Mauritius

Stelle e pace a Maurice
Racconto di viaggio, marzo 2003

di Saby e Ivo Motta

 

 

 

    

 

 

Milano, marzo 2003, un altro viaggio, un altro mondo ci aspetta a meno di 12 ore di volo diretto, viziati dalle coccole della Business Class della Volare Air Europe: l’inebriante MAURITIUS, perla africana dell’oceano indiano.

Come al solito questo è il nostro resoconto di un‘inaspettata e decisamente positiva vacanza in un’isola suggestiva, famosa per essere una meta semplice nei mari più belli del mondo, per le sue canne da zucchero, le montagne verdi e soprattutto perchè immersa in una struggente atmosfera orientale, o meglio dire “indiana”.

 

Al ns. arrivo al Sir Ranggolan International Airport fa molto caldo ci sono 32 gradi, e noi lo avvertiamo maggiormente perché indossiamo ancora i piumini e le sciarpe per proteggerci dal freddo italiano.

 

Ma come si mette piede a terra dall’aereo ci si accorge che qui la semplicità scandisce ogni momento della giornata e non si può fare a meno di esser coinvolti, il caldo, la vegetazione intorno, l’assoluta gentilezza dei locali, ci sentiamo subito a nostro agio, per cui … visto che qualcuno dovrà pur farlo, iniziamo a spogliarci. Rimaniamo del ns. essenziale investiti dall’afa e ben felici di sapere che questo è il periodo migliore per visitare l’isola, poiché, (come in autunno) si è esenti da piogge e cicloni tropicali.

 

Per il ns. soggiorno di 11 gg. scegliamo Trou aux Biches, sul promontorio nord ovest dell’isola, e come sempre non ci limitiamo alla vita da villaggio, anzi, facciamo autonomamente tutte le escursioni, grazie e insieme a Robert un locale di Gran Baie che ci fa da Cicerone e ci accompagna ovunque con il suo pulmino.

 

La stanza affidataci, suite “Scherazade” è in puro stile indonesiano, colma di fiori freschi, molto curata e spaziosa (ha addirittura due camere da letto) e ha un piccolo particolare, si affaccia sull’enorme terrazzo dove stanno sempre a giocare Damien e Dafne i piccoli figli (6 e 2 anni) della custode Daniela.

 

Impossibile non notarli e soprattutto non sentirli urlare, canticchiare, litigare, così immediatamente scatta l’operazione “caramella * bonbon” cattivissimo giochino della Saby per cui ad ogni caramella ricevuta si contraccambia con degli enormi bacioni, i bimbi ovviamente accettano timidamente per gola e subito dopo iniziano a ridere, catturati!!

 

La vacanza inoltre è piacevole perché conosciamo oltre al resto del gruppo italiano una simpatica coppia lombarda Max e Anna, con i quali “trattiamo” per l’indomani l’escursione delle isole del nord, sul catamarano Maeva, per un giorno tutto mare oltre la barriera corallina.

 

Partendo da Grand Baie, la rotta incrocia per primo l’enorme scoglio di Coin de Mire e navigando verso la costa nord siamo meravigliati dalla trasparenza delle acque e divertiti dalle onde altissime che ci sballottano sulla barca.

Lo spettacolo è incredibile, questo crostone roccioso sembra immergersi nel mare e dominare la baia, nel frattempo per distrarci, Holivier e Julio dell’equipaggio iniziano a ballare sulle note della Sega, tipica musica reggae, con lo strasentito e strafamoso cd di Peros Vert.

 

In meno di 2 ore di navigazione raggiungiamo la seconda isola Ile Plate, l’unica di questo arcipelago ad avere un faro funzionante dal 1982.
Lo sbarco in questo isola deserta e ancora selvaggia non ci sembra reale… ma paradisiaco.

 

A parole è difficile dirlo ma chiunque abbia visto questa sabbia rosa bianca sullo sfondo delle montagne rocciose e nere è rimasto davvero estasiato.

Il ns. intento è quello di attraversare tutta l’isola a piedi, prima del BBQ, ed arrivare al lontano promontorio di rocce vulcaniche che costituiscono il picco più alto.

 

L’impresa ovviamente è impossibile perché fa molto caldo, è quasi mezzogiorno, il sole ci ustiona letteralmente il viso e le spalle e la cosa più scontata da fare, insieme a Anna e Max è buttarsi al volo in acqua.

 

La 3* tappa è Ilot de Gabriel, buffa a vedersi da lontano, perché ha la forma di una tartaruga che bruca, e strana a vedersi da vicino perché ovunque si notano formazioni calcaree che i locali ritengono siano resti fossilizzati di una preistorica foresta, tuttora rimasta intatta nonostante il passare dei secoli.

 

La giornata si conclude verso le 18.00 stanchi e decisamente scottati, ma divertiti e vogliosi dell’escursione del giorno dopo, che fra l’altro è festa nazionale (12 marzo).

 

Il 12.03.03 appunto, sempre con Robert, giungiamo in tarda mattinata il tempio indù di Grand Bassin, dedicato al culto di Shivaratree e Ganeshaya.

 

Noi turisti sembriamo proprio fuori luogo, l’atmosfera di devozione e di preghiera è surreale e velata, ci sono moltissime donne e ragazze vestite a festa con bellissimi sari di seta, gli uomini indù rigorosamente vestiti di bianco accendono incensi, spaccano enormi noci di cocco e buttano frutta lungo le rive del lago, mentre i bimbi, giocando, cercano di acchiappare a mani nude le murene che si vedono sott’acqua.

 

Piccolo particolare questo lago è considerato il secondo luogo sacro al mondo per gli indù dopo il fiume Gange, ed è proprio dal Gange che è stata prelevata l’acqua con il quale il lago fu consacrato per la prima volta nel 1893 (Robert sei impeccabile!!).

 

Si prosegue nel tragitto con ancora l’odore di vaniglia sotto il naso, arriviamo alle cascate di Chamarel, breve soste ad un punto panoramico (Gorge De Riviere Noire) dove incontriamo una numerosa ma soprattutto eccitata e pericolosa famiglia di scimpanzé.

 

Il percorso è attraversato da immense coltivazioni di the, giunti a destinazione entriamo nel parco delle “Terre dei 7 colori”, fenomeno geologico dovuto all’azione del tempo sulle terre vulcaniche e dalla tipologia di culture di canna da zucchero e caffè.

 

 

All’interno del parco troviamo una piscina naturale che ospita 4 tartarugone da terra giganti, secolari, sono 2 coppie e la femmina più longeva ha 120 anni, la curiosità è che sono curate e coccolate da un biologo che fa spola tra Maurice e l’arcipelago delle Seychelles nell’atollo di Aldabra, e che si occupa con cura della salvaguardia delle tartarughe giganti.

Nel pomeriggio scendiamo verso le Morne, bella cittadina all’estremo sud ovest, e di passaggio a Flic & Flac facciamo finalmente un bagno rilassante al mare al tramonto, molto particolare il gioco di colori che evidenzia e profili delle montagne circostanti.

 

 

 

13.03.2003 Giornata dedicata inizialmente alle compere, a Goodland, piccolo paesino rinomato per la vendita e la fabbricazione dei modelli di velieri, e successivamente alla visita di Port Luis, la capitale.

 

Ci sono stoffe molto belle, ideali per chi ama le tende, i batik e tutti i complementi d’arredo etnici, io mi perdo nelle botteghine indiane ma manco a dirlo è già ora di lasciare il paesino alla volta di Port Luis, la capitale.

 

Arriviamo nel centro storico e commerciale della città, il porto, fondato nel 1735 dai francesi, occupato poi dagli olandesi, dagli inglesi e finalmente ora i mauriziani sono orgogliosi, dopo secoli di dominio straniero, di essere al governo con un primo ministro de Maurice, anche se solo dal 1968.

 

 

Maurice è una repubblica parlamentare ma rimane membro del Commonwealth, la cosa assurda, (come in tanti altri paesi del resto) è che la maggior parte della popolazione non accetta assolutamente l’imposizione della cultura britannica, per esempio la lingua ufficiale è l’inglese ma nessuno lo parla, neppure si sforzano con i turisti, molto diffuso è il francese e il creolo, un pò meno l’italiano, piuttosto di parlare inglese fingono di non comprenderlo, altrimenti parlano l’arabo!!!

 

La parte della città è molto turistica sembra di essere a Disneyland, tutto è curato, pulito, funzionale, moderno, la gente sorride sempre, e saluta facendo il tipico cenno con la testa. Il centro città è impedibile, con i bazar, le pagode cinesi, il museo storico (dove è conservato l’unico e ultimo vero Dodo uccello simbolo dell’isola) e dopo aver visitato il Caudan Waterfront e la parte storica ci buttiamo a capofitto vicino al veliero, per fare tantissime inutili e stupide foto da pirata…..

 

E la vicinanza al mare ci convince a organizzare domani l’escursione per eccellenza, l’Ile de Cerfs, piccolo paradiso a cielo aperto posto sulla costa est dell’isola.

 

 

14.03.2003 Da Trou aux Biches, dopo 1 ora di pulmino, arriviamo alla spiaggia di Belle Mare e proseguiamo in battello per l’isola dei Cervi, laguna bianca cristallina e incontaminata.

 

Da lontano intravediamo la spiaggia ricoperta da filaos, palme da cocco, alte mangrovie, è qui che un tempo vi abitavano appunto solo cerbiatte e cervi.

 

Ma giunti sul posto, l’impatto iniziale è un po’ freddino perché il sito è iper turistico, affollatissimo e chiassoso, all’ingresso vi è un cordolo galleggiante di sicurezza, un enorme boa gialla che delimita una fetta di mare speciale ma sinceramente deturpato dalle bancarelle e dai piccoli ristoranti.
Così iniziamo subito a cercarci un angolino tranquillo dove poterci rilassare e fare snorkelling, camminiamo un pò, troviamo lungo la battigia una folta vegetazione, e ci restiamo, facciamo il bagno con delle enormi stelle marine e grandi granchi, paguri, pesci trasparenti, ecco questa è la “nostra visione di isola dei Cervi”.

 

Dopo un ricco pranzo a base di pesce immersi nella giungla interna, la corrente marina si fa forte, per cui con il gruppo decidiamo di lasciare la spiaggia e raggiungere l’entroterra, per vedere le cascate di Grand Riviere.
Ebbene si, dopo il dolce far nulla del mattino, ci ritroviamo improvvisati scalatori, perché l’escursione consiste nel fare trekking alle falde della cascata. Interessante scoprire che le acque dolci del fiume si tuffano direttamente nel mare dove nuotavamo in mattinata, e sembra ridendo e stambeccando tra le rocce ci pare di fare il Marlboro ‘Country come suggerisce qualcuno, in effetti il percorso è un’ardua impresa, e consigliamo a chiunque la voglia intraprendere di portarsi almeno un paio di ciabatte e non farla assolutamente a piedi nudi, si rischiano tagli e ustioni.

 

Altra escursione che ci attende è il giardino di Pamplemousse (pompelmi) ovvero i Royal Botanic Gardens, meglio conosciuto come il gioiello della Corona.

Il giardino fu residenza estiva di Pierre Piovre già nel lontano 1766 e qui lui personalmente, volle importare dalle Indie più di 500 nuove qualità di piante esotiche, spezie, fiori e palme enormi.

 

L’obiettivo più ammirato e sicuramente anche il più fotografato è l’enorme vasca contenente centinaia di Victoria Regia una qualità di ninfea rosa bellissima, con grandi foglie galleggianti che superano il metro di diametro, che sboccia solo nel tardo pomeriggio.

 

Il parco è una cartolina, siamo circondati da alti busti, da ponticelli, cervi, cigni, l’angolo delle tartarughe da terra, insomma la vegetazione è lussureggiante e i colori esageratamente risaltano con la luce del sole che filtra dall’alto.

 

Consigliamo di farsi accompagnare da una delle tante guide, perchè con neppure 100 rupie illustrano e raccontano (anche con particolari carini) in italiano tutte le tipologie di piante e fiori, la storia di questo luogo e le sue tradizioni.

 

Lasciamo il parco e la sua tranquillità, consapevoli che posti come questi sono curati e preservati con estremo amore, il senso di rispetto per l’ambiente è molto lontano dalla nostra realtà italiana, dove tutto è sporcizia , menefreghismo e non curanza.

 

Rientriamo in serata distrutti e sinceramente contenti della giornata, ma senza sapere (come dice Vasco il torinese ) cosa ci attende… perché ebbene si ….. il nostro primo acquazzone mauriziano è alle porte, decisamente breve ma esagerato!

 

Al rientro in hotel capiamo di essere stati cmq. fortunati, perché nello stesso pomeriggio nelle isole vicine Reunion e Rodrigues è passato un ciclone a 200 km/h, che mobilizza e rende prive di collegamenti l’arcipelago per i successivi 3 giorni!

 

 

14/15/16.03.2003 Sembra che l’isola offra aspetti inavvertitamente e decisamente sorprendenti, dato che negli ultimi giorni ci dedichiamo prevalentemente all’avanscoperta di bellissime calette nell’estremo nord dell’isola, scoprendo posti insoliti dove andare a mangiare direttamente sulla spiaggia in baie candide.

 

Ci sentiamo di segnalare : Grand Baie, Mont Choisy e Cap Malheureux dove da lontano si può avvistare la famosa chiesetta dal tetto rosso.

In particolare Pereybere dove siamo stati benissimo in un piccolo ristorante con un’enorme pagoda rossa sulla facciata, che offre una gastronomia di pesce insuperabile.

 

I gestori sono cinesi, hanno vissuto molti anni in Europa ed ora dopo Zanzibar, si sono stabiliti in Maurice, propongono una cucina di pesce semplice ma con forti influenze africane, europee e cinesi appunto che davvero consigliamo di assaggiare, anche se abbastanza piccante.
Un esempio? Zen zen, chiamata anche l’insalata dei miliardari, un’insalata di pasta e pesce a base di gamberi, gamberoni, cozze, aragosta e ostriche, favolosa, il tutto condita con salsa d’aglio.

 

Che dire ancora, ci sarebbe molto da aggiungere, ma crediamo che di fronte alla bellezza della natura, all’armonia delle spiagge e del mare, alla magia dei mauriziani che ripetono saggiamente “prenditi il tuo tempo” invitandoci al relax e alla voglia di sorridere, in questi soli pochi giorni siamo stati coinvolti molto, nelle sensazioni visive e nelle emozioni per cui non possiamo fare altro che serbare intimamente l’atmosfera magica dentro di noi, con l’augurio che chi è stato o chi andrà a Maurice, possa star bene quanto noi!

 

 

...... Un deux trois, allez allez ... a bientòt a tout le monde .... Saby e Ivo MOTTA from ITALY.

 

 

Saby e Ivo Motta (sabivo2002@libero.it)

 

 

 

 

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