HONDURAS: ITINERARIO PER UNA DONNA SOLA

Diario di viaggio 2002

di Laura Bresciano

 

Viaggio alla scoperta di siti maya, barriere coralline e  foreste incontaminate, in un paese ancora da esplorare.

 

È stata la fortunata scoperta del sito archeologico di Copan e la sua ancora più fortunata posizione, a soli 12 chilometri dal confine con il più “battuto” Guatemala, a richiamare i turisti nel semisconosciuto Honduras. All’inizio, però, chi vi si avventurava era spinto unicamente da un interesse archeologico e vi rimaneva giusto il tempo per la visita del sito, facendo ritorno subito dopo verso le rotte più praticate e rassicuranti di Messico e Guatemala.

Ma negli ultimi anni tra la fitta rete di esperti viaggiatori si è diffuso “un tam-tam” e le voci sulle incontaminate bellezze del paese hanno incoraggiato molta gente ad addentrarvisi.

Decido anch’io di dar credito a queste voci e inizio la mia avventura proprio da Copan, che è oggi considerato, insieme a Tikal in Guatemala e Palenque in Messico, uno dei tre ritrovamenti maya più interessanti del centro America. Diversamente dagli altri due, però, ha dimensione più ridotte che ne consentono la visita in mezza giornata. Il visitatore che, come me, sceglie di entrarvi a pomeriggio inoltrato, quando ormai la maggior parte dei turisti ha fatto ritorno ai propri alberghi, è subito catturato dalla magia della natura, padrona assoluta del luogo. Un silenzio sconfinato, rotto soltanto dai versi degli uccelli e dai fruscii delle piante, domina il sito. Su un folto tappeto d’erba, contemplo le steli della Grande Plaza, e immagino le processioni e i rituali che un tempo vi avevano luogo. Dall’alto dei gradoni di un tempio, all’ombra di un’imponente quercia, osservo l’acropoli con i suoi edifici, la scala dei geroglifici e il campo per il gioco della palla, immaginando la vita di una città che intorno al 71 A.D., nel momento del suo massimo fulgore, ospitava più di 20.000 persone.

Copan, dichiarata dall’Unesco nel 1980 “ a heritage of humanity site”, è un luogo ancora da scoprire, pieno di segreti, come dimostrano le steli da poco venute alla luce lungo il sentiero che riporta al villaggio, e come tengono a precisare le guardie della sicurezza che non mi perdono d’occhio; ma è anche il luogo perfetto per riconciliarsi con se stessi e con la natura, perdendo piacevolmente la sensazione del trascorrere del tempo.

Di ritorno al paese incontro una folla di ragazzini che vogliono portarmi nel negozio di souvenir. Delle donne camminano curve sotto grandi carichi avvolti in stoffe colorate e un camion di contadini con grossi machete mi passa accanto rumorosamente. Nonostante tutto questo trambusto la sensazione di tranquillità e di pace interiore che mi ha comunicato il sito rimarrà ancora a lungo dentro di me.

Al Caffè Via Via conosco Dirk, un ragazzo belga, che gestisce insieme alla sua compagna il piccolo ma accogliente hotel ristorante. Il tetto ricoperto da foglie di banano, un giardino tropicale e la limonata di lime offerta come benvenuto contribuiscono a creare un’atmosfera amichevole ed esotica che mi convince a trascorrervi la notte. Inoltre Dirk è un’inesauribile fonte di informazioni sul paese, avendolo girato in lungo e in largo con Cindy. Mi raccontano di posti da evitare, pochi e ben segnalati, ma soprattutto di luoghi dalla natura selvaggia e ancora intatta, da non perdere.

Seguendo un loro suggerimento il mattino seguente mi spingo fino a La Ceiba, capitale del Dipartimento di Atlantida, a 600 km di distanza, con l’intento di raggiungere il Mar dei Carabi. Infatti La Ceiba, terza città per importanza dopo la capitale Tegugigalpa e la più dinamica San Pedro Sula, affaccia sulla costa caraibica ed è considerata soprattutto un punto di partenza per recarsi alle Bay Islands.

Mi imbarco alla volta di  Roatàn, la maggiore e più sviluppata delle Bay Islands, avvolta completamente dalla barriera corallina. Accanto a me una folla di onduregni e salvadoregni venuti a trascorrere il week-end, sorridono eccitati intravedendo in lontananza la sagoma dell’isola, sotto un cielo terso e un sole accecante. “Mira” mi dice uno di loro che a me sembra in tutto e per tutto un diretto discendente di Vasco de Gama, “Ahora se comprende porque merece la pena vivir”!

Sbarcata a Coxen Hole, una delle più grandi comunità dell’isola, ho l’impressione di aver lasciato alle mie spalle Honduras e Centro-America, e di essere approdata su un nuovo continente.

Qui la gente ha la pelle nera e ti guarda con una strana espressione, tra l’arrogante e il rilassato. Anche la lingua non è più la stessa: chiedo informazioni e mi rispondono in una specie di broken English dai suoni cupi e aspri che non capisco. Ho l’impressione che tutto vada a rallentatore ma a poco a poco mi rendo conto: siamo nel  Caribe, paradiso di relax e evasione! E quasi inconsapevolmente anche il mio passo rallenta…

Difficile immaginare che questa tranquilla isola fu un tempo preda di continui assalti da parte di pirati che ne infestavono le coste per impossessarsi dei bottini delle navi di passaggio! Proprio qui, nel 1797, approdarono i Garifuna, discendenti di popolazioni indigene del Sud America mescolati a schiavi provenienti dall’Africa. Popolazione coriacea quella garifuna che, scampata a naufragi e a una vita di stenti nelle piantagioni di banane degli inglesi, trovò infine riparo nell’isola di Roatan diffondendosi lungo tutta la costa, dal Belize al Nicaragua e dando origine a quelle comunità nere chiamate genericamente “Black Caribs” (Neri dei Carabi)    

Mi dirigo a West End, dall’altro lato della costa, a 20 km dal porto, che secondo Dirk e numerosi altri pareri raccolti durante il viaggio, è la zona più suggestiva dell’isola. Paradiso del subacqueo, non solo offre la seconda barriera corallina più lunga del mondo dopo il reef australiano ma anche i prezzi più competitivi di tutto il centro America per le immersioni. Lungo la strada principale di West End è tutto un pullulare di diving-center che garantiscono al turista  per soli 4 giorni di impegno e 160 dollari di spesa il brevetto da sub. Gli spot per le immersioni sono numerosissimi e l’incredibile varietà di vita marina rende difficile consigliare i migliori. Gli appassionati di snorkelling potranno recarsi a West bay, la spiaggia più bella di tutto l’Honduras, a soli 15 minuti di “lancia” da West End. West Bay è un’immensa distesa di sabbia bianca, punteggiata da palme a ombrello e accarezzata dalle acque trasparenti di un mare verde azzurro in cui imbattersi, dopo poche bracciate, nelle formazioni coralline più affascinanti.

Simili a paesaggi lunari o a set di film di fantascienza vi troverete a tu per tu con coralli a forma di lunghe dita che sembrano chiamarvi, con ventagli trasparenti dalle sfumature violacee o grosse cupole color madreperla incise da migliaia di minuscole spirali. Tutte ondeggiano con eleganza, seguendo il ritmo dell’acqua, quasi che si fossero messi d’accordo per ballare insieme!

Gli abitanti di questo affascinante mondo sotterraneo sono pesci dai colori intensissimi e dalle forme più varie: alcuni si muovono in branchi numerosi seguendo un itinerario ben preciso o girando su stessi in ogni direzione. Altri nuotano solo in coppia o avanzano in fila indiana in gruppi di tre o quattro appena sotto il pelo dell’acqua. Se sarete attenti a non fare rumore e a non agitarvi, riuscirete a vederli da molto vicino e perfino a sentire il rosicchiare dei denti mentre si cibano di corallo. Per provare le emozioni più intense occorre pazienza e occhi ben aperti finché quello che a prima vista sembrava un corallo incomincerà a muoversi come… una piccola  tartaruga marina!

Dopo la lunga nuotata mi aspetta una spiaggia incontaminata, la brezza leggera e la protezione di una palma. Da un venditore ambulante compro per poche lempiras una coscia di pollo arrostita su un’improvvisato barbecue, servita con tortillas e fagioli e rimango a godermi la spiaggia finché l’ultimo lancero mi avverte che è ora di tornare.

Ma il fascino dell’isola non è solo legato al mare e ai suoi fondali: c’è un’intensa vita notturna che attende il turista di ritorno dalle sue immersioni! In pittoreschi ristoratini costruiti sui pontili ci si può godere il tramonto gustando granchio reale e aragosta al cocco mentre  nei reggae bar si balla fino a tarda notte sorseggiando uno zumo de maracuya!

Dall’isola di  Roatan inoltre partono settimanalmente crociere in catamarano a Los Cayos Cochinos, un gruppo di 13 cayos e piccole isole nel caribe onduregno di fronte a La Ceiba. Dichiarato del governo onduregno riserva biologica, è il reef più vergine di tutto l’Honduras che grazie al suo difficile accesso si conserva ancora intatto. Infatti è quasi disabitato ad eccezione di un unico albergo sul Cochino Mayor, qualche sparuta comunità garifuna  e di un gruppo di studiosi nel Cochino menor dove è ubicata la base di studio del Parco Nazionale Marino Cayo Cochino.

Del resto Los Cayos Cochinos non rappresenta un’eccezione dato che il paese offre più di un centinaio di aree protette, tra cui: Pico Bonito National Park, che rappresenta la più estesa, a 30 minuti dalla città della Ceiba, La Mosquitia, una delle zone di foresta tropicale più vergini e inesplorate d’America che si estende per più di 150 chilometri da est di Trujillo fino al confine con il Nicaragua, e il Parco Nazionale di Punta Sal, a 15 Km dalla città costiera di Tela.

Scelgo Punta Sal come prossima meta, attirata dalla ricchezza e diversità di eco-sistemi del parco e dalla presenza dei primi e più autentici villaggi Garifuna.

Il parco, rinominato nel 1995 Parco Nazionale di Jeanette Kawas dal nome dell’ambientalista onduregna che si battè per la conservazione delle aree protette nella baia, occupa un’area di 782 km² e rappresenta la prima eco-riserva dell’Honduras. Per accedervi ci si imbarca a Tela e si viaggia fino alla Penisola di Punta Sal dove il  visitatore sperimenta una gradevole camminata attraverso un’esuberante vegetazione nella giungla. Secondo Nelson Nixon della Garifuna Tours ci sono più di 500 specie di piante nel parco e 200 specie di animali che si offrono alla vista in maniera del tutto casuale e inaspettato. Camminando su un sentiero accidentato da minuscoli buchi -tane di rettili e animali sotterranei-, vi troverete a tu per tu con scimmie ragno, tucani, pappagalli dalla fronte bianca e ragni giganti che spuntano tra le fronde dell’Arbol sangre –l’albero sanguigno, dai cui rami fuoriesce un liquido rosso simile al sangue- o delle tante altre specie della zona. Oltre all’esuberante flora e fauna della giungla, Punta Sal offre anche piccole e appartate insenature di sabbia bianca e isolotti abitati solo da pellicani. Qui davvero si ha la sensazione di essere capitati in uno degli angoli più remoti e nascosti della terra che, almeno per ora, la civiltà non è riuscita a raggiungere.

Di ritorno a Tela una sosta al villaggio di Miami rende il tour di Punta Sal un’esperienza non solo naturalistica ma anche culturale. Sono molte le comunità garifuna in questa zona: da ovest a est troverete Rio Tinto, Miami, Tornabe, San Juan, La Ensenada e infine il trionfo della Cruz che tutte insieme raggiungono un numero di circa 6000 persone. Ma il più bel villaggio garifuna da visitare è senza dubbio il minuscolo Miami, l’unico che ancora oggi è costituito solo da capanne di paglia.

I Garifuna possiedono una cultura ricca e varia che incorpora tradizioni africane per quanto riguarda la musica, la danza, i riti religiosi e le cerimonie, e tradizioni degli indigeni americani per la coltivazione, la caccia e le tecniche di pesca. La maggior parte di loro vive in capanne di legno e foglie di banano e dipende dal mare e dai prodotti della terra. Insomma una cultura in piena armonia con l’ambiente, che lo rispetta in un rapporto di mutuo e proficuo scambio  e che appunto nel 2001 è stata dichiarata patrimonio dell’umanità dall’ONU.

Con questa ultima scoperta si conclude il mio viaggio in Honduras, un viaggio eccitante che ha racchiuso tutto ciò che amo di più -l’arte, la natura selvaggia, il mare, la gente umile ma aperta e disponibile- un viaggio che mi ha cambiata più di tanti altri, perché mi ha messo alla prova, aiutandomi a scardinare pregiudizi e luoghi comuni!

 

 

Laura Bresciano

laurabresciano7@gmail.com 

 

(Agosto 2002)

 

   

 

 

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