 abitanti.

 

Si intravvedevano già allora i fondamenti delle strategie odierne, compresa una certa visione politica ed etnica, creando quartieri ben distinti per le diversi componenti: la cinese, fin da allora la predominante, assieme  alla malese e a  quella indo-asiatica, cercando di rispettare i loro valori culturali e di farli integrare.

 

Finita la seconda guerra mondiale e chiusa la parentesi della breve occupazione giapponese, Singapore nel 1963  dichiarò unilateralmente l'indipendenza dal Commonwealth Britannico, e si unì alla Federazione della Malesia.

Poco dopo, nel 64, a causa di vari problemi politici, la nuova federazione fallì.

Così nel 65 fu proclamata l'indipendenza della Repubblica di Singapore,  con a capo del Governo  Lee Kuan Yeu con la sua idea di fondare una piccola città Stato, pulita ed ordinata.

Pragmatico e astuto, Lee dette vita a un governo basato sulla modernizzazione a qualsiasi costo e sulla soppressione dell'opposizione politica.

Venne incentivata la creazione di strutture industriali molto simili a quelle di Hong Khong che si basavano sulle ottime condizioni e bassi costi del lavoro cinese e venne dato grande impulso alla ristrutturazione del porto, sede storica dei commerci.

Grazie anche a facilitazioni sui Capitali, non tutti necessariamente puliti, provenienti dalla Cina, si creò una piazza finanziaria che è diventata la quarta al mondo.

Singapore conta il maggior numero di milionari residenti al mondo.

 

Nel 2004 Lee Hsien Loong, il primogenito di Lee Kuan Yeu, divenne il terzo Primo Ministro.

Tra le sue iniziative, il piano di apertura di Casinò per incentivare il turismo.

 

La conseguenza di questo pensiero sono Leggi restrittive come la pena di morte per reati gravi e  per la droga, un sistema politico che tollera poco le opposizioni creando veri casi di diffamazione di personaggi politici per disfarsene.

La stampa è allìneata o persegùita.

Vengono mantenute le pene corporali  persino a scuola (canning)  ed esiste addirittura una sezione della  Polizia che controlla "effusioni" delle coppiette in pubblico o il divieto di gettare cartacce, ciuing gum e attraversare col rosso non sulle strisce pedonali.

 

Queste Leggi se da una parte garantiscono di conservare le condizioni  che caratterizzano Singapore,  dall'altra limitano quella che per molti è una semplice libertà d'espressione.

 

Nonostante ciò Singapore è una delle aree a più alta densità abitativa del mondo, con una popolazione di circa 5 milioni di abitanti che crescono al ritmo del 2% annuo, il tasso di alfabetizzazione è altissimo, le strutture pubbliche di ogni tipo efficienti ed aggiornate, il PNL del 2010 del 14,5%

Incredibile per noi.

 

I pareri più contrastanti vengono espressi da chi rientra da una visita a Singapore: non resta che viverla, in questo unico giorno che ci è restato,  prima di fare il gran salto nel Borneo.

 

Ma Singapore è una città che si fa volere bene.

 

Si comincia dal mattino con un po’ di ginnastica salutare in un’ ambiente idilliaco come quello dei giardini botanici.

 

Alla moda cinese!

 

Il Parco botanico occupa un decimo della superficie ed è  giusto al centro dell’isola.

 

La zona è quella della massima altezza orografica di Singapore: circa 150 metri sul livello del mare.

 

Ma altri giardini saranno realizzati  vicino al Marina Bay Sands, l’Hotel avveniristico che si osserva da tutte le angolazioni nelle strade di Singapore e che, come una calamita, continua ad attrarci.

 

Prima o poi dovremo andarci!

 

Nel frattempo,  non abbiamo saputo fare a meno di tutto quel ben  di  Dio che ha saputo proporci .

 

Anzi,  meglio , quello che  la specie umana ci ha offerto.

 

Perché,  se la giungla è un miracolo della natura, anche noi uomini, nel nostro piccolo, possiamo dare la dimostrazione delle nostre opere quando vogliamo farlo bene.

 

Quando la fantasia di un’ architetto si esprime al meglio, come è stato qui concesso a mezzo mondo.

Quando i capitali sono stati messi al servizio di questi fini, senza scandali, senza Ministeri dei Beni ambientali e delle Belle Arti.

 

Allora anche l’uomo è degno di entrare nel miracolo della natura ed aver diritto a ricevere ammirazione per le sue opere né più né meno come una foresta tropicale.

 

 Marina Bay Sands , la ruota panoramica chiamata anche Flyer, Orchard Road ed il Raffles  Hotel, Centri Commerciali a go go ed il Mall coi teatri dell’Esplanade a forma di Durium: basta osservarli con un’occhio diverso e privo della malizia primigenia di cui siamo ampiamente farciti.

 

Un rapido spuntino cinese e, sul nostro cammino per il Bay Sands , un ciabattino con 35 anni di mestiere da strada.

Vuol ripararmi  :  un par de scarpe rotte

 

Per andare in giro per il mondo

 

Facciamoglielo fare.

 

Marina Bay Sands,  ci  si presenta col suo volto migliore.

 

La hall, ma soprattutto il Roof garden denominato Sky Park meritano veramente di lasciarci a bocca aperta.

 

Vedrete anche voi

La sua costruzione non è stata da meno.

Singapore non si può espandere se non rubando spazio al mare,  sanificando zone ex paludose e bacini.

Nel giro di 20 anni acquisirà altri 100 km quadrati.

 

La sua fame  d’acqua dolce, cresce giorno dopo giorno e le forniture del Governo malese già non bastano più.

Quindi ,nel progetto del Marina Bay Sands e Casinò, l’acqua del bacino che osserviamo qui sotto sarà trasformata in acqua dolce.

 

Costituirà una futura riserva per usi secondari.

 

Il tutto riciclando le acque urbane

 

Qui sul tetto a più di 300 metri di altezza si respira un’altra aria.

 

Non facciamo questione di ricchi alberghi a cinque stelle , atmosfere snob e quella falsa, fredda atmosfera che non hanno Hotel di minori pretese.

 

Guardiamo solo  l’avventura dell’uomo, la concezione della piscina a sfioro, che ti da l’impressione di essere librati nell’aria.

E per un pilota è un’emozione in più.

 

Tutto questo non c’era nel 2008: solo un banco di sabbia

 

E non è tutto: guardate cosa sarà  quando l’area sarà finita.

 

Questione di un paio d’anni

 

 

Giorgio

Giorgio.Paolillo@Teletu.it

 

 

 

 

 

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