PROVENZA E CAMARGUE

France

Diario di viaggio 9 – 18 AGOSTO 2010

di Arturo & Nelly

 

 

 

 

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9 Agosto – Lunedì

 

Partiamo alle sette per Torino e Susa fino a Salice d’Ulzio dove pieghiamo per il Monginevro. (Partenza contachilometri 27274). Siamo in tre, oltre ad Arturo e a me c’è mia sorella che ha gradito il programma che ho previsto.

 

Inizialmente pensavamo di fare il valico del Frejus, ma guardando le mappe ci siamo accorti che avremmo piegato inutilmente verso nord e abbiamo optato per questo valico piuttosto agevole e non troppo frequentato.

 

Non siamo riusciti a capire bene dove stia il confine con la Francia e, al ritorno dalle vacanze, ho verificato che il passo non fa da confine fra i due paesi, ma è tutto in territorio francese.

 

La giornata è assolata. Arriviamo a Briançon (1326 m.) dove ci fermiamo solo per riprendere qualche fotografia alle fortificazioni di Vauban che sono davvero imponenti, poi proseguiamo fino al lago di Serre-Ponçon. E’ un bel lago artificiale lungo e stretto, solcato da tutti i tipi di natanti. Vedo volare un deltaplano a motore che porta un gommone in aria: questi francesi le inventano un po’ tutte!

 

 

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Procediamo verso Gap che è il capoluogo della regione, ma a Sisteron entriamo in strade secondarie guidati dal navigatore satellitare che ogni tanto sembra andare in tilt. Nelle rotonde a volte conta eventuali stradine sterrate, a volte no, inoltre è possibile che non conosca certe strade aggiunte come quelle che entrano nei centri commerciali.

 

Ho scelto la località della nostra prima sosta pensando ad un luogo immerso nella natura, che ci consentisse di staccare subito dai panorami cittadini. Così siamo diretti al Canyon du Verdon, che è una spettacolare gola che forma il confine tra la regione Alpes-de-Haute-Provence e il Var. La voragine nelle rocce arriva fino a 700 metri di profondità, e possiede una lunghezza di 21-km mentre la larghezza varia tra i 6 ei 100 metri sul fondo e tra i 200 m e un chilometro e mezzo nel suo bordo superiore.

 

Pernotteremo all’ostello della gioventù di Palud sur Verdon.

 


10 Agosto – Martedì

 

Difficile decidere cosa fare: non abbiamo le scarpe da trekking, ma ci piacerebbe andare a piedi nella Gorge. In alternativa possiamo fare la Route des Cretes fermandoci ai vari e numerosi belvedere che danno sulla gola del Verdon.

 

Devo dire che la questione delle scarpe è assolutamente colpa mia: a una richiesta di mia sorella Leda, ho precisato che non credevo avremmo fatto sentieri e così nessuna delle due ha scarpe idonee. Davvero una leggerezza imperdonabile.

 

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Optiamo per andare al punto denominato Point Sublime che è fantastico: dall’alto si domina il canyon più lungo d’Europa con i suoi 21 chilometri e con picchi a strapiombo fino a 700 metri di altezza.

 

Dal Point Sublime decidiamo di fare una camminata per scendere al Verdon, ma arriviamo solo ad un suo affluente con una bella pozza d’acqua. E’ d’obbligo bagnarsi piedi e testa per rinfrescarsi. L’acqua è gelida e tonificante.

 

Arrivano a più riprese persone che hanno sbagliato strada credendo il sentiero quello delle Gorges. Tutti sono costretti a tornare indietro.

 

Risaliamo discorrendo sulla carenza di segnalazioni. Proviamo a riguardare i cartelli ma ci confermiamo nelle nostre idee: forse l’attacco del sentiero è completamente a sinistra rispetto al Point Sublime, mentre tutti tendono a prendere il sentiero a destra del belvedere.

 

Prendiamo l’auto fermandoci ad ogni singolo belvedere: spettacolo sempre nuovo sulle falesie a cui si aggiunge quello degli avvoltoi che volano maestosi.

 

La Route des Crêtes è in pratica un anello stradale spettacolare , che parte ad 1 km a nord di La Palud-sur-Verdon e fa ritorno allo stesso villaggio. L'intero ciclo di 23 km segue per gran tratto i margini del bordo settentrionale, con alcune delle più spettacolari vedute del canyon. La strada è stretta, ma molto meno frequentata rispetto alle strade principali.

 

Rientriamo alle 16 con gli occhi pieni di belle cose.

 

 

 

11 Agosto – Mercoledì

 

Ieri sera abbiamo discusso su cosa fare oggi. Le idee sui vari sentieri accendevano gli animi: quel che io temo è un’eventuale discesa ripida dato che le condizioni delle mie scarpe potrebbero mettermi in pericolo.

 

Ci alziamo alle 7,15 e facciamo colazione, poi andiamo dopo Point Sublime scendendo sulla destra della strada per Couloir Samson dove lasciamo l’auto.

 

E’ qui che Arturo temeva di trovare troppe auto, ma l’orario ci ha consentito di scegliere ampiamente dove lasciare la vettura rinunciando ad essere sull’ultimo piazzale per lasciarla su una piazzola un po’ arretrata: meglio fare quattro passi in più e avere l’auto al sicuro da manovre difficoltose di altre auto.

 

Ci avviamo per il sentiero in costa denominato Martel dal nome dello speleologo che ne fu il primo esploratore nel 1905. E’ agevole, tranne per la presenza di due tunnel con un po’ d’acqua in terra (nulla di che se non per la necessità della pila che era chiaramente indicata nei suggerimenti per gli escursionisti e che Arturo porta sempre con sé). Un paio di punti hanno una placca di roccia molto scivolosa, qui hanno messo una corda di sicurezza alla quale ci affidiamo per il passaggio.

 

Per il resto si tratta di un percorso piuttosto pianeggiante con bellissime falesie che ci sovrastano soprattutto sul couloir.

 

La vegetazione è abbondante con grosse querce rade, i bossi sono le piante prevalenti e ci sono molti scotani che attirano l’attenzione per quanto resta delle infiorescenze.

 

Alle 11 decidiamo di fare marcia indietro. Fin dall’inizio non avevamo intenzione di percorrere tutto il sentiero che richiede dalle sette alle otto ore, d’altronde il tratto è stato fantastico già così. Inoltre Leda ha dimenticato l’acqua che era andata a prendere in camera e abbiamo solo mezzo litro in tre: il fiume è sotto di noi di un centinaio di metri, ma decisamente irraggiungibile.

 

Rientrando ci fermiamo sul fiume nell’unico punto in cui si può raggiungerlo e cioè all’inizio del sentiero. Qui c’è una spiaggetta dove ci possiamo bagnare. C’è parecchia gente e tantissimo sole.

 

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Uno dopo l’altro decine di persone di tutte le età: in muta, con giubbotto di salvataggio e scarpe tennis ai piedi, scendono in acqua per fare il loro battesimo di canoying. Credo chiamino questo sport ‘floating’ perché non c’è tutta la parte di uso di corde, ma solo quella di lasciarsi trasportare dalla corrente. Il fiume non ha profondità se non nelle pozze e quindi si potrebbe anche farlo a piedi con un opportuno equipaggiamento.

Qualcuno è spaventato e finisce per sbattere il sedere sui sassi del fondo, altri sono chiaramente divertiti. Mi piacerebbe provare.

 

L’ostello qui a La Palud è davvero confortevole, con una grande cucina bene attrezzata e la stanza che ci hanno dato ariosa e tranquilla. David, il gestore attuale, consente l’accesso a qualsiasi ora, ma il silenzio delle 22,30 è rigorosamente rispettato da tutti.

 


12 Agosto – Giovedì

 

Partiamo subito dopo colazione con un po’ di rammarico perché qui era proprio bello. Riusciamo ad ammirare l’ultima parte del canyon e l’inizio del lago Sainte Croix.

 

Vogliamo percorrere strade secondarie per cui impiegheremo parecchio tempo ad arrivare a Tarascon che è la nostra prossima meta. In compenso ammiriamo la campagna provenzale con campi di lavanda (anche se in gran parte sfiorita) e di girasoli.

 

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Ad Aix en Provence giriamo un po’ a vuoto per parcheggiare, ma alla fine ce la facciamo. Il centro città è costituito da case del 1800 con tantissime fontane disseminate lungo il corso principale che è Cours Mirabeau.

 

La cattedrale è chiusa e si può vedere solo dall’esterno. Ha una facciata in gotico provenzale ed è molto rimaneggiata. I turisti sono numerosi nel centro storico ricco di ristoranti e negozi. Mangiamo in un locale a menu fisso un’insalata mista, dolce, acqua e caffè.

 

Riprendiamo l’auto e, sempre per vie secondarie, arriviamo a Tarascona. Sono le 16 e l’albergo apre alle 17,30. Una panchina fuori dell’albergo consente di non aspettare in piedi, ma preferiamo sederci ad un bar vicino e berci qualcosa di fresco.

 

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13 Agosto – Venerdì

 

L’ostello è in una casa molto vecchia. Ci hanno dato i tre letti in una camerata da otto di cui due soli occupati. La camera si raggiunge con un giro di scale e corridoi, ma è confortevole.

 

I bagni sono un po’ spartani, tutti al piano terreno, con rubinetti che spruzzano più fuori che dentro i lavandini e le docce, senza la ‘rosa’ buttano l’acqua addosso senza possibilità di regolazioni. Non c’è comunque da lamentarsi, l’acqua calda è al punto giusto anche se preregolata.

Comunque non è come a La Palud soprattutto per gli orari visto che il gestore ci ha confermato un’assoluta rigidità con apertura 8-10 e 17,30-22.30. A mia richiesta ha detto che essendo solo non può avere elasticità e che dobbiamo chiedergli giorno per giorno se pensa di restare in orari diversi.

 

Successivamente abbiamo scoperto che dorme in albergo e una persona che lo ha sostituito per due giorni si comportava in modo diverso per cui non abbiamo capito come funziona la faccenda. Se dovesse piovere si aspettano che si resti fuori tutto il giorno?!

 

Prima tappa Arles che è una cittadina interessante. Qualche resto romano molto rimaneggiato restaurando in modo un po’ discutibile le cose, una gloriosa storia medioevale e un bel chiostro nella cattedrale meritano senz’altro la visita.

 

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Poiché noi giriamo con molta calma, arriviamo alle 12.

 

Nel complesso adiacente alla cattedrale possiamo vedere le fotografie di alcuni artisti perché in questo periodo quasi tutti gli edifici storici ospitano collettive di fotografia. Sembra si tratti di un appuntamento fisso qui ad Arles e devo dire che sono piuttosto interessanti.

 

Acquistiamo provviste che usiamo per pranzare, poi andiamo a Fontvieille dove c’è il Monastero di Montemajor.

 

L’abbazia-fortezza è imponente anche se di una certa parte degli edifici restano solo rovine. Il chiostro è piccolo ma molto bello. Anche qui mostre di giovani fotografi.

 

Il monastero sarebbe completato da una cappella che dista poche centinaia di metri, ma questa non risulta visitabile ed è di proprietà privata.

 

Fa molto caldo e prima di rientrare ci fermiamo ad un bar ristorante di fianco al monastero per berci una bibita fresca e riposare.

 

Al rientro, alle 17, andiamo verso il centro di Tarascona per fare la spesa prima di entrare in albergo, ma vediamo che non ci sono grandi negozi e la cittadina ha le vie deserte.

 

Diamo un’occhiata all’esterno del castello che dà direttamente sul Rodano e alla chiesa che risulta chiusa.

 

 

 

14 Agosto – Sabato

 

Partiamo per Avignone dove arriviamo alle 9. Fa parecchio fresco e ci sono ancora pochi turisti in giro.

 

Le mura della città dei papi sono ancora integre grazie ai restauri e dentro ci sono le strade strette delle tipiche città medioevali.

 

Una sosta alla chiesa in via S. Michele e poi avanti fino al Palazzo dei Papi. L’imponente complesso è fronteggiato da una grande spianata dove hanno installato un’enorme statua di un elefante in bronzo a gambe all’aria e appoggiato sulla proboscide: un vero orrore secondo noi, che stona con le costruzioni medioevali.

 

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Abbiamo poi scoperto che è opera di un artista moderno di nome Miguel Barcelò, molto quotato come artista spagnolo di arte contemporanea.

 

Ammiriamo in tutta tranquillità l’esterno compreso il giardino, poi ci avviamo all’ingresso. C’è coda perché nel frattempo sono giunti in massa gli altri turisti.

 

Il prezzo è salato: 15 euro a testa e restiamo indecisi, ma alla fine entriamo. Le sale sono tute assolutamente spoglie (nessun arredo) anche perché durante la rivoluzione francese l’edificio fu requisito e trasformato ad usi militari.

 

Alcune sale sono riservate alla mostra di barcelò che io non ho apprezzato particolarmente anche se Arturo dice di aver rivalutato dopo alcune inquadrature che ha fatto.

 

Usciamo stanchissimi alle 13 e cerchiamo un posto dove comprare da mangiare. Finiamo in un piccolo locale confortevole che per meno di 15 euro ci dà tre grossi panini e da bere.

 

Ora andiamo a Villeneuve les Avignon a vedere l’abbazia di Saint André, poi quel che resta della fortezza da fuori. Ancora una volta la storia dice che la rivoluzione francese ha rovinato quel che c’era, così dell’abbazia restano i tracciati delle due chiese e una cappella sopraelevata. Una grossa casa e un giardino sono invece opera di restauro da parte di una pittrice che vi ha abitato alla fine del 1800, inizio 1900.

 

Il giardino è piacevole, ma certo andrebbe visitato in primavera dato che ci sono pergole di glicine e rose; ora di notevole c’è la struttura generale.

 

Proseguiamo entrando nella zona più antica del paese dove c’è la collegiata, una chiesa con un piccolo chiostro restaurato e una torre. Non andiamo invece alla certosa che non siamo riusciti a localizzare prima di essere troppo stanchi per fare altre visite.

 

Sono le 16 quando decidiamo di rientrare a casa per riposare.

 

 

 

15 Agosto – Domenica

 

Andiamo a piedi al paese che sta oltre il ponte sul Rodano. Si tratta di Beaucaire che sta proprio di fronte a Tarascona.

 

Un bel mercato della frutta e verdura, animato e tutt’altro che turistico, ci consente di fare la spesa (pollo arrosto, frutta e verdura), poi percorriamo le vie cittadine che sono più animate e invitanti di quelle di Tarascona, qui c’è anche un porto fluviale per barche da diporto.

 

Ci sono moltissimi nord africani (donne col velo, uomini con il copricapo in stoffa e la veste sopra i pantaloni). Oltre che in strada si nota nella situazione delle chiese che hanno una sola Messa domenicale, che sono chiuse tutto il giorno e hanno pochi fedeli. A me fa un po’ tristezza, abituata come sono a ritenere la Chiesa un luogo per tutti che dovrebbe essere sempre aperta!

 

Alle 12 siamo a riprendere l’auto in albergo per andare alla Fontaine de Vaucluse. E’ un po’ lontana, ma ci tenevo a veder ancora un po’ di natura e Arturo mi accontenta. D’altronde, il fatto che l’albergo resti chiuso tutto il giorno, ci lascia il tempo per un’altra escursione.

 

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Sono più di 50 chilometri da percorrere in direzione di Avignone. Il luogo è famoso per i sonetti del Petrarca che da qui trasse ispirazione e perché ad Avignone egli incontrò Laura.

 

Qui sgorga la risorgiva europea più profonda (300 m.) e qui compaiono da fonti sotterranee acque verdi di un veloce torrente. Il fascino maggiore deriva dal colore, dato dalle piante acquatiche del fondo.

 

C’è una quantità incredibile di turisti, fa un gran caldo ed è strapieno di bancarelle che vendono un po’ di tutto; l’artigianato non è niente male e c’è un museo della carta in cui si usa un mulino restaurato per produrre carta a mano. Sebbene guardiamo le cose con interesse evitiamo di acquistare perché poco si farebbe con uno o due fogli di carta fatta a mano.

 

 

 

16 Agosto – Lunedì

 

Ci avviamo per la Camargue passando per Arles. Un incidente ha bloccato la strada e dobbiamo destreggiarci per trovare un percorso alternativo. Nulla di grave.

 

Proseguiamo fino a Salin de Giraud dove ci fermiamo ad ammirare le saline con un’acqua violetta incredibile.

 

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Riprendiamo per il Domaine de la Palissade, in fondo alla Camargue, che mi risulta una riserva naturale con tre percorsi a piedi. L’accesso al Domaine è a pagamento e ci danno le informazioni e un pieghevole illustrativo dei sentieri.

 

Scegliamo di fare il percorso lungo di 3,30 ore e partiamo sotto il sole, ma con l’aiuto del perenne vento che rinfresca. Io, senza cappello, opto per fare delle cocche ad un fazzoletto, Leda e Arturo hanno il loro cappellino.

 

Negli stagni ammiriamo aironi, sia il cinerino che le garzette, cigni e anatre di diversi tipi e i meravigliosi fenicotteri rosa. I fiori sono pochi dato che siamo in piena estate, ma qualcuno posso riprenderlo. Incredibile la quantità di libellule, difficilissime da catturare con la macchina fotografica o la videocamera, ogni tanto qualche pesce guizza negli stagni.

 

Finiamo il giro alle 15, più che soddisfatti della visione d’insieme dell’ambiente della Camargue.

 

Dopo un’oretta di riposo andiamo alla Capelière a chiedere che escursioni potremmo fare domani e mi dicono che dovremo passare da loro per l’autorizzazione a percorrere Salin de Badon.

 

 


17 Agosto – Martedì

 

Ultimo giorno di vacanza. Andremo a Salin de Badon. Arriviamo a chiedere il permesso prima delle 9. La ragazza addetta al centro di informazioni si ricorda di noi e ci dà un permesso da lasciare esposto sull’auto mentre percorreremo i tre sentieri des Flamants, des Foulques e des Aigrettes.

 

La Salin de Badon era una salina reale fino al 1800 quando divenne riserva di caccia con una casa per i pernottamenti. Nel 1927 è stata trasformata in riserva zoologica. Ancora oggi si può dormire nella costruzione riadattata dove c’è posto per una ventina di persone. La cosa è molto interessante perché gli orari per vedere meglio gli uccelli sono al mattino presto e alla sera e dormire qui potrebbe risultare particolarmente utile.

 

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Percorriamo prima il sentiero dei fenicotteri: bello l’ambiente, più ombroso di quello di ieri, con sottofondo audio di innumerevoli uccellini. Scorgo il guizzo di un animaletto, forse una nutria, vedo un paio di uccellini svolazzare fra i rami intricati degli alberi lungo i fossi.

 

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Al termine del sentiero c’è un casotto in costruzione per il bird watching, ma non è utilizzabile e proseguiamo un po’ delusi verso il sentiero delle anatre. Qui troviamo una postazione in perfetta efficienza, con un potente binocolo installato che dà su uno stagno pieno di fenicotteri. Bellissimo! Restiamo più di un’ora comodamente seduti sbirciando dalla fessura aironi, anatre e altri uccelli.

 

Mangiamo qui in tutta tranquillità, fa fresco e si sta magnificamente. Quando riprendiamo il cammino è a malincuore, ma la speranza di vedere altre cose belle ci porta sul sentiero des aigrettes che purtroppo ci porta in uno stagno quasi secco. Dalla postazione, qui priva di binocolo, riprendo il volo di un grosso stormo di cicogne e una cicogna che si è posata in perlustrazione sul fango, alla ricerca di insetti.

 

Prima di rientrare a casa è obbligatorio vedere Saintes Maries che è l’unico paese sul mare della Camargue, nella zona ovest.

 

Percorrendo la strada che porta in questo paesino vediamo una grande quantità di maneggi, il traffico è intensissimo e la cittadina si rivela una località balneare affollatissima.

 

Non riusciamo neppure a parcheggiare correttamente per cui ci limitiamo a sostare su un marciapiedi lo stretto tempo necessario a dare un’occhiata alla spiaggia e al mare.

 

Rientrando ci fermiamo lungo la strada per acquistare alcuni prodotti del luogo (è zona di riso, erbe aromatiche, salumi).


 

18 Agosto – Mercoledì

 

Rientriamo a casa con un viaggio piuttosto lungo e fermandoci solo a Briancon per riposare un poco le gambe.

 

Nella zona della Francia che abbiamo percorso il paesaggio è caratterizzato da grandi frutteti (pere, mele, pesche) che vengono protetti contro il vento da filari di pioppi, è un ambiente piacevole con molta acqua, tanto che verso la Fontaine de Vaucluse era pieno di fiumi dove si poteva fare del kayak.

 

La Camargue è risultata degna della sua fama, ma è certo un luogo da visitare in primavera quando credo che sia gli uccelli di passo che quelli che nidificano qui siano moltissimi.

 

Per quanto riguarda gli alberghi della gioventù credo che l’esperimento si possa ripetere senza problemi: è un po’ come trovarsi lungo i cammini spagnoli e l’autonomia dei cibi preparati da noi offre vantaggi sia di economicità che di appetibilità.

 

 

Km percorsi: 29115 – 27274 = 1841

 

 

 

Arturo e Nelly

negando@alice.it

 

 

 

 

 

 

 

 

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