CALVITOUR - MADAGASCAR 2004

 

PARTE PRIMA – CINQUE GIORNI VISSUTI SPENSIERATAMENTE

Racconto di viaggio

di Paolo Calvi

 

 

 

dopo due viaggi in madagascar dedicati solo alle isole intorno (tanto da aver meritato dall'agenzia locale il titolo di "quelli delle isole"), quest'anno ci siamo finalmente decisi ad affrontare un piccolo tour all'interno. abbiamo scelto un itinerario nella zona con le strade migliori e lo abbiamo personalizzato, fermandoci due notti in ogni tappa, per dedicare più tempo alle visite. partenza venerdì 13 (non siamo superstiziosi) agosto. quest'anno air madagascar ha aperto un volo diretto da malpensa, ma nostre precedenti esperienze poco edificanti (nel 2001 quando avevano un solo velivolo per le lunghe distanze e manutenzione approssimativa) ci hanno spinto a preferire air france via parigi. in verità ora air mad ha aerei nuovi a manutenzione lufthansa, per cui forse potremmo anche fidarci. vedremo la prossima volta. 

 

nella capitale tana come al solito ci fermiamo il minimo indispensabile. una notte all'hotel royal palissandre, grazioso nel suo allestimento ligneo, con bella vista sulla città e servizi adeguati. c'è anche la tv satellitare per seguire le olimpiadi, che ci perderemo completamente in quanto da domani ci dirigiamo verso sistemazioni che non prevedono alcuna tv. facciamo conoscenza con lucien, la guida di madagascar explorer. alcuni amici ci avevano consigliato di farne a meno, prendendo solo l'auto con autista, ma l'agenzia aveva insistito e (trattandosi del nostro primo tour) abbiamo preferito prenderla. lucien è un giovane alle sue prime esperienze, laureato in filosofia e dotato di sufficienti conoscenze storico-naturalistiche ed  italiano autodidattico per poter svolgere la funzione di "cicerone". quanto alla capacità di risolvere eventuali imprevisti, capiamo subito che se ve ne saranno potremo contare solo sulle nostre risorse. ma va bene così. 

 

la mattina seguente una fiammante fuoristrada con l'ottimo autista jean-charles ci porta lungo la route nationale 2, che collega la capitale a tamatave, principale porto malgascio. la strada è ben tenuta ma è pur sempre una strada di montagna (va da 1400m al mare); affollati taxi-brousse e pesanti camion arrancano faticosamente e gli incidenti sono frequenti. la ferrovia che percorre lo stesso tragitto, dopo lunghi anni di inattività ha ripreso a funzionare ma solo per le merci. ai bordi della strada le bancarelle offrono grossi pesci di fiume, tuberi e frutta e qualcosa che non mi aspettavo: piante fiorite, prese nella foresta, con le loro zolle di terra rossa. evidentemente gli autisti le portano in città per venderle. attraversiamo gli altopiani coperti di risaie verso la catena montuosa dell'est, sulla quale verdeggia la foresta pluviale raggiunta dagli alisei provenienti dall'oceano indiano. fortunatamente è inverno e non la stagione delle piogge, durante la quale la circolazione diventa problematica. la prima sosta prevede la visita del terrarium di marozevo, che ospita diverse specie di pipistrelli, camaleonti, gechi, serpenti, farfalle e altri insetti. è una simpatica occasione per osservare da vicino specie rare ed altre che inconterremo (più fugacemente) anche in natura. a moramanga visitiamo il piccolo museo della gendarmeria. come tutti i musei di cultura materiale, accanto ad inutili cimeli militari e varie cianfrusaglie, contiene oggetti di vita quotidiana che aiutano a capire la storia e le condizioni di vita locale. singolari i reperti sequestrati nelle operazioni di polizia fra cui: piante di canapa e relativi narghilè, alambicchi per la distillazione clandestina del rhum, armi artigianali prodotte dai contrabbandieri, amuleti utilizzati per favorire la pratica del furto di zebù e contro-amuleti acquistati dalla polizia. nel cortile alcuni mezzi di trasporto: piroghe, bici e moto anni '30, relitti di aerei e un cimelio storico: i vagoni ferroviari nei quali furono rinchiusi gli insorti catturati dopo la rivolta anti-colonialista del 1947. i francesi mandarono i tirallieurs senegalesi a reprimere i moti, chiusero gli indipendentisti nei vagoni e aprirono il fuoco con le mitragliatrici. l'indipendenza arriverà solo nel 1960. la sera raggiungiamo andasibe, assonnato paesino di capanne col tetto in lamiera, al centro della zona che ospita i parchi naturali. lucien prende  accordi con la guida locale crixstin nasoavina, un'ottima persona, dotata di rara capacità di scovare e mostrare tutte le forme di vita che vale la pena di vedere. è anche il presidente dell'associazione "mitsinjo", impegnata in diverse attività sociali a sostegno delle popolazioni rurali, lotta all'aids e diffusione di coscienza ambientalistica. alloggiamo all'accogliente vakona forest lodge, in graziosi bungalow affacciati su un laghetto. il grande camino al centro del ristorante è acceso, data la temperatura "invernale" (meno di 20°C). 

 

la prima escursione del mattino ci  porta lungo i sentieri della riserva di mantadia, intabarrati in pile e giacche a vento, nella più assoluta solitudine, fino ad un osservatorio che domina la canopea della foresta primaria sottostante. quando esce un raggio di sole il paesaggio assume un certo fascino, ma per essere sincero non abbiamo trovato la magia descritta dai racconti di altri viaggiatori. la foresta è lussureggiante, con liane e felci arborescenti, ma un po' meno "tropicale" di come ce l'aspettavamo; forse per via dell'assenza di fiori, data la stagione. avvistiamo un paio di lemuri rubriventer ed il raro sifaka diademata (propithecus diadema). in lontananza si odono i caratteristici canti degli indri-indri, che contiamo di incontrare l'indomani. al ritorno sostiamo alla piccola riserva privata dell'hotel, un isolotto con lemuri abituati alla presenza dei turisti... e soprattutto delle banane. consumiamo qualche rullino su simpatici individui di diverse specie (fra cui variecia variegata ed eulemur fulvus) che si prestano a compiere acrobazie molto scenografiche. dopo il tramonto percorriamo la strada fra andasibe e la riserva del perinet, osservando con le torce l'insetto stecco, raganelle, camaleonti, il geko uroplatus e fugaci apparizioni di lemuri notturni (microcebus). veramente una piacevole passeggiata.

 

il giorno dopo piove un po' (si chiamerà foresta pluviale per qualche motivo) mentre ci addentriamo nella riserva del perinet, famosa per la presenza esclusiva del grande lemure indri-indri. a differenza di mantadia, si tratta di una foresta secondaria, composta prevalentemente da pini ed eucalipti, che hanno sostituito gli originali palissandri, sfruttati in epoca coloniale. i languidi richiami degli indri ci accompagnano lungo il cammino. incrociamo altri gruppetti di visitatori, fino all'incontro con una famiglia di indri arrampicata sugli alberi ad oltre 10 metri di altezza. vediamo anche un lemure notturno (avahi laniger) che ci osserva coi suoi occhioni sonnacchiosi. poi via di nuovo sulla RN2, scendendo rapidamente verso la costa, dove ritroviamo temperature più miti. dopo il ponte di brickaville (teatro di blocchi stradali e scontri durante i disordini nel 2002, l'anno dei due presidenti) lasciamo la strada asfaltata per soli 7 km, sufficienti ad apprezzare la qualità del mezzo 4x4 e l'abilità dell'autista. raggiungiamo alle 15 l'imbarcadero di manambato dove dovremmo trovare il battello per iniziare la navigazione sui canali di pangalanes ma... il battello se n'è andato da poco. a causa di una errata comunicazione (scopriremo poi), il francese che gestisce i transfer ci aspettava per le 10; è rimasto sino alle 14:30, poi ha dovuto partire per altri impegni. lucien si accascia disperato sulle poltrone del baretto dell'italo-francese luigì, dicendo "questo non doveva succedere!". tento di spiegargli che, se vuole fare questo mestiere, deve imparare che invece queste cose succedono, e quando succedono bisogna trovare una soluzione. che non è poi così difficile: chiediamo a luigì se ci sono taxi-boat; pochi minuti dopo (e con 900.000 franchi malgasci in meno) siamo già in navigazione lungo i canali. fortunatamente incrociamo la barca del francese, col quale chiariamo il malinteso e prendiamo precisi accordi per i giorni successivi. in meno di un'ora sbarchiamo sulla spiaggia del lago, davanti ai quattro bungalow (più due over-water) dell'hotel pangalanes. scopriamo dal simpatico gestore-factotum di essere gli unici clienti per quella sera. la "famme de chambre" (sua figlia dodicenne) ci accende lo scaldabagno a gas e ci facciamo una bella doccia a lume di torcia. infatti è già scuro ma non hanno ancora acceso le luci: il generatore funziona dalle 18 alle 22. dopo cena il buio ed il silenzio sono assoluti. si sente in lontananza il fragore dell'oceano che si infrange sulla costa, appena dall'altra parte del lago. e vediamo le stelle riflettersi sulla superficie immobile delle acque, come altrove accade alla luna!!! decisamente questo posto ci ammalia con un fascino tutto particolare. andiamo a nanna presto, sotto la zanzariera, cercando di tenere a bada gli insetti malgasci, che sembrano aver scelto il nostro bungalow come sede per la loro convention nazionale. infatti le pareti ed il pavimento sono interamente di legno, con assi rusticamente accostate ed ampie fessure. le stanze sono prive di infissi, un pannello di legno funge da chiusura per la finestra. le farfalle notturne hanno le dimensioni di un colibrì, ma dopo averle ammirate al terrarium, dove trovi il cuore per abbatterle? e così mi ritrovo a tentare di catturarle senza danneggiarle, e metterle fuori dalla finestra evitando che intanto ne entrino altre... molto pittoresco!

 

al mattino il francese puntualissimo ci preleva per la visita alla riserva privata dell'hotel palmarium, a pochi minuti di barca. con altri 4 turisti e una guida della riserva percorriamo il sentiero botanico, con diverse specie vegetali (cacao, palissandro, vaniglia e altre orchidee) e gli immancabili lemuri acrobati ghiotti di banane: i più comuni macaco e fulvus, gli eleganti variecia variegata ed eulemur coronatus e infine una coppia di indri-indri col piccolo (significa che, pur essendo lontani dal loro habitat abituale, conducono un'esistenza relativamente naturale, al punto di riprodursi, cosa che non avverrebbe in cattività). già che ci siamo diamo un'occhiata all'hotel palmarium, che ci era stato proposto come alternativa al nostro. la struttura è certamente più attrezzata, il bar più fornito, i due nuovi bungalow in muratura con veranda di fronte al lago sembrano decisamente accoglienti. per contro manca completamente la spiaggia. in ogni caso lo consiglierei a chi cerca un confort maggiore ed è disposto a rinunciare allo charme rustico del pangalanes. al ritorno chiediamo al francese di vedere l'oceano. gentilmente andrè ci accompagna dall'altro lato del lago, ad un villaggio malgascio che attraversiamo per raggiungere la costa: lo spettacolo delle onde che si infrangono sulla spiaggia sconfinata, concludendo un viaggio iniziato a migliaia di chilometri (dalle parti dell'australia) meritava decisamente la visita. al pomeriggio ci bagniamo nelle acque del lago, dopo esserci accertati dell'assenza di coccodrilli (presenti nei canali), sotto l'occhio vigile di lucien. le donne del villaggio vicino pescano con una rete a mano minuscoli pesciolini nell'acqua bassa.

 

ultimo giorno del tour, il battello ci conduce per una affascinante navigazione di due ore fra laghi e canali verso tamatave. costeggiamo piccoli villaggi con gli abitanti che si lavano e fanno il bucato, protetti da barriere di pali anti-coccodrillo. incrociamo piroghe di diverse dimensioni, tutte scavate da un unico tronco, mosse da un rematore con pagaia a poppa. qualche stracarica barca a motore e un paio di chiatte, formate da canne di bambù legate da liane, spinte a forza di braccia per ore ed ore per portare frutta e verdura al mercato della città. avvicinandosi a tamatave (toamasina in malgascio) e alla sua raffineria, al centro di accese polemiche per l'inquinamento provocato dagli scarichi nei canali, si infittisce l'intrico dei giacinti d'acqua, indicatori di degrado ecologico. dal porto fluviale andrè ci porta prima a pranzo al ristorante dell'hotel neptune (una raccomandabile e gradevole oasi in un cesso di città portuale) e poi all'aeroporto, dove prima di congedarsi ci rimborsa spontaneamente la spesa da noi sostenuta per il taxi-boat a causa del malinteso di cui si assume la responsabilità. un vero signore. salutiamo anche la nostra guida lucien, che si avvia al suo taxi-brousse per tornare a tana. tutto sommato siamo contenti di averlo avuto con noi; oltre alle notizie storico-culturali che ci spettavano di contratto ci ha raccontato diverse cose sull'attualità della vita malgascia. deve solo fare un po' di esperienza e prendere un po' di coraggio. prima di sera, dopo due voli siamo alla nostra cara isola di nosy-be

 

 

PARTE SECONDA – LA “RIMINI” DEL MADAGASCAR?

 

in preparazione del nostro primo viaggio in madagascar (nel 2001) avevamo raccolto diverse informazioni da libri, internet, operatori e viaggiatori. alcune voci dipingevano l'isola di nosy-be come la più sfruttata da un turismo di massa di stile riminese, infestata da prostituzione minorile, affollatissima e quindi da evitare. dubitando di un quadro così fosco, decidiamo comunque di includerla nel nostro itinerario, in quanto sembrava una buona base di appoggio per immersioni ed escursioni. arriviamo così la prima sera a madirokely, dove alloggiamo al marlin club, uno storico hotel a gestione italiana. dopo cena usciamo sulla spiaggia, reputata per essere la più animata dell'isola. ci portiamo la pila: infatti è tutto buio. non c'è un cane. anzi di cani, randagi, ce ne sono, ma di umani no... il giorno dopo ci spiegano che in effetti l'animazione serale si concentra all'altra estremità della spiaggia. raggiungiamo quindi il villaggio di ambotolouka (10 minuti a piedi), dove troviamo quattro polverosi negozietti, due o tre pensioncine, qualche bancarella di alimentari e qualche modesto baretto. ragazzini giocano in mezzo alla strada sterrata (circolano solo una dozzina di vetuste R4 adibite a taxi). il numero di turisti si conta a decine (poche): forse chi ha paragonato questa situazione a rimini non ha ben presente cosa sia il divertimentificio romagnolo! impariamo invece ad apprezzare il clima rilassato della località, prendiamo l'abitudine di andare alla terrazza dell'espadon per l'ora del the a vedere il tramonto (ai tropici cala sempre presto) e per qualche piccolo acquisto di quel poco che offre l'artigianato locale (monili in pietre semidure, posate in corna di zebù). ad onor del vero non ci siamo mai spinti sino al sedicente "casinò", un bar con slot machines rinomato per i suoi cocktail ed un moderato giro di ragazze, nè ci siamo mai fermati dopo cena, ma dubito fortemente che vi si possa scatenare chissà quale bagarre... comunque noi la sera torniamo sempre a madirokely, dove regna la calma più assoluta. oltre al marlin ci sono solo altri due piccoli hotel e qualche villa, in una delle quali abitava giancarlo annunziata, fotografo, giornalista, subacqueo, pioniere del turismo italiano in madagascar. la malaria se l'è preso quest'anno. le sue ceneri sono sparse nelle acque dell'isoletta di tanikely, incanto corallino che lui aveva contribuito a far diventare riserva marina.

il marlin è una struttura gradevole: 6 ampi bungalow fronte mare con veranda, una dozzina sul giardino, un ristorante principale ed un altro in terrazza sul mare (quest'ultima devastata dal terribile ciclone "gafilo" nel marzo 2004). l'ambiente è informale, per certi versi un pelino trascurato, la pulizia ineccepibile ma la biancheria a volte consunta. il ristorante conosce punte di eccellenza (la carbonara di pesce affumicato) ma a volte manca il pesce "perchè oggi non è arrivato" e il caffè è imbevibile. le cameriere ai tavoli ed il barista sono estremamente cordiali e contribuiscono a dare un tocco familiare all'ambiente. alì, il bravissimo comoriano che gestiva i transfer e le gite, è passato al villaggio del ventaglio di recente apertura. sandra, la storica receptioniste, ha sposato un cliente e fa la signora a bologna; "ha avuto fortuna!" ci dice sospirando francine, che l'ha sostituita. è una ragazza d'oro, dal grande sorriso e occhi da cerbiatta; bisognerà trovare un buon partito anche per lei. fra i clienti (in maggioranza italiani) si incontrano anche grandi viaggiatori, dato che il marlin per molti è una tappa di passaggio fra un tour e l'altro, e la sera i racconti di viaggio tengono compagnia davanti ad un rhum "rangè" (per la verità un pò troppo dolciastro). ad agosto 2004 sono iniziati grandi lavori di ristrutturazione che trasformeranno completamente la struttura, spostando il ristorante sul mare, ampliando i bungalow posteriori ed aggiungendo sale riunioni e centro benessere. speriamo che riescano a mantenere il clima simpaticamente trasandato che lo caratterizzava.

 

il giro dell'isola si fa in giornata con l'autista (lo stato delle strade impedisce un autonoleggio self-drive). da vedere ci sono diverse belle spiagge, fra cui quella di andilan, che ospita un villaggio del ventaglio. devo dire che nel resto dell'isola non se ne avverte la presenza: anche se il volo diretto da milano porta ogni settimana 400 turisti, questi restano relativamente reclusi nel ventaclub. ci sono poi una distilleria di rhum (la canna da zucchero è la coltivazione principale) e una di profumi (ylang-ylang e altre preziose essenze). il capoluogo hellville offre un colorato mercato della frutta e poco altro. l'interno presenta laghetti vulcanici popolati da coccodrilli, minuscoli villaggi e l'altura del mont passot dalla quale osservare il tramonto. la riserva naturale del lokobe consente passeggiate nella foresta con lemuri e serpenti. può essere un piccolo assaggio di natura malgascia per chi arrivasse a nosy-be senza aver visitato qualche parco sugli altopiani. le escursioni migliori si fanno comunque in barca. in meno di un'ora si raggiunge l'isola di nosy-komba; si attraversa il villaggio malgascio (in vendita notevoli tovaglie ricamate, per chi apprezza il genere) fino al recinto dove i lemuri macaco attendono i turisti per farsi fotografare in cambio di una banana. quando i turisti se ne vanno, i lemuri lasciano il recinto e tornano nel villaggio. in mezz'ora ci si sposta all'isoletta disabitata di tanikely, regno degli snorkellisti: in pochi metri d'acqua si osservano fondali corallini, tartarughe, anemoni di mare col pesce pagliaccio, razze maculate e ogni genere di  coloratissimi pesci di barriera (angelo, chirurgo, farfalla, pappagallo, scatola ecc.). mentre voi scorazzate in acqua, i malgasci hanno preparato il pranzo (pesce alla griglia ma anche spaghetti) che consumerete sulle tavole di legno sotto gli alberi. questo potrà essere il momento più affollato: a volte si accostano alla spiaggia anche 10 barche, ciascuna con una decina di gitanti, ma ognuna ha la sua tavola e c'è spazio per tutti. ci sono anche una grotta con pipistrelli ed un faro con una vista che dicono notevole, ma l'attrattiva principale resta il mare intorno. peccato che "gafilo" abbia seriamente danneggiato la barriera, qui come altrove, ma il luogo resta incantevole, anche per facili immersioni. 
 
luoghi interessanti per le immersioni sul reef interno di nosy be: banco gorgonie (con la più fitta concentrazione di grandi gorgonie mai vista, eccellente anche per le notturne) e manta point (dove l'incontro con le mante è molto probabile e comunque per ingannare l'attesa ci sono cernie di malabar grandi come seicento). sul reef esterno, verso il canale di mozambico: mary point (dove ho visto 16 mobule in formazione); nell'intervallo fra le due immersioni previste per ogni uscita può capitarvi di vedere: megattere che emergono a pochi metri dalla barca, pesci vela che saltano fuori dall'acqua, tartarughe e mobule in superficie... per lo squalo balena invece dovete andare fra novembre e dicembre. ad ambotolouka/madirokely ci sono tre centri sub: tropical diving dello svizzero marc, un veterano; blue dive, presente anche a nosy iranja; manta dive, a gestione italiana, proprio dietro al marlin. li ho provati tutti e mi sono trovato bene con tutti, soprattutto col manta; anche marc è simpatico e professionale ma ultimamente si occupa dei transfer al tsarabanjina con la sua barca nuova e lascia le immersioni agli assistenti, su cui ho raccolto pareri discordanti.
 
anche restare sulla spiaggia offre comunque piacevoli occasioni di posare lo sguardo su aspetti del paesaggio e della vita locale. in lontananza la costa malgascia contorna l'orizzonte, sempre sovrastata da nuvoloni di passaggio. la marea sale e scende; il dislivello è notevole, soprattutto nelle maree sigiziali. con la bassa, donne e bambini si aggirano sulla parte rimasta in secco, raccogliendo quantità di molluschi commestibili. con l'alta, le piroghe a bilanciere tornano dalla pesca e scaricano le nasse o il contenuto delle reti. le piroghe issano due diversi tipi di vele: quella quadrata, di origine polinesiana, residuo dell'antica colonizzazione proveniente dall'indo-pacifico, e quella triangolare "latina", portata dagli arabi provenienti da zanzibar. mentre sulla costa est del madagascar (per esempio all'isola di sainte-marie) la vela quadrata è l'unica utilizzata, e nelle isole comore (a nord-ovest del madagascar) colonizzate dagli arabi si usa solo quella latina, nell'arcipelago di nosy be le due culture si incontrano e si sovrappongono. lungo la spiaggia passano poi le persone che vanno e vengono dal mercato, con le merci nei cesti intrecciati; i bambini con gli zainetti che camminano cantando e ritmando il passo a danza, come ho visto fare nei film sugli scolari di soweto; le donne comoriane vocianti con i sari colorati e quelle malgasce con i cappelli di paglia e l'incedere elegante. quest'anno ci è capitato di essere a madirokely di domenica: al pomeriggio abbiamo assistito alla versione locale dello "struscio", con i giovani del villaggio che sfoggiavano gli abiti migliori (magliette delle squadre italiane per i maschi) e i telefonini (novità del 2004), un gruppo improvvisato che accompagnava chi voleva ballare, bambini in coppia che offrivano uno canestri di pesci alla brace e l'altro la salsa per condirlo; eravamo gli unici turisti presenti, infatti mi sono astenuto dal fotografare, ma ne conservo un ricordo vivissimo.
 
il tenore di vita dei malgasci, qui sulle isole, appare decisamente superiore a quello dei villaggi sugli altopiani o delle periferie della capitale. certo, ci sono le solite capanne di legno senz'acqua. dopo il tramonto davanti alla soglia la sola luce è la fiamma libera su cui cuoce il riso. chi si attarda al mercato dopo il lavoro deve tornare a casa (a piedi ovviamente) sperando che ci sia la luna (nessuna luce lungo le strade, nè pile). basta poi allontanarsi un poco dalle località relativamente turistiche per trovare realtà abbastanza dure. noi quest'anno abbiamo aggirato il capo che separa la baia di madirokely dall'insenatura successiva (ambondrona, dove stanno sorgendo un paio di guesthouse). lungo il sentiero ci siamo imbattuti in una miniera, che funziona così: gli uomini staccano grossi macigni dalla montagna e li portano giù a spalle; donne e bambini, seduti per terra , spezzano i massi con una mazzetta, riducendoli in graniglia di diverse dimensioni (sarà usata per livellare le buche nelle strade, tutte sterrate). ricordatevene, quando vi sembrerà che il capufficio vi stia stressando troppo...

 

 

PARTE TERZA – ISOLE NELLA CORRENTE

 

nosy-be, con il suo aeroporto, costituisce il passaggio obbligato per chi vuole visitare le isolette circostanti. ci si può imbarcare per una crociera oppure alloggiare sulle piccole isole. in un paio d'ore si raggiunge ankatsuberavina e iranja (a sud), oppure ankarea e tsarabanjina (ad est, nelle mitsio).

 

la prima ospita un nuovo eco-villaggio gestito da italiani; ho visto l'isoletta passando in barca, sembra incantevole, ma un servizio televisivo su "la 7" mi ha lasciato un po' perplesso; aspetterei qualche anno per capire se ingranano.

 

iranja deve il suo fascino alla lingua di sabbia che la unisce all'isola di fronte, ma la vera attrattiva sono le tartarughe che tornano ogni anno a deporre le uova sulle spiagge. se sarete fortunati potrete assistere alla schiusa. qualcuno di voi ha già ricevuto le mie foto l'anno scorso. è un'esperienza che, da sola, merita il viaggio.

 

ankarea è un blocco basaltico nero circondato da una spiaggetta bianca, con sei tende fisse di stile safari e una capanna-ristorante. la posizione, di fronte alla spiaggia di grande mitsio, è incantevole. il proprietario è lo stesso del marlin di nosy be. il ciclone gafilo ha abbattuto il grande tamarindo. da allora il villaggio è temporaneamente chiuso.

 

ma bella più di tutte... tsarabanjina!!! ce ne siamo innamorati subito, arrivandoci la prima volta in idrovolante nel 2001. la circondano bassi fondali dai colori spettacolari, da cui sorgono i maestosi monoliti dei "4 fratelli" e lo scoglio su cui nidifica l'aquila pescatrice. due spiaggette di borotalco ospitano in tutto 18 bungalow in legno, curatissimi. sentieri di sabbia ombreggiati le uniscono al ristorante, dotato di una terrazza della vista sontuosa. la cucina raggiunge picchi di assoluta eccellenza, servita con garbo da uno staff malgascio di classe. gli abili baristi e l'ottima scelta di rhum contribuiscono a fare del baretto un piacevole luogo d'incontro; l'atmosfera accogliente è favorita dallo staff internazionale, vero punto di forza della gestione del villaggio. proprietario e direttore è il sudafricano richard, che dopo anni di maldive ha affittato quest'isola perfetta e l'ha trasformata in un resort. lo affianca il fidato amico francese pascal, responsabile del rooming e dei transfer (che adesso si fanno in barca). francesca è arrivata a tsarabanjina dopo 3 anni ad ankarea; responsabile delle camere e della boutique, è suo il merito del raffinato interior design e dell'efficienza delle dotazioni. nadja (che mantiene l'accento veneto anche quando parla francese o malgascio) si occupa delle gite e delle attività sportive. tutte le mattine esce in barca per lo snorkelling, e le sue lezioni di stretching sulla spiaggia restano memorabili.

in reception la responsabile amministrativa holy (di etnia merina, dai tratti orientali) è affiancata ora da claudia, un’altra malgascia che facilita i rapporti con i clienti italiani, numerosi quest’anno; completano la compagnia il responsabile della pesca ed un istruttore sub, che quest'anno mancava. delle immersioni si occupava direttamente richard, a tutto vantaggio dei clienti. il numero massimo di sub è sempre di 3-4, anche se questo comporta per l'accompagnatore ripetere la stessa immersione dopo due ore, anche per un solo cliente. ditemi dove altro succede nel mondo...

 

i dive-site, a pochi minuti di barca e su profondità max 20-22m, si ricordano più per la quantità e varietà di pesce (sia di passo che di barriera) che per la fauna bentonica: prevalenti tubastrea e corallo-frusta, poche gorgonie. la rarità dei sub permette grande confidenza da parte dei pesci (ho scattato qui le uniche foto frontali di pesci angelo); nudibranchi, murene, tartarughe ed aragoste ad ogni immersione; pesci istrice così grossi che portano remore sul dorso; il mio primo incontro con lo squalo leopardo, poggiato sul fondo a -12m; a "kasimo" la più grossa e spaventosa cernia mai vista (60 kg!) che si aggira tranquilla fuori tana; affascinante il gasteropode che i francesi chiamano "porcelaine" per la conchiglia bianchissima, normalmente ricoperta dal mollusco completamente estruso, con una livrea nera punteggiata d'oro (sempre i francesi dicono "avec sa robe de soir"). a volte in lontananza passano le megattere, che si possono incontare durante le gite in barca. un classico è il full day con snorkelling davanti alla formazione basaltica delle "canne d'organo", picnic ad ankarea e traversata a piedi della grande mitsio, l'unica abitata da malgasci. nei piccoli villaggi vivono un centinaio di persone, tagliati fuori dai servizi scolastici e sanitari delle isole maggiori, ma che conducono un'esistenza dignitosa. si incontrano anziani di età rispettabile, seppur malandati; la dieta è ricca e variata, con le risaie che offrono due raccolti l'anno, abbondanza di frutta, pesci e molluschi, pollame e almeno uno zebù in ogni famiglia. prima di tornare a tsarabanjina i ragazzi della barca saliranno sulle palme per tagliare il cocco da cui berrete il succo fresco davanti al tramonto, sulla spiaggia dove i bimbi giocano a un-due-tre-stella (e non ti chiedono "bonbon").

 

chi ritorna per la terza volta ha diritto ad una targhetta d'ottone col nome sul bancone del bar. la nostra fà bella mostra di sè dal 28/08 di quest'anno, dopo una cerimonia con due bottiglie di moet-chandon e mio discorso in francese (disponibile su richiesta). abbiamo scoperto che chi torna per la nona volta riceve una settimana gratis. per noi è solo questione di tempo. porteremo in regalo una tela della nostra pittrice preferita, di tema marino (sonia sei avvertita).

 

 

Paolo Calvi   paolocalvi@alice.it 

 

 

 

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