Rimini

Italia

Capitale indiscussa del turismo balneare ma con una veste inaspettata: quella culturale

Racconto di viaggio 2009

di Simona Dragoni




 

SDC10026.jpg (2393456 byte)    SDC10025.jpg (2404432 byte)    SDC10050.jpg (2416560 byte)    SDC10013.jpg (2460928 byte)

Per noi è stata l'occasione per scoprire che Rimini è sicuramente capitale del turismo balneare ma che, accanto a mare, sabbia, ombrelloni e divertimento, c'è una città d'arte tutt'altro che secondaria, ricca di monumenti che valgono più di un viaggio.
Dall'Arco di Augusto al Ponte di Tiberio, alla Domus del chirurgo, ai palazzi, conventi e monasteri medievali (Giotto fu di casa qui e il Trecento Riminese raggiunse vertici notevolissimi), alla grandezza rinascimentale della città e di una Signoria, quella dei Malatesta, che qui espresse testimonianze d'arte d'eccezione quali il Tempio Malatestiano ma anche lo stesso Castel Sismondo, alla cui edificazione contribuì anche Brunelleschi.

Partiamo io e la mia amica Stefania in treno da Lodi e dopo 3 ore e 30 minuti arriviamo alla stazione di Rimini….. andiamo subito al nostro hotel sul lungomare, molto comodo con all’interno una Spa termale……. 
Che ci siamo concesse perché ha abbassato notevolmente il prezzo in quanto penso che nel periodo estivo sia inavvicinabile…..
Sbrigate le formalità per i documenti lasciamo i nostri bagagli e ci dirigiamo alla scoperta con tanto di guida visuale della RIMINI……….

Rimini venne fondata dai romani nel 268 a.C., in qualità di colonia di diritto latino e nodo strategico come punto d'incontro dei traffici commerciali dell'epoca. Nel 90 a.C. divenne Municipio romano. Nel Medioevo esercitò un ruolo da protagonista come libero comune. Verso la fine del XIII sec. iniziò la Signoria dei Malatesta che trasformò la città in una fucina di cultura ed arte.

Ci incamminiamo dalla viale Regina Elena per raggiungere visibile già dalla spiaggia il GRAND HOTEL

Dal 1908 il “grandioso albergo” voluto dalla Società Milanese Alberghi Ristoranti e Affini e dal Comune, fu il simbolo della Rimini sofisticata della Belle Époque. L’architetto Paolito Somazzi lo progettò su quattro piani con oltre 200 camere, terrazze, saloni, giardini e negozi. Fra gli ospiti erano nobili e celebrità. Un incendio, nel 1920, distrusse le due cupole orientaleggianti che lo coronavano. Con i restauri dei primi anni Trenta, riprese l’antico splendore fra feste e mondanità. Dopo l’occupazione e i saccheggi della guerra, rischiò di essere abbattuto come simbolo del potere borghese. 
Sorte che toccò nel 1948 al vicino Kursaal, il grandioso stabilimento balneare che segnò, con la sua costruzione nel 1873, la nascita della Rimini turistica. Opera dell’architetto Gaetano Urbani, constava di due piani, con sale per intrattenimenti e spettacoli; verso la città la gradinata e il colonnato richiamavano il teatro del Poletti, mentre il prospetto a mare si apriva in suggestive terrazze. Modificato agli inizi del Novecento e negli anni Trenta, continuò ad ospitare serate di gala per l’alta società e l’annuale Gran Ballo della Stampa cui partecipavano personaggi noti del Regime.
Nel piazzale antistante lo Stabilimento fu inaugurata, nel 1928, la Fontana dei quattro cavalli, opera del riminese Filogenio Fabbri, forse ideata da Gaspare Rastelli. La volontà demolitrice che abbattè il Kursaal, non risparmiò la Fontana, rimossa nel 1954. Alla tenacia di Umberto Bartolani si deve il suo ripristino nel 1983 ed il recupero dei cavalli, già collocati nel parco Marecchia.

Percorriamo la via Gambalunga e arriviamo in piazza Ferrari dove ci aspetta un ritrovamento archeologico stupendo………..
La domus del chirurgo……..
Durante l'estate del 1989, in occasione di alcuni lavori di abbellimento urbano in piazza Ferrari a Rimini, sono venuti alla luce materiali archeologici di notevole interesse, relativi ad una villa correlata a notevoli accessori di raro valore.
I lavori di scavo, immediatamente intrapresi, durati una decina di anni con alcune comprensibili lunghe pause, hanno permesso di identificare un grande complesso archeologico sviluppatosi tra l'epoca romana tardo-imperiale e la tarda antichità.
Mosaico Domus del chirurgo. Oltre ai mosaici l'area aveva restituito nel corso dei secoli vari materiali: un epigrafe, delle sculture in pietra e resti di decorazione architettonica. Il complesso rinvenuto si componeva della cosidetta "Domus del chirurgo" di età romana e di un edificio tardo antico. La "Domus" venne edificata nel corso della seconda metà del II secolo d.C.

L'edificio è stato identificato con l'abitazione e lo studio professionale di un importante medico, una specie di "Taberna medica domestica" con spazi riservati a ricevere, a visitare ed a curare i pazienti, come dimostrano il notevole strumentario chirurgico rinvenuto: la più importante testimonianza chirurgica nel mondo romano finora mai rinvenuta. Con tutta probabilità il chirurgo era di origine e cultura greca, come dimostrano iscrizioni in caratteri greci rinvenute.

Un violento incendio, avvenuto verso il 257 d.C. devastò la domus. Tale distruzione viene collegata con l'invasione barbarica della Valle Padana ad opera degli Alamanni. Infatti, anche l'ultima cortina muraria riminese, quella riferibile al III secolo d.C., fu innalzata velocemente a causa dell' imminente arrivo degli Alamanni. Inoltre l'ubicazione della domus, in riva al mare, probabilmente sotto una pineta, denota come fosse stata costruita durante un periodo di pace. 
Tuttavia durante la discesa delle genti barbare, fu una delle prime ad essere colpita dai dardi incendiati scagliati dai navigli Alamanni.
Pannello decorato con pesci rinvenuto nella DomusRicchissimo infine anche il patrimonio decorativo lasciatoci dalla Domus, ancora a testimoniare l'importanza ed il prestigio del residente.
Da segnalare, entrambi visitabili presso il museo cittadino, il bellissimo mosaico e il pannello decorato con pesci in vetro policromo raffigurati sopra.


Giungiamo in piazza Tre martiri.
La piazza ricalca parte del foro di Ariminum, colonia romana fondata nel 268 a.C.: posto alla confluenza delle due strade principali, il cardo e il decumano, l’antico impianto, più ampio e dilatato fino alla via San Michelino in foro, era lastricato con grandi pietre rettangolari, ora in parte visibili attraverso aperture recintate.

Statue onorarie e pregevoli architetture creavano una suggestiva scenografia alla vita della piazza. Un basamento in pietra doveva sorreggere un arco che enfatizzava l’accesso orientale al foro, sbarrando forse il traffico veicolare.
Un cippo cinquecentesco ricorda il discorso che Giulio Cesare avrebbe rivolto alle legioni dopo il passaggio del Rubicone: in sua memoria la piazza, che già ne portò il nome, ospita una statua bronzea, copia di un originale romano.
Dall’età tardo antica, nel lato a mare, si insediarono le chiese di San Michele, di Sant' Innocenza e San Giorgio, oggi distrutte.
Nel Medioevo la piazza, oramai in secondo piano rispetto a quella del Comune, fu luogo di mercati: attraverso la via dei Magnani (ora via Garibaldi), segnata da un arco fra la cortina delle abitazioni, giungevano i prodotti dal contado. Sotto i portici si aprivano le beccherie, botteghe per la vendita della carne. La piazza fu inoltre teatro di giostre, tornei cavallereschi, manifestazioni e cerimonie pubbliche legate anche alla famiglia Malatesta. Qui si concludeva ogni anno il palio di San Giuliano che, partito dal borgo, godeva di grande partecipazione popolare.
Capitelli gotici e rinascimentali ornano il portico sul lato monte della piazza.
Agli inizi del Cinquecento, fu edificato il Tempietto dedicato a Sant Antonio da Padova in ricordo del miracolo che, nel XIII secolo, rese una mula devota all’ostia consacrata. Ricostruito nel XVII secolo, ha mutato l’aspetto originale per i vari restauri. Dietro il tempietto i Minimi di San Francesco di Paola fondarono, agli inizi del Seicento, un luogo di culto, riedificato nel 1729: qui, dal 1963, sorge la chiesa dei Paolotti.
Nel 1547 si costruì l'isolato con la Torre dell'Orologio, che diede alla piazza la forma e le dimensioni attuali, con edifici porticati al posto delle antiche beccherie. Su progetto di Francesco Buonamici la torre, nel 1759, subì un rifacimento. Con il terremoto del 1875, la parte superiore venne demolita. Oltre all’orologio, dal 1750 reca un quadrante con calendario, movimenti zodiacali e fasi lunari.
Luogo di mercati e quindi salotto della vita cittadina, la piazza si presenta oggi nell’arredo urbano eseguito nel 2000, teso a valorizzare l’antico impianto e i segni della memoria.
A farle da cornice, antichi edifici quali palazzo Tingoli, ora sede del Credito Italiano: risalente al XVIII secolo, fu ricostruito e modificato a seguito dei pesanti danni della seconda guerra mondiale.
Demolito l’arco dei Magnani nel 1921, si ruppe la continuità dello sfondo edilizio sul lato meridionale.
La storia più recente lega la piazza ai tragici eventi bellici: ne consegna il ricordo il Monumento ai Caduti e il nome stesso della piazza, intitolata ai tre martiri partigiani impiccati il 16 agosto 1944 nel punto ora contrassegnato da un inserto di marmo.

Piazza CAVOUR

La centralissima Piazza Cavour, probabilmente tardoromana, assunse dal Medioevo un ruolo primario, anzi, divenne il centro storico della città, il cuore di Rimini. Inizialmente si chiamava Piazza del Comune, poi fu chiamata Piazza della Fontana; dal 1862 ha il nome attuale. Il terremoto del 1916 apportò gravi danni ai palazzi comunali, svelando le tracce delle strutture medievali. Fu l’occasione per avviare un restauro che si tradusse in una ricostruzione secondo modelli neomedievali. Eseguiti fra il 1919 ed il 1925 da Gaspare Rastelli, i lavori riscossero grandi consensi presso l’opinione pubblica e ridisegnarono lo sfondo della piazza nelle forme attuali. La piazza contiene molti fra i più bei palazzi e monumenti di Rimini:
La Fontana della Pigna
Eretta in epoca romana, essa fu completamente restaurata nel 1543 da Giovanni da Carrara, per volere di Paolo II. Il Papa volle così ringraziare i riminese per l’ospitalità che gli avevano offerto. Nel corso dei secoli, la fontana subì poi vari restauri e trasformazioni. 
In particolare, nel 1545 fu posta alla sommità della fontana una statua di San Paolo, che fu sostituita dalla Pigna nel 1807. L’ultimo restauro risale al 2002.
Come in molte altre città, la fontana sorgeva sulla piazza centrale, ove erano sorgevano i palazzi comunali, e rappresentava l’unica fonte cittadina d’acqua potabile. La Fontana della Pigna svolse questa funzione fino al 1912, anno in cui fu inaugurato l’acquedotto pubblico.
il Palazzo Comunale (chiamato anche Palazzo Garampi), il Palazzo dell’Arengo, il Palazzo del Podestà, la Statua di Paolo V, il Teatro “Amintore Galli”, nonché la famosissima Vecchia Pescheria, luogo che conserva quasi intatta l'antica conformazione, con i suoi lunghi banchi marmorei nei quali venivano vendute le “poveracce”, ossia le vongole o telline. La Pescheria, inaugurata nel 1747 su progetto di Francesco Buonamici, riflette l'importanza economica della pesca per la città di Rimini.






IL PONTE DI TIBERIO

Il ponte romano sul fiume Marecchia, l'antico Ariminus intorno al quale era sorto il primo insediamento, crea ancora oggi il collegamento tra la città e il borgo San Giuliano. Da qui iniziano le vie consolari, Emilia e Popilia, dirette al Nord. La via Emilia, tracciata nel 187 a C. dal console Emilio Lepido, collegava Rimini a Piacenza; attraverso la via Popilia, invece, si raggiungeva Ravenna e si proseguiva fino ad Aquileia.
Il ponte, iniziato da Augusto nel 14 e completato da Tiberio nel 21 d.C., come ricorda l'iscrizione che corre sui parapetti interni, si impone per il disegno architettonico, la grandiosità delle strutture e la tecnica costruttiva. Poco spazio è concesso invece all'apparato figurativo, comunque intriso di significati simbolici.
In pietra d'Istria, si sviluppa in cinque arcate che poggiano su massicci piloni muniti di speroni frangiflutti ed impostati obliquamente rispetto all’asse del ponte, in modo da assecondare la corrente del fiume riducendone la forza d’urto, secondo uno dei più evidenti accorgimenti ingegneristici.
La deviazione del Marecchia prima e, più recentemente, i lavori per la predisposizione di un bacino chiuso, hanno messo in luce i resti di banchine in pietra a protezione dei fianchi delle testate di sponda; recenti sondaggi hanno poi rivelato che la struttura del ponte poggia su un funzionale sistema di pali di legno, perfettamente isolati.

Il ponte è sopravvissuto alle tante vicende che hanno rischiato di distruggerlo: dai terremoti alle piene del fiume, dall’usura agli episodi bellici quali l’attacco inferto nel 551 da Narsete, durante la guerra fra Goti e Bizantini di cui restano i segni nell’ultima arcata verso il borgo San Giuliano, e, da ultimo, il tentativo di minarlo da parte dei Tedeschi in ritirata. A piedi ci dirigiamo nel borgo san Giuliano per visitare la Chiesa di San Giuliano rappresenta il fulcro dell’antico borgo cresciuto lungo il primo tratto della Via Emilia. La vicinanza dell’importante strada romana fu decisiva anche per la costruzione del complesso benedettino - costituito da monastero e chiesa - noto dal IX secolo e dedicato in origine ai SS. Pietro e Paolo. Il complesso fu considerato tra i più importanti della città comunale, e subì vari rifacimenti. La medievale chiesa a tre navate con cripta, fu ricostruita nelle forme attuali, verso la metà del Cinquecento. Anche il monastero fu interessato dagli interventi cinquecenteschi: gli scavi archeologici hanno portato in luce resti del portico e della pavimentazione del chiostro, tuttora visibili nell’annesso Cinema Tiberio, insieme ad alcune sepolture della necropoli che occupava il sito in tardoantica. Al centro del cortile era un pozzo monumentale in pietra d’Istria, opera di uno scultore Veneto del XVI secolo: attualmente, al Museo della Città, ne è esposto l’architrave con scolpiti i Santi Pietro e Giuliano. L’interno della chiesa è ad una navata, con altari laterali, e conserva preziosi dipinti. Fra questi emergono il quattrocentesco polittico di Bittino da Faenza con le Storie di San Giuliano, e la pala centrale dell’abside, il Martirio di S. Giuliano, ritenuta una delle ultime opere di Paolo Caliari, detto il Veronese. Notevole il sarcofago romano che conteneva le spoglie di S. Giuliano, fino a quando - nel 1910 - non furono trasferiti in un’apposita urna, posta sotto l’altare.

Giunta la sera ci concediamo una cena nel ristorante più esclusivo di RIMINI.
Non per fare pubblicità ma chi passa da Rimini non può non andare da Marinelli Vittorio a mangiare il pesce. Da non perdere l'indimenticabile spettacolo della catalana con la quale entrano in scena astici, scampi, mazzancolle, canocchie, gamberoni, cozze, fasolari. E' come la marcia trinfola di Vittorio-Radames. In sintonia con la marcia trionfale anche i primi: spaghetti allo scoglio, paccheri al tonno fresco e rosmarino (eccellenti), tagliolini con ragù di pesce e piselli, strozzapreti alle vongole, passatelli alla pescatora, linguine all'aragosta, pasta battuta in brodo di pesce. Imperdibile il fritto misto di Vittorio, servito su carta paglia, leggero come le nuvole, che attraversano l'Adriatico in una giornata primaverile, (da primo premio assoluto). Eccellente il brodetto di pesce alla riminese secondo un'antica ricetta. Altrimenti scampi al rosmarino, pesce del giorno gratinato ai ferri o al forno. Assortimento di formaggi. Dolce conclusione con dolcetti secchi, sorbetti alla frutta, crema catalana, soufflè al cioccolato. La carta dei vini offre vasta selezione di etichette della zona e del resto d'Italia. Il servizio gentile e disponibile è curato dal simpatico patron Vittorio Pari, che si alterna anche in cucina, e da valide collaboratrici.

Alla mattina ci dedichiamo alle terme del nostro hotel per un oretta, poi dopo colazione usciamo e andiamo a vedere la mostra al Castel Sismondo.

La storia della città di Rimini è strettamente legata alla famiglia Malatesta ed in particolare ad un suo esponente, che decise di costruire proprio qui la sua amata Roccaforte, Sigismondo Pandolfo Malatesta.
Il suo profondo legame con questa Rocca è immediatamente ravvisabile dal nome della fortezza, ossia Castel Sismondo, dal nome del signore che la commissionò ed addirittura la progettò.
Egli, prima di dare il via ai lavori di costruzione, fece spianare un'ampia zona della città (smantellando delle vecchie case di famiglia e parte delle mura urbiche) vicina alla piazza medievale più importante (l'attuale Piazza Cavour) in modo che il Castello del Signore si stagliasse sulla quotidianità di tutti gli abitanti e fosse ben visibile a tutti nella sua maestosità (altri palazzi governativi compresi).
Sigismondo Malatesta è spesso indicato come progettista e ideatore dell'intera costruzione, ma sono presenti testimonianze sulla presenza di Filippo Brunelleschi nel 1438 per delle consulenze ed indizi su influenze di architetti ed artisti veneziani, per la presenza di elementi gotici su alcune decorazioni.
I lavori iniziarono quasi sicuramente nel marzo del 1437, per terminare nel 1446 (anche se diverse testimonianze provano che i lavori all'interno della Rocca proseguirono fino al 1454).
Sigismondo quasi sicuramente ordinò che i lavori cominciassero il penultimo mercoledì prima della quaresima e dispose a tavolino anche la loro data di chiusura, per questioni propagandistiche e scaramantiche, in quanto si era fatto predire dagli astrologi di corte i momenti più propizi per attuare queste operazioni.
La struttura della Rocca fu progettata come palazzo e come fortezza allo stesso tempo: essa presentava un nucleo centrale in cui era ubicata la ricca residenza del Signore, impreziosita da tendaggi ed arazzi, affreschi e dipinti.
E' in questo edificio che venivano ricevuti gli ospiti illustri ed in cui si tenevano le sfarzose feste organizzate dalla famiglia Malatesta.
Anche le decorazioni esterne dovevano comunque rendere un aspetto decisamente gradevole e particolare, come dimostrato dalle mattonelle in maiolica poste ai piedi dei torrioni e dall'immagine contenuta in un clipeo ritratto nel dipinto di Piero della Francesca “Sigismondo Pandolfo Malatesta in preghiera davanti a San Sigismondo”.
Intorno al Palazzo del Signore, originariamente di estendeva una cinta muraria contornata da un fossato: l'intera struttura era particolarmente resistente, grazie anche alla grande esperienza e conoscenza della famiglia Malatesta in tema di artiglieria.
L'impianto difensivo era costituito da una serie di cortine più robuste del normale, da una serie di torrioni quadrangolari muniti di enormi cannoni bronzei, da ponti levatoi e da maestose muraglie a scarpa che s'innalzavano dal fossato.
La torri difensive così come la porta del complesso erano rivolte verso l'interno della città, chiaro segno di frequenti ribellioni popolane nei confronti del Signore.
Ulteriori testimonianze dell'intento di trasmettere forza e potere sono le forme tradizionalmente medievali, molto più orientate alla robustezza che all'armonia: vi è infatti un forte uso di archi acuti, d' inserti lapidei, di cortine merlate compatte, dorature ed intonaci verdi e rossi (colori araldici malatestiani).
Sono numerose le epigrafi e gli stemmi celebrativi riportati per tutto il Castello: emblematico è lo stemma posto sull'ingresso verso Rimini, raffigurante il classico scudo a scacchi con una testa d'elefante in alto, accanto ad una rosa quadripetala.
Particolarmente visibile è qui l'influenza gotica proveniente dalla vicina Venezia, in quanto sono presenti caratteri gotici nelle iscrizioni “Sigismondo Malatesta” ai lati dello stemma.
Il Signore di questo Castello vi morì il 9 ottobre 1468.
Negli anni a seguire esso ospitò una caserma dei carabinieri (1821) e nel 1826 ne furono abbattute le mura di cinta e fu risanato il fossato.
Dopo una serie di anni di abbandono, il Comune di Rimini ha accordato una cessione per trent'anni alla Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini che ha portato a termine un'attenta opera di restauro e d'installazione d'impianti di tutela e d'alta tecnologia al fine di poter ospitare in questo Castello diversi eventi di carattere culturale (dal 2000).

Entriamo per visitare la mostra, attente all’orologio in quanto nel primo pomeriggio abbiamo il treno per Lodi……….
Questo evento eccezionale sarà reso possibile grazie al Museum of Fine Arts di Boston che da anni custodisce queste preziose opere d’arte d’importanza mondiale e che, nel periodo in cui si terrà la mostra di Rimini, dovrà effettuare dei lavori alla propria struttura.
La fortunata occasione è resa possibile dalla chiusura, per il tempo di pochi mesi, di alcuni ambienti del museo bostoniano in vista dell’imminente trasferimento di tutte le sezioni dedicate all’arte americana nella nuova, grande ala del museo firmata da Norman Foster.
Saranno ben 65 le opere che dal Boston Musem “traslocheranno” temporaneamente a Rimini le quali verranno suddivise in 6 sezioni:
Nobilità del ritratto,
Intimità del ritratto,
Sentimento religioso,
Nature morte,
Interni e Nuovo Paesaggio.


SDC10012.jpg (2488080 byte)    SDC10040.jpg (2516560 byte)

SIMONA

dragoni@mondadori.it

 

 

 

 

 

Home ] AFRICA ] AMERICA ] ASIA ] EUROPA ] OCEANIA ]