Groenlandia, Ammassalik

Diario di viaggio agosto 2001

di Pietro dell'Olio

 

 

 

io e il ghiacciaio...

Immagini e commento di Pietro Dell’Olio  

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In volo sulla Groenlandia - Kulusuk e Ammassalik

       

 

Con un piccolo bimotore partito da Reykjavik ci avviciniamo alla costa est groenlandese. Dopo un primo, repentino quanto  inevitabile senso di meraviglia, iniziamo  la discesa verso l'aeroporto di Kulusuk, dell’omonima isola situata a pochi silometri dal Circolo Polare Artico - 66° parallelo nord. Tra le nuvole si può intravedere il mare punteggiato di iceberg alla deriva e, a poche miglia di distanza dalla costa, ha inizio la calotta polare che si estende per circa il 95% del territorio.

 

All'arrivo all'aeroporto di Kulusuk il cielo è coperto e la temperatura è piuttosto bassa. Per la prima volta avverto una sensazione di freddo diversa dal solito, una temperatura tipicamente artica, secca e pungente. Raggiunto l'esterno,  noto subito un insolito cartello indicante le direzioni dei paesi con i punti cardinali, segno evidente della mancanza di strade di collegamento e delle enormi distanze tra un paese e l'altro.

 

 

       

 

 Da Kulusuk, con un piccolo motoscafo, ci trasferiamo verso il campo base di Ammassalik. Non c'è molto vento, appena una decina di nodi, tuttavia il mare è corposo e l'onda lunga, a volte, tende a farci  scomparire nel suo incavo. Il paesaggio è spettrale, ma di straordinaria bellezza. Ed è in navigazione verso Ammassalik che avviene il mio primo approccio col mondo dei ghiacci: un’enorme iceberg alla deriva mi lascia a metà tra il sorpreso e l'incantato, perfettamente conscio della maestosità della forza scatenante di una natura fino ad allora sconosciuta. Dopo qualche ora arriviamo all’isola di Ammassalik. Navighiamo un fiordo che ci immette in una baia circondata da montagne, relativamente protetta dal vento. Il paese di Ammassalik, 1.500 abitanti, con le sue splendide case di legno, sta comodamente adagiato su un promontorio, quasi conscio dell'ammirazione che suscita.

  Ci sistemiamo presso la Red House, un’accogliente struttura gestita, strano a dirsi, proprio da un italiano, Robert Peroni: un esploratore che vanta una lunghissima esperienza in fatto di spedizioni tra i ghiacci e nei deserti. Peroni  ha dato vita ad una organizzazione da cui prendono il via  molte spedizioni artiche per ricerche scientifiche, ambientali e di sport estremo. La casa è in perfetto stile europeo: tutto è ordinato, pulito e arredato con  gusto. Dopo un briefing di accoglienza, ci sistemiamo nelle nostre stanze e, subito dopo, usciamo per un breve giro del villaggio. L'ora di cena  ci trova affamati e pronti a far onore alla tavola su cui troneggia  un invitante pasticcio di riso e dell’ottimo pesce in umido. Nei giorni successivi potremo assaggiare alcuni piatti locali a base di foca o di balena e, persino, un bel piatto di spaghetti.

 

  Il giorno dopo, una limpidissima giornata, un sole tiepido ed una temperatura primaverile, ci permettono di vedere in  un' altra prospettiva il paese e la baia. Ammassalik, che in groenlandese significa: "qualcosa che ricorda un lago", è  incantevole e le case, dai mille colori, sembrano costruite con quei minuscoli mattoncini che tanto ricordano le famose  costruzioni "LEGO", gioco preferito di tanti bambini.  Tutto intorno regna una quiete ed un silenzio irreale, una sensazione strana per chi non è avvezzo a tanta calma.  Ci guardiamo intorno e tutto appare in un'ottica diversa, quasi fosse avvolto in un'impalpabile coltre d'ovatta.

 

  Dopo una abbondante colazione ci mettiamo in  cammino per raggiungere la parte alta dell’isola circa mt.700. Arriviamo così nella cosiddetta “Valle dei fiori” dove possiamo ammirare una distesa di coloratissime infiorescenze di natura grassa, adagiate su un tappeto di muschio dello spessore di circa 15 cm. La giornata è dedicata al trekking, con un continuo saliscendi attraversiamo monti, vallate e laghetti. Con nostra grande meraviglia notiamo, sparsa ovunque, un' enorme quantità di spazzatura e non ci rendiamo conto di come, a quella altitudine, ci possa essere tanto scompiglio: pezzi di polistirolo, fogli di compensato marino, buste e bottiglie di plastica, lattine, pezzi di lamiera, ed altro ancora. Al ritorno in paese, però, l’enigma è risolto: il forte vento polare, il piteraq, che a volte raggiunge la forza di 240 km/h, spazza via tutto ciò che si trova davanti, depositandolo qua e là quando, all'improvviso, smette di soffiare. In seguito un gruppo di addetti ai lavori provvede a  raccogliere tutto quel materiale, permettendo così di mantenere incontaminato il delicato ambiente artico.

 

       

 

  Arrivati sulla sommità della collina,  davanti a noi si apre "una fantastica finestra".

E' uno spettacolo di una bellezza mozzafiato:   enormi iceberg, in uscita dai fiordi e sospinti dalla corrente,  in silenzio, scivolano lentamente in un mare calmo e cristallino, sotto un cielo limpido dai riflessi d'argento.

 

  Un pomeriggio lo dedichiamo a visitare Ammassalik. Un simpatico paese dalle pittoresche case di legno in una miriade di colori. E' pura utopia credere che le favole si avverino, ma chi viene qui può dire, senza paura di essere smentito,  che i paesaggi da favola esistono, al di là del comune senso del progresso e di una civiltà arida e scontata. I bambini mi hanno colpito particolarmente. Sono stupendi, liberi, ridono, giocano tranquillamente, passeggiano da soli.

               

 

  Uno di loro, alto quanto un soldo di cacio, ha acquistato un gelato al market e, indisturbato, se lo gusta camminando; altri preferiscono mettersi in posa davanti alla macchina fotografica come delle vere e proprie stars. Ho visto i loro sorrisi sui volti bruni con le guance arrossate dal freddo e dal vento, e  con il classico "moccolo" su qualche nasino all'insù.  I ragazzi hanno il cellulare,  il computer con internet, la Tv via satellite, ma sono lontani dalle brutture di un mondo violento che ama definirsi civile. Tutto ciò mi fa ritornare alla mente la mia infanzia quando ci si divertiva proprio con  poco.  

 

               

 

 

               

 

  La vita del villaggio scorre tranquillamente. Si lavora per fare provviste per l'imminente periodo invernale mettendo ad essiccare merluzzi, altre varietà di pesce e quei pezzi di foca che si possono vedere appesi dovunque. La foca è l'alimento principale, viene cacciata solo ed esclusivamente per uso personale. Servirà a sfamare uomini e cani, per rivestire l'interno delle case o per confezionare abiti; tutto tranne che per quel bieco senso del commercio in cui l'avidità finisce per azzerare valori e priorità.

 

  Il sole è ancora alto quando Tobias, la nostra guida, mi invita a fare un giro in barca. Deve portare da mangiare ai cani e dopo approfitteremo per fare una battuta di pesca. Accetto molto volentieri, tenere in mano una lenza è da sempre il mio hobby preferito e stavolta potrò raccontare di aver pescato persino al Circolo Polare Artico. Così ci dirigiamo verso un isolotto situato nella baia ad un paio di miglia dal paese, dove si trovano degli stupendi cani groenlandesi a cui Tobias dà in pasto una foca cacciata precedentemente.  Mi racconta che li fa mangiare solo due o  tre volte a settimana perché si abituino ai lunghi trasferimenti invernali dedicati alla caccia, quando il cibo scarseggerà per diversi giorni.

 

       

 

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in navigazione tra iceberg e ghiacciai

 

  I giorni successivi sono dedicati alla visita dei luoghi che circondano Ammassalik. Con piccole imbarcazioni di 5 metri motorizzate con fuoribordo da 40 hp, si naviga per circa 80-90 miglia giornaliere, affrontando tutte le condizioni atmosferiche che, a queste latitudini, sono variabilissime, dal sole tiepido al freddo intenso, dal mare calmo e piatto ad onde di una certa rilevanza, dalla quasi assenza del vento alle sue sferzate repentine.   Si parte subito dopo una abbondante colazione, attraversiamo il mare aperto e infiliamo lunghi fiordi che ci porteranno proprio sotto i ghiacciai. 

 

               

 

 

               

 

  Durante la navigazione si incontrano iceberg di tutte le dimensioni dalle forme più strane e bizzarre: sono spettacolari e alcuni, grandi quanto campi di calcio, fanno impressione nella loro maestosità. Ci avviciniamo con molta prudenza per fotografarli, mentre il nostro accompagnatore, Thobias, è sempre vigile e attento a qualsiasi evenienza.   

 

 Alcuni in particolare sono molto grandi, e le loro dimensioni sono paragonabili a dei grossi isolati urbani. Che strana sensazione!

 

       

 

  Man mano che ci avviciniamo al ghiacciaio possiamo notare tanti pezzi di ghiaccio sparsi  sulla superficie dell'acqua, sembra quasi si tratti di una buona spruzzata di formaggio su  un piatto di minestra fumante: una vera goduria! In alcuni tratti l'acqua è quasi solidificata, tra qualche settimana diventerà una lastra di ghiaccio e la banchisa comincerà a prendere forma. 

 

       

 

       

 

  Siamo quasi sotto uno dei due ghiacciai presenti in fondo al fiordo. Da lontano si ha l'impressione di trovarsi davanti ad una spiaggia  la cui  sabbia si ricongiunge al mare e, man mano che ci avviciniamo, procedendo lentamente a causa del ghiaccio, possiamo ammirare in silenzio la sua stupenda grandezza.

 

       

 

  Il fronte del ghiacciaio è di circa 3.000 metri e l'altezza oscilla tra i 25 e i 40 metri. Il ghiacciaio sembra estendersi all'infinito nelle fredde viscere della montagna, sconvolgente nella sua potenza sembra partorire i suoi iceberg quotidiani con fredda compostezza. E' una sensazione difficile da spiegare ma, di fronte a tanta bellezza, sembra di vivere ai confini della realtà, dove tutto il resto è marginale.

 

       

 

  Ci godiamo lo spettacolo a debita distanza, onde evitare che grossi pezzi di ghiaccio cadano a picco dalla cima del ghiacciaio. 

La giornata è splendida e i raggi del sole si rifrangono e si riflettono nelle sfumature più suggestive, mettendo in evidenza i colori blu, bianco e turchese del ghiaccio. Il sole poi fa sentire tutto il suo calore, al punto di doverci alleggerire della tuta termica.  

 

 

  La calotta polare, cosiddetta inlandsis (entroterra) è tutta la massa di ghiaccio che ricopre il 95% della Groenlandia, appiattendo tutti i dislivelli montuosi e facendo fuoriuscire in alcuni punti soltanto le cime. La neve si accumula congelandosi sulla cupola bianca da così tanto tempo che la sommità dell’inlandsis tocca i 3.552 metri e il peso ha spinto il suolo a 360 metri sotto il livello del mare. Una corazza di ghiaccio spessa dai 1.200 ai 3.500 metri.

 

  Prima di riprendere il viaggio di ritorno al campo base, ci rifocilliamo con un po' di te caldo in una ansa vicino al ghiacciaio, al riparo dal vento che nel frattempo è montato. Navighiamo per diverse ore, la stanchezza si fa sentire. Come un film alla moviola rivivo gli stupendi scenari appena lasciati.

  

 

  Dopo cena faccio due passi al "fresco" e mi godo il silenzio della notte. Il sole non sembra tramontare mai a queste latitudini, si mantiene poco sotto la linea dell'orizzonte lasciando filtrare i suoi raggi. Il cielo è limpido, non c'è umidità e quindi penso che sia il momento giusto per scattare qualche foto alle stelle. Sistemo l'attrezzatura e, dopo un paio di ore al "gelo", questo è il risultato.

 

le Pleiadi

la Via Lattea

 

una fantastica Aurora Boreale

la Stella Polare

 

 

Dal libro “di Gretel Ehrlich “Un Freddo Paradiso” - Sette stagioni in Groenlandia.

  4 febbraio: è il Giorno del Sole. Alle dieci del mattino la luce si solleva. Ci sono 27 gradi sotto zero e il cielo sulla penisola di Nuussuaq é un labbro rosa tremante e il vento sferza. Ann e Olejorgen stendono una tovaglia gialla sul tavolo della sala da pranzo per il banchetto in onore del sole. Altrove,alle latitudini più alte della Groenlandia è ancora buio. 

Qui a Ummannaaq s'instaura il panico. I bambini hanno indossato manopole,berretto e stivali. Gitte,la vicina di casa,viene a prenderci con il suo pick-up per portarci nel punto più panoramico di tutta l'isola. Lassù corriamo sul margine della scogliera, che guarda a sud verso le montagne, dall'altra parte del fiordo. C'é un momento di sospensione assoluta, poi una luce pallida comincia a spostarsi nel cielo e si spalma dalla punta aguzza della montagna a forma di cuore fin giù sul villaggio. Ogni elemento del disordine artico passa momentaneamente dalla semioscurità alla lucentezza: slitte,cani, imbracature,corde da bucato,pelli,automobili,passeggini,bottiglie vuote,lapidi. Casa dopo casa,le finestre morte tornano alla vita. I cani si alzano sulle quattro zampe e si stiracchiano al sole, scrollandosi dal manto tutti i segreti dell'inverno.

11 e 47 del mattino. Olejorgen fa il conto alla rovescia: cinque, quattro, tre, due... S'alza uno spruzzo di nuvola; sotto, un sopracciglio inarcato s'accende e s'infuoca in un color salmone. Da dietro il proscenio pugnali incandescenti infilzano il cielo. Nell’incavo squadrato tra due picchi appare una minuscola falce di sole che lancia fiamme sulla fronte del mattino.

«Guarda: dice Olejorgen, vedo la mia ombra!». E l'ombra é la prova dell'esistenza. «Sono io»  grida Gitte. Per sei minuti l'unghia di sole brucia nell’incavo tra i monti come una fiamma. Quando si rintana nuovamente dietro la cresta,le nostre ombre scemano fino al nulla: “Io,dice Gitte, non sono più io”.

 

 

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In navigazione tra iceberg e balene

 

Un altro giorno di navigazione e durante il tragitto, ogni tanto, fare il punto nave non guasta. Per fortuna un'altra giornata limpida, il sole tiepido e la temperatura primaverile (zero gradi) ci permettono di guardare il paesaggio in un'ottica diametralmente opposta.

 

  Imbocchiamo un fiordo per giungere al tranquillo villaggio di Tiniteqilaaq, uno sperduto insediamento sulle sponde ghiacciate del fiordo di Sermilik. Ormeggiamo la nostra barca a fianco di un cargo che saltuariamente fa scalo per approvvigionare il paese di tutto il necessario: ferro, tubature, prodotti alimentari, bombole di gas, posta e finanche una lavatrice.

 

               

 

  Ce ne andiamo un po' in giro a guardare i  ragazzini che giocano allegramente, mentre i grandi  sono occupati nella loro quotidianità.  Solo qualche casa sparsa sulla costa e a mezzo miglio inizia la calotta polare: "inlandsis".

 

 

  Un cacciatore ha appena cacciato una foca che servirà  per la sua famiglia e per sfamare i cani. Per questa gente è la solita, eterna lotta per la sopravvivenza che nulla ha a che vedere con il consumismo proprio della nostra civiltà.

 

  Il tragitto di ritorno è a forma di anello. Il fiordo  da navigare è praticamente quasi ghiacciato. Percorriamo qualche centinaio di metri verso nord, ma l'acqua in alcuni tratti è una lastra sottile di ghiaccio, perciò ritorniamo sulla rotta che ci permetterà di uscire dal fiordo. Nel frattempo non possiamo fare a meno di godere, ancora un po', lo spettacolare fiordo ghiacciato e le forme sempre particolari degli iceberg.  

 

       

 

       

 

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  La guida inuit si lascia convincere dalla nostre insistenze e acconsente a farci salire su un iceberg. Appena messo su il piede con molta cautela ed apprensione per paura di scivolare, l'impressione è di avere sotto i piedi tanti  fari accesi da 1.000 watt  puntati negli occhi. Il riflesso è accecante nonostante l'uso degli occhiali da sole con lenti appropriate.  La  sensazione che si prova è molto diversa dallo stare su una distesa di neve, non riuscivo a tenere gli occhi completamente aperti.

 

   Un altro giorno di navigazione. Questa volta si parte alla volta di Iqateq. Un villaggio sulla costa a sud-ovest di Ammassalik.  Poche costruzioni di legno, tra cui una scuola ben attrezzata ed una incantevole cappella, ma non vive più nessuno. A fare da guardiano è rimasto solo un vecchio cacciatore. Chiedo al vecchio alcune informazioni del villaggio, ma mi accorgo che mentre risponde sta guardando altrove. Infatti, dall'alto della scarpata, ha avvistato un branco di foche e immediatamente corre verso la barca. Con la nostra invece lo aiutiamo a cacciarne qualcuna, spingendo il branco verso la sua barca. 

       

 

  Lasciato il villaggio ed usciti dal fiordo ci dirigiamo in mare aperto alla ricerca di balene: "whale watching".  Purtroppo la giornata non è delle migliori, il cielo è coperto, fa molto freddo e minaccia di nevicare. Non sono certamente le condizioni ideali per andar per mare, ma la voglia di avventura è forte e, quando avvistiamo il primo grosso cetaceo, tutto passa in secondo piano. L'emozione è indescrivibile e sembra di non ricordare più il paese da dove vieni.

 

       

 

  Un branco di una decina di balene scorazza intorno alla nostra barca. Alcune si muovono a pochi metri sotto lo scafo, poi riaffiorano sibilando e spruzzando zampilli di acqua nebulizzata dal dorso. Sono esemplari di circa 25 metri e pesano 35-40 tonnellate. Una megattera si dirige verso la barca e poi si immerge lasciandoci senza fiato per la paura. Nel frattempo un'altra emerge sulla sinistra e altre due a poppa, mentre un'altra, scivolando lentamente sotto lo scafo,  riemerge a poche metri dalla barca. Per una buona mezz'ora è come se stessimo assistendo ad una esibizione al circo con tanto di domatore.

 

       

 

  Gli spruzzi sono continui e l'improvviso sibilo alcune volte ci fa sussultare dallo spavento.  Io continuo a fotografare all'impazzata, l'emozione è troppo forte, sono scioccato da tanta forza anomala e non vorrei  perdere un solo istante di ciò che sto vivendo.

 

  L'acqua tutto intorno è un turbinio di movimenti, sicuramente c'è del pesce in superficie e le megattere non perdono occasione per approfittare di tanta abbondanza. Infine, quando stiamo per fare rientro alla base, una grossa megattera si fa vedere in tutta la sua lunghezza, quasi a salutarci con la sua grande coda. 

 

  E' stata un'altra giornata di forti emozioni, e gli anni passeranno senza che mai io mi stanchi di parlare di questa terra gelida che sa scaldarti il cuore.  

 

  Purtroppo il mio viaggio volge al termine. E' stato bello, ma è durato poco. Ritorno a casa stanco, ma con un bagaglio di esperienze senza precedenti cha ha allargato alla grande i miei orizzonti. Le sensazioni provate sono indescrivibili, ma mi auguro che queste immagini riescano, almeno in parte, a renderle uniche e indimenticabili. Ho vissuto un' avventura senza precedenti ai confini del mondo, per osservare quanto di più spettacolare la natura possa offrire. Ho potuto ammirare meravigliosi scenari di una terra lontana, ho toccato con mano una natura selvaggia, e conosciuto un popolo così diverso dalla nostra cultura. Ho riportato un voluminoso reportage del viaggio: natura, ghiacciai, iceberg, balene, foche e il modo di vivere della popolazione inuit. Una terra meravigliosa, così attraente che le parole sono inadeguate e l'uomo, al confronto, è un essere microscopico. Una terra che va curata, rispettata e conservata. 

 

 

 

  Lascio il villaggio di Ammassalik con una punta di nostalgia. Scatto le ultime foto agli iceberg visti dall'alto.  Sorvoliamo quindi il villaggio di Kulusuk dove mi attende il biplano che mi riporterà in Islanda e poi in Italia. A casa.

 

       

 

 

 

Pietro dell'Olio

delpie@alice.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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