SANTIAGO…TRA PARENTESI

…impressioni di un Pellegrino alla ricerca…

di Damiano Cittante

 

 

 

                                                             VENERDI’, 1 LUGLIO 2005

 

…e finalmente eccomi in viaggio! Non in vacanza ma in viaggio. Non devo stare su di una spiaggia affollata o in un villaggio turistico pieno di connazionali; non devo neppure visitare città d’arte o musei o parchi naturali, perlomeno non è questo il mio obiettivo. Ho una meta: Santiago de Compostela, ed un mezzo per arrivarci: la mia bici, ed ho pure un motore: le mie gambe ed il mio cuore che pompa, pompa e spero pomperà fino alla fine di quest’avventura.

Mi porto l’albergo e il ristorante con me: tenda, sacco a pelo e stuoino; pentolini, fornellino e qualche scatoletta. E’ un viaggio che nasce per caso, “causato” dalla lettura di un libro (“Il Cammino di Santiago”, di P.Coelho) e da una caduta in moto, oltre, naturalmente, alla terribile voglia d’avventura che come una malattia cronica mi affligge da quando feci le prime esperienze “in libertà” con gli Scouts a 13 anni.

Come allora mi porto dietro uno zaino, anzi in questo caso una borsa adatta ad essere trasportata in bicicletta, e lo stesso plaid di allora, quadrato e con un buco al centro, per infilarci la testa e usarlo a mo’ di poncho se mai avrò freddo. E come allora mi porto dentro quella voglia di scoprire e di conoscere, con la consapevolezza di voler conoscere qualcosa in più non solo dei luoghi che visiterò o delle persone che incontrerò, ma anche di me stesso e dell’Universo sconfinato e per tanti versi sconosciuto che anche io come tutti mi porto dentro.

Vuole essere, questo, anche e soprattutto, un viaggio dentro me stesso. Non so cosa ci troverò, che strade si snodano dentro di me, nella mia parte più interna e più intima. Non conosco che una piccola parte del mio essere, di ciò che realmente sono rispetto la mia vera natura. Conosco di me la parte che il mondo mi ha appiccicato addosso, quella formale e “sociale”, quella che mi hanno sempre fatto credere di essere, senza lasciarmi il tempo e l’occasione per verificare se tutto ciò corrisponde a quello che sono veramente. In quest'avventura credo che avrò il tempo per guardarmi dentro, per capirmi un po’ meglio e vedere se tutte le strade, o stradine, o sentieri che troverò in me mi condurranno in angoli belli e luminosi od oscuri e misteriosi; credo che in ogni modo valga la pena provare, esplorare, scoprire qualcosa in più di questo essere che sono io…

Le persone e le situazioni che incontrerò mi aiuteranno in questo percorso, e anche in quello più propriamente “fisico”, di fatica. Cercherò di capire i segnali e di seguirli. Devo stare attento, con tutti e cinque, anzi tutti e sei i sensi all’erta, e vedere dove questi segnali mi portano.

L’Uomo in questo ha il libero arbitrio, può infatti scegliere se seguire o no i segnali; il Destino non è già scritto, ognuno può metterci del proprio se riesce a vedere i segnali che l’Invisibile gli invia, e a quel punto scegliere se seguirli o meno. Io credo che sia così che si realizza il vero Percorso, il vero Cammino, la vera “Leggenda personale” di ognuno di noi: ciò per cui siamo nati, ciò per cui il nostro cuore batte, slegato dalla mente e dalle nozioni che da sempre ci sono state inculcate da tutte le strutture “sociali” e “civili”, senza chiederci se siamo d’accordo.

Nulla ci capita a caso, tutto è un segnale, sta a noi “decifrarlo”.

 

Intanto stamattina sono partito in treno da Ferrara, e una volta giunto a Ventimiglia, nel pomeriggio, ho attraversato il confine con la Francia, ormai in disuso, e sono arrivato a Menton.

Adesso sono nel campeggio: ci sono arrivato seguendo una strada in salita che ha dell’incredibile, tanto che ad un certo punto credevo di dover già scendere per spingere la bici…giusto per cominciare bene!!

Ho fatto la doccia e mangiato qualcosa dalle mie scorte, ho acceso un incenso mentre mi sto fumando la prima e unica sigaretta della giornata... respiro già un’aria nuova, la forma migliore sono sicuro verrà pian piano.

Buonanotte!!!! Km percorsi: 17

 

           

                                                                                                                                                              SABATO, 2 LUGLIO 2005

 

Stamattina sono partito alle 7:45 dal campeggio di Menton, per arrivare, dopo circa 50 km di saliscendi, alcuni dei quali veramente duri, ad Antibes, dove sono ora “parcheggiato” in spiaggia con un caldo boia.

Sono passato per Montecarlo, sul percorso cittadino del G.P. di F1 (non era necessario per arrivare qui, ma mi sono tolto questa piccola voglia!), ho notato ancora le bandiere a mezz’asta per i 90 giorni di lutto per la morte del Principe Ranieri III, avvenuta all’inizio di Aprile. Ho attraversato poi Nizza lungo la famosa “Promenade des Anglais”, già piena di persone che correvano a piedi, con i roller blade o in bicicletta, stando attento a non scontrarmi con qualcuno mentre dalla spiaggia mi distraevano i già tanti topless in bella mostra!!!

Ad Antibes, bella cittadina con una parte antica ed un mercato coperto molto affascinante, ho pranzato parcamente per non appesantirmi troppo.

La gente in generale è gentile e mi da’ le indicazioni, gli automobilisti sono abbastanza pazienti e se non ce la fanno a superarmi subito aspettano che mi scosti dal centro della strada o attendono un punto in cui questa si allarga.

Certo che da Monaco a qui ce ne sono di barche stupende, scuole di vela o di surf : ci sarebbe di che sbizzarrirsi per una vacanza “da soldi”!!!

Dopo un riposino ad Antibes su di una panchina sul lungomare, riparto verso le 17:30. Mi ha colpito molto la bellezza e la finezza di St. Jean les Pins e Cannes, dove ho pedalato su di un a pista ciclabile e pedonale sul lungomare veramente stupenda e piena di gente (bella gente!!!) che tornava dalla spiaggia verso i ricchi Hotel a prepararsi per una serata da raccontare al ritorno a casa; così come era affollatissima la zona della Croisiette, dove , nei giorni della mostra del Cinema, si possono incrociare le Stelle del “grande schermo” di tutto il Mondo.

Arrivo alle 20, stanchissimo, ancora dopo una salita da giù di testa, allo Youth Hotel di Troyes, vicino a Theole-sur-mer, dopo aver pure sbagliato strada (!!!). Da qui c’è una bellissima vista sul mare. La cucina è disponibile e mi preparo un risotto con le zucchine che divido fraternamente con alcuni ragazzi dell’ostello, poi esco con tutti gli altri ospiti per restare sulla veranda con vista sul mare a chiacchierare, bere birra, fumare, suonare la chitarra e guardare le stelle, tanto che mi dimentico di montare la tenda fino a  mezzanotte passata. Eseguo questa operazione col buio, ma finalmente c’è  un po’ di fresco dopo una giornata…ardente!!! Km percorsi:88

 

 

                                                                                                                                                                    DOMENICA, 3 LUGLIO 2005

 

Oggi mi sono svegliato “tardi” (erano quasi le 8), ho fatto colazione in ostello con molta calma, in una sala (pure questa) con vista sul mare, dove ho conosciuto un signore tedesco che ha già fatto il Cammino di Santiago non una ma ben tre volte: mi dice che è un percorso davvero speciale e in me cresce sempre più la voglia di cominciarlo. Poi, dopo aver compiuto le vitali e fondamentali funzioni necessarie alla vita e caricata la bici, sono partito verso le 10 in direzione St. Tropez.

A St. Raphael mi sono fermato per mangiare qualcosa velocemente, e poi via di nuovo.

Nel pomeriggio sosta direi obbligatoria su di una spiaggia assolatissima, senza ombra, dove l’acqua del mare è stata l’unica soluzione per un po’ di frescura. E di nuovo bici verso St. Maxime. A la Croix Volmer c’era una festa in piazza ed ho fatto in tempo ad assistere ad una danza provenzale con i costumi tipici, e poi…ancora salita!!! Fra Cavalaire e Le Lavandou mi sono fermato ed ho tolto il parafango dietro perché toccava il copertone. Oggi le gambe sono un po’ stanche! Mi dico che le ruote sono sgonfie o che il copertone tocca, ma la realtà è che le gambe non sono abituate a tanto sforzo! E poi la strada è un continuo saliscendi oppure un falsopiano: sembra di andare tranquilli, ma ad un certo punto il contachilometri indica che la velocità cala: da 20 a 18 a 14, fino a 10 o 9 km/h.

Allora penso: hobucato, laruotaèsgonfia, lacatenaèsporca, ilparafangotocca, legambenonnepossonopiù, sonofinitoaiutoooo!!!

E invece, ad un certo momento, magicamente, come se una mano invisibile mi avesse spinto, arrivo in cima alla salita e comincia la tanta sospirata discesa, con il vento in faccia e un enorme senso di spazi aperti e libertà: solo allora mi rendo conto che ho continuato a salire per 5 o 6 km. Ci sono le salite più evidenti, con la strada che sembra impennarsi sotto le ruote o gli “strappetti” improvvisi, lunghi magari solo 500 o 600 m ma che mi segano le gambe. Ma poi la discesa mi fa scordare il sudore appena versato copioso: la velocità aumenta, fino ai 45 o più km orari e i 2 o 3 km seguenti sfrecciano veloci sotto le ruote e con l’aria sul viso…e sono già pronto e rinfrancato per cominciare un’altra salita.

 

La sosta per togliere il parafango mi ha portato via un po’ di tempo, arrivo ad un campeggio a Le Lavandou ma costa 20 €, troppo per un provetto pellegrino! Ne trovo un altro per 7,70 €, già meglio.

I miei vicini di tenda, dopo aver ascoltato i miei propositi, mi offrono un bicchiere di vino, che accompagno alle mie scatolette e ad un piatto di riso.

Sono disfatto!!! Buonanotte! Km percorsi: 90

 

 

                                                                                                                                                                          LUNEDI’, 4 LUGLIO 2005

 

            Stamattina mi sono svegliato ripromettendomi di arrivare a La Ciotat, in tal caso mi regalerò una bottiglia intera di vino! Anche oggi, come al solito, la strada è un continuo saliscendi e le gambe, le mie care e grosse gambone, ne risentono. Ho oltrepassato Hyeres e sono arrivato a Toulon, dove mi sono fermato ad un ED ( è una catena di Discount qui in Francia, non un Extraterrestre col raffreddore!!) e mi sono preso da mangiare una bella fetta d’anguria (tanta acqua e zuccheri freschi) e del prosciutto per farmi dei panini. Il tempo è incerto, c’è sì il sole ma qua e là si addensano nuvolosi scuri. Ho poi trovato un Internet Point  dove mi sono fermato per un’ora a scrivere il mio primo articolo per Il Carlino e controllare la mia posta.

Non mi è piaciuto per niente attraversare Toulon in bici, troppo casino, smog e auto. E dire che non è neanche una delle città più grandi fra quelle che incontrerò!! Va be’, va be’…ci penserò quando sarà ora. Ho percorso tutta la circonvallazione per tornare sulla via costiera e sulla spiaggia di La Seyne-sur-mer dove mi sono fermato un po’.

Ripartito ho dovuto affrontare ancora una volta della strada in salita…non so se stasera ce la farò ad arrivare a La Ciotat ma intanto la bottiglia di vino l’ho già presa, e pure due bistecche, anche se non so dove le cucinerò, ma ne avevo voglia e confido nella “buona onda” del pensare positivo.

Continuo…continuo ancora un po’…c’è pure vento adesso, cazzo, e il cielo si oscura di nuvole…mica vuol piovere, vero?!

Basta, mi fermo ad un campeggio che mi sembra carino, e soprattutto è lì quando penso che sarebbe ora che trovarne uno sarebbe utile. E’ pure consigliato dalla Guida del Routard, e c’è anche la piscina (della quale io non potrò godere visto che ora la stanno chiudendo e domattina me ne vado presto) e il prezzo è di 8 €, abbastanza buono. In compenso un pacchetto di Marlboro me lo fanno pagare 5,50 €!!! E’ proprio vero che il fumo fa male…anche al portafoglio! C’è una compagnia di famiglie che sta cucinando sul barbecue della carne per cena. Approfitto della brace e cucino così anche le mie bistecche (l’avevo detto che qualcosa avrei trovato!!!) che accompagno con una bella ciotola di riso e mi scolo tutta la bottiglia di vino, alla faccia della Ciotat e delle previsioni di viaggio! Il vino non è niente di speciale, ma ne bevo in quantità sufficiente da rendermi un po’ malinconico. Spedisco qualche messaggio agli amici e poi mi corico in tenda, che fuori inizia a piovere! Km percorsi 77

 

                                               

                                                                                                                      MARTEDI’, 5 LUGLIO 2005

 

Stanotte è piovuto! La tendina ha retto bene! D’accordo, non è certo stato un acquazzone e nemmeno un temporale che sradica gli alberi, ma internamente non è entrata nemmeno una goccia, e la parte di fuori si è asciugata in fretta. Oggi, fra l’altro, c’è un vento della madonna che mi accompagnerà fino a sera. Colazione con tè e tre “pains au chocolat” e poi via verso La Ciotat. Anche qui ho trovato un lungomare molto bello e molti giovani sulla spiaggia: è questa infatti una località turistica dove gli studenti vengono, oltre che per fare le vacanze, anche per imparare la lingua francese. Poi ho proseguito per Marsiglia, e questa è stata la parte più dura: l’attraversamento, anzi l’“arrampicata” al Col de la Ginestre col vento contro e una salita continua di più di 10 km è stato qualcosa di spaventoso. In certi punti andavo anche a 4 km/h e le folate di vento aggiunte al carico posteriore mi facevano sbandare in continuazione. Arrivato in cima ho notato sull’asfalto la scritta GPM, segno che di qui, come mi è stato confermato in seguito, è passato il Tour de France!!! La discesa è stata un po’ più facile, ma ugualmente faticosa, tanto che il vento contro mi faceva andare a soli 10 km/h nei punti più impegnativi. E’ stato veramente difficile e se avessi saputo anche solo ieri ciò che mi sarebbe aspettato oggi, forse avrei avuto la tentazione di tirarmi indietro o perlomeno mi sarei cagato addosso per il timore di non farcela. Ma l’uomo è così: quando si trova nelle difficoltà tira fuori tutto quello che ha, e anche di più, per superarle. E’ per questo che sicuramente è meglio vivere momento per momento, senza pensare e preoccuparsi troppo per ciò che verrà, perché anche se ciò che verrà sarà più faticoso o più preoccupante di quanto possiamo pensare od aspettarci, avremo comunque dentro di noi tutti gli strumenti e la forza per affrontare e superare le difficoltà.

 

Arrivato a Marsiglia mi sono mangiato mezzo pollo (l’altra metà la tengo per stasera) e una bella birra fresca. Nel pomeriggio sono stato sulla spiaggia con dei ragazzi argentini a bere “mate”, bevanda tipica dell’ Argentina, Brasile e Uruguay, ricavata dalle foglie essiccate della pianta del mate, appunto. Abbiamo chiacchierato un bel pezzo di viaggi e di posti visitati, sotto un sole cocente e con un vento molto forte. Salutati i nuovi amici, che proseguiranno già da stasera il loro tour per l’Europa, ho attraversato tutta la città per la pista sul lungomare, passando per il Porto Vecchio, l’Arsenale Marino e il Faro. Ho trovato molto affascinante questa parte di una città che ha fatto proprio della sua tradizione marinara e mercantile la sua fortuna e gran parte della sua fama.

Uscire dalla città è stata una cosa da pazzi! Ancora salita e discesa, e poi ancora salita fino ad arrivare a St.Croix, al campeggio, alle 10 di sera, dopo che altri due non mi avevano accettato perché era troppo tardi. Cagacazzi di merda!!! Doccia, mezzo pollo e birra al bar del campeggio e poi a nanna! Distrutto!

Prima di arrivare a Marsiglia ho trovato per terra una mappa stradale molto dettagliata di questa zona che sto attraversando. Prima l’ho superata, poi sono tornato indietro per raccoglierla. Era rovinata e mancavano alcuni pezzi, ma mi è risultata molto utile in quanto è molto più particolareggiata  della mia. Forse era lì proprio per me…

Oggi è stata una giornata veramente molto dura dal punto di vista fisico e non m'illudo che proseguendo non ce ne saranno altre così, ma intanto questa è andata…Km percorsi: 97.

 

 

                     MERCOLEDI’, 6 LUGLIO 2005

 

Oggi me la sono presa comoda: sono stato in campeggio fino all’una e nel frattempo mi sono rasato, tagliato le unghie, rattoppato il sandalo e ricaricato il cellulare. Colazione in riva al mare a base di baguette con burro e marmellata, fantastica nella sua semplicità.

I francesi sono molto gentili e educati, se chiedi un’informazione si fanno in quattro per aiutarti, e poi ti salutano con il loro “bon courage”, ma in quanto a simpatia e ad apertura nel fare amicizia…bè, diciamo che hanno un modo tutto loro, e difficile da capire per me!

Bene, all’una sono quindi partito in direzione Arles. La cartina trovata per caso mi è stata molto utile anche oggi. Infatti, grazie a lei, sono riuscito a muovermi più velocemente e per stradine meno trafficate. In Francia si viaggia molto bene in bicicletta: ci sono le strade bianche, che sono poco trafficate, mentre in quelle nazionali (rosse) e in quelle gialle (distrettuali) c’è sempre una corsia o una pista ciclabile. In autostrada ovviamente non si può andare in bici, mentre sulle strade ad alta velocità, che sono come le nostre superstrade, l’accesso ai ciclisti non è proibito ma vivamente (o mortalmente a secondo dei punti di vista!!) sconsigliato.

Bè, partito da St.Crox sono passato per Martigues, Istres, fino ad arrivare ad Arles verso le otto. Durante il viaggio ho fatto un pezzo di strada con un altro ciclista francese che andava verso Avignon, al quale ho lasciato un pezzo di cartina trovata.

Il primo contatto con la cittadina di Arles è stato quello con una moltitudine di corvi intenti a beccare nei campi ai lati della strada, i cui avi forse erano quelli resi celebri dai dipinti di Van Gogh.

E anche oggi mi ha accompagnato il vento; sembra che tiri sempre dalla parte opposta rispetto quella in cui vado io! Maledetto Eolo!!!

Ad Arles ho trovato posto all’Ostello della Gioventù, dove sono già stato dieci anni fa durante un Inter-Rail! Cena con ragazzi provenienti dall’Argentina e Nuova Zelanda, USA, Canada, Francia e Olanda. E’ bello andare per Ostelli della Gioventù: trovo che qui la gente sia veramente più simpatica e più aperta nel fare nuove amicizie. E questo credo sia principalmente dovuto al fatto di viaggiare e, in un certo senso, vivere più “spartanamente”, in maniera essenziale e senza tanti fronzoli che accomuna tutti quelli che si incontrano in questi posti.

Dopo cena il ragazzo olandese ha pure fatto su una canna, che abbiamo, in amicizia, ovviamente, diviso! Km percorsi:79

 

                       

                                                           GIOVEDI’, 7 LUGLIO 2005

 

Stanotte, dopo una settimana, ho dormito in un letto: non che mi mancasse, ma mi ha fatto piacere dormire con un materasso sotto la schiena! Appena alzato ho fatto colazione insieme ai ragazzi di ieri sera e dopo che la Russa Vera mi ha fatto gli occhi dolci, sono partito. Dopo una visita di Arles, ho preso la direzione di Les Maries sur Mere e poi per Aigues Mortes. Dopo 50 km sono arrivato a questa cittadina della Camargue. Piccola, molto carina e turistica, circondata da un alto muro con le torri agli angoli. Poi nel pomeriggio sono partito per arrivare a Sete, sono circa altri 60 km, passando per la costa e cercando di evitare le strade più grandi, ma così mi sono incasinato maggiormente, arrivando a destinazione alle nove di sera. Mi fermo abbastanza spesso per fare spuntini, oggi mi sono venuti diversi attacchi di fame, e così prima frutta e marmellata e poi “risini” alla vaniglia.

Alla sera sono stato con un gruppo di ragazzi fra cui un archeologo di Verona che lavora fra Siviglia e Granada. Fra vino e spinelli, con una coppia di ragazzi giovani del Quebec che stanno girando l’Europa in autostop, abbiamo tirato l’una di notte. Oggi ero proprio stanco, sono arrivato all’ostello quasi morto, poi anche quest’ ostello si trova in cima ad una salita così ripida che ho dovuto spingere la bici. Per fortuna una doccia risolve sempre questo tipo di problemi e soprattutto rilassa davvero tanto. Km percorsi:116

 

 

                                                                                                                                                                     VENERDI’, 8 LUGLIO 2005

 

Oggi ho deciso di prendermi una giornata di riposo, così sono rimasto tutto il giorno all’ostello di Sete per tirare un po’ il fiato. Questa cittadina non mi ha dato una particolare sensazione iniziale, sarà perché sono arrivato dalla parte dove si trovano diverse fabbriche con alte ciminiere, ma non mi sta per niente simpatica, tanto che in tutto il giorno sono uscito dall’ostello solo per andare al supermercato, senza neppure passare per la spiaggia!

L’ostello è molto particolare: si trova in cima ad una salita pazzesca, c’è una specie di terrazza che guarda il mare, ma dalla parte delle ciminiere, anche se di notte col buio la vista è molto bella e le ciminiere per fortuna non sono illuminate! Ci sono le stanze sotto, e metà reception e il ristorante a metà strada, e sopra, in un giardino rialzato, il campeggio. Ma non è una costruzione unica: a me ricorda le coltivazioni di viti a terrazze.

Dunque stamattina ho un po’ sistemato la bici pulendo la catena, il cambio e regolando i freni, già un po’ consumati. Poi ho fatto conoscenza con quel matto di Marc, che è arrivato tutto trafelato all’ostello in tarda mattinata. E’ un ragazzo francese di 35 anni che da 55 giorni è in giro a piedi, dopo essere partito da Parigi, da solo per la Francia. Non ha una meta precisa, ma ha detto che forse arriverà a Santiago anche lui, non per motivi ben precisi, ma “perché deve essere bello arrivare fin là dove dev’esserci sicuramente una bella energia”, come ha detto lui. Marc si è preso un anno per girare, per camminare e pensare, perché si è accorto che nella sua vita ha fatto tante cose ma forse non ha mai “vissuto” fino in fondo il suo essere, la sua vera essenza. Ci siamo trovati d’accordo su diverse cose, come il fatto dell’essenzialità nelle cose in generale e in particolare sui viaggi, di come sia bello conoscere tanta gente, i punti di vista e le abitudini diverse dalle nostre; senza giudizio, né confronto. Siamo rimasti a parlare per ore anche nel pomeriggio insieme ad un irlandese di 54 anni in piena crisi esistenziale, che sta cercando lavoro qui. Credo però che la sua attitudine nell’approcciarsi a questa ricerca sia fatta con uno spirito troppo negativo, ed infatti anche lui ha detto di essere in una fase veramente “down”. Con Marc mi trovo d’accordo anche sul fatto che la parte più difficile di un viaggio, come quello che in maniera diversa stiamo facendo entrambi, è quella di prendere la decisione di partire. Ma una volta presa tale decisione si va avanti e non si pestano le orme già lasciate indietro.

E’ bello in queste circostanze conoscere tanta gente di tutti i tipi e colori, scambiare anche solo 4 chiacchiere a volte in linguaggi inventati e poi l’indomani andarsene ognuno per la sua strada e chissà senza mai più rivedersi al mondo. Anche il più piccolo incontro ti ha permesso di conoscere un altro pezzettino di realtà che forse neanche sospettavi che esistesse.

E’ stato bello, parlando con una ragazza neozelandese separata e con due figli, conoscere le abitudini di un paese nuovo e abitato da soli 3 milioni di persone. Per esempio ho scoperto che lo stato permette alle madri di stare a casa ad accudire i figli, facilitandole passandole un assegno fino all’età di 14 anni del ragazzo, come da noi del resto!!!

Marc porta con sé delle cartine molto particolari ed interessanti:una è su “Les Grandes Rondennements”, cioè sui sentieri che si possono percorrere a piedi in lungo e in largo per la Francia, e l’altra sui vari Cammini di Santiago provenienti da tutta Europa, della quale mi sono fatto fare una fotocopia.

Alla sera baldoria, ma non troppa, con il gruppo di francesi della Borgogna e poi a nanna , che domani sarà lunga! Km percorsi: 0

 

 

                                                                                                                                                                          SABATO, 9 LUGLIO 2005

 

Oggi ho percorso la tappa più lunga, finora ,della mia avventura. Da Sete a Carcassonne, infatti, sono 136 km, che portano il mio totale a 700. Volevo partire prima, ma mi sono alzato alle 8, ma ora che sono partito, e non so come ho fatto a perdere così tanto tempo, erano le 9:45, così non sono neppure riuscito ad andare con Marc a farci fare un buco nell’orecchio, come ci eravamo messi d’accordo ieri sera.

Ho preso la strada costiera per Agde e da lì per Bezier, dove però mi sono incasinato perché era una strada nazionale e troppo pericolosa. Perciò uscendo da questa e passando per i paesini sono giunto a Bezier avendo fatto 60 km invece di 45! E poi via verso Carcassonne.

Questa è stata sicuramente la strada più bella finora percorsa: le colline sono dolci, coperte da vigneti e da campi dalle tonalità di verde più diverse, campi di grano, frutteti, cantine. Salire in bici è impegnativo ma non faticoso come alcuni giorni fa; si arriva in cima lentamente, dolcemente, ed altrettanto dolcemente si scende. In distanza si vedono alte montagne ma ad esse non ci si avvicina neppure. Sulla strada principale ci sono le indicazioni per i paesini più piccoli che si trovano ai lati di essa, che si intravedono ora sopra una collina, ora nascosti tra il verde degli alberi. La strada costeggia, e tante volte attraversa sopra ponti, il “Canal du Midi”, un canale artificiale che collega Montpellier a Bordeaux, tutto navigabile ( e infatti ho incrociato molti battelli) e, cosa più interessante, è percorribile interamente a piedi sui due lati. E’ un percorso molto bello, su terreno sterrato, che già fantastico di intraprendere prima o poi. Ad aggiungere fascino a questa strada oggi c’è stato il cielo che è stato meraviglioso: quasi sempre coperto ma a volte il sole, nascosto dietro nuvolosi neri e minacciosi, faceva filtrare i suoi raggi, creando effetti meravigliosi di luci ed ombre, illuminando un punto o una porzione di campo o una vecchia fattoria e lasciando all’ombra il resto. Veramente suggestivo, particolare e direi anche magico…la magia della natura è la cosa più fantastica e sorprendente che esista. Naturalmente con un cielo così incerto un po’ d’acqua l’ho presa: a Trébes, ma mancano ancora solo 10 km per giungere a Carcassonne e quindi anche la pioggia me la godo come un matto.

A Carcassonne arrivo che sono ormai le 19,30 e la maggior parte dei turisti se n’è già andata. Qui ci sono stato già dieci anni fa, in Inter Rail. E’ una città medievale conservata stupendamente, con la sua doppia cinta muraria, le sue torri, i cui tetti mi ricordano le costruzioni con cui giocavo da bambino, e il suo castello dentro le mura. Come tipologia di città si assomiglia un po’ a Mont St Michel, in Normandia, dove sicuramente anche l’aria che si respira è impregnata di magia.

Chissà quante cose avrebbero da dire queste pietre, lì da secoli e testimoni di chissà quanti avvenimenti, ma che probabilmente i troppi turisti schiamazzanti non sono in grado di ascoltare, troppo presi dallo scattare una foto o acquistare un souvenir, senza riuscire a provare una sensazione o una suggestione particolare che può dare un posto come questo. Credo sia per questo che anche le pietre stiano mute, penso non abbiano neppure voglia di farsi sentire…o forse parlano con un tono troppo soffuso a noi che siamo capaci solo di gridare e di dare credito a chi grida più forte. Queste vecchie pietre ci potrebbero sicuramente raccontare storie di cavalieri e battaglie e magie; di incantesimi, di feste, di torce e falò, e chissà cos’altro ancora. Il turismo si è appropriato di tutto: è un business la vendita di spade di plastica che producono un clangore imitando quelle vere e quella di soldatini di plastica che raffigurano dame, cavalieri, destrieri e draghi.

Ma forse alla sera, quando non c’è in giro tanta gente, si riesce ad ascoltare un po’ di più e farsi suggestionare maggiormente da queste mura magiche.

 

Tornato in ostello ho conosciuto i miei compagni di camera: sono Laurent e Jerome, due ragazzi francesi; e giù in cucina ho subito stretto amicizia con Armando, un ragazzo argentino di Rosario. Dopo cena siamo usciti e tutti insieme siamo andati a bere una sangria nell’unico bar con un po’ (ma solo un po’!!) di mossa.

Rientrato all’ostello mi sono fermato a parlare un po’ con Eleonora, ragazza australiana con parenti a Pordenone, che parla benissimo l’italiano avendo studiato un anno a Bologna, e Monica, canadese di nascita ma di origine ispano-portoghese, miscuglio che ha prodotto un risultato molto apprezzabile!!!...e poi a dormire…Km percorsi:136

 

                 DOMENICA, 10 LUGLIO 2005

 

Oggi sono rimasto a Carcassonne a fare il turista insieme ad Armando, Jerome e Laurent. Abbiamo girato per la città vecchia (la Citè, come dicono qui), percorrendo il sentiero lungo le mura, girando sia internamente che esternamente, fino ad un fico gigantesco che indicava la fine del sentiero percorribile, e poi su e giù per l’altro sentiero, quello che si trova fra le due cinte murarie. Nella città nuova, dove siamo arrivati con la macchina di Laurent, abbiamo mangiato qualcosa seduti nella piazza. Più tardi Armando con Jerome e Laurent sono partiti insieme per Tolosa, mentre io sono rimasto a Carcassonne a godermi un concerto di musica Reggae, insieme alle altre ragazze conosciute all’ostello. Abbiamo poi cenato insieme, col cuoco italiano (io!) che ha preparato pasta al dente per tutti. Dopo cena sono uscito a fare due passi ed in una piazzetta vicino all’ostello, tutt’intorno alla quale ci sono dei locali, ho ascoltato un gruppo che suonava musica blues/rock anni ‘60-’70. Ho incontrato Jill, una delle ragazze dell’ostello. E’ un’insegnante e viene dagli Stati Uniti. Siamo stati ad ascoltare insieme la musica, e con mia enorme soddisfazione sono riuscito  pure a portare a termine un discorso sensato in inglese!

Prima di tornare all’ostello, passeggiata fino al Ponte Vecchio, ovviamente risalente al medioevo, da cui la vista della Citè è estremamente affascinante.

In ostello siamo poi rimasti nella cucina a chiacchierare con dei ragazzi veramente simpatici della Martinica Francese, accompagnatori di una scuola di calcio di giovani. Con loro abbiamo fatto le due di notte bevendo Coca-Rum, originale e proveniente dai Caraibi. Risultato: gran pacche sulle spalle e promesse di rivederci, magari in Martinica, prima o poi, per un’ altra sbronza epica. Km percorsi:10, su e giù per Carcassonne.       

 

       

                                                LUNEDI’, 11 LUGLIO 2005

 

Sono partito verso le 9:30 dall’ostello per Toulouse, dove stasera voglio prendere il treno per Bayonne e poi per St. Jean Pied de Port, dove comincerò finalmente il mio Cammino per Santiago. Prima di partire sono andato alla stazione dei treni di Carcassonne per verificare gli orari, le coincidenze e il fatto di poter trasportare con me la bicicletta. Potrei prendere in treno anche da qui e risparmiare forse un giorno, ma non ho fretta e poi la mia avventura è in bicicletta, quindi do appuntamento al mio treno per stasera.

Oggi ho cercato di percorrere stradine poco trafficate, evitando le Strade Nazionali, ed ho potuto così godere di panorami collinari molto belli. I Francesi, ho notato, hanno una strana concezione di pianura: quello che per loro è semplicemente piano per me è perlomeno vallonato! Probabilmente non hanno mai visitato la nostra bella e piatta Pianura Padana!

Ho fatto qualche pausa per gustarmi il panorama e riposarmi un po’ visto che stanotte ho dormito proprio poco. Mi sono disteso al bordo di una strada, fra a campi di grano, frumento, ma soprattutto girasoli, quasi a perdita d’occhio tutt’intorno.

Il treno ce l’ho alle 19:40 e i km da fare sono circa un centinaio, quindi me la prendo abbastanza comoda. Mi fermo pure ad un supermercato alle porte di Toulouse, dove mi chiudo in bagno e mi do’ una lavata (c’è un caldo boja!). Poi mi compro qualcosa da mangiare, facendomi pure fuori, nel corridoio climatizzato del super, una tavoletta di cioccolata e mezza bottiglia di limonata frizzante. Ah che buoooooooonaaaaaahhhhhh!!

Mi accorgo di essermela presa forse troppo comoda e mi affretto verso il centro della città. Come al solito entrare nelle città è un po’ un casino ma per fortuna c’è una ciclabile lungo l’ormai familiare Canal du Midi che mi conduce diritto in stazione. C’è coda per fare il biglietto, poi posso finalmente caricare la bici sul treno (ma quanto cazzo pesa ‘sta bici?). Il viaggio è tranquillo, mi mangio carote grattugiate, una scatoletta di tonno e del formaggio Brie; scambio qualche sms con gli amici e riesco pure a dormire un po’ prima di scendere dal treno. Dal finestrino mi ha impressionato la vista della Cattedrale di Lourdes di notte: con tutte le luci che la illuminavano è stato uno spettacolo molto suggestivo.

Scendo dal treno un po’ trafelato, la stazione a mezzanotte chiude. E dire che io volevo restare a dormire qui ed aspettare l’altro treno di domattina. E invece me ne devo andare. Giro un po’ per Bayonne a cercare un posto tranquillo per dormire un po’. Una panchina un po’ isolata fa al caso mio. Mi ci butto su, dopo averci legato la bicicletta,  mi chiudo nel il sacco a pelo e mi copro col plaid e dormo benissimo dall’una alle sei di mattina, col coltello a portata di mano, che non si sa mai…Km percorsi: 103, e sono gli ultimi prima di cominciare il Cammino vero e proprio!

 

                                                                                                                                                                    MARTEDI’, 12 LUGLIO 2005

 

E finalmente oggi ho cominciato il Cammino. Alle 8:55 dalla stazione di Bayonne ho preso il treno per St. Jean. Qui ho incontrato altri pellegrini che come me si apprestano ad affrontare questa avventura. Fra loro ho conosciuto una ragazza francese, Arielle, che è pure vissuta in Venezuela, e con la quale ho chiacchierato durante tutto il tragitto in treno. Giunti a St. Jean, dopo un’ ora, ho scaricato la bici e ci siamo diretti verso il centro per trovare l’ufficio dove ritirare la Credenziale, una specie di lasciapassare che permette ai Pellegrini di dormire nei Rifugi lungo il percorso. Per strada abbiamo conosciuto Eloise, ragazza di Rennes che comincia oggi pure lei.

Il centro di St. Jean è tutto dedicato ai pellegrini: dai negozietti di souvenirs, alle pensioncine tutto sembra parlare un linguaggio antico e la sensazione è quella di essere tornati indietro nel tempo. Ritiro la mia Credenziale e Guy, il signore che me la consegna, mi chiede di dire una preghiera per lui una volta arrivato alla Cattedrale di Santiago. Certo che se fa questa richiesta a tutti i pellegrini che transitano di qui (l’anno scorso sono stati più di 21.000) di sicuro si guadagnerà il Paradiso “a furor di popolo”!

Sulla Credenziale, ad ogni Rifugio in cui mi fermerò, non solo per dormire ma anche solo per riposare un attimo durante il giorno, mi faranno un timbro, o “sello” in spagnolo, diverso per ogni luogo, ed a Santiago, presentandola all’Ufficio del Pellegrino, mi verrà consegnata la “Compostela”, attestato che dimostra l’avvenuto pellegrinaggio…e di sicuro mi sentirò un po’ più “santo”!!!

Dopo un giro per il paese, ed una passeggiata fino in cima alla collina, da dove si gode di una splendida vista, io e le due ragazze ci siamo preparati il pranzo, a base di pasta col tonno cucinata col mio fornellino da campeggio dentro la gavetta. Siamo poi rimasti parecchio tempo a chiacchierare seduti in un prato all’ombra degli alti alberi. Si è discusso dei rapporti sentimentali, di quello che ci si aspetta dal partner, del fatto di dipendere così tanto dai giudizi degli altri nella nostra cosiddetta società “civile”. Io in questo momento, o meglio in questo periodo della mia vita, mi sento un po’ allo sbando, e non ho quindi tempi di ritorno, non so, e nemmeno mi interessa, quando arriverò a Santiago, né cosa farò dopo. Non voglio darmi dei tempi, voglio vivere alla giornata senza prefissarmi mete, voglio essere libero e sfuggente come il vento, libero di continuare o di fermarmi, di riposarmi o di arrivare a sera stanco morto; libero di decidere se stare da solo o andare in compagnia.

Per quanto riguarda i rapporti mi sto facendo un’idea del tutto diversa rispetto quelle che ho sempre creduto appartenermi: io sono sempre stato geloso e possessivo, spesso pesante ed oppressivo con quelle persone che avrei voluto solo per me. E spesso, col mio modo di essere, queste persone le ho allontanate invece che avvicinarle oppure ho rovinato dei rapporti. Ora credo invece che non bisogni aspettarsi niente dal rapporto, credo sia più utile lasciare liberi senza chiedere nulla, dare senza aspettarsi di ricevere, ma di cuore. Se sei amato dall’altra persona riceverai senza aver dovuto chiedere niente. Per ognuno di noi già il semplice fatto di amare deve essere un qualche cosa che già ti riempie, già ti appaga di per sé, e ciò che ti viene regalato dall’altra parte è tutto in più. L’Amore non è una moneta, una merce di scambio. Io ti do tre chili del mio Amore e in cambio ne voglio tre, almeno, del tuo…no, non è così. Mi piace pensare di più all’Amore come un tesoro racchiuso in uno scrigno, e quanto più ne dai, tanto più lo scrigno continua a riempirsi.

Per quanto riguarda il fatto di dipendere dagli altri in una società civile…bè, credo sia tutta una formalità. In realtà le cose di cui si ha veramente bisogno sono proprio poche e questo viaggio me lo sta insegnando, o meglio confermando, un po’ alla volta, e le cose da imparare sono molte, e io sono solo all’inizio.

 

E’ stata una bella chiacchierata. Poi un caffè al bar e le ragazze partono, a piedi. Io, invece, prima di intraprendere la scalata dei Pirenei, vado da un biciclettaio per far controllare le condizioni del mio mezzo: pensavo di dover solo far gonfiare le gomme, ma mi sono accorto di avere anche due raggi rotti nella ruota posteriore, che già sapevo essere piuttosto rovinata. Jean Philippe, il meccanico, mi ha consigliato di cambiare tutta la ruota dietro, poiché il cerchione è ovalizzato (e sapevo pure questo), e il pneumatico anteriore, ormai liscio. E lo ascolto. Mi sistema anche catena, cambio e freni. Risultato: 61 €, proprio quanto avevano valutato la mia bici in Italia!

E finalmente la partenza: passo sotto la “Puerta de Espana”, dove azzero il contachilometri fermo a 820 e inizio il “Camino de Santiago”..

La strada comincia subito con delle salite continue, è veramente dura: dai circa 200 m di altitudine di St. Jean arrivo dopo più di due ore, durante le quali ho sudato sangue, al passo pirenaico di Ibaneta, a 1057m. La soddisfazione è grande, e il panorama che si vede da lassù è straordinario. Sono ormai le 21 quando inizio la discesa per Roncisvalle, 4 km più in giù, che raggiungo in un attimo date le pendenze. Trovo subito il Rifugio dei Pellegrini, è sulla strada principale, ma alle 22 chiudono tutto per cui mi devo sbrigare ad andare a prendere un panino e una birra al ristorante di fronte. L’ostello è composto di un’unica camerata con circa 130 posti letto, un vero carnaio.

Cercando di fare meno rumore possibile, mi faccio la doccia (il bagno per fortuna è aperto tutta la notte) e poi mi fermo ad una scrivania a scrivere un po’. C’è una mensola su cui si possono lasciare vestiti o scarpe o oggetti che non si usano più o che risultano essere di troppo ma potrebbero servire a qualcun altro e la trovo un’ottima idea. Verso mezzanotte, stanco morto, vado a coricarmi per la mia prima notte sul Cammino. Sono pure un po’ infastidito per gli orari del rifugio: non sono riuscito a parlare con nessuno e questa storia della chiusura alle 10 di sera rappresenta per me una gabbia (e quindi forse una prova?), ma capisco anche che coloro che sono a piedi devono partire presto alla mattina per evitare di dover camminare sotto il sole cocente del pomeriggio. E’ comunque per me un’imposizione e mi dà fastidio, ma non posso farci niente, non serve andare contro le situazioni che non si possono cambiare, e devo impararlo, evidentemente. E’ una piccola prova per me, sicuramente…Km percorsi:27

 

 

                                                  MERCOLEDI’, 13 LUGLIO 2005

 

Stamattina  alle 6 hanno acceso le luci del dormitorio e tutti hanno iniziato a prepararsi.. Anzi, quasi tutti! Io sono rimasto nel mio letto a castello fino a quando non mi ci hanno buttato giù a calci (erano le 7,10!!). Ho mangiato qualcosa fuori dallo stanzone-rifugio, e poi via in bici. Verso l’ora di pranzo sono arrivato a Pamplona dove fino a domani continuerà la famosa “Feria de San Firmin” ; ogni mattina alle 8 vengono liberati i tori per le vie della città e tutti i pazzi, compresi i turisti, che ne hanno voglia,  si possono far rincorrere da questi bestioni, che arrivano a superare a volte la tonnellata di peso. Ovviamente le strade preposte a questo “rito” così “adrenalinico” sono separate con staccionate dagli spettatori che seguono questa rincorsa folle. Ogni anno non mancano i feriti e ogni tanto qualche morto, non si scherza con i tori e con le loro corna. Tutti i pomeriggi c’è la Corrida nell’Arena della città. Al mio arrivo a Pamplona per le strade e nelle piazze c’erano tante famiglie e tanti giovani, erano tutti vestiti di bianco col tipico fazzoletto rosso al collo e la fascia dello stesso colore attorno ai fianchi. Rosso come la passione e l’ardore, rosso come il mantello del “matador” e come il sangue del toro che viene sparso nell’Arena. E’ bello vedere tutta questa gente unita in una festa popolare godersela così di gusto.

La strada sembra lastricata da bottiglie e giovani e meno giovani buttati sui prati, nei parchi e sulle panchine smaltiscono l’alcool che ad ogni ora scorre a fiumi.

Anch’io per festeggiare mi compro una birra San Miguel da un litro e quasi mi ubriaco, avendo la pancia vuota; mi butto su un prato e mi addormento.

Riparto verso le 17:30, la temperatura è ancora di 35° e fatico ad arrivare fino a Puente la Reina, dove convergono due Cammini: quello Francese, che sto seguendo, e quello Aragonese, proveniente da un po’ più a Sud. La strada è tutta un su e giù in mezzo a colline assolate, dove solo qualche agricoltore sul trattore, intento a lavorare i campi, mi dice fa capire che non mi sono perso.

Giungo a Puente la Reina che sono ormai le otto di sera e faccio appena in tempo ad andare al super a prendermi da mangiare. Stasera ho proprio fame e mi prendo pasta, bistecca, pomodori e vino. Al rifugio incontro un gruppo di Scout di Brescia ed altri ragazzi italiani: Michele, cuoco di Firenze e Peter, camminatore ed ex rappresentante di Imola, da dove è arrivato a piedi  fin qua. Ceno e riprendo le forze.

Mi hanno detto che posso montare la tenda nel grande giardino del Rifugio, ritrovo del dopo cena per tutti i pellegrini ospiti.

Mi piace dormire nella mia tendina, e soprattutto in giardini come questo, senza luci artificiali e con alberi tutt’intorno. E’ un’atmosfera che mi permette di sentirmi parte integrante di questo mondo, di tutta la natura, e a ritrovare quel collegamento, quel cordone ombelicale che mi unisce a tutto il Creato.

Monto la tenda, mi faccio la doccia e sto a chiacchierare e a scambiare idee con gli altri, in particolare con Michele, che nonostante i 23 anni ha già viaggiato molto.

Stasera il cielo è uno spettacolo e io mi addormento all’aperto, guardando le stelle. Vado in tenda solo quando inizia a far fresco e le zanzare non mi lasciano dormire. Km percorsi:80

P.S.: Pochi km prima di giungere a Puente la Reina, ho fatto una sosta ad Eunate, dove c’è una piccola chiesa del XII secolo, molto particolare, di forma ottagonale e circondata da una recinzione della stessa forma. Mi ci sono fermato nonostante non fosse sulla strada, e non è da me fare una sosta per fermarmi a vedere una chiesa, con tutte quelle che ci sono! Ma questa era qualcosa di speciale, è stato come l’aver sentito un richiamo che mi diceva di fermarmi là. Ed infatti appena varcata la soglia ho potuto avvertire un’energia fortissima, una sensazione mai sentita prima in nessun altro luogo; una pace, un’atmosfera così accogliente che mi ha permesso di “staccare” la testa e lasciare fluire libere le sensazioni di quel momento. Mi è sembrato come che una parte di me fluttuasse, senza peso all’interno di questa minuscola costruzione, oltre il tempo; è stato come sentire tutte le voci, tutte le preghiere e i gli ex voto delle persone che sono passate di qua in tutti questi secoli; ho sentito l’odore delle pietre, delle vecchie pietre che in questo luogo, così appartato e discreto, sembrano veramente parlare.

Sono rimasto lì, muto, seduto su una panca un momento a cui non riesco a dare una dimensione, uno spazio temporale; non so dire se si è trattato di un minuto, di cinque o di un’ora, so solo che in quei momenti è successo qualcosa dentro di me, qualcosa di sconosciuto e mai provato prima.

Un cartello appeso alla porta ricordava di entrare non solo come cristiani o come pellegrini, ma soprattutto come uomini che nel silenzio e nella meditazione, si trovano in un percorso di ricerca. Mi hanno colpito molto queste parole in quanto anch’io credo che il raccoglimento, lo stare con sé stessi non sia una cosa valida  solo per i credenti di una o di un’altra religione, ma appartenga a tutti gli uomini che abbiano voglia di guardarsi dentro, alla ricerca di qualche cosa di non ben preciso, ma alla ricerca.

Se un uomo cerca dentro di sé qualcosa e si fissa su quella cosa, forse prima o poi la troverà; ma nel percorso di ricerca sicuramente non riuscirà a vedere o a trovare dentro di sé tutte le altre cose che appartengono al suo vero Sé, credendo che gli appartenga quell’unica cosa che si è prefissato di trovare. E’ come avere un paraocchi: ciò può andar bene sul lavoro o nello sport, quando l’obiettivo da raggiungere è unico e il successo è imprescindibile da quello scopo, ma non nella ricerca di sé stessi, dove tutto è un mistero e la scoperta avviene passo a passo, senza sapere per dove si va e dove si arriverà, abbandonando gli schemi, le formalità e il materialismo che ci imprigiona così strettamente.   

 

 

GIOVEDI’, 14 LUGLIO 2005

 

Stamattina, siccome ero in tenda, non ho sentito la gente che si svegliava preso per cui quando mi sono alzato, alle 8, non c’era ormai più nessuno. Ora che ho fatto colazione, smontato la tenda e sistemato alcune cose, fra cui la cernita delle cose necessarie e superflue (ho abbandonato un po’ di cose come uno zainetto e la gomma di scorta, speriamo di non dovermene pentire), erano ormai le 10 e il caldo già opprimente.

Ho pedalato fino ad Estella, percorrendo 25 km, dove mi sono fermato a cercare un Internet Point per spedire la mail al Carlino, che mi sta seguendo in quest’avventura. Ho trovato una postazione alla biblioteca comunale, gratis. La mail l’ho dovuto riscrivere due volte, con tutti gli inconvenienti concernenti lo scordarsi l’esatta forma e le parole scritte nella prima copia, perché ad un certo punto è caduto il collegamento facendomi incazzare come una belva e facendomi perdere due ore. Ma poi ho riflettuto: vuol forse dire che oggi mi devo fermare qui? Che questa perdita di tempo sia uno di quei segnali che mi sono imposto di seguire fin dall’inizio? Vedrò, trarrò le mie conclusioni a sera o forse più in là…

Pranzo seduto in una piazza, scambiando due chiacchiere con una simpatica signora olandese che è in vacanza da queste parti con un gruppo con cui ha affittato delle biciclette. Mi dice che dovrebbe essere con gli altri a seguire il programma di visite prestabilito, ma si considera un po’ “ribelle” per cui gira da sola.

Oggi c’è veramente troppo caldo e sono stanco, quindi, per non andare contro le mie sensazioni, anche fisiche, mi fermo al Rifugio del Pellegrino di Estella, dove come “hosteleros” ci sono dei ragazzi molto giovani di Barcellona, che, come ovunque, sono volontari. Intanto alla spicciola arrivano lì anche i ragazzi conosciuti ieri a Puente la Reina.

Ho fatto un po’ di bucato che so che si asciugherà in fretta visto che la colonnina di mercurio del termometro che si trova nel cortile segna 43°, e sono ormai le quattro e mezza del pomeriggio!

Il rifugio è molto accogliente, la gente simpatica e c’è pure una chitarra. Verso le 18, con Peter e i due ragazzi dell’ostello, vado ad una sorgente termale con l’acqua a 18° che dista un paio di chilometri dal Rifugio. Quando ci immergiamo ci sembra gelata, rispetto la temperatura esterna, e il gusto dell’acqua che inevitabilmente entra in bocca è leggermene sulfureo, ma nel complesso è una goduria unica! Si sta da dio: si sentono i muscoli sciogliersi e, dopo un attimo in cui si sentono i capillari contrarsi, mi accorgo che il sangue circola meglio, e di questo sentirò beneficio domani quando mi rimetterò la bici sotto il culo!

Dopo questo toccasana, decidiamo di fare la spesa insieme per poi cenare tutti insieme: pasta con tonno e pomodoro e melone con affettati. Ovviamente cucino io. La cena è buona e pure la compagnia.

Dopo cena ci mettiamo a suonare la chitarra e a cantare prima nel cortile dell’ostello, poi in strada, fino alle dieci di sera. A quell’ora è tempo di far silenzio, che i Pellegrini si devono riposare e soprattutto domattina devono liberare l’ostello entro le sette e mezza, e per quell’ora devono già aver fatto colazione. Sì, è meglio andare a dormire.

La mia camerata, come le altre del resto, è piena di gente e così decido, così come Peter, di dormire all’aperto: c’è un po’ più fresco e decisamente meno rumori…ed odori! Cerco di dormire, ma il caffè che ho preso nel pomeriggio mi tiene sveglio. E così penso…Penso che ho fatto proprio bene a fermarmi qui. A partire da oggi cercherò di prendere il giusto ritmo del Pellegrino: a letto presto e sveglia all’alba.

E’ inutile che mi ribelli a questo stato di cose, ne uscirei sconfitto. Seguo l’onda, mi lascio cullare o se ci riesco cerco di cavalcarla, ma mi faccio trasportare in ogni caso. E’ dolce vedere le cose così, in questo modo non le sento più come una costrizione, come un limite: e così dovrebbe essere in tutte le situazioni della mia vita!

Rifletto anche su certe parole di Peter, di Osho, del quale mi sono portato un libro con me e che sto leggendo in questi giorni, e della dottrina Buddista su ciò che riguarda il dolore: secondo le varie religioni il dolore va sopportato, e attraverso la sofferenza si può arrivare alla salvezza, alla gioia e al perdono eterno. Io credo invece che non sia così, che questa sia solo una parte, una piccola parte della Verità, e poi quale Verità? Ognuno ha la sua, a secondo della propria coscienza, delle proprie vite passate e della propria consapevolezza. Secondo me il dolore serve, come del resto anche la gioia e il piacere, ad acquisire una maggiore consapevolezza, di sé stessi e delle proprie possibilità. Il dolore bisogna viverlo, osservarlo, farsi a volte trasportare da esso, con fatica, con sofferenza, certo, ma senza aggrapparsi ad esso. E’ una parte del Vero, è una parte che esiste solo in contrapposizione al piacere, e proprio per questo possiamo riconoscere la sua esistenza. Merita sicuramente di essere vissuto, ma non credo che solo attraverso la sopportazione di esso ci si possa salvare. E poi salvare da cosa? Sarebbe meglio che mi mettessi a dormire, ma non ci riesco ancora e quindi continuo a seguire il fluire dei miei pensieri, per una volta così chiari in me nei confronti di cose tanto profonde…

Credo che per avvicinarsi ad uno stato di “beatitudine” bisogna fare ciò che il cuore e l’istinto ci dicono di fare, senza usare il pensiero, senza usare quelle parole e quelle forme di pensare che ci hanno infilato dentro negli anni, e che ripetiamo meccanicamente, tanto siamo abituati a sentirle; senza usare la razionalità, che tanto ci tiene legati al materiale e non ci permette di spiccare il volo, il nostro volo personale, frutto di quello che siamo veramente, frutto delle sensazioni e delle emozioni che sono proprie e diverse dentro ad ognuno di noi. Solo “spegnendo” la mente il cuore vola e l’istinto ci permette di seguire i segnali per compiere il nostro vero Destino.

 

Va bene, adesso dormo… Km percorsi: 25.

 

 

VENERDI’, 15 LUGLIO 2005

 

Come pronosticato, e soprattutto, sperato, il cambio di ritmo mi ha fatto bene. Stamattina sono riuscito ad alzarmi senza problemi prima delle sei e alle sette, dopo aver fatto colazione all’Ostello, preparata dagli albergatori, ero già in partenza da Estella.

Ho attraversato, senza fermarmici, Logrono, una delle città più grandi che si incontrano lungo il Cammino. Per uscirne ho seguito il percorso sul sentiero, attraversando un parco molto grande fuori dalla città, per poi ricollegarmi con la strada statale.

Dopo sette ore di strada, e diverse fermate per applicare nuovi “sellos” alla Credenziale, sono arrivato alle due del pomeriggio a Santo Domingo de la Calzada, percorrendo quattro tappe di quelle previste dall’itinerario della guida, diciamo, ufficiale, del Cammino, che ne prevede 27 in totale, da St. Jean fino a Santiago. Io vado principalmente su strada asfaltata, non seguo sempre il Cammino vero e proprio nel sentiero in mezzo ai boschi ed ai campi, che sale e scende lungo le colline ed attraversa tutti i paesini. Cioè, dentro ai paesi ci passo anch’io, ma è differente, credo, rispetto quelli che lo fanno a piedi, e questo un po’ mi scoccia. Forse ho paura di non sentire il vero spirito pellegrino, anche se fino ad oggi le sensazioni che ho provato sono state ugualmente forti. D’altra parte non ho le ruote adatte per cui ho paura di bucare o di rovinare un cerchione ed essere così costretto a continuare per forza a piedi. Ma forse sono solo scuse, forse voglio arrivare per il 25, come mi sono detto all’inizio, ma forse così facendo mi perdo qualcosa…uffaaaa!!!

E mi fa un po’ paura tutto il traffico che c’è per le strade normali, con tutti quei camion, sempre di fretta come il tutto il mondo; e comunque non ho molte opzioni di scelta: l’altro giorno, per arrivare a Roncisvalle, ho provato a prendere un pezzo di sentiero, ma il terreno era difficile ed ho dovuto spingere la bici, in salita, con tutto il carico, fino alla strada…e non è stato per nulla comodo!

La visita a Santo Domingo de la Calzada me la fa apprezzare molto: è una cittadina dedicata ad un monaco, Domingo appunto, che nel XI secolo si adoperava per aiutare i pellegrini che passavano di qua. C’è una chiesa proprio bella dove sono conservate le spoglie del Santo, e anche la piazza principale e le viuzze del centro, tutte medievali, hanno un loro fascino speciale.

Il rifugio dove dormirò stasera è molto rustico. C’è una specie di pollaio, dove vengono tenuti una gallina e un gallo, ma non a scopi gastronomici, ma per una tradizione legata ad un miracolo avvenuto in questo villaggio ai tempi del Santo.

Io sono in una camerata, per ora da solo. E’ abbastanza fresca e alle pareti vi sono appesi paramenti da festa per i cavalli e al soffitto ceste immense per la raccolta di fieno e legname. Come al solito sono arrivato a pezzi ed ho fatto un “riposino” di più di due ore, disturbato in continuazione da un’infinità di mosche, che non potevano mancare in un posto come questo.

Ho conosciuto un ragazzo di Barcellona, Marc, col quale ho scambiato qualche parola fumandoci una sigaretta e bevendo un caffè (alla faccia delle malattie cardiovascolari!), e due ragazzi di Milano, con i quali ho cenato.

In branda alle 23. Ho puntato la sveglia alle 5,40. Ce la farò ad alzarmi a quell’ora? Bho! Km percorsi: 95.

 

 

SABATO, 16 LUGLIO 2005

 

Alle 6: 30 ero già per strada, dopo aver fatto colazione nella cucina del Rifugio, insieme ad altri ciclisti super-attrezzati e super-tecnici, sia nell’abbigliamento che nel cibo, mentre i galli dalla loro stia stavano già cantando da diverso tempo. Ho faticato molto all’inizio, non riuscivo a rompere il fiato, ma poi, pian piano, sono riuscito a prendere il ritmo sia con le gambe che col respiro. Ho attraversato Belorado, St. Juan de Ortega, il difficile Passo de la Pedraja, che con i suoi 1150m è uno dei punti più alti e faticosi da scalare di questo cammino, fino ad arrivare a Burgos, capitale della Castiglia e una delle città più artistiche della Spagna, oltre ad essere la città del Cid Campeador, il famoso eroe nazionale spagnolo (un po’ come il nostro Garibaldi) Rodrigo Diaz de Vivar. Per prima cosa sono andato all’Ufficio del Turismo, dove un’impiegata molto gentile (sì sono Italiano, si vede così tanto?) mi ha dato una mappa della città e una di tutta la Regione. Così mi sono concesso una visita della città di ben due ore e, a parte il solito caldo afoso tremendo e tipico della meseta, devo dire che mi è piaciuta molto. Oltre alla famosa e bellissima Cattedrale di Burgos, immensa e splendida nella sua maestosità, tutta la città è molto interessante, con un percorso dedicato al Cid, il quartiere Gotico e Romanico, con le sue vie strette, gli archi e le antiche mura con le bellissime porte e il monastero dove Cristoforo Colombo, o Colon come lo chiamano da questa parti, ricevette le Tre Caravelle dai Reali di Spagna, accingendosi ad aprire nuovi orizzonti al Mondo. Sicuramente questa città merita una visita più accurata, magari per “assaggiare” un po’ di vita notturna delle varie piazze o nei vari localini che anche qui, come in tutta la Spagna, danno un tocco di vitalità speciale e di allegria. Per le strade, poi, si vedono persone diverse dai pellegrini che incontro in questi giorni: diverse perché sicuramente più eleganti e con atteggiamenti più cittadini, ovviamente. E le ragazze che incrocio mi distraggono parecchio…

E intanto penso alla mia vita in questi giorni…

Mi rendo conto che nei rifugi ci vuole un bello spirito di adattamento: si dorme in camerate a volte veramente troppo affollate, con ogni tipo di odore o rumore (tanto che a volte preferisco dormire fuori, nel mio sacco-letto, sul mio stuoino sotto le stelle, tanto c’è caldo e poi mi piace così tanto stare all’aperto), non sempre l’acqua per fare la doccia è calda e spesso bisogna fare la fila per andare in bagno o per utilizzare i fornelli.

Ma a me piace così, sto riscoprendo e tirando fuori la mia parte più essenziale, più animale, forse, ma di sicuro quella che mi permette di adattarmi a tutto e di rendermi conto di quanto la materialità che siamo abituati a vivere ogni giorno “normale” non sia altro che un bisogno finto e costruito da chi ha bisogno di standardizzarci e racchiuderci in classifiche e statistiche, per riuscire a venderci meglio o di più un qualche nuovo prodotto assolutamente necessario e che di sicuro migliorerà la nostra vita. Questo mondo pieno di “omini che ridono” e che vogliono far ridere anche noi, facendoci credere che abbiamo veramente bisogno di loro e di tutti i bei sogni che ci possono dare, e facendoci dimenticare che tutto quello di cui abbiamo veramente bisogno è racchiuso dentro di noi, e che nessun altro può darci né mai portarci via.

In realtà non so chi fra i miei amici riuscirebbe ad adattarsi ad un viaggio come questo. Forse Marcello o Nicola, di cui conosco bene il modo di concepire i viaggi; o Andrea per la sua tenacia o Federico, detto “o Animal”, soprannome che basta per identificarlo, nonostante nella vita faccia l’avvocato!

Intanto il Cammino comincia a sortire il suo effetto….ho tanti pensieri e tante riflessioni che si rincorrono nella testa; non dico di avere una chiarezza totale, anzi, ma qualche zona d’ombra va via via illuminandosi. Tanti pensieri non riesco ancora ad esprimerli, sento che devo tenerli ancora un po’ dentro di me, elaborarli meglio o vederli sotto diversi punti di vista, poi magari provare a scriverli.

 

Sono quindi ripartito da Burgos e sotto il sole cocente delle due e meza del pomeriggio mi sono diretto verso Hornillos del Camino, andando non per la strada asfaltata ma per il Cammino vero e proprio, impolverando la bici, i borsoni e perfino me! Anche così, in queste situazioni, provo a togliermi le “bucce”  e guardare cosa c’è dentro di me. Non è detto che sia tutto bello o che mi piaccia tutto quello che sono o che porto dentro, ma devo vedere, e capire i perché…

Considerare Hornillos del Camino un paese è sicuramente esagerare, visto che gli abitanti sono solo una ventina, in compenso però in questo periodo ha un ricambio giornaliero di pellegrini di circa 50-60 unità. L’hospitalero è un vecchietto, volontario anche lui, al quale non riesco a dare un’età, ma se dico 80 anni non credo di sbagliarmi di molto. Insieme a me arriva anche un gruppo di italiani, casinisti e apparentemente brontoloni, che con gran stupore scopro poi essere Frati Francescani provenienti da Frascati. Faccio subito una doccia e poi un po’ di spesa nell’unico negozio di alimentari. Vicino al Rifugio c’è una chiesetta Romanica con una bella veranda all’ombra, luogo ideale per conoscere un po’ di gente che come me stasera si ferma qui.

Conosco Carla, una ragazza (bellissima fra l’altro) di Barcellona, che è qui con suo padre il quale mi spiega che ogni anno si prendono cinque giorni per percorrere un pezzetto di Cammino. Fanno conto di terminarlo entro il 2007. Ci sono poi due ragazze di Pamplona, che quando arrivo stanno prendendo il sole. All’inizio credo siano un po’ vip (due pellegrine che pensano all’abbronzatura!) ma poi scopro che sono forse persino più selvagge di me.

I Francescani hanno celebrato il Vespro all’interno della chiesa, aperta per l’occasione dall’hospitalero, che acquista ai miei occhi sempre più potere nel contesto del paese, che vista all’interno risulta di un’estrema semplicità e molto adatta al raccoglimento e alla meditazione, effetto che sento molto di più in luoghi appartati e meno fastosi.

Vecchie pietre…

Ceno presto, con una frittata di cipolle che sognavo ormai da qualche giorno, e con una specie di paella “multiproteica” con ceci, carne e pomodori che qualcuno aveva preparato, lasciandola a disposizione degli “affamati”. Anche il gruppo di frati sta cenando e facciamo così amicizia. Mi invitano ad andare a trovarli, una volta rientrato in Italia, al loro Convento. Può darsi che ci vada davvero, prima o poi. Si chiamano  Riccardo, Luca, Fabio, Pedro (viene dalla Bolivia) e Costantino (dalla Transilvania, specifica), che assomiglia a Jovanotti e per il bell’aspetto potrebbe fare tranquillamente il modello per un qualche Atelier di moda!

Il vino che abbiamo bevuto insieme, vino da poco, ma pur sempre vin santo, come mi suggeriscono loro, mi fa viaggiare con la testa, ma va bene così…

Altre due chiacchiere all’aperto con le due matte di Pamplona e poi a nanna, nella camerata con i frati, super affollata. Mi sistemo in corridoio, con due materassini sotto la schiena, ed è un lusso.

Mi passa per la mente Carla, con i suoi capelli rasta, ma sono ubriaco. Mi addormento e dormo da dio! Km percorsi:89

 

 

            DOMENICA, 17 LUGLIO 2005

 

Stamattina non sono partito troppo presto, erano quasi le sette e mezza, e  dopo aver fatto colazione al Rifugio, nella cucina seminterrata, e recuperato la mia bici nel cortile, mi sono fermato immediatamente a comprare un panino per il pranzo poiché, visto che è domenica, non so cosa troverò di aperto.

Oggi mi sembra faccia fresco, così mi metto (e poi mi tolgo e poi mi rimetto) la maglia “peruviana” col cappuccio, presa a Toledo nove anni fa. Forse una giacca della tuta o una felpa sarebbero state più comode. Farò  tesoro di questo pensiero per la prossima volta che mi verrà in mente di farmi un altro viaggio così!

La strada è sgombra, così come la statale 120, ed io me la godo, “padrone” di tutto l’asfalto attorno a me. Devio dalla strada nazionale, è troppo noiosa, e imbocco stradine secondarie praticamente vuote, che attraversano paesini e campi coltivati, a grano, principalmente, come in tutta questa noiosa meseta. Incontro e supero gli altri pellegrini conosciuti ieri a Hornillos, partiti a piedi un paio d’ore prima di me. La tappa di oggi presenta lungo la strada molte chiese, ed io mi fermo a visitare quella romanica dedicata a San Martin, a Fromista, e quella dei Cavalieri Templari di Santa Maria la Blanca a Villalcazar de Sirga. Speciale e pieno di energia il punto in cui la strada attraversa, nel vero senso della parola, le rovine del Convento di San Anton, nei pressi di Hontanas. Poi passo per Castrojeriz, altro luogo molto particolare, con i resti del Castello in cima alla collina. Il percorso di oggi è veramente denso di energia, ci sono tanti luoghi legati ai Cavalieri Templari o a comunità di monaci. Sono “pozzi” di energia veramente forti, sembra di entrare in dimensioni diverse, ed è un peccato attraversarli così in fretta, forse sarebbe il caso di fermarsi un po’ di più, e magari dormire a San Anton o a Castrojeriz, per vedere e sentire che effetto fa.

A Fromista conosco Riccardo (di Pesaro) e Anna (di Ferrara, abita proprio vicino a dove sto io), che sono partiti insieme da Pamplona in bici anche loro. Arriviamo insieme a Carrion de los Condes, dove ci fermiamo ad un Rifugio situato in un monastero con un bel chiostro.

Solita routine (doccia, riposino e un piatto di riso; oggi mi raso pure) e poi usciamo a fare un giro per il paese e cercare qualcosa per cena. E’ domenica pomeriggio e c’è tutto chiuso, ma chiedendo ad un bar ci facciamo indicare dove abita il padrone del mini supermercato, che molto gentilmente ci apre il suo negozio permettendoci di fare un po’ di spesa: spaghetti, tonno, olive, pomodori e, ovviamente, vino! Anche per oggi sopravvivremo!

Ceniamo in cucina (stasera cucina Anna e io mi riposo!) e poi usciamo nel chiostro a chiacchierare. Riccardo mi racconta che un paio d’anni fa ha fatto il giro del mondo, acquistando uno di quei biglietti aerei che ti permettono di decidere le tappe già all’inizio, durante il quale è stato in India ed ha lavorato in Nuova Zelanda e a New York. Mi racconta dei molti problemi nella relazione con i suoi genitori, soprattutto con il padre, e poi mi parla della droga, sua compagna per qualche tempo. Mi piace, Riccardo, è profondo, si guarda dentro e anche lui sta cercando.

Dal Cammino sto imparando che non esiste un “quanto” e neanche un “quando”, ma solo un “dove”, e la risposta per tutti è Santiago. Non è importante, né si può decidere “quanta” strada si farà in un giorno, o a “quanti” km all’ora, né “quanta” fatica si fa, visto che ognuno sente solo la sua. E non si sa esattamente “quando” si arriverà al prossimo Rifugio, al prossimo paese, alla prossima fontana d’acqua o alla prossima chiesa. E non sai chi o cosa incontrerai andando avanti, e questa è la cosa più bella!

C’è solo Santiago, la meta finale, che non sai quando raggiungerai, ma se avrai tenacia e passione ci arriverai di sicuro. Si avrà fame e sete e sonno, e allora si mangerà, si berrà o ci si riposerà. Ci si sentirà a volte sfiduciati e stanchi, in altri momenti euforici e pieni di forza. Ma non è poi quello che accade anche nella vita? Sai esattamente dove va a finire, uguale per tutti,  ma durante il percorso, durante il Viaggio, sta a noi viverla al meglio, giorno dopo giorno, senza preoccuparsi troppo del futuro o guardare troppo al passato. Sia uno che l’altro non esistono, c’è solo il momento presente e tanto vale vivere bene quello, visto che ogni momento che verrà dopo sarà frutto di tutti i momenti vissuti prima. E se ogni momento è vissuto in pieno, anche quelli che lo seguiranno non potranno essere che buoni.

E così è la vita: un giorno ti senti in forma e un altro non ne hai proprio voglia di alzarti, e ti prendi il tuo tempo, a volte acceleri, a volte sei costretto a fermarti.

E così è il Cammino: puoi andare a piedi, in bicicletta, o addirittura in moto o in auto, puoi essere più o meno facilitato a seconda del mezzo che scegli o che hai a tua disposizione. L’importante è vivere giorno per giorno tutte le gioie, i dolori, le intuizioni e l’amore che provi, per tutto…per tutti.

E quando arriverai a Santiago, o alla fine del Tuo Cammino, sarai pronto per ricominciare, più ricco e migliore di prima.

Km percorsi:79

 

 

            LUNEDI’, 18 LUGLIO 2005

 

Oggi c’è davvero fresco, e i nuvoloni si addensano nel cielo, promettendo pioggia. La strada che seguo oggi, da Carrion de los Condes, è ancora la N120, fino a Sahagun, ma anche oggi è poco trafficata (è lunedì mattina e gli Spagnoli sono famosi per non alzarsi troppo presto) e poco faticosa, visto che sto ancora attraversando la piatta meseta spagnola, che risulta sì essere monotona, ma le gambe ringraziano! Riccardo e Anna hanno preferito andare avanti da soli, e io non ho voluto certo fare la parte del terzo incomodo!

Prima di arrivare a Sahagun, sotto un cielo sempre più plumbeo,  raggiungo due ciclisti. Uno è Marc, il ragazzo già conosciuto a Santo Domingo, e l’altro si chiama Nacho (Ignacio), spagnolo di Valencia, e fanno parte di un gruppo formatosi lungo il cammino, parte del quale ho superato qualche chilometro fa. Arriviamo insieme a Sahagun, sotto una leggera pioggia, dove aspettiamo gli altri per partire tutti insieme verso Mansilla de las Mulas. Anche qui la strada è comoda e il percorso piano. Il Camino corre parallelo ad una strada asfaltata poco trafficata fino a Mansilla. Io sono più veloce ed arrivo prima degli altri. Pranzo con pane, pomodori e tonno seduto su di una panca nella piazzetta del paese. Il rifugio è quasi pieno ed ai ciclisti permettono di restare solo se alle 19:30 rimangono posti dopo aver dato la precedenza ai pellegrini che arrivano a piedi. Giustamente.

Sul Cammino si è soliti scambiarsi con la gente che si incontra l’augurio di “Buen Camino”, accompagnato da un sorriso che allevia un po’ la fatica, visto che, energeticamente, la stai dividendo con altri.

La direzione da seguire lungo il Cammino è sempre indicata da frecce gialle dipinte per terra, sui segnali stradali, sui marciapiedi e in generale un po’ ovunque, oltre ad esserci le indicazioni “ufficiali”, esaltate dal simbolo della  Conchiglia del Pellegrino (la famosa “concha”) e dalla scritta a caratteri cubitali “Camino de Santiago”.

Il sentiero a volte si scosta dalla strada asfaltata, ma spesso procede parallelo ad essa, come in questi giorni. E’ fatica sbagliarsi ma a volte mi capita di seguire le frecce indicanti il sentiero per poi rendermi conto che per la mia bici non è praticabile, dovendo quindi tornare indietro…va bè…

 

Intanto arrivano gli altri e mentre si fermano a mangiare in un ristorante, io vado a mandare la mia solita mail. Li raggiungo dopo un’ora, giusto per il caffè. Sono in otto: Paco e Gemma, morosi, Santiago, Carmen e Raùl (che conosce Ferrara visto che ogni tanto ci viene col suo camion per consegnare o caricare materiali di vario tipo), che hanno iniziato il Cammino tutti insieme,  Silvia, che avevo già incrociato ad Hornillos, Marc e Nacho, che si sono aggregati lungo la strada. Facciamo un giro per il paese e poi, visto che non c’è posto per dormire se non in alberghetti  piuttosto cari, decidiamo di proseguire per Leòn.

Da qui la strada è più trafficata, ma tutto sommato si va bene. Andiamo avanti io e Carmen, la più veloce del gruppo, ed arriviamo per primi al Rifugio municipale, presso il Convento delle Suore Benedettine dove ho una sorpresa bellissima: dalla scalinata mi sento chiamare per nome e vedo, con grande stupore, Marcello ed Elena, miei carissimi amici! Lui è di Fiesso come me ed è proprio uno di quegli amici che reputavo in grado di affrontare il Cammino. Quest’incontro è una delle magie del Cammino!

Il rifugio sembra un enorme casermone ed è super-affollato, con camerate da 60-70 persone ognuna. Con Carmen aspetto gli altri, intanto mi faccio la doccia. Fredda gelata!

Nel frattempo arriva il “gruppone”, sono tutti stanchi morti, ma una doccia e qualche biscotto rimettono in sesto tutti quanti e non appena siamo in grado di camminare usciamo a comprare da mangiare qualcosa di già pronto per stasera, visto che qui non c’è la cucina disponibile. Io mi faccio un’insalatone, ne ho proprio voglia, e la arricchisco con fagioli e formaggio.

Poi, mentre facciamo due chiacchiere in cortile, una suora ci chiama per una breve celebrazione e la benedizione. Ascolto per sentire di cosa si tratta, ma mi sembrano i soliti discorsi un po’ ipocriti che ci raccontano di chi è buono e chi è cattivo; chi si salverà e chi brucerà nel Fuoco Eterno.

Non mi interessano più ed esco prima di entrare nella chiesa.

Alle dieci sono già a letto, ma la camerata sembra scoppiare, con le finestre chiuse e i russatori e i “caproni” vari che si mimetizzano da pellegrini.

Ma chi l’ha detto che per fare il Cammino non bisogna lavarsi?

Io sono vicino di letto di Marc, e prima di addormentarci ci facciamo quattro ghignate in silenzio, evidentemente non troppo, visto che qualcuno ci richiama, da bravi discoli.

Durante la notte c’è un caldo folle, mi alzo più volte per bere, incrocio nel buio anche il mio amico Marcello, madido anche lui di sudore. Poi vengo ripreso dalla stanchezza e mi riaddormento. Km percorsi:95

   

MARTEDI’, 19 LUGLIO 2005

 

Oggi giornata abbastanza tranquilla: sono stato con gli altri ragazzi a fare un giro per Leòn in mattinata. Alle otto eravamo già in giro per le strade e le piazze vuote. Non c’era nessuno in giro e mi è parso molto strano vedere la città in una maniera così…sonnacchiosa. In sostanza eravamo noi i padroni: anche i bar aprono verso le nove e così abbiamo girato indisturbati per la Plaza Mayor, che probabilmente mi è sembrata ancora più grande dato che non c’era anima viva. Mi ha colpito molto la Cattedrale, magari meno appariscente e famosa di quella di Burgos, ma con un portale a mio avviso splendido e soprattutto con un’atmosfera molto raccolta al suo interno, nonostante la maestosità. Nella piazza era facile contare le persone presenti e fra queste non ho potuto non vedere Anna e Riccardo, arrivati qui stamattina.

Dopo qualche scatto fotografico abbiamo recuperato le nostre biciclette al Rifugio e, verso le dieci, siamo partiti per Astorga. Ho fatto quasi per intero il tragitto per il sentiero: ero un po’ teso per il timore di bucare, soprattutto in quei tratti in cui le pietre erano più grosse, ma è andato tutto bene ed è stato proprio divertente. Sono stato in testa al gruppo con Carmen, anzi no: un po’ più avanti c’erano Marc e Nacho, che sono andati per la strada nazionale, poiché non avevano visto le frecce che indicavano il Cammino. La cittadina più caratteristica che questa tappa ci ha offerto è stata senza dubbio Hospital del Orbigo, col suo famoso Puente del Paso Honroso, il Ponte dell’Onore, lungo più di 200m e testimone delle gesta di Suero de Quinones, un nobil uomo che nel 1434 sfidò e sconfisse uno dopo l’altro, in 76 duelli, altrettanti valorosi cavalieri, costretto dalla promessa fatta a una nobildonna, della quale il nome è rimasto segreto poiché non era neppure la sua di donna!

Siamo arrivati al Rifugio di Astorga a gruppetti, ma siamo riusciti a stare tutti nella stessa stanza. Ho fatto una lavatrice, insieme a Nacho, la doccia (da solo!) e mi sono tirato su con…indovinate cosa…un piatto di riso!

Il rifugio è bello, molto grande, disposto su tre piani e con un grande cortile al piano terra, proprio accogliente. E c’è gente proveniente da tutto il mondo.

Dopo la siesta, durante la quale gli altri mi hanno fatto una serie di simpatiche foto, facciamo tutti insieme un giro per la città, carina, con tratti medievali e, sembra, a misura d’uomo. Una cinta di mura la circonda e particolare è una costruzione di Gaudì molto bella ma che è un pugno in un occhio nel contesto architettonico generale.

Spesa e poi in cucina il solito cuoco (io!!!) prepara per tutti degli spaghetti alla Carbonara che, a detta degli altri, non se ne sono mai gustati di così buoni da queste parti. Grazie!

Mangiamo nel cortile, all’aperto, ed è proprio una bella serata. Conosciamo poi Lynnea, una ragazza dell’Oregon che disegna splendidamente. Ha sempre con lei un block notes su cui, mi dice, raccoglie tutte le sue emozioni trasformandole in schizzi. E’ fantastico, le invidio da morire questa sua capacità artistica, io che a disegnare sono sempre stato un mostro!

Sono le undici, tutto si oscura, è ora di andare a nanna! Km percorsi: 50

 

 

MERCOLEDI’, 20 LUGLIO 2005

 

Stamattina i miei compagni di camerata hanno iniziato a svegliarsi alle 5,30, ed anch’io non ho potuto fare a meno di alzarmi. La “disciplina” di gruppo mi infastidisce, ma per oggi va così! Carichiamo con i bagagli le bici, le gonfiamo al punto giusto e partiamo. Si fa colazione in un bar e alle sette si è già in marcia. Io vado da solo. Lo so, sono un orso a volte, ma credo mi abbiano capito, e se non mi hanno capito…bè, mi sono capito io!

Oggi sarà una giornata molto bella per le cose viste ma soprattutto per le forti sensazioni che ora di sera vivrò. Oggi si passa per la Cima della Cruz de Hierro , la Croce di Ferro, con una salita molto impegnativa e dura, e domani si dovrebbe arrivare al mitico O’ Cebreiro ed entrare in Galizia, esaurendo così le tappe più difficoltose.

Dopo pochi km dalla partenza mi fermo a Castrillo de los Polvazares, dove non c’è nessuno in giro. Una leggera nebbiolina avvolge tutto, mi sembra di essere tornato indietro nel tempo. Le stradine sono strette, completamente selciate, senza alcuna traccia di asfalto e scomode per il passaggio delle auto. Le costruzioni sono tutte in pietra, non in mattoni, proprio in pietra antica, di quella fluviale, e non c’è traccia di calcestruzzo o cemento armato. E’ fantastico, vecchie pietre parlanti…

Mi dà una sensazione particolare trovare ancora qualcosa di autenticamente antico, “annusare” i secoli passati lungo le strade e vicino alle stalle. E tutto a pochi metri da una strada nazionale!

Proseguo e raggiungo il Ganso. Da qui si comincia a salire di quota, bisogna arrivare a oltre i 1500m della Cruz de Hierro. A Rabanal del Camino, che attraverso per le stradine del centro ancora deserte, incontro un altro ciclista, un biondo teutonico, che avevo già visto a Leon l’altro giorno e col quale continuo la strada.

Mi dice che lui è un Pastore Tedesco, chiaramente non nel senso animalesco della cosa, ma un sacerdote germanico!

La salita è piuttosto lunga, ma le pendenze sono molto difficoltose solo in qualche punto. E’ piacevole salire con Cristiano (nome che nella sua lingua è per me impronunciabile). Entrambi parliamo bene lo spagnolo e quindi possiamo addentrarci in discorsi impegnativi. Parliamo di Spiritualità e lui mi fa notare che anche nei Testi Sacri Dio si è manifestato all’Uomo in cima a delle montagne o nei deserti, dopo dei grandi sacrifici per arrivare in cima o delle grandi privazioni per sopravvivere in un ambiente inospitale come può essere un deserto. E’ certo che Dio, ognuno il proprio, lo si può trovare nella o meglio attraverso la Natura e ancor di più in quei momenti nei quali la mente si schiarisce dai nuvoloni che tanto spesso la opprimono. E non credo che solo attraverso la sofferenza si possa trovare Dio; è che forse la sofferenza ti toglie i pensieri inutili e ti permette di avvicinarti con la mente più nitida alla realtà, alla verità, alla propria parte più interiore, più pura. Alla parte di Dio che è dentro di noi.

 

Intanto la salita è abbastanza dura, lunga, ma in compagnia è meglio. Arriviamo alla Croce…bè…è uno spettacolo impressionante! Non tanto per la croce in sé ma per l’atmosfera che c’è , per l’aria che si respira, perché è un posto che dà energia, che è pieno di energia, colmo dei buoni propositi di tutti quelli che hanno lasciato la loro pietruzza sotto la croce, ai piedi della quale ce n’è una montagna. Anch’io ho gettato la mia pietra, rischiando di colpire in pieno Cristiano, visto che l’ho lanciata girandomi con le spalle alla croce. Non l’ho portata da casa, come vuole la tradizione, ma lasciandola lì mi sono ugualmente liberato da un peso, ed è proprio questo il significato delle pietre abbandonate qui dai pellegrini: vogliono dire che uno si libera dei pensieri, delle preoccupazioni della mente e delle angosce che opprimono il cuore. Vogliono dire che da qui in poi la propria vita sarà diversa, migliore, perché fino a qui si sta imparando a distinguere quello che è importante da quello che non lo è, quello che è necessario ed indispensabile da quello che è futile e superfluo. Ed è molto significativo il fatto che uno si porti da casa la propria pietra, infatti quando tornerà a casa questo sasso non sarà più ad appesantire lo zaino o non si troverà più nel cortile dove lo si era raccolto, possibilmente non sarà più parte della propria vita, come un peso morto che angustia.

Alla Croce di Ferro eravamo solo quattro o cinque pellegrini insieme ad un palpabile senso di pace che ci avvolgeva come una coperta morbida, una tranquillità infinita, e col vento che nel suo continuo soffiare sembrava sussurrasse qualcosa di sconosciuto ad orecchie umane.

Oggi, che sarebbe stato il 90° compleanno della zia Rita, che è morta poco più di un mese fa e che è stata sempre una presenza molto importante nella mia vita, ho conosciuto alla Croce un ragazzo spagnolo per il quale oggi è per lui un giorno speciale, visto che compiva 40 anni. Ed io che lungo la salita mi chiedevo se lei era vicino a me ho trovato in quel momento la risposta.

Sono rimasto un po’ lì da solo, gli altri erano già partiti. Poi ho iniziato la discesa che in questo tratto è molto bella e attraversa tutti i villaggi. Supero molti pellegrini a piedi: in bici la discesa è una passeggiata, se non si cade come fa qualcuno che mi fermo ad aiutare. Mi colpisce molto Manjarin, dove il villaggio è costituito unicamente dal Rifugio. Senz’acqua, né luce, né servizi. E sembra che il padrone, il famoso Tomàs, sia un cavaliere Templare e che ogni tanto ordini altri Cavalieri dello stesso antico e leggendario ordine con una cerimonia solenne all’interno del Rifugio. Tomàs è pure l’unico abitante del villaggio, e mi raccontava che in inverno, quando nevica molto, può restare isolato per intere settimane, visto che lassù faticano a liberare le strade dalla neve.

Dopo molta discesa mi fermo a Molinaseca, dove lungo il fiume, nel cuore del paese, c’è un piccolo parco adibito a spiaggia sull’erba. Decido di aspettare lì il gruppo degli Spagnoli, visto che Raùl mi ha mandato un messaggio nel quale mi diceva che stanno arrivando pure loro. Mentre pranzo coi piedi nell’acqua fredda, conosco un gruppo di Italiani, milanesi, che si lamentano di tutto quel che riguarda il Cammino che stanno percorrendo: dalle condizioni dei Rifugi al cibo, alla fatica. Ed io mi chiedo: ma che cavolo sono venuti a fare? Credevano forse di trovare Hotel a cinque stelle o cibi ultra-raffinati?

I Catalani arrivano dopo due ore, si sono fermati praticamente ad ogni paese  a scattare fotografie!

Facciamo il bagno nel fiume, immersi nell’acqua fredda, ma corroborante e tonificante. Poi loro restano come sempre a mangiare al ristorante, mentre io, che ho già pranzato prima con empanadas al tonno, riparto.

Supero Ponferrada, senza nemmeno fermarmi a vedere il famoso castello; fa troppo caldo ed arrivo a Cocabelos, dove Carmen è già al rifugio e ci sta aspettando. Faccio sosta al Rifugio, ma non mi piace e poi è ancora troppo presto per “metter giù le tende”. Dico a Carmen di salutare da parte mia gli altri, ci vedremo domani, e proseguo per Villafranca del Bierzo, dove ho intenzione di fermarmi stanotte.

L’ostello municipale è pieno ma per soli 2€ posso piantare la mia tenda e usare il bagno e la cucina. Faccio subito la doccia, la tenda la sistemerò più tardi, con un po’di fresco. Proprio vicino al Rifugio c’è la chiesa dedicata a Santiago, dove negli anni Santi Compostellani (cioè quando il 25 luglio, San Giacomo, coincide con una domenica) i pellegrini impossibilitati possono ottenere l’indulgenza plenaria, come se fossero arrivati a Santiago, attraversando la Porta del Perdono, che viene aperta solo per questa occasione. La chiesa, di stile romanico, mi piace molto nella sua semplicità e la ragazza che al momento fa da guida e custode è molto gentile e mi spiega ogni cosa.

Esco e chiedo ad una signora anziana se conosce Jesus, di cui ho sentito parlare in un servizio televisivo qualche tempo fa e che si dichiara un “curandero”, un guaritore, ma la vecchietta mi fa capire che non è ben visto dalla gente del luogo e che è meglio lasciar perdere: a detta sua sembra sia un truffaldino!

Abbandono quindi l’idea di conoscerlo, anche se lo vedo in distanza, e scendo in centro al supermercato a prendermi da mangiare. Lì conosco due ragazze di Siviglia e prima di cena faccio un salto con loro alla spiaggia sul fiume, ancora affollata alle otto di sera visto il caldo che fa.

Torno all’ostello, mi mangio una bistecca con dei pomodori di contorno e mi collego in Internet col computer dell’ostello.

Conosco anche due ragazzi di Napoli, giovani, di 17 e 18 anni, Paolo ed Eddy, che partono ora per camminare di notte sotto le stelle. Mi giurano che è bellissimo e che dovrei provare anche io. Mi incuriosisce il fatto che portino con sé uno zaino ridottissimo, ma in compenso hanno due spade comperate a Burgos e a Leòn che pesano diversi chili. E’ Paolo l’appassionato e non le abbandonerebbe per nulla al mondo!

Termino la serata con una compagnia di giovani Sivigliani casinisti, che cenano alle undici di sera e che dopo vari “porros” in compagnia, mi ospitano a dormire in stanza con loro, sdraiato su di un materasso, così che non monto neppure la tenda! Km percorsi:77

 

 

GIOVEDI, 21 LUGLIO 2005

 

Oggi finalmente è il Gran giorno, il giorno della Verità, della prova di forza, di fatica, dell’arrivo al luogo più mitico e, dicono, mistico, del Cammino: o’ Cebreiro. Faccio colazione presto in ostello ed esco alle 7. Incrocio gli altri ragazzi Catalani, ma proseguo da solo. Arrivo fino all’inizio della salita col contachilometri che segna 640 e sono le 9:10. Comincio la salita, o meglio l’arrampicata, tanto la strada è impennata. E’ lunga, mi dicono, 8 km.

Mi rendo conto subito che la difficoltà della salita è pari almeno alla sua fama: è durissima, sembra infinita, con dei tratti che si impennano in maniera incredibile, con delle pendenze anche de 24%!

A volte il contachilometri segna 0km/h, sono praticamente cementato all’asfalto! Ogni tanto devo prendere fiato e mi fermo. Mi superano due ciclisti con delle maglie di un arancione acceso e con un’attrezzatura super-tecnica. Faccio una sosta…riprendo piano…soffro…tanto! Mi mancano solo due chilometri, ma le gambe non ce la fanno più. Scendo dalla bici e la spingo, o meglio la trascino, per un km. Ci sono quasi…un’ultima curva, un’ultima salita…ed eccomi alle porte del paese. Arrivo orgogliosamente in bicicletta e mi piace l’atmosfera di festa che c’è qui.

Vado al Rifugio, ma aprono all’una, così mi metto in fila in attesa, con molti pellegrini che sono già lì. Prima però mi vado a prendere pane e tonno nell’unico negozietto di alimentari del posto che, neanche a dirlo, se ne approfitta applicando dei prezzi poco popolari.

Mi addormento in fila, al sole, sono proprio stanco, come mai fino a questo momento. Quando aprono e ci fanno entrare a gruppetti prendo posto all’Ostello e vado a pranzare con gli altri che nel frattempo sono arrivati.

Non trovo quell’atmosfera mistica che mi aspettavo, in questo posto testimone di uno dei più grandi prodigi avvenuti sul Cammino: è qui infatti che l’Ostia si è trasformata in Carne viva e il Vino in Sangue, durante una messa nella chiesa di Santa Maria la Real, dove ancora oggi sono conservati l’Ostensorio e il Calice testimoni di quel miracolo.

Io trovo il Cebreiro un posto turistico e chiassoso. Il paese è piccolo, è caratterizzato da costruzioni in pietra a pianta rotonda con i tetti in paglia a forma di conchiglia, i cosiddetti “Pallozas”, alcuni dei quali adibiti ad ospitare i turisti.

Pranziamo in un piccolo ristorante, ordinando un “Menù del Pellegrino” e per 9,50 € mangiamo e beviamo bene, ghignando come dei matti insieme alle due cameriere, una identica a Penelope Cruz e l’altra con due tette incredibili.

Facciamo un giro ed incontro Anna, che è appena arrivata insieme a Riccardo che sta riposando poco più in là; mi dice che non sa se stasera resteranno qui. Chiacchieriamo un po’, ma sono stanco: la saluto e vado all’Ostello a fare un riposino. In stanza con me ci sono tre ragazze di Madrid, una signora ed un signore mio “coinquilino” di letto (a castello, naturalmente!). Mi addormento di botto.

Dopo due ore mi svegliano Raùl e Paco e mi chiedono se proseguo con loro. Ho ancora sonno, resto qui, ci vediamo domani.

Più tardi, comunque, mi alzo e dico alle ragazze mie compagne di stanza che ho intenzione di andare fino alla croce che si trova in cima ad una collina vicino al Rifugio, per vedere se riesco ad apprezzare di più il posto . Vengono con me. In venti minuti siamo in cima e lassù si sta proprio bene, a farci compagnia c’è solo il vento e i monti della Galizia a farci da contorno, la vista è spettacolare! Stiamo in silenzio, ognuno coi suoi pensieri: qui non c’è bisogno di parlare tanto è forte la comunione con la Natura e tanto ci riempie questo contatto ancestrale.

Sale anche l’altra signora che è in camera con noi e inizia a raccontarci cose particolari sul Cammino, che lei ha già percorso. Questo pellegrinaggio presenta infatti delle connotazioni non solo Cristiane, anzi sembra proprio che la Chiesa ne abbia preso “possesso” solo in un secondo o terzo tempo, e proprio per avere il potere e il controllo sulle coscienze di tutti quelli che lo affrontavano, non per motivi religiosi, ma per una ricerca spirituale o magica, il tutto però a titolo personale, senza alcuna “sponsorizzazione”.

Sembra infatti che il Cammino esistesse già dai tempi dei Celti, quindi prima dei Romani, ed era proprio un pellegrinaggio fino all’Oceano, alla fine del mondo, limite oltre il quale l’uomo non poteva andare con le sue forze. Era un percorso verso il luogo in cui il Sole andava a morire, che poteva essere seguito anche di notte, procedendo nella direzione indicata dalla Via Lattea nel cielo. Anche prima della “scoperta” della tomba dell’Apostolo Giacomo, nel IX secolo, c’era questa ricerca, pagana senza dubbio, e forse proprio per questo più ricca di magia e di mistero, della Vita dopo la Morte, questo percorso inverso dell’esistenza. Ed insieme alle connotazioni mistiche si possono trovare ora nel Cammino, e in questi luoghi confondersi, quelle pagane ed esoteriche, legate anche alle sette di costruttori ed alchimisti e prima ancora alle ancestrali tradizioni galliche e vichinghe.

 

Scendiamo dalla collina, compriamo qualcosa per la colazione dell’indomani dal “ladro” del negozietto e ce ne andiamo a bere una birra in un pub sotterraneo, molto affascinante, buio, con i tavoli in legno ed alcuni elmi alle pareti che fungono da lucerne.

E un super televisore al plasma che proietta i Videoclip di Videomusic!

Torniamo verso il Rifugio con in testa l’idea di risalire alla collina stanotte per osservare le stelle. Intanto assistiamo ad un tramonto sensazionale, emozionante da togliere il fiato, col sole che scende lento fra i monti, immerso nei suoi colori che cambiano attimo dopo attimo.

Il Rifugio è piuttosto sporco, inizia ad esserci tanta, troppa gente in giro, e mi sembra di cogliere un decadimento di quello spirito pellegrino respirato fin qui. Ci sono molte persone che percorrono solo gli ultimi 100-150km per ottenere la Compostela ed avverto un cambiamento nel clima del Cammino: è più vacanziero, più chiassoso, a volte sembra di assistere ad una corsa per accaparrarsi un posto letto e per arrivare quanto prima a Santiago, e non di vedere la gioia reale di vivere passo per passo tutto il viaggio.

Suono la chitarra con altri ragazzi e poi, prima che chiudano la porta, usciamo per risalire la collina e sistemarci per questa nostra veglia alle stelle. Il cielo si oscura solo alle 23 e la luna che sorge da est non permette un buio completo, ma lo spettacolo è molto bello. Si contano diverse stelle cadenti e i desideri espressi e non si sprecano.

Torniamo alle stanze dopo mezzanotte, entrando per una finestra che avevamo preventivamente lasciato aperta, visto che l’entrata è chiusa da un pezzo. Km percorsi:28

 

 

                                    VENERDI’, 22 LUGLIO 2005

 

Stamattina parto presto con un bel fresco ed uno spettacolo unico con le nuvole che coprono come un mantello di ovatta la pianura sottostante. Sembra dai stare in aereo e di guardare un mare di panna montata. Speriamo siano venute bene le foto che ho fatto con la mia macchinetta usa-e-getta.

Inizio la discesa dal Cebreiro a tutta velocità (ah, beata discesa!) fino a penetrare le nuvole più in basso, bagnandomi di rugiada come se stessi facendo la doccia.

Il paesaggi è bello, si procede sempre lungo una strada che si snoda fra le montagne, ma ora non sembra più di stare nella Spagna caliente dei giorni scorsi, ma nella Scozia uggiosa, nebbiosa e fredda. Passando per Samos non ho potuto non vedere lo spettacolare un monastero benedettino che occupa buona parte del paese, sicuramente meta affascinante e punto di accoglienza per i pellegrini dei secoli passati. Poi da Sarria la strada è un continuo succedersi di dossi e discese fino a Portomarin, dove mi fermo ad aspettare gli altri. L’ostello, come tutti qui in Galizia, è a “donativo”, ad offerta libera, ed apre all’una. Sono solo le 11:30! Conosco un gruppo di ragazzi di Siviglia che, arrivati qui ieri, hanno deciso di fare una tappa di riposo.

Mangio qualcosa e mi butto letteralmente sull’erba del parco vicino al Rifugio a dormire. Le bici, o meglio, i ciclisti, come al solito non hanno la precedenza e possono essere accolti solo dalle 18, così resto in paziente ma fiduciosa attesa, anche se credo che dormirò all’aperto anche stasera. Nel pomeriggio mi manda un messaggio Raùl dicendomi che sono arrivati anche loro a Portomarin e che hanno trovato alloggio in un Ostello privato.

Intanto mi rendo conto che qui i giorni passano e non me ne accorgo visto che succedono tante cose e sempre diverse; non so dire in quale giorno ero dove e cos’ho fatto, devo pensarci con attenzione oppure ricorrere ai miei appunti o a questo diario, che cerco di tenere aggiornato il più possibile. A casa, invece, immersi nella quotidianità degli stessi gesti, della stessa routine, è facile ricordarsi di quando è successo qualcosa di speciale, di particolare, visto che i giorni sembrano tutti uguali. Qui invece mi alzo ogni mattina con un’energia rinnovata, anche se dormo poco o male. Non so cosa mi aspetta, non so chi conoscerò o che cosa imparerò di nuovo. Forse, anzi sicuramente, è anche il mio approccio che mi permette di essere più attento. In fondo qui tutto, dalle persone all’atmosfera che si respira, dalla strada ad ogni piccolo particolare del Cammino, mi dà una carica diversa, una forza ed un entusiasmo nuovo che a casa mia non sapevo di possedere.

Ed è tutto dentro di me, e se lo tiro fuori vuol dire che c’è sempre stato. Ma allora, mi chiedo sempre più spesso, chi sono io veramente?

Mi piace pensare e vivere giorno per giorno, riesco ad affrontare i piccoli problemi e le difficoltà man mano che arrivano, senza, come si dice, fasciarmi la testa prima del tempo. Dormirò dove mi capiterà, anche per terra o all’aperto, di sicuro troverò da mangiare qualcosa, ma a tutto ciò ci penso solo quando ho sonno o fame, non prima!

 

Intanto passo il pomeriggio con i ragazzi di Siviglia. Non sono un gruppo molto affiatato e discutono in continuazione non riuscendo a mettersi d’accordo sul fatto di restare qui anche stanotte o se partire, alcuni si lamentano per le vesciche ai piedi, altri per il mangiare. L’idea che mi sono fatto è che sono in troppi e che non tutti erano pronti per affrontare un’avventura così: certi pensavano di fare una vacanza diversa, che però si è dimostrata più dura di quanto preventivato. Senza motivazioni veramente sentite, aggiunte magari ad una inadeguatezza fisica, credo sia veramente difficoltoso fare anche una sola tappa di questo Cammino.

Decidono infine di restare a dormire nel parco, visto che il Rifugio non li può ospitare due notti di fila. Anch’io resterò qui, l’ostello è stipato e l’erba soffice… A differenza del posto-letto, che mi hanno assegnato, non rinuncio alla doccia, anche se la faccio in un bagno troppo piccolo e troppo affollato.

Vado al supermercato e poi mi incontro con gli Spagnoli con i quali ceno al loro ostello. Mi preparo una bistecca con il solito, immancabile, piatto di riso e vino. Restiamo fuori a chiacchierare un po’ e a programmare la tappa di domani, ma la stanchezza presto prende il sopravvento e ce ne andiamo a nanna.

Io torno al parco dove i giovani sivigliani stanno preparando dei ripari d’emergenza. Il cielo è stellato e non c’è troppo freddo, così non monto neppure la tenda, ma stendo semplicemente lo stuoino e mi infilo nel sacco a pelo. Ancora quattro chiacchiere prima di dormire, ma credo di essermi addormentato mentre ancora stavo parlando. Dormo da dio anche lì per terra, sono sempre di più un animale! Km percorsi:68.

 

 

            SABATO, 23 LUGLIO 2005

 

Sono ormai tre settimane che sono in giro e sto benissimo, non sento la mancanza di chi è a casa (poco anche dei bambini perché so che sono in vacanza) e me la cavo bene sia nelle cose pratiche che in quelle più intime e spirituali.

Magari per il gruppo di ragazzi che ho incontrato risulto un po’ strano:

 loro stanno sempre insieme e decidono e fanno tutto in compagnia; a me invece piace stare anche da solo e decidere le cose con le mie modalità e i miei tempi, che non sempre coincidono con quelli degli altri. Me ne sono venuto via da solo per questo! Un gruppo invece ha delle regole, anche non dette, da rispettare, così se uno si ferma per pisciare tutti si devono fermare, o se uno vuole scattare una foto, ecco che appaiono tutte le mini camere… Io non sono molto portato per queste cose, così spesso mi distacco da loro, faccio un pezzo di strada da solo oppure mentre loro mangiano al ristorante io preferisco le “empanadas” o qualcos’altro e mi stendo su di un prato. Spesso preferisco stare da solo in silenzio e seguire il flusso dei miei pensieri. Ma credo che mi abbiano capito!

 

Stamattina dovrebbe essere il penultimo giorno sul Cammino, se non ci saranno intoppi domani si dovrebbe arrivare a Santiago! Il percorso è semplice: facciamo conto di arrivare a Melide, a circa 40 km da Portomarin, e lì fermarci a mangiare il famoso “pulpo” galiziano nell’altrettanto famoso locale di “Ezequiel”, come il Lupo dei Tre Porcellini! Ormai l’atmosfera è di festa, si è quasi arrivati e anch’io me la prendo più comoda per sfruttare ogni attimo e ogni sensazione. Le persone che ci sono in giro sono diverse, sembrano essere più turisti che pellegrini, più amanti della comodità e dei ristoranti che della fatica e dell’essenzialità. Ho visto degli Italiani che avevano iniziato la tappa camminando, per poi arrivare fino quasi davanti al Rifugio di Palas de Rei in taxi, e mettersi in fila in attesa che aprisse. D’accordo, ognuno ha la sua coscienza, ma ci sono tanti modi per trascorrere le vacane in maniera originale, e secondo me fare gli ultimi 100-150 km, magari gran parte in taxi o in autobus, solo per portare a casa come trofeo la “Compostela”…bè, francamente non lo condivido, se non altro non trovo giusto che tali personaggi possano occupare con l’inganno i letti di coloro che arrivano dopo ore di cammino, a volte stravolti e con piedi e ginocchia a pezzi.

Dicevo, ultimi giorni e clima scanzonato, ma bisogna sempre fare i conti col “Camino”. E’ lui che guida e che decide per te quando ci si può rilassare o se bisogna stare ancora all’erta. Intanto fuori fa fresco, soprattutto di mattina, e in bici si sente ancora di più, anche perché qui l’altitudine è sempre fra i 500 e i 700 metri, e avrei bisogno di una felpa. E la strada prosegue ondulata, un vero “rompigambe”, ed io avrei bisogno di un paio di zampe nuove! Faccio in parte strada asfaltata e in parte sentiero, quando mi sembra che questo sia praticabile dalla mia bici. Intanto il paesaggio è sempre quello “scozzese” di ieri, si attraversano brevi pianure e villaggi e le montagne attorno sono verdi e i campi coltivati a granoturco, oltre a fitti boschi e “costanti oscillazioni del tracciato” come recita la guida che qualcuno mi ha mostrato.

Tutto così fino a Melide, dove giungo per il sentiero e mi “fiondo” da Ezequiel ad attendere gli altri. Arriva per primo Nacho che si siede con me a bere un bicchiere di vino. Dopo un po’ arriva il “gruppone” e prima di mangiare facciamo un salto al Rifugio a lasciare le biciclette (dentro una stalla!) ed a prendere posto per stasera. I dormitori sono da dieci posti, con letti a castello, che qui chiamano “literas”.

Doccia, barba e poi via a provare questo famoso Pulpo. Abbiamo tutti una fame da matti: personalmente ho fatto una scarsa colazione e stamattina, dopo pochi km di salita, fra Portomarin e Gonzar, mi sono fermato a mangiare qualcosa di dolce per andare avanti.

Il pranzo è ottimo e abbondante: con 10 € mangiamo pulpo (tanto pulpo…), insalate varie, patate bollite ed empanadas, il tutto accompagnato da vino tinto e gazzosa. La grappa finale, la loro “Agua ardiente” ha quasi messo fuori uso buona parte di noi!

Un po’ barcollando siamo tornati al rifugio ed io, da bravo pellegrino, incurante delle troppe mosche e del caldo che di pomeriggio è sempre piuttosto opprimente, mi sono addormentato nella veranda, fuori dalla porta d’entrata, concedendomi un “riposino” di sole due ore e mezza, durante le quali il buon Nacho, fotografo ufficiale della compagnia, mi ha immortalato in diverse pose.

Al risveglio, al quale sono stato costretto dal tanto vociare degli ospiti del Rifugio, sono andato con gli altri a fare un giro per il paese, dove si respira allegria e si sentono uscire dalle case musiche galiziane suonate con le cornamuse e le chitarre.

La cena, dopo l’abbuffata di oggi, è a base di panini e la consumiamo nella cucina dell’Ostello per poi uscire sulla panchina a “digerire”. Stiamo fuori poco, domani si arriva a Santiago e la sveglia è alle sei e mezza. Dormo nel letto sopra Nacho. Km percorsi:40.

 

 

DOMENICA, 24 LUGLIO 2005

 

Ultimo giorno del Camino! Oggi si arriva a Santiago! Ci svegliamo alle 6:30 come da programmi e facciamo colazione.

Intanto piove. E’ una pioggia strana, non cade a gocce, ma sembra avvolgere, bagna ogni cosa, sembra di essere dentro un bagno turco, ma con l’acqua fredda. L’umidità penetra dentro, l’acqua sembra non arrivare dal cielo, nelle pozzanghere che continuano ad ingrandirsi non si vedono le goccioline cadere. Non sembra una condizione climatica che può cambiare o restare così per del tempo, ma piuttosto uno stato d’essere delle cose, una dimensione, una realtà diversa, un mondo dove tutto convive con l’umidità e la pioggia: ci manca solo di vedere dei pesci nell’aria, oggi potrebbero viverci benissimo!

Partiamo alle 8. Non faccio in tempo a fare il primo chilometro che sono completamente bagnato. Nonostante questo decido di non mettermi il poncho, mi sembra in più, mi sembra una rottura non necessaria…quanto mi sbaglio!!! Prendo la strada normale, quella asfaltata, insieme a Nacho, ma ben presto, nonostante non mi senta in forma a causa della vita col gruppo che mi porta a mangiare e bere un po’ troppo e delle troppe sigarette degli ultimi giorni, me lo lascio dietro. E’ grande e grosso, mi ricorda l’orso Baloo del Libro della Jungla, più lo guardo e più mi accorgo che gli assomiglia, anche col k-way giallo che indossa oggi!

La strada è sempre piuttosto duro, attraversa villaggi e supera piccole valli e fiumi, e questa successione di salite e discese, insieme al freddo e alla pioggia, indurisce ancor di più le gambe. Quando si affrontano le discese bisogna quasi chiudere gli occhi, per la pioggerellina che ti impedisce di vedere e che ti entra nei vestiti, fino ad arrivare sulla pelle e dentro fino alle ossa. Ho paura di scivolare!

La mia maglia “peruviana” è completamente inzuppata ed ho freddo. Sono stato proprio furbo a non mettermi il poncho impermeabile!

Mi fermo sotto una tettoia in legno, provo ad asciugarmi un po’ ma è impossibile, così mi cambio le calze (le scarpe a tennis sembrano aver guadato un fiume!) e indosso il poncho (alla buon ora!) sotto la maglia bagnata, almeno terrà un po’ il vento, spero. Mancano ancora 20 km.

Finalmente arrivo alle ultime salite, le pendenze sono forti, è faticoso, mi sembrano delle pareti perpendicolari, ma ormai sono alla fine, ecco il Monte do Gozo. Tradotto è il Monte del Gaudio, poiché da lì i Pellegrini possono vedere, a una distanza di 5 km, le torri della Cattedrale di Santiago, e godere!

Il sole ogni tanto si fa vedere, ma solo a sprazzi, sembra non volere uscire dalle nuvole. Mi fermo ad ammirare panorama da lassù, dopo un po’ arriva Nachone tutto trafelato, che appena si ferma telefona alla morosa (come sempre) e scatta le solite 300 foto a tutto quel che c’è da fotografare, dalla sua bici infangata agli autoscatti di cui siamo entrambi protagonisti.

Poi scendiamo a Santiago! Siamo fradici fino alle ossa e cerchiamo subito il Rifugio “Aquarium”, del quale abbiamo trovato dei volantini a Melide. E’ un rifugio privato, lo trovo carino, in uno stile hippy, con l’incenso e tanti oggetti artigianali alle pareti. Lo gestiscono due ragazze spagnole e un argentino di Cordoba, che vive qui producendo oggettini in rame. I letti sono tutti occupati, ma, ci dicono, c’è posto per terra. Aggiudicato! Ci fermiamo e paghiamo per due notti. Pranziamo con un piatto di spaghetti alla carbonara e poi, mentre Nacho si fa fare un massaggio, io vado a ritirare la mia Compostela insieme a Maja, una ragazza di Firenze che studia in Francia. Incontro anche gli altri ragazzi del gruppo all’Ufficio del Pellegrino, anche loro lì per la Compostela, e faccio un salto alla Cattedrale, che contemplo solo dall’esterno. E’ imponente, e le piazze tutt’intorno, che già si stanno riempiendo di gente per lo spettacolo di fuochi artificiali di stasera, mi fanno una grande impressione.

Ricevo la mia Compostela, in latino; è il mio “diploma” di pellegrino, anche se sentivo comunque di esserlo, forse da sempre.

Mi sento strano, un po’ deluso, stanco e disorientato. Sono arrivato alla meta, con un giorno di anticipo sui piani, ed ora non so che fare, dopo tanti giorni di continui spostamenti. Per fortuna sono riuscito a godermi il cammino, ho cercato di sfruttare al meglio ogni momento della strada senza pensare al giorno dopo o alla meta. E di questo e per questo sono contento e soddisfatto di me. Sono stato capace di vivere momento per momento, ma evidentemente non l’ho ancora imparato completamente visto che già mi preoccupo di cosa farò nei prossimi giorni. Forza, Damiano, goditi anche le pause!

E ancora troppi turisti, e la vita cittadina e quell’aria di festa esageratamente ostentata, e quell’obbligo di divertirsi a tutti i costi o di dover mangiar fuori e di fare tante cose che il mio spirito ormai “selvatico” non riesce a condividere.

Torno all’Ostello a riposarmi un po’ e ad aspettare che la lavatrice e l’asciugatrice terminino il loro lavoro. Anche Nacho arriva dopo un po’ con la sua Compostela. Verso le 21,30 ci incontriamo con gli altri e facciamo due passi. Ci fermiamo a mangiare un panino e poi ci arrampichiamo sopra la tettoia di un parcheggio ad ammirare lo spettacolo di fuochi artificiali che aprono i festeggiamenti per il giorno dell’Apostolo di domani.

Comincia col buio più assoluto tutto attorno alla Cattedrale, e migliaia di occhi rivolti all’insù. Poi pian piano si accendono le prime fiamme gialle sulle torri e in un crescendo esplodono i mille colori dei fuochi d’artificio. Lo show è molto bello, coloratissimo, i giochi delle luci sono straordinari. Hanno sistemato fuochi artificiali su tutta la Cattedrale, che continua ad illuminarsi e che sembra a tratti incendiarsi. Il rumore degli scoppi ed il fragore provocato dall’entusiasmo dei presenti non mi impedisce di “abbioccarmi”! Il freddo patito stamattina e la fatica delle ultime salite mi hanno tolto ogni energia. Si aggiunga a questo che oggi pomeriggio non mi sono riposato neppure un attimo.

Saluto gli altri e decido di tornare in Ostello, che stasera resta eccezionalmente aperto fino alle due di notte, rinunciando a seguire un concerto di musica afro-brasiliana che dalle prime canzoni mi sembra molto interessante. Incontro alcuni ragazzi che ho già conosciuto all’ostello che mi presentano Alessandro, un altro ragazzo di Ferrara. Resto lì con loro, c’è anche una coppia di ragazzi francesi: lui è identico a Leonardo Di Caprio. Ci prendiamo una birra, ho rinunciato a tornare subito all’Ostello, e restiamo ad ascoltare la musica fino all’una e tre quarti. Poi finalmente ci avviamo all’Aquarium. Stendo lo stuoino su di un tavolo e mi addormento praticamente all’istante, come un angioletto, come sempre! Km percorsi: 53.

 

 

LUNEDI’, 25 LUGLIO 2005

 

Finalmente stamattina non mi sveglio all’alba, anche se ne ho già nostalgia, ma alle 8:30, quando in molti decidono di fare colazione o di uscire per andare in centro. Mi alzo pure io e mi faccio del tè. Penso che dovrei comperarmi qualcosa da vestire, mi serve almeno una felpa, visto che sembra che oggi e pure nei prossimi giorni farà freddo, un paio di sandali poiché i miei sono ormai distrutti, con le suole che si staccano, e un paio di scarpe a tennis, che le mie, oltre a produrre un milione di kilopuzzole (kpz) a causa dell’umidità, sono da buttare.

Ma oggi è festa, è il giorno di Santiago e il Centro Commerciale a due passi dall’Ostello, come tutti i negozi, resta chiuso. Nacho va all’aeroporto per confermare il suo volo di domani per Valencia (sembra ansioso di tornare a casa, a differenza mia) mentre io mi dirigo verso il centro sotto un cielo ancora minaccioso e con le scarpe ancora bagnate.

Entro nella Cattedrale alle 10:27 e quasi senza volerlo mi trovo ad assistere alla Messa, probabilmente la più solenne dell’anno. Mi passano accanto i portantini con la statua dell’Apostolo, è appena finita la processione per le vie della città e la ripongono vicino all’altare. Ci sono diversi schermi lungo tutte le navate che proiettano ciò che la televisione sta riprendendo in diretta nazionale. Mi arriva persino un sms di mia mamma che sta seguendo la cerimonia su TVE via satellite.

L’atmosfera è particolare, positiva, nonostante la formalità, la calca impressionante di gente e le riprese televisive: il Cammino è terminato, è il giorno del Santo, è la fine di un’avventura. La messa è interamente cantata, fanno un intervento anche le Autorità locali, e per questo mi sembra che duri un’eternità! Ed io da quanto non assisto ad una celebrazione di questo tipo? Non ricordo…

Mi stupisce invece il fatto che in mezzo a questa folla, a tutte queste luci e a tante, troppe parole si riesca ad avere momenti di vero raccoglimento, come solo mi è capitato nel silenzio e nell’isolamento dal resto del mondo.

E alla fine il cerimoniale del Botafumeiro, l’immenso incensiere che viene fatto oscillare nel transetto della Cattedrale come un pendolo, sopra le teste dei presenti, stupiti dall’insolita ed originale maniera di spargere fumo e profumo d’incenso tutt’intorno.

Esco dalla Cattedrale che già entrano altre persone, per la Messa del Pellegrino delle 12:30. Rinuncio!

Per le vie e nelle piazze di Santiago ci sono bande di suonatori o gruppi di ballerini che si esibiscono in canti e danze popolari, avvolti nei costumi tradizionali della Galizia. Ovviamente è anche una buona occasione per fare della politica, ed ecco gruppi di accesi sostenitori dell’Indipendenza Galiziana che si riuniscono in cortei chiassosi ma per nulla fanatici, solo con l’intenzione di ricordare a tutti che “non mollano”. E poi compagnie festanti di pellegrini provenienti da tutto il mondo: c’è un fiume di gente ovunque.

Io vado a prendere qualcosa da mangiare, con la segreta speranza di trovare anche un negozietto di vestiti, ma niente da fare. Consumo il pasto al parco e mi fermo lì un po’ a guardare la gente che passa, è proprio tanta! Torno in centro, vado all’ufficio turistico e raccolgo informazioni sugli altri Cammini che portano a Santiago, possono sempre tornare utili, e visito la Cattedrale, in tranquillità. Ci sarebbe un rito da espletare, che consiste nell’abbraccio alla statua dell’Apostolo, oltre ad un percorso ben preciso all’interno, con tanto di “inginocchiamenti” e piroette varie che , assicurano, valgono il perdono di tutti i peccati commessi.

Di farlo non ci penso nemmeno, e per questo probabilmente me ne andrò all’Inferno!

Rivedo Alessandro mentre torno all’Ostello per riposare, scrivere e fare conoscenza dei ragazzi là dentro. Grazie alla mia abilità dialettica sono riuscito ad ottenere la chiave dell’ostello da una delle ragazze, per poter rientrare dopo mezzanotte (orario di chiusura di oggi) per vedere i concerti in piazza di stasera. Esco verso le otto e mezza per andare a cena con gli altri a “Casa Manolo”, il più noto fra i ristoranti a poco prezzo per i pellegrini. E’ quasi così: si mangia abbastanza bene e si spende poco, ma il vino che servono è il peggiore che abbia provato in questo viaggio, anche peggio di quello, tremendo, in tetrapack!

Poi giriamo un po’ per le piazze; piove molto e il concerto comincia in ritardo, si tratta di musica galiziana, molto simile come suoni e come strumenti utilizzati a quella irlandese, probabilmente perché entrambe le culture affondano profondamente le loro radici nell’antico mondo dei Celti. Mi piace questa musica, ma più tardi inizia un altro spettacolo, stavolta di Blues, e non me lo voglio perdere. Su chi sia il leader del gruppo non ci sono dubbi: è il cantante, che, oltre a voler riempire palesemente la scena, suona anche la chitarra, troppo distorta per il genere di musica. Comunque sono bravi  e apprezzo il concerto, seguito per la maggior parte del tempo sotto la pioggia. Finisce verso l’una e torniamo all’Ostello. Dormo in un letto, stanotte, e mi addormento pensando che il Cammino è finito, almeno per ora…

   

 

MARTEDI’, 26 LUGLIO 2005

 

Stamattina esco a fare colazione con Nacho al Centro Commerciale, così dopo finalmente mi potrò comprare la tanto anelata (e necessaria) felpa. Prendiamo “cafè con leche” e “tostadas” (fette di pane tostato che servono con burro e marmellata), che ci vengono offerte da una ragazza che lavora in un negozio qui dentro e con la quale avevamo scambiato poche parole da un tavolo all’altro mentre mangiavamo. E’ un gesto di cuore, si capisce, è una gentilezza per me tanto grande, che mi stupisce almeno quanto la apprezzo. Non me l’aspettavo, davvero!

Saluto Nacho, che va all’aeroporto e mi lascia la sua catena per chiudere la bicicletta, visto che la mia l’ho persa da qualche parte. Faccio un giro per i negozi e per l’Ipermercato “Alcampo” dove, oltre a qualche cibaria, acquisto anche scarpe a tennis, ciabatte, k-way, felpa, una maglietta e dei pantaloncini. Torno verso il centro di Santiago, dove ho appuntamento con Anna e Riccardo. Mangiamo una paella molto gustosa presa in una rosticceria e subito dopo partiamo alla volta di Negriera, prima tappa per raggiungere Finisterre, ultima tappa dei pellegrini che vogliono arrivare fino all’Oceano, fino alla Fine del Mondo.

La strada, su nazionale, naturalmente è ondulata, come tutte quelle della Galizia. Arriviamo all’Ostello dopo aver percorso circa 25 km. C’è già molta gente, manca però l’hostelera, che, ci dicono, arriverà più tardi. In compenso Internet è gratis. I letti sono tutti occupati, ma ci sono vari materassini a disposizione da mettere per terra nella sala da pranzo o all’aperto. Io non mi preoccupo neanche di accaparrarmene uno, so già che dormirò fuori, per terra sotto la grande tettoia.

Arrivano dopo un po’ anche due “ragazze” di Verona, che si lamentano di tutto, dalla cucina che naturalmente non è impeccabile, alle pentole, che qualcuno non si è ancora sbrigato a lavare visto che devono usarle loro. Hanno intenzione di fare il Cammino da Santiago a Finisterre, è il loro primo giorno, le gambe sarebbero già da buttare via, tanto hanno faticato per arrivare fin lì. Ma io mi chiedo: chi le ha mai obbligate a fare tutto ciò? Il Cammino non deve essere una sofferenza, un mezzo per aumentare la propria rabbia. Una fatica, sì, di sicuro, a volte una faticaccia, ma se uno pensa che sia solamente una vacanza in mezzo alla natura credo che non possa partire con lo spirito giusto per affrontarlo in una maniera da permettergli di apprezzarlo in tutta la sua particolarità. I casi in cui bisogna adattarsi alle più diverse situazioni sono tanti, non è come andare a fare escursioni in montagna, dove alla sera, quando torni all’ hotel o più semplicemente alla pensioncina, sei sicuro di fare un bagno caldo e di rifocillarti come si deve. E neppure come quando si arriva ad un rifugio alpino, dove ti fanno da mangiare e dormi di sicuro in un letto.

Anna va a fare la spesa al supermercato in paese e quando torna ci facciamo una spaghettata aglio-olio-peperoncino.

Digestivo con qualche sigaretta “truccata” con un gruppo di Spagnoli, fra cui anche Carlos, che io avevo ribattezzato Jesus già qualche giorno fa, quando l’avevo visto sulla salita verso il Cebreiro, mentre camminava scalzo. Con la sua barba, i capelli lunghi ed una veste fino ai piedi mi era subito sembrato il Messia, oppure un’allucinazione dovuta alla fatica. Lo ritrovo qui e mi rendo conto che esiste davvero, ed è pure simpatico.

Si sono unite a noi anche due ragazze di Belluno, che ci raccontano di aver camminato per qualche giorno spingendo un carrello della spesa dove avevano riposto i loro zaini. Mi immagino la fatica di queste due mentre salivano per i sentieri con i sassi sotto le ruotine del carrello. Pazzesco!

Anna se ne va a dormire nella camerata, mentre Riccardo ed io restiamo fuori, sotto la tettoia, valutando anche la possibilità di fare un salto in Irlanda dopo Finisterre.

Durante la notte piove forte, ma non ci bagniamo per niente e come al solito dormo perfettamente. Km percorsi:23.

 

 

 

MERCOLEDI’, 27 LUGLIO 2005

 

Oggi è stata una giornata, un’altra, molto particolare, durante la quale è risultato fondamentale tenere tutti i sensi all’erta per riuscire a seguire i segnali che mi si sono presentati.

Dopo colazione siamo partiti io, Riccardo ed Anna. Il cielo non promette nulla di buono. Riccardo decide di andare per il Camino, mentre Anna viene con me per la strada; l’appuntamento è a Finisterre.

Ci fermiamo a far colazione che gia comincia a piovere e quando ripartiamo prendendo la strada nazionale viene giù il finimondo. Inoltre ci sono i camion che, superandoci, provocano spostamenti d’aria che si aggiungono alle folate di vento e la situazione diventa pericolosa.

E in mezzo a tutto questo marasma non si vede un cazzo!

Ci fermiamo praticamente subito al riparo di una tettoia, bagnati fino alle ossa; ci spostiamo sotto un’altra più grande, dove possiamo stare seduti. Continua a piovere. Prima piano, poi un po’ più forte, sempre più forte e poi smette per qualche minuto per poi riprendere con lo stesso ordine. Così per due ore e mezza!

Chiedo alla padrona della casa (e della tettoia) degli asciugamani per noi e della carta di giornale da mettere dentro le scarpe a tennis per assorbire un po’ d’acqua. Quando il tempo sembra rimettersi un po’ a posto, torniamo verso il centro per comprare qualcosa da mangiare e andare di nuovo all’Ostello e decidere se continuare per Finisterre o se cambiare rotta e seguire il Cammino Portoghese. Intanto rifletto un attimo e mi chiedo il motivo per cui mi sono dovuto fermare qui. Ho ricevuto un segnale abbastanza forte (il temporale) che mi ha obbligato a questo stop; ma quali altri segnali dovrò seguire? Chi incontrerò o cosa mi succederà in questo posto che, visto come stanno andando le cose, sembra essere il mio destino odierno?

Intanto all’Ostello arriva altra gente. Si è fermato anche Carlos-Jesus, che mi dice che vorrebbe arrivare a Vigo e da lì prendere un cargo per il Sud America dove continuare il pellegrinaggio per le Ande. Parliamo di tante cose, in particolare mi dà una perla di saggezza sul dare e ricevere, dettata da una sua esperienza personale accadutagli in questi giorni. Quanto più dai, di cuore e senza aspettarti nulla in cambio dalla persona a cui dai, tanto più ricevi, non per forza dalla stessa persona, e quando meno te l’aspetti. Così come nell’ Amore. Mi ricordo una frase che era molto in voga ai tempi di scuola e che si annotava nei diari degli amici: “In the end the love you give is equal to the love you take”. Credo che ci sia una forza, un’energia, che avvolge tutto e che provoca un continuo interscambio fra tutte le cose. Ti dà qualcosa di buono se hai dato di cuore, e ti dà negatività se hai dato negatività.

 

Intanto sono indeciso, sto aspettando qualcosa, non ho fretta e non voglio confondermi. Anna invece ha fretta di sapere cosa vogliamo (vogliamo? Per me lei può fare quello che vuole, mica dobbiamo per forza continuare insieme; non la voglio certo obbligare a stare con me, ci mancherebbe!) fare, verso dove andare. Io tento di spiegarle la mia situazione di indecisione e di attesa e lei la interpreta come una maniera di liberarmi da lei. Forse inconsciamente è proprio così, ma non sto facendo il prezioso. Quando arriva l’hostelera che ci dice che lì non si può dormire per due notti di fila, Anna è quasi disperata, la prega quasi in ginocchio supplicandola di poter star lì, che sta anche a dormire per terra senza materasso e che non usa il bagno e poi, cosa più carina per farsi compatire, dice che oggi ha seguito la persona sbagliata! Cioè me! Le dico a chiare lettere che nessuno l’ha obbligata a farlo, che ha scelto lei di venire con me, e l’hostelera mi fa cenno che anche lei la pensa così, dando ragione a me e della sciocca a lei. Donne…

Parlo dei segnali a Carlos, che mi sorprende dicendomi che anche lui si sta chiedendo il perché si sia dovuto fermare, anche lui si aspetta qualcosa…

Intanto arriva altra gente, Italiani, due dei quali, di Benevento, ho già incontrato qualche giorno fa. Sono Rocco e Sergio, e quest’ultimo mi consiglia di non spostarmi per oggi, che stanno arrivando altri ragazzi per cui prevede una bella serata. Io però sono ancora indeciso… Inizio a parlare con Flavio, un “ragazzo” di circa 50 anni, e scopro che lui è proprio la persona che ha descritto il Cammino Portoghese sul sito Internet Pellegrinando.it, il sito più conosciuto sul Cammino di Santiago in Italia.

Ecco finalmente il segnale!!!

Gli chiedo notizie su questo percorso, mi informo sulle tappe, sui Rifugi e i luoghi dove fermarsi, cosa c’è da visitare, fino a dove si può arrivare…

E la decisione ora è presa, il motivo per cui mi sono dovuto fermare è chiaro: devo proseguire verso il Portogallo, magari arrivando fino a Porto!

Così, con l’animo più leggero, vado con Anna e Giuseppe (un nuovo arrivato di Torino, anche lui in bicicletta) a fare la spesa. Al ritorno all’Ostello ho un’altra bella sorpresa: sono infatti arrivati i due ragazzi di Napoli, quelli delle spade, che avevo conosciuto a Villafranca del Bierzo e che poi avevo rivisto al Cebreiro.

E inizia la grande festa: pasta, vino e tanta gioia di essere insieme! C’è anche Stefano, seminarista di Ponso, e Ivan, croato di Brescia. Siamo un gruppo casinista di quasi venti persone, fra le quali anche Carlos-Jesus, un giovane vietnamita, altri Spagnoli e Italiani che si sono uniti a noi.

E’ la serata più bella. Ora della fine ci scoliamo una decina di bottiglie di vino “tinto”, con Paolino che fa la spola fra l’ostello e un bar del centro dove fa riempire le bottiglie man mano che si vuotano. Ci scambiamo indirizzi e numeri di telefono e si sprecano le promesse di eterna amicizia e di rivederci in Italia al più presto. Il cibo è semplice ma appetitoso, così come la compagnia è fantastica.

Domani tutti continuano per Finisterre ed anche a me viene voglia di andare avanti con loro, ma domani sarà un altro giorno, diverso da oggi, ed oggi è irripetibile.

Arriva l’hostelera, sono quasi le undici, e ci dice che è ora di fare silenzio e di coricarsi. Aspettiamo che se ne vada e poi da bravi discoli sgattaioliamo di nuovo fuori in veranda a finire le ultime bottiglie di vino e a fumare l’ultimo “porrito”.

E’ l’una passata quando ci decidiamo di andare veramente a dormire. Io resto fuori, per terra, con Carlos. Mi sono affezionato a quel posto, ci sto bene. E, neanche a dirlo, mi addormento subito!

Oggi mi ha colpito particolarmente la profondità di Paolino, uno dei due fratelli napoletani con la passione per le spade. E’ una profondità autentica, vera, e mi risulta strana, insolita per un ragazzo di 17 anni. Mi ha raccontato del suo bagno nella fonte di Lourdes, dal quale è riemerso completamente secco. E per la maniera di raccontarlo, per l’autentico stupore e la gioia che sprigionava mi è sembrato di vivere le sue emozioni; e poi il suo entusiasmo quasi incontenibile per aver ricevuto la Compostela, dopo un pellegrinaggio così duro. E’ davvero una persona di cuore, appassionata, vera. Gli ho regalato la mia maglia peruviana, raccontandogli la sua storia e quanto importante sia per me, ed ora siamo fratelli!

Eddy invece ha regalato a ciascuno di noi una piccola pietra pomice lavorata da lui col coltellino, dono che ho apprezzato molto.

 

 

            GIOVEDI’, 28 LUGLIO 2005

 

E’ stupendo svegliarsi alla mattina, ogni giorno, con una carica nuova, senza sapere cosa farai, dove arriverai, chi incontrerai. E’ questa, secondo me, la benedizione di ogni nuovo giorno e il vero motivo per cui vale la pena viverlo davvero. Ti addormenti la sera arricchito di nuove esperienze, di nuove conoscenze, e di questo devi ringraziare, per poi svegliarti il mattino dopo in un giorno nuovo e come un uomo nuovo, con l’odore e la promessa che anche questo sarà speciale e diverso da tutti quelli vissuti finora. Tutto ciò è eccitante e molto stimolante ed è per questo che anche se hai dormito poco o bevuto e fumato troppo, c’è dentro di te un’energia sempre nuova che si rigenera attingendo nel profondo del tuo essere.

 

E così stamattina sono partito da solo per una nuova avventura. Tutta la compagnia di ieri sera è partita per Finisterre, con Paolino e Anna che si sono scambiati i mezzi di trasporto, con lui in bici di lei e lei con lo zaino di lui e a piedi. Io invece taglio verso Sud, verso il Cammino Portoghese, senza tornare a Santiago.

Procedo per strade che salgono e scendono le colline, tagliando le piccole valli, accompagnato da una pioggia prima intermittente e poi continua. Attraverso Padron e Caldas de Reis, località caratteristiche con vestigia romaniche e con strade lastricate che sicuramente apprezzerei di più se ci fosse il sole.

Arrivo a Pontevedra nel pomeriggio, bagnato fradicio. Il Rifugio è grande e appena ristrutturato, l’unico particolare è che sono l’unico ospite ed ho circa 90 letti fra cui scegliere.

Nella stanzetta adibita a lavanderia appendo tutti i miei abiti, alcuni solo appena umidi, altri che devo strizzare tanta è l’acqua che hanno assorbito; poi mi preparo qualcosa da mangiare col mio fornellino.

L’hostelero mi dà indicazioni per raggiungere il centro della città e il supermercato, e mi dice cosa c’è di interessante da vedere giù in città. Io ringrazio, prima di uscire mi riposo un po’, dico, cosi mi butto sul letto e quando mi risveglio sono passate più di due ore. Addio visita turistica! Vado comunque al centro dove per le strade e nella piazza principale c’è un sacco di gente. Mi fermo al supermercato (ma quanto mangio?) mentre ricomincia a piovere (ma quanto piove in Galizia?). Torno all’Ostello e sono praticamente da solo. Per fortuna c’è Internet. E’ gratis, e mi intrattengo in rete fino a mezzanotte. Km percorsi: 70.

 

 

 

VENERDI’, 29 LUGLIO 2005

 

Parto dall’ostello deserto verso le dieci, un po’ tardi…

Oggi il tempo è migliore. Passo per Redondela e mi faccio fare l’ultimo “sello” del Camino in terra spagnola, non so se anche in Portogallo mi timbreranno la Credenziale. Poi continuo verso la frontiera, verso il paese di Tui, che supero nel primo pomeriggio. Il paesaggio è molto bello, in mezzo a montagne verdi e non troppo alte. Valença do Minho è il primo avamposto in terra portoghese e qui mi fermo all’ufficio turistico per chiedere notizie e una cartina della zona. Parlo spagnolo e mi capiscono, bene così!

Proseguo per Ponte do Lima, lungo una stretta strada nazionale che passa in mezzo ai boschi. Veramente un bel percorso, e anche se si sale e si scende è abbastanza tranquillo. Noto ai lati della strada molti bar, anche isolati e fuori dai centri abitati, luoghi di ristoro per tutti gli assetati, che a giudicare dal numero dei locali devono essere molti.

Mi colpiscono altre due cose riguardo il Portogallo e i suoi abitanti: nei centri dei paesi le strade non sono asfaltate, ma ricoperte di sampietrini, per la felicità delle ruote della mia bici e del mio didietro, e poi che i portoghesi hanno un’idea fatta a modo loro riguardo le distanze, infatti i 15 km che più di uno di loro mi aveva indicato, si sono rivelati quasi 30!

A Ponte do Lima, bellissima cittadina caratterizzata da un ponte romano sul fiume Lima, mi fermo ad un chioschetto che si trova nel parco al lato del fiume dove bevo la mia prima birra portoghese per la modica cifra di 0.90 €.

Si sta bene, l’atmosfera rilassata mi dà gioia e la gentilezza delle persone e la bellezza del paesaggio mi hanno fatto ricredere sull’idea che mi ero fatto sulla scontrosità dei Portoghesi e sull’asprezza del territorio. E in più le poche ragazze che ho incrociato mi sono sembrate veramente carine!

Cerco un posto per dormire all’Ostello della Gioventù , ma è un po’ troppo caro e così seguo i consigli di Flavio e cerco i “Bombeiros”, i Pompieri, i quali ospitano i Pellegrini nelle loro caserme. E’ proprio così, e mi ritrovo in una sala-riunioni tutta per me, dove posso stendere stuoia e sacco a pelo per questa notte. Posso anche utilizzare il loro bagno e le docce, cosa che non mi faccio ripetere due volte. Sono tutto solo, anche qui non c’è traccia di altri pellegrini. Va bè, dormirò presto…

Mi faccio la doccia e poi un giretto per il paese che mi piace immediatamente con le sue viuzze strette, i bar e i localini dove servono da mangiare al bancone. Mi fermo ad assaggiare qualcosa di tradizionale di qui: un panino con arrosto e un’omelette con l’immancabile baccalà, che qui si serve in ogni modo possibile ed immaginabile, accompagnati con un calice di vino nero e uno di bianco. Torno alla Stazione dei Pompieri ed ho una sorpresa: sono arrivati cinque ragazzi portoghesi, tre ragazzi e due ragazze, che stanno andando in bicicletta verso Santiago. Sono tutti dei canoisti quasi professionisti, tutti Campioni Nazionali nelle loro categorie, e quindi super appassionati di sport. Abitano vicino a Porto e sono tutti molto simpatici, alla faccia della “saudade”, la malinconia per cui questo popolo è famoso. Chiacchieriamo in Inglese e ci riusciamo a capire, loro lo parlano molto meglio di me! Km percorsi: 90.

 

 

SABATO, 30 LUGLIO 2005

 

Mi sveglio presto, verso le sette, mi alzo per farmi la barba e poi mi ributto sullo stuoino vicino agli altri che ancora dormono. Non ho voglia di tirarmi su subito e riposo un altro po’.

Finalmente ci decidiamo ad affrontare il nuovo giorno e, dopo aver preparato i nostri bagagli, andiamo a fare colazione ad un bar lungo il Lima.

Ci salutiamo scambiandoci cartoline e piccoli regali, poi loro proseguono verso Redondela, sul Cammino, ed io verso Porto. Attraverso Barcelos e mi dirigo verso Vila do Conde, dove c’è un vento molto forte che tira, per fortuna, da Nord verso Sud, cioè, per una volta, nella direzione in cui sto andando io. Mi prendo qualcosa da mangiare al supermercato, poi attraverso la città e mi dirigo verso il mare. Ed ecco finalmente l’Oceano! Grande, immenso, con una spiaggia di sabbia che digrada verso il mare. Sulla riva e un po’ più in là in mezzo al mare ci sono grandi rocce su cui le onde si infrangono, trasformando l’acqua in una sottile nebbiolina, che poi torna ad essere onda. E’ uno spettacolo che non avevo mai visto, ha un’energia forte e grande è l’emozione che mi dà.

Mi siedo su di un muretto sul lungomare, sopra la spiaggia, dove è allestito un campo di Beach-soccer sulla sabbia, circondato da gradinate. Si sta svolgendo un torneo, con squadre di bambini e di giovani, persino un torneo tutto al femminile, con le calciatrici che se le danno di santa ragione.

C’è un vento forte e non c’è nessuno a fare il bagno, a causa anche dell’acqua fredda, ma qui saranno abituati, io provo a mettere un piede in acqua ma a me sembra di entrare in un freezer!

Il torneo di beach-soccer, col susseguirsi di partite, mi ipnotizza e resto lì per tre ore.

Riparto e quasi non pedalo, è il vento che mi sospinge alla ricerca di un campeggio. Ne trovo uno a 5 km di distanza. Prendo possesso della mia piazzola, mi faccio una doccia (oggi sono anche insabbiato e salmastro) e mi cucino qualcosa. Il campeggio è organizzatissimo, infatti più tardi su di un palco allestito per l’occasione, si esibiscono cantanti e cabarettisti, mentre sotto si balla. Anch’io vengo invitato a ballare o a fare quattro passi da una ragazza parecchio più vecchia di me che mi fa gli occhi dolci…declino gentilmente l’offerta.

Il clima del cammino ormai è definitivamente tramontato, ma lo vorrei sentire ancora. E’ una sensazione che mi dà sicurezza e calore. La gente qui è diversa, giustamente, qui è in vacanza, ma io ho già nostalgia di tante cose e situazioni incontrate sul Cammino. Mi mancano le persone conosciute là, la profondità dei discorsi, la schiettezza degli sguardi, della gioia vista in ogni sorriso; di quello che credo di avere imparato, dell’essere sempre alla ricerca di qualcosa di fantastico senza sapere cosa si troverà.

Sento la mancanza delle frecce da seguire, quelle frecce gialle che tanto mi hanno accompagnato e che tanto porto dentro di me.

Stasera sono un po’ asociale: non conosco nessuno e vado in tenda presto. Buonanotte! Km fatti:74.

 

 

DOMENICA, 31 LUGLIO 2005

 

E oggi dovrei arrivare a Porto! Seguo la strada costiera e attraverso tutta una serie di paesini dove c’è un sacco di gente in festa. Già, oggi è domenica e dalle case e dalle “churrascarias” giungono profumi molto invitanti di carne e pesce cucinati sulla griglia. Ricordo con un po’ di nostalgia le domeniche a casa dai miei nonni, quando ci trovavamo tutti insieme per il pranzo domenicale, poi le cose cambiano…

Giungo fino a Matosinhos, dove mi perdo nel cercare la strada per Porto e per evitare l’autostrada e dopo aver chiesto informazioni ad una decina di persone riesco ad arrivare alla strada litoranea che mi porta direttamente alla foce del fiume Douro e quindi alla periferia di Porto.

Vedo le spiagge e la gente che prende il sole, in pochi sono in acqua: farà pure caldo, ma il vento è forte.

Mi catapulto all’Ostello della Gioventù, che è a 4 km dal centro; doccia e poi riposino di due ore. Sono in una stanza con quattro letti, ma solo un altro, oltre il mio, è occupato.

Sulla veranda dell’ostello conosco Leandro, un brasiliano col quale faccio subito amicizia e che mi racconta di aver appena terminato pure lui il Cammino di Santiago in bicicletta, siamo sintonizzati sulla stessa frequenza. Ci scambiamo impressioni ed esperienze ed è bello confrontarsi dopo una simile avventura.

Vicino all’ostello c’è una festa della birra e ci andiamo con altri ragazzi conosciuti lì. Siamo in cinque e ci beviamo 10 litri di birra che vengono serviti in caraffe alte due metri e mangiamo qualche porcheria locale.

Di Porto oggi non ho visto nulla, ma la giornata è stata positiva lo stesso. Km percorsi: 40

 

 

   

 

   

 

ALLA “FINE DEL MONDO”

 

Santiago-Finisterre solo andata

 

   

 

SABATO, 13 AGOSTO 2005

 

Ed eccomi di nuovo a Santiago…Che dire? Non mi rimaneva altra possibilità: il richiamo che questo magico cammino esercita su di me è troppo forte.

Le ultime due settimane le ho trascorse in Portogallo, e mi è piaciuto molto.

Non ho scritto perché non ho avuto l’ispirazione e la voglia di farlo.

Ho passato diversi giorni a Porto, che nonostante l’impressione iniziale non particolarmente entusiasmante ho poi apprezzato tanto per la sua originalità e particolarità, con le sue cantine e le sue strade, la sua “ribeira” e i suoi ponti. Credo che sia una delle città più “vive” che abbia mai visitato. Ci sono quartieri vecchi, con le persone che sembrano venire da un’altra epoca e i bambini che giocano sporchi per le strade, e le zone moderne con i centri commerciali e i locali alla moda, dove si incontrano soprattutto turisti italiani!

E poi ho trascorso una settimana a Vila Do Conde, a 40 km a nord di Porto, dove ho fatto un po’ di vacanza al mare, anzi di Oceano, dormendo al campeggio di Arzurara. Lì ho trascorso molto tempo con i ragazzi incontrati a Ponte do Lima, dopo che sono tornati anche loro dal pellegrinaggio a Santiago. Ho così potuto conoscere meglio come la pensa la gente di questo paese, sicuramente un po’ chiuso e forse un po’ arretrato rispetto l’Europa “ricca”, ma pieno di persone cariche di umanità, simpatia ed estremamente accoglienti. Ho anche potuto così apprezzare la bellezza di un Paese pieno di Parchi Naturali marittimi e montani, non ancora “globalizzati”.

Mi sono anche messo ad imparare un po’ di portoghese, trascorrendo delle mezze giornate nella biblioteca cittadina, quando fuori pioveva. Lo trovo un segno di rispetto nei confronti di chi mi ha accolto cosi bene, e poi a me piace studiare le lingue per poter comunicare almeno un po’ con tutta la gente che incontro! Ed ora “Falo um pouco de portugues”!

Ho mangiato tanta carne alla griglia nella “churrascaria” vicino al Camping, dove con 5 € ti potevi riempire abbondantemente la pancia ed altrettanto copiosamente dissetare con la birra nazionale.

Sono stato in spiaggia, di giorno e di notte, ho fatto il bagno nell’Oceano con l’acqua fredda e le onde alte.

A Porto, dove ho anche conosciuto Sara e Tanja, due ragazze croate veramente in gamba, ho fatto un giro turistico in trenino per le vie della città e in barca lungo il fiume Douro; ho visitato le cantine del vino “Porto” e ne ho fatto una, anzi due degustazioni apprezzandolo proprio tanto, nonostante il vino dolce non sia il mio tipo preferito.

Ho passato due serate splendide a cena con il gruppo di ragazzi di Vila do Conde, una a casa di Gualter (anche lui canoista e che mi ha confidato di puntare a partecipare alle prossime Olimpiadi) ed una a Porto dove ci siamo gustati il “bacalau” con un azzeccatissimo vino bianco.

Splendida è stata anche la giornata trascorsa a Porto a visitare i giardini e le antiche muraglie ed il passaggio che ho mi è stato dato in macchina con la bici caricata nel baule.

I ricordi, i momenti belli e le emozioni sono stati davvero tanti e diversi tra loro e voglio portarmeli dentro come un tesoro prezioso. Dalle ore trascorse ad oziare, in attesa di non so che cosa, sul muretto del lungomare vicino al Castello, a Vila do Conde, ai tramonti ed alle notti stellate; dalle chiacchierate con Pedro e la signora Coelho (sì come lo scrittore, ma mi ha assicurato che non sono neppure lontani parenti), alle partite a beach volley al club di Canoa (mai perso nemmeno un set!).

Sono stato messo alla prova ed anche durante i giorni passati lontano dal Cammino credo di avere imparato qualcosa di nuovo riguardo me stesso, della maniera nuova in cui concepisco sentimenti e stati d’animo come l’Amore e la Gelosia; sulla mia capacità di sostenere le mie idee in maniera pacata e tranquilla e di presentarmi per la persona che sono, o meglio, che sto diventando. Tutto è in continuo cambiamento. Tutto è una continua scoperta.

Personalmente mi piaccio di più, anche se “rognoso” e con la barba lunga, con gli stessi vestiti (che comunque lavo sempre con cura) e le stesse scarpe a tennis.

Con la mente libera mi è parso di intuire un passato che non ricordavo o che forse non sapevo fosse mai esistito; con la tranquillità sono riuscito a parlare infinite ore con i miei nuovi amici riguardo la mente e il cuore, cercando di capire quale fra questi due centri comandi l’altro, se ce ne può essere uno più importante e perché.

Abbiamo discusso di gabbie e di prigioni le cui sbarre sono costituite dai giorni sempre uguali di una vita programmata e frustrante, del non aver la voglia o la forza di uscire fuori, dove c’è un mondo fatto di persone e di luoghi magici, che aspettano solo di essere conosciuti per permetterti di sentirti veramente vivo.

E non vivo “sempre uguale”, non vivo perché respiri, ma piuttosto perché ami, e gioisci; ed apprezzi ogni nuovo giorno per le cose sempre diverse che ti porta.

E non vivo dentro una realtà dove tutti i giorni, tutti i mesi e tutti gli anni sono uguali e piatti, in un’esistenza già pianificata fino alla fine, poco diversa da quella di un fiore. Anzi no, forse il fiore riceve dall’esistenza qualcosa in più: infatti quando sboccia ha la capacità di dare gioia, profumo e colore a tutto ciò che lo circonda.

E non vivo nel nostro mondo così materialistico, così consumistico, dove l’apparire e il vivere in funzione di ciò che si aspettano “gli altri” è molto più importante del riuscire ad accettare sé stessi anche coi difetti e dove la ricerca interiore si limita, o forse neanche, alla Messa di Natale.

Siamo abituati a consumare oltre ai nostri bisogni: mangiamo più del necessario, beviamo fino a vomitare, acquistiamo cose che non useremo mai e ci riempiamo di cianfrusaglie che in fretta finiscono dentro un cassetto o in una scatola, per poi dimenticarci perfino del motivo per cui non le buttiamo via.

“Sono un ricordo”, ci diciamo …

E intanto ci attacchiamo al passato e ci dimentichiamo di vivere le emozioni del momento, le gioie e i pianti; tutto ciò che esce dal cuore e dallo stomaco viene spesso bloccato dalla testa, dalla cosiddetta “ragione”, che pensa, pensa, pensa…e crede di capire le emozioni e le cerca di frenare le intuizioni, ma che in realtà non può far nulla di tutto ciò: può solo elaborare dati, cifre e cose di poca importanza; può solo cercare di tradurre in parole quello che il cuore sente o lo stomaco spinge a fare, nulla di più.

 

E intanto ricordo le due notti trascorse ad Aveiro, dove sono arrivato in treno con la bici al seguito con le due ragazze croate, dove sono stato all’Ostello-corridoio per 5 € a notte. Il viaggio in treno è durato due ore e mezza invece di una per un problema tecnico sulla linea ferroviaria, ma questo mi ha permesso di assistere al tramonto più spettacolare mai visto in vita mia, col sole infuocato che si tuffava in mezzo al mare, avvolto nel tripudio dei suoi stessi colori.

Il giorno dopo l’ho passato alla “Praia da barra”, dove sono arrivato in bicicletta e dove ho fatto il primo bagno nell’Oceano in mezzo ad onde altissime e con l’acqua gelata, per poi tornare il giorno dopo a Porto e la sera al campeggio di Arzurara.

Tutto  questo una settimana fa.

Ieri invece sono partito da Vila do Conde in bici, per arrivare a Porto dove ho caricato con me la bici su un autobus Eurolines fino a Santiago.

Sono arrivato alle dieci di sera, ho rimontato la bicicletta e l’ho lasciata nel deposito bagagli insieme ai borsoni e sono arrivato in centro a piedi con lo zaino sulle spalle. Seduto sulle scale della Cattedrale ho conosciuto un gruppo di ragazzi di Brescia e di Firenze, casinisti ed abbondantemente ubriachi, che mi hanno portato con loro a dormire al Rifugio nel Seminario Minore, dove ho trovato posto sull’ultimo letto disponibile.

Ed eccomi finalmente ad oggi!

Il primo pensiero di stamattina è stato quello di spedire la bicicletta. E’ diventata improvvisamente un ingombro perché portarla in treno o in autobus qui in Spagna è un problema, soprattutto in questi giorni di festa (a Santiago è festivo anche il 16) e in pieno Agosto. Spedirla per mezzo di corrieri privati è improponibile, vogliono 272 €, provo per posta normale.

Poi in realtà non so cosa farò, magari torno a casa: Santiago continua ad essere un casino, più di quando ero arrivato venti giorni fa. Sembra di stare a Rimini o a Gardaland per l’atmosfera che c’è: file interminabili fuori dall’Ufficio del Pellegrino per ritirare la Compostela, chiasso per le strade e nulla a che vedere con il clima trovato sul Cammino.

Sono disgustato, schifato e amareggiato, ma è così, non ci posso fare niente; l’aria che si respira è quella del business più sfrenato e gli scatti delle macchine fotografiche sono continui; gli schiamazzi e le famiglie o le compagnie stressate non si contano ed io voglio andare via di qui, voglio cercare un treno, un aereo o un autobus che mi porti da qualche altra parte. Ma non ho idea di dove andare: non ho per nulla voglia di spiagge affollate o di città incandescenti.

Vedrò, aspetterò un segnale ancora una volta, cercherò di stare tranquillo e di non agitarmi nel cercare una soluzione che verrà da sola, con la mente libera e il cuore aperto, e qualche cosa succederà.

Intanto “impacchetto” la bicicletta, col cartone e la plastica per i pacchi e sigillo il tutto con del nastro adesivo adatto e la spedisco per “Correo”. All’ufficio postale mi avvertono che ci metterà circa tre settimane per arrivare in Italia, probabilmente dovrò aspettarla…

Pranzo con una ciotola di Paella, presa alla solita rosticceria/supermercato vicino alla Cattedrale e aspetto Michele e gli altri che sono andati a ritirare la Compostela.

Michele e “gli altri” sono un gruppo di gente che avevo conosciuto all’inizio del Cammino, a Puente la Reina: c’è Michele, il cuoco di Firenze, due ragazze israeliane, due spagnoli e Daniela, italiana di Monza, e sono anche loro allo stesso mio Rifugio, dove torniamo tutti insieme dopo che anche loro hanno pranzato. Lì incontro Roberto, uno dei bresciani, che mi dice che loro domani partono per Finisterre, a piedi.

Potrebbe essere un’ idea…

Intanto noi che ci consideriamo dei pellegrini “veri” siamo concordi sul ritenere Santiago più che un luogo di raccoglimento, una città adatta a turisti spendaccioni. Trascorro il pomeriggio al Seminario, suonando e cantando con una chitarra presa in prestito, faccio una doccia e tante chiacchiere come al solito con la gente che c’è. Conosco fra questi anche un gruppo di Scouts di Vicenza che domani devono tornare in Italia, alcuni però sono ancora senza biglietto e non sanno come fare… Sono più o meno nelle mie stesse condizioni, solo che loro devono per forza rientrare domani.

Scendo alla stazione dei treni, dopo che a quella degli autobus mi hanno detto che è impossibile trovare posti liberi (qui bisogna sempre prenotare) in questi giorni. Volevo trovare un passaggio per avvicinarmi un po’ a casa, ma anche in treno è un impresa quasi disperata: bisogna fare mille cambi e mille ore in attesa…non fa per me!

Torno al Rifugio e intanto penso che non ho molte scelte: o resto ancora qualche giorno a Santiago, cosa che escludo a priori, o me ne vado a Finisterre con Roberto, Giordano e Bruno. E anche questa volta scelgo l’unica strada che mi resta aperta in maniera palese, senza sforzare le situazioni: vado a Finisterre anch’io.

Gli altri vanno tutti a mangiare a Casa Manolo, io non ne ho voglia, mi prendo un pezzo di carne e me lo mangio sulla scalinata di piazza Obradoiro. Stasera bisogna rientrare al Seminario alle undici, è sabato e chiudono presto, per impedire ai pellegrini di tornare troppo ubriachi e schiamazzanti. Io, Roberto e il ragazzo di Firenze ci sistemiamo in corridoio, con le nostre stuoie: si può parlare un po’ senza disturbare gli altri.

Domattina sveglia alle 4,30! Mi sento carico, sta per cominciare una nuova avventura!

 

 

 

DOMENICA, 14 AGOSTO 2005

 

Arriva Bruno, puntuale, alle 4,30, a svegliare Roberto. Li sento parlare in bresciano stretto e non capisco niente, sembra un linguaggio da setta massonica!

Comunque mi alzo anch’io, allucinato, ed alle cinque siamo già in marcia.

Attraversiamo la piazza della Cattedrale, deserta, e ci avviamo per la strada che avevo già calcato più di due settimane fa, in bicicletta con Anna e Riccardo. Ci addentriamo nel bosco che c’è ancora buio pesto, uniche luci le stelle del cielo e le piccole torce di Bruno e Roberto. I tre bresciani camminano veloci, sono abituati a fare trekking sulle loro montagne e in più vengono da dieci giorni di Cammino. Sul sentiero incontriamo anche Flor, una ragazza argentina partita anche lei stamattina per Finisterre. Anche lei cammina velocemente, oggi però ha un dolorino ad una gamba e le sembra di andar piano.

Non ho fatto colazione, ho ancora la pancia vuota e non vedo l’ora di trovare un bar per farmi un caffelatte e delle “tostadas” con burro e marmellata. Quando fa luce, verso le sette, lascio gli altri andare avanti, non riesco a tenere il loro ritmo!

Cammino con calma, mi piace! Mi sento libero, un pellegrino d’altri tempi; seguo il corso dei miei pensieri mentre attraverso i boschi su e giù per le colline ed i piccoli paesi. Giungo finalmente ad un bar verso le otto e mezza, dove incontro anche gli altri. Sono lì da una decina di minuti, non mi hanno dato un distacco così grande!

Faccio colazione e mi riprendo un po’. Ripartiamo ma ancora li lascio andare avanti, tanto non mi perdo, basta seguire le frecce gialle per terra!

Ancora boschi, ancora dolci salite in mezzo a prati, qualche tratto di strada asfaltata ed eccomi alle porte di Negriera, un’altra volta. La strada per arrivare al centro mi è familiare, l’ho già fatta in bici ed ogni particolare mi è noto e mi riporta alle sensazioni di quei momenti.

Giungo al paese, mi fermo al “solito” supermercato e compro un po’ di frutta. Arrivo al Rifugio alle 11:45, non ho difficoltà a trovarlo in quanto ci ho già trascorso due notti ed ho dei ricordi bellissimi.

Gli altri sono già lì insieme a Flor e ad una coppia di Spagnoli e stanno scendendo a prendere qualcosa da mangiare; io invece resto lì, voglio farmi una doccia, c’è un caldo folle e mi devo riprendere dopo più di sei ore di cammino e circa 30 km percorsi.

Sotto la tettoia del Rifugio, dove ho dormito con pioggia e vento, c’è ancora il cordino che abbiamo appeso io e Carlos per asciugare i vestiti…che bello!

Mi mangio il melone e le pesche che ho preso e intanto l’Ostello si anima un po’: arrivano altri pellegrini, due dei quali in taxi fin sotto la tettoia (cosa che ci fa infuriare) e i letti si occupano in fretta. Io so già che dormirò fuori anche stasera, da bestiaccia che sono!

Mi faccio la doccia ed esco di nuovo al supermercato per comprare cibo per la cena di stasera e la colazione di domani. Intanto per strada incontro altri pellegrini. E noi che credevamo di essere gli unici stasera!

Conosco Teresa e Gemma, madre e figlia di 48 e 20 anni, vengono da Valencia e sono molto affiatate; Inma, anche lei di Valencia, e Damien, ragazzo francese che si è unito a loro lungo il Cammino della Plata, quello che arriva a Santiago da Siviglia, il più caloroso in questo periodo.

Costituiscono un gruppo molto simpatico e facciamo subito amicizia.

Arriva l’hostelera e si ricorda di me. Baci e abbracci.

Le raccontiamo la storia delle due “pellegrine” arrivate in taxi e con serio cipiglio dice che ci pensa lei a risolvere la cosa.

Non ho molto da fare così mi metto a pelare il mio bastone da pellegrino, raccolto stamattina in un bosco ed ancora avvolto dalla corteccia. Per questo lavoro uso il mio coltellaccio che viene dall’Argentina, ribattezzato “Rambo” da Roberto.

Il pomeriggio trascorre bene, tra chiacchiere, pisolini, Internet e massaggi ai piedi.

Gemma e Teresa sono veramente simpatiche, credo che il mondo sarebbe migliore se ci fosse più gente come loro: complici e amiche, tranquille e senza tanti problemi per adattarsi alle varie situazioni e con pochi fronzoli. Mi piacciono proprio!

Arriva ora di cena che cominciamo con un aperitivo a base, ovviamente, di vino e di “avanzi” del pranzo di mezzogiorno; poi ci prepariamo la pasta. Quando finiamo contiamo i “morti”: sul campo restano tre bottiglie di vino, ma i bresciani, non contenti, scendono in paese per digerire e bere l’ultima agua ardiente. Che fegato!!! Che sia quello il motivo del loro passo così spedito?

Io resto in Ostello, c’è veramente tanta gente e molti dormiranno fuori, all’aperto, nella veranda e in giardino, alcuni hanno pure montato le tende.

Verso le undici torna l’hostelera e ci dice che è l’ora del silenzio. Resto un po’ a guardare le stelle. C’è buio e il cielo è sereno: se ne vedono tantissime!

Provo a dormire, ma vicino a me c’è un signore di Siviglia che russa in una maniera mai sentita in vita mia! Per fortuna la sveglia è fissata alle 4,30!!!

 

 

 

LUNEDI’, 15 AGOSTO 2005

 

Come previsto mi sveglio presto, non sono ancora le 5, e il tipo di Siviglia continua a russare, come ha fatto tutta la notte; giuro lo prenderei a bastonate sulla schiena, non ho riposato per niente e non so da dove attingo la forza per alzarmi.

Mi scaldo un po’ di latte che consumo insieme a qualche galletta, mentre il Sivigliano, che evidentemente riesce a russare anche con un occhio aperto, occupa il mio materassino insieme alla moglie. Che se lo tengano, io me ne vado! Anche Gemma e Teresa si svegliano, ma non si alzano; partiranno più tardi.

Cominciamo a camminare che c’è ancora buio, ci inerpichiamo su per una collina, io sono molto stanco. Superiamo una coppia di spagnoli che era partita prima di noi e continuiamo insieme a Flor.

Stamattina faccio veramente fatica, in più il sentiero è abbastanza accidentato, con tanti sassi a cui bisogna prestare molta attenzione per non mettere male i piedi, rischiando le caviglie. Per fortuna che gli altri hanno le torce e si riesce a vedere un po’.

In ogni caso dopo un po’ li perdo, resto indietro e proseguo da solo alla mia velocità. Mi raggiunge la coppia di spagnoli e vado un po’ avanti con loro, ma quando riesco a prendere un nuovo ritmo di marcia e a rompere il fiato li supero e vado avanti.

Mi piace camminare da solo, mi piace il silenzio del bosco, inseguendo i miei pensieri, mettendo un piede davanti all’altro, procedere in salita e discendere poi lungo le piccole vallate.

Le scarpe che sto usando non sono certo il massimo del tecnicismo: sono semplicissime scarpe a tennis acquistate a Santiago per 9 €, ma dentro ci sto comodo e fino ad ora non mi hanno dato nessun problema di vesciche e quindi procedo fiducioso, come ho fatto prima in bicicletta senza mai forare.

Il fatto di non aver mai bucato sicuramente è dipeso in parte dal porre attenzione da parte mia alle strade che prendevo, un altro po’ dalla fortuna (quella con la “C” maiuscola!), ma credo che il motivo principale per cui tutto è andato bene sia stata la predisposizione positiva che ho avuto nei confronti del viaggio. Mi sono reso conto che le cose funzionano spesso in questo modo: quando un certo problema non lo senti tuo, non senti che ti appartiene, allora in un certo modo, energeticamente, questo problema lo tieni lontano da te. Se invece ci pensi spesso, mettendo energia in questa tua preoccupazione, allora credo sia più facile che quella cosa ti succeda. E ciò sia nelle cose positive che negative.

In particolare credo che la convinzione debba venire dal cuore, deve essere qualcosa di “sentito” più che di “pensato”. Voglio dire che se è solo con la razionalità che tenti di metterci del positivo, mentre in realtà in fondo al tuo cuore hai la sensazione opposta, allora succederà non quello che pensi con la testa, ma quello che percepisci col cuore. Infatti l’energia prodotta dalle sensazioni è molto più forte di un pensiero mascherato.

Se invece è col cuore che non hai una certa paura, se senti che questa non-paura ti appartiene ed è profondamente radicata in te, percepisci che sia una parte di te, che esiste realmente, allora è diventata qualcosa di concreto, non è più un concetto astratto e quindi come tale si realizza.

E’ per queste riflessioni che personalmente cerco di dare sempre più ascolto al mio cuore che alla mia testa, ai miei sentimenti più che ai miei pensieri.

 

Quello che sto trascorrendo oggi è uno dei più bei Ferragosti della mia vita, di sicuro il più particolare. Lontano dagli spazi affollati di spiagge o piscine, lontano dai rumori e dai gas di scarico di qualche città, lontano dal caldo e dall’afa riflessi dai muri di cemento e dall’asfalto delle strade. Sono in mezzo alla natura, gli spazi sono aperti, fra sentieri e corsi d’acqua, la presenza di persone è discreta e i rumori, o meglio i suoni che si sentono sono quelli dei canti degli uccelli, del gorgogliare dell’acqua, di un ramo che si spezza sotto i piedi. Per quanto riguarda il caldo, bè quello c’è, ma non lo sento così asfissiante e so che basta una doccia per togliere il sudore e la stanchezza.

Ritrovo i “montanari” fermi ad un bar, con Flor. E’ l’unico bar della zona, ritrovo di tutti i pellegrini che percorrono questo tratto. A guardarlo meglio più che un bar mi sembra una casa privata con un bancone e una macchina per il caffè in entrata. La colazione infatti ce la prepara la moglie del padrone direttamente dalla sua cucina, e ai servizi vi si accede da una porta esterna.

Riprendo a camminare dopo un’ abbondante colazione. Gli altri se ne sono andati dieci minuti fa, ma mi sento rinfrancato, il cibo mi ha dato forza ed infatti in breve tempo li raggiungo e mantengo tranquillamente il loro passo. In base alle indicazioni calcoliamo che stiamo facendo i 6 km/h, con gli zaini sulle spalle è un ritmo veramente elevato, visto che di solito di chilometri se ne fanno 4 ogni ora.

Il sentiero spesso sale, costellato di pietre, ma in compenso i panorami sono splendidi. C’è caldo e ci spaventiamo nel vedere tanti incendi sulle montagne attorno a noi. Passiamo anche molto vicini ad uno di questi e notiamo i Pompieri che con gli elicotteri fanno la spola per cercare di spegnerli con delle enormi botti d’acqua. E sarà così tutto il giorno. Tutta la regione è flagellata in questo periodo da tanti incendi, e sembra che ci sia gente che li appicca apposta, per motivi di confini e territorio. Non so che pensare!

Arriviamo finalmente ad Olveiroa, abbiamo camminato per circa 27 km. E’ mezzogiorno e mezza, il Rifugio è ancora chiuso e la gente che ci accoglie è stranamente poco simpatica e disponibile: dobbiamo aspettare fuori con i nostri zaini fino alle 15:30 perché devono fare le pulizie. Ma vaffa!!!

Per fortuna arriva il camioncino dell’alimentari ambulante dove comperiamo pane, formaggio e prosciutto per farci dei panini, che accompagniamo con del tremendo vino in tetrapak.

Mangiamo ed oziamo all’ombra, in un grande giardino con panche e tavoli dietro l’Ostello. Chiacchiero con Flor e scopro che oltre ad essere molto simpatica (e carina!) cerca di nascondere dietro alla sua spavalderia sensi di colpa e paure che ben presto mi racconta.

Anche per questo mi piace conoscere gente su questo Cammino: ogni persona è un mondo e il confronto sincero permette di capire che ognuno di noi indossa delle maschere, ma quando ce le togliamo ci sentiamo meglio, siamo più autentici, senza tanti camuffamenti siamo più “belli”. Sicuramente più fragili, più vulnerabili, ma quando c’è comprensione, senza giudizio ci si rende conto della propria unicità ed anche i punti considerati deboli da una società sempre più finta diventano punti fermi che ti danno forza e nuova energia.

 

Sono finalmente le 15:30 e aprono l’ostello. Nel frattempo giungono anche Damien, Teresa, Josè Maria Inma e Gemma. Quest’ultima ha un ginocchio a pezzi e resta un bel pezzo in giardino prima di entrare, ripetendo che non sarebbe riuscita a fare un passo in più.

Prendiamo posto nelle camerate, ci facciamo la doccia e mi riposo un po’ su di un letto, ma credo che stanotte non dormirò lì: troppa gente, penso che andrò in giardino o nella stalla che c’è qui fuori.

Faccio un salto al bar poco distante, dove i bresciani come sempre festeggiano a birra. Ritorno al Rifugio e mi fermo a chiacchierare con Gemma, sotto l’ombra di un fico. Ha solo vent’anni ma è proprio in gamba.

Fra i pellegrini arrivati ce ne sono due, che ho già incrociato stamattina, che sono frati Francescani e che stanno per celebrare la Messa, visto che oggi è festivo. La funzione viene celebrata nella sala da pranzo del Rifugio. Sento qualcosa di particolare: rispondo automaticamente alle preghiere, alle invocazioni e alle benedizioni, ma ascoltando bene le letture mi accorgo che non ci credo più. Il Bene e il Male, il perdono e le dannazione, il fatto di dover vivere espiando per poi andare in Paradiso…non ci credo. Credo invece che bisogna vivere al meglio la propria vita, nella gioia e nella pienezza di ogni momento, cercando di ringraziare l’Esistenza prima di addormentarsi per le possibilità che ci sono state concesse durante il giorno e svegliandoci alla mattina con l’entusiasmo di poter viver un giorno nuovo, diverso da ogni altro. Questo è già il Paradiso!

Vivere male questa vita, facendo ciò che non amiamo fare o fingendo di essere qualcosa che non siamo. Questo è già l’Inferno!

Meglio “vivere davvero ogni momento, con ogni suo turbamento, e come se fosse l’ultimo”. Se stai mangiando, mangia; se stai correndo, corri; se stai camminando, cammina: sii quello che stai facendo in quel momento, con tutto te stesso, senza pensare a quello che hai fatto fino a quel momento o a quello che farai dopo, in tal modo ti rovineresti il momento presente, che è l’unica realtà.

 

Poi di nuovo al bar, a cenare tutti insieme. Io prendo un panino con frittata e mi bevo una birra. Torniamo al rifugio, domattina proseguo con Teresa & C.: Roberto, Giordano e Bruno partono troppo presto ed io voglio recuperare un po’ di sonno.

Resto con Josè Maria, Gemma e Damien a decidere i “richiami” per la sveglia di domattina. Josè Maria è l’incaricato per chiamare tutti: farà il richiamo del cavallo, Gemma deve rispondere con un muggito e Damien imitando l’anatra. Ce la faranno alle sei di mattina?

Io dormo nella stalla, con Josè Maria, così che domattina sveglia anche me, ma, gli ho detto, con una bella scrollata, che un richiamo leggero non lo sentirei neppure!

 

 

MARTEDI’, 16 AGOSTO 2005

 

Stamattina mi ha svegliato Josè Maria, verso le 5:30, chiamandomi gentilmente e non con lo scossone che gli avevo chiesto, ma l’ho sentito lo stesso. Con gli altri il “richiamo” degli animali ha funzionato.

I Bresciani sono già partiti insieme a Flor, mentre noi ci avviamo verso le sei e un quarto; bisogna sempre aspettare Inma, che sta mettendo a dura prova la mia pazienza, aiutandomi a verificare se durante il cammino sono migliorato in qualche aspetto del mio caratteraccio.

Partiamo in un gruppetto di sei persone: Josè Maria ed io siamo gli ultimi “aggregati”.

La partenza è tragicomica: al primo bivio, al buio, Damien, il francese, sbaglia strada e si inerpica per qualche centinaio di metri lungo un sentiero che lo allontana dal Cammino. Dopo un po’ di tempo e vari richiami da parte di tutti noi, torna indietro, coniando un’espressione che di sicuro resterà nelle nostre memorie per un bel po’ di tempo: “La puta camino de mierda”, che ci ha fatto ridere fino alle lacrime e che non ha bisogno di traduzioni.

Non abbiamo fatto colazione e non appena troviamo un bar aperto, dopo una decina di km, ci catapultiamo dentro. Ci rifocilliamo con tostadas e café con leche, io mi mangio anche un panino con omelette, ho veramente fame!

Ripartiamo carichi.

I boschi, o quello che ne resta, ai lati della strada sono ancora fumanti a causa degli incendi degli ultimi giorni, ma ciò non impedisce a quel “matto” di Damien di andare a calpestare la materia ancora incandescente, fondendo le suole degli scarponi!

Anche oggi il Cammino è molto bello, si snoda in mezzo a boschi e a campi coltivati. Superiamo qualche asperità del terreno ed incontriamo nel giro di pochi chilometri due Santuari, dove ci si può bagnare e bere a due fonti d’acqua “miracolosa”, che, dicono, faccia sparire ogni malanno. Io purtroppo mi sento bene e non posso verificarne gli effetti benefici!

Dall’alto del Cruceiro da Armada possiamo contemplare per la prima volta il Capo di Finisterre, dove, abbiamo deciso, arriveremo domani. Oggi, infatti, abbiamo intenzione di fermarci a Corcubion, dove sembra ci sia un Rifugio molto bello. Preferiamo fare così non solo per non stancarci troppo, ma soprattutto per godere un giorno in più della magia del Cammino e della compagnia che si è formata.

Scendiamo dalle colline ed arriviamo a Cee, dove c’è una festa e già da mezzogiorno sparano mortaretti e fuochi artificiali bianchi nel cielo. Proseguendo sulla strada costiera arriviamo dopo pochi chilometri a Corcubion, dove trovo 10 € per terra, che mi ripagano di quanto ho speso stamattina per una colazione, a mio avviso, troppo cara. Infatti i 7,75 € che mi hanno chiesto al bar mi erano sembrati un po’ troppi, ma sono riuscito a non prendermela, ho lasciato correre senza incazzarmi (con chi poi?), pensando che se in qualche modo ero stato “derubato”, quei soldi sarebbero poi tornati indietro in qualche modo. Ed eccoli qui!

Ma, essendo un regalo del Cammino, cosa che, in generale, non si rifiuta mai, decido subito di destinarli alla causa comune, e quindi all’acquisto di birre per stasera.

Cerchiamo il Rifugio, ma si trova fuori dal centro del paese, bisogna salire ancora e a quest’ora fa parecchio caldo. Continuiamo e finalmente, dopo aver attraversato una pericolosa strada statale, lo troviamo, ma aprono alle 16! Per fortuna oggi è giornata di cambio delle consegne fra l’hostelero vecchio e quella nuova che ci permette di lasciare gli zaini dentro la camerata prima di chiudere.

Buone notizie: c’è una chitarra e si prevede quindi una seratona; in più sembra che sia la cena di stasera che la colazione di domattina ci verranno offerte dai gestori del Rifugio!

Torniamo in paese, e, dopo aver fatto la spesa, ci fermiamo in un parco ombreggiato a pranzare e a riposare. Panini, frutta fresca e birra gelata! E ci togliamo pure lo sfizio di un caffè al bar.

Non può mancare un salto in spiaggia in questa giornata così “multicolore”, dove, nonostante l’acqua gelida, Damien, Teresa ed io non rinunciamo a fare un bagno.

Finalmente arrivano le 16 e possiamo tornare in Ostello, dove, dopo la doccia, ci ritroviamo tutti a cantare, con me che suono la chitarra senza una corda. Conosciamo Carlos, che viene dai Paesi Baschi, Jesus ed Eva, concittadina e conoscente di Teresa e Gemma…piccolo il mondo eh?

E fra una birra e un accordo arriva ora di cena che, come promesso, ci viene offerta dagli hosteleros. Zuppa calda, affettati e insalata “proteiche” con fagioli e uova. E’ una bella tavolata, con gente perlopiù sconosciuta, ma siamo tutti riuniti al termine di una giornata di cammino per festeggiare semplicemente la gioia dello stare insieme.

Dopo cena ancora birra e ancora canzoni, con Jesus che si cimenta nell’arte del canto nonostante sia davvero stonato, ma il suo coraggio è ancora più forte delle sue “stecche” e non molla per un bel po’. Per fortuna dopo è Eva che ci allieta cantando e suonando dolci canzoni di Rosana, una cantante melodica spagnola che anch’io conosco bene, nel buio della sera, con le sole luci provenienti dalle stelle nel cielo.

E’ stata una bella giornata terminata con una serata da ricordare. Andiamo a letto felici…o no?!?

 

 

            MERCOLEDI’, 17 AGOSTO 2005

 

Fin dal risveglio c’è in tutti noi aria di festa, mancano appena una quindicina di chilometri per arrivare a Finisterre, o Fistera, come dicono qui in Galizia. La colazione ci viene offerta dagli Hosteleros, oggi possiamo godere perfino di questo lusso, oltre a quello di aver avuto la possibilità di alzarci ben più tardi degli altri giorni, senza nessuno che ci buttasse giù dal letto. Ci preparano tostadas, latte, caffè, burro, marmellata e biscotti: come al solito molto di più del necessario!

Riprendiamo il Cammino verso le nove, con molta calma, dopo esserci sprecati in ringraziamenti con chi ci ha ospitato. Nel giro di un paio d’ore soltanto arriviamo al cartello che ci indica l’arrivo a Finisterre. La strada è abbastanza semplice, ci sono le solite “subidas y bajadas”, ma ormai non ci spaventano più. Camminiamo sulla spiaggia, finalmente a piedi nudi e raccogliamo conchiglie sulla riva dell’Oceano. Le “vieiras” o “conchas” non sono grandi come quelle raffigurate nelle cartoline o come quelle che si vedono appese ai bastoni di molti pellegrini, e che ci aspettiamo di trovare, ma sono piuttosto come le normali conchiglie che si possono trovare anche sulle nostre spiagge; ma qui assumono un significato diverso, particolare e molto forte: siamo arrivati all’Oceano, siamo alla Fine del Mondo!

Le conchiglie “grandi”, simili alle cappe sante, le troviamo alle bancarelle improvvisate dai ragazzini per le strade del paese - Ma dove le troveranno?, ci chiediamo – che le vendono per 20 centesimi. Comperandone una sporta e rivendendole a Santiago per 2 € cadauna ci sarebbe da fare un bel business!

L’ostello sta per chiudere per le pulizie, ma ci permettono di lasciare gli zaini all’interno. Usciamo a prenderci da mangiare e da bere ad un supermercato a fianco del Rifugio e ci dirigiamo per consumare il pasto ad una spiaggetta un po’ difficile da raggiungere, ma sicuramente con poca gente. Troviamo infatti solo una coppia intenta a prendere il sole. Ci gustiamo le nostre “empanadas” accompagnandole finalmente con una buona bottiglia di vino rosso della Rioja: bisogna festeggiare la fine (questa volta davvero) del pellegrinaggio.

Dopo pranzo che ci resta ancora da fare? Bè una cosa manca ancora, anzi a pensarci bene ne mancano ancora due: dobbiamo ritirare la “Finisterriana”, il diploma che attesta il nostro pellegrinaggio fino alla Fine del Mondo, ma quello lo faremo direttamente all’Ostello; ma la prova più dolorosa e più difficoltosa, soprattutto dopo pranzo, è il “rito” del bagno nell’Oceano!

L’acqua è veramente fredda: provo ad entrarci pian piano, bagnandomi un poco alla volta, ma in questo modo mi è impossibile. Allora provo a concentrarmi per un po’, penso che l’acqua no, non è per niente fredda; siamo ai Caraibi, sì, siamo ai Caraibi…e comincio a correre come un matto verso il mare. E così riesco ad entrare. L’effetto-Caraibi dura ben poco: sento il “morso” dell’acqua in tutto il corpo, ma è solo un attimo: inizio a muovermi, a nuotare e sento i muscoli che prima si contraggono per opporsi al freddo ma poi si lasciano andare; li sento ancora duri, ma resisto e in poco tempo mi abituo a quella sensazione. Alla fine sto bene, è veramente bello nuotare nell’Oceano: la sensazione è veramente quella di essere “un punto al limite di un continente”, come canta Guccini.

I passanti che ci vedono dalla strada lassù in alto sicuramente ci scambiano per pazzi, anche perché il tempo non è il massimo, ma noi ci stiamo divertendo tanto che restiamo in acqua per più di mezz’ora.

Quando risaliamo c’è vento , io non ho portato il telo per asciugarmi e così provo a seccarmi alla meglio con la maglietta.

Siamo stanchi, e il bagno è stata l’ultima fatica: Teresa, Inma e Damien si addormentano al sole, io e Gemma rimaniamo a chiacchierare sopra uno scoglio.

Quando anche gli altri si svegliamo ci accorgiamo che la marea è salita e per tornare alla strada non possiamo rifare il percorso da cui siamo arrivati e così ci dobbiamo improvvisare provetti Indiana Jones per arrampicarci su per le rocce che ci dividono dal mondo civile!

Torniamo all’ostello dove ci consegnano la “Finisterriana”, assicurandoci che è molto più importante della “Compostela”. Le ragazze vanno a riposarsi un po’, mentre io e Damien ci prepariamo qualcosa da mangiare con quello che troviamo in cucina: salta fuori un bel risotto al latte.

Stasera restiamo a mangiare al Rifugio: Josè Maria sta preparando delle sardine che ci sono state regalate da un pescatore, intanto sono arrivati anche Carlos e Manuela (che abbiamo conosciuto ieri a Corcubion) che si uniscono a noi. Abbiamo comperato di tutto, ognuno porta qualcosa e la cena è coi fiocchi. Ancora un po’ barcollanti usciamo dal Rifugio per andare verso il Faro, punto estremo dell’Europa Continentale, da dove vogliamo osservare il tramonto del sole. Sono più di tre chilometri da fare a piedi, ma in compagnia passano in fretta. Arrivati al Faro non possiamo sottrarci al rito della “purificazione” e così accendiamo un falò dove bruciamo almeno una maglietta usata e un bigliettino dove avevamo precedentemente scritto ciò che non ci piace di noi e della nostra vita e che vogliamo abbandonare su questo cammino.

Lo spettacolo del sole che scende è qualcosa di straordinario e anche se c’è qualche nuvola nel cielo restiamo tutti a bocca aperta a contemplare lo stesso orizzonte che migliaia di uomini nel corso di centinaia di anni hanno scrutato con gioia e commozione dopo aver affrontato un percorso lungo, faticoso e a tratti insidioso.

Resto lì, in silenzio, mentre il Sole pian piano va giù. Sono sceso sugli spuntoni di roccia sotto il Faro e riesco a raccogliermi con me stesso: non sento le chiacchiere, le risate e gli schiamazzi delle tante persone rimaste un po’ più in su e che stanno continuando a festeggiare.

Le sensazioni che provo sono molto forti: mi sento veramente una parte del Tutto, immerso negli elementi, qui fra cielo e mare, col vento in faccia e i falò che mi riscaldano le spalle. Vedo da una parte il Sole che si tuffa nell’Oceano e dall’altra le stelle che sembrano sorgere dal mare, è per me uno spettacolo unico, mai goduto prima. E’ proprio emozionante. Le fatiche fatte, la pioggia e il calore sopportati e le levatacce all’alba trovano qui il loro significato ultimo, il motivo per cui si è affrontato tutto ciò. L’energia che trovo su questa roccia, stavolta veramente alla “Fine del Mondo”, è fortissima, è la somma di tutta l’energia e di tutte le intenzioni e i buoni propositi che ci hanno messo tanti pellegrini prima di me raggiungendo questo Capo. Respiro quest’aria e lascio anch’io un po’ della mia energia, in modo che chi si troverà qui a contemplare come me questo luogo possa sentirla e farla un po’ sua.

 

E’ ormai l’una di notte quando scendiamo in paese e ci fermiamo in un locale a bere qualcosa: brindiamo a questo viaggio che ormai è finito e ci ripromettiamo di restare in contatto e magari di rivederci presto.

Torniamo all’Ostello, domattina prenderemo l’autobus per tornare a Santiago e da lì, fra domani e dopodomani, rientreremo tutti alle nostre case: chi in Spagna, chi in Italia e chi in Francia o Germania. Solo Teresa domattina prosegue fino a Muxia, ultima tappa del sentiero in Galizia.

Vado a letto, stasera la camerata è particolarmente fitta di persone che stanno già dormendo e russando. Probabilmente sarà la mia ultima notte in un Rifugio del Pellegrino, le prossime prima di rientrare a casa le passerò in treno o in bus.

Fatico a prender sonno, è stata una giornata molto forte, ricca di emozioni e di suggestioni. Sono arrivato alla fine del mio viaggio, alla fine di un’avventura stupenda vissuta sempre intensamente e in una maniera nuova ogni giorno. Mi sono un po’ “ripulito” di certi atteggiamenti, di certe paure e preoccupazioni, mi sembra di vedere la vita in una maniera nuova, più positiva, più ricca di colori e di sorrisi. Ho conosciuto tante persone come me, ho capito una volta in più che il mondo non è racchiuso in una sola realtà, in una sola città o in un solo Paese; che l’esistenza di ognuno di noi non è piena solo di “cose”, ma anche e soprattutto di “sensazioni”, di “emozioni”, di “energia”.

Chiudo gli occhi e mi passano davanti tutti i volti delle persone che ho incontrato, tutta la strada che ho percorso in bicicletta (ora della fine 2200 km!), tutti i luoghi e le magia che vi ho incontrato.

Torno a casa ma so che qui ci ritornerò, per rifare questo “strano Cammino di Santiago” magari a piedi. E’ meraviglioso sapere che esiste un posto come questo dove poter “rifugiarsi” magari in un momento difficile o per prendere qualche decisione importante: qui trovi tutto quello che ti serve, ma soprattutto trovi le risposte, basta spegnere la mente e aprire bene il cuore e tutto apparirà più chiaro.

Torno a casa ma ce la farò a riabituarmi dopo un’esperienza come questa?

Chiudo gli occhi: è meglio che dorma, domani è un altro giorno e chissà cos’ha in serbo per me.

Buonanotte!!!

 

 

 

 

 

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“IL RESTO DEL CARLINO” DI ROVIGO

 

DURANTE IL VIAGGIO

 

 

DIARIO 1

 

…e finalmente eccomi in viaggio! Non in vacanza, ma in viaggio. Non devo stare su di una spiaggia esotica affollata da connazionali, o in mezzo alla soffocante animazione di un villaggio turistico, e neppure visitare qualche meravigliosa ed affascinante città d'arte o musei o parchi naturali, perlomeno non é questo il mio obbiettivo. Ho una meta ben precisa:Santiago de Compostela, ho un mezzo: la mia bici, e pure due gambe belle grosse che spero resistano fino là!!! Mi porto l'albergo e il ristorante con me: tenda e sacco a pelo, riso, padelle e qualche scatoletta. Per il resto ci penserò strada facendo. Questo mio viaggio nasce sicuramente dalla mia terribile voglia di avventura che come una malattia cronica mi affligge dai miei 13 anni, quando ho fatto le mie prime esperienze scout. Come allora mi porto dietro uno zaino e lo stesso plaid di allora, quadrato e con un buco al centro, per infilarci la testa a mo' di poncho se mai farà freddo.

Sono partito da Ventimiglia in bici venerdì in tardo pomeriggio e fino ad ora ho percorso 237 km fino ad arrivare a Tolone sulla costa meridionale della Francia. Ho attraversato tutta la Costa Azzurra passando per Montecarlo, dove ho notato le bandiere ancora a mezz'asta in segno di lutto per la morte del Principe Ranieri, Nizza, dove ho pedalato lungo la Promenade des Anglais che già di mattina presto era affollata di gente che corre a piedi, con i pattini o in bici, e poi giù giù per Antibes, Cannes St. Raphael, St. Maxime e St. Tropez (tutti Santi da 'ste parti!!!), tutte con le loro splendide spiagge, il loro mare di un azzurro incredibile e il lusso evidenziato nei negozi e negli yatch principeschi che non si possono non vedere. Ma è nelle località meno note come Juan-les-Pins o Thèole-sur-mer o Cavalaire che si respira un'atmosfera più rilassata e dove si trovano i piccoli centri nautici dove si può imparare surf e vela, o i mercatini all'aperto dove frutta, verdura e pesce fresco vengono esposti e venduti direttamente da chi li produce o li pesca.

La bicicletta è un buon mezzo di trasporto: ti permette di andare ad una velocità in cui si riescono a notare le sfumature di ogni cosa, un colore particolare o un profumo improvviso, non si va lenti come a piedi che ti pare di essere fermo e neppure troppo veloci come in auto quando tutto passa troppo in fretta.

Entro domani faccio conto di oltrepassare Marsiglia, la città più grande che incontrerò in Francia, per arrivare in Camargue già mercoledì sera o giovedì.

Au revoir a tout le mond!

Damiano

Se qualcuno vuole contattarmi la mia mail è: cittantedamiano@yahoo.it

 

DIARIO 2

 

Credo che esista un postulato fondamentale per i ciclisti: il vento tira sempre dalla parte opposta!!! Sono infatti due giorni che verso qualunque direzione

vada ho sempre il vento in faccia.

Oltre a questo, che gia è qualcosa, si aggiunga che tutta la strada costiera finora fatta é un continuo saliscendi oppure in falsopiano: sembra di andare tranquilli ma ad un certo punto il contachilometri indica la velocità che cala da 20 a 18 a 14 fino a 10 o 9 km/h. Allora penso di tutto: ho bucato.. la ruota è sgonfia.. la catena è sporca.. il parafango tocca la ruota (tanto che ad un certo punto su una salita mi sono stancato e l'ho tolto!!)..le gambe non ne possono più.. sono finito!!! E a quel punto, magicamente, inizia la discesa e solo allora mi rendo conto che sono salito per 5o 6 km. Ci sono salite più ripide con la strada che sembra impennarsi e strappi improvvisi di 5o600m da fare in apnea ma che segano le gambe. Ma poi la discesa ti fa dimenticare il sudore che hai ormai terminato:la velocità aumenta fino a 40..45..50 e più km/h e i 2 o 3 km seguenti scorrono veloci sotto le ruote e l'aria in faccia da' un senso di grande libertà.. E poi pronti per un'altra salita

Intanto sono arrivato ieri sera ad Arles, città della Provenza dove Van Gogh ha lasciato un'impronta molto importante e già nell'arrivare sono passato per una strada sui cui lati i campi di grano appena tagliati erano pieni di corvi.

E i km fatti sono ormai 450. Dopo Tolone ho continuato per la costa dove le piste ciclabili sono tante e comode, passando per i centri di Bandol, La Ciotat, Cassis, con i loro lungomare sempre pieni di giovani che fanno baldoria, fino a Marsiglia, dove sono arrivato dopo una salita infernale sul Col de la Ginestre, dove qualche anno fa é passato anche il Tour de France.

Marsiglia l'ho attraversata sul lato costiero, passando per il porto vecchio, dove ormeggiati c'erano dei bellissimi velieri in legno a tre alberi,il faro e l'arsenale marino. Ho trovato molto affascinante questa parte di una città che ha fatto proprio della sua tradizione marittima, marinara a mercantile la sua fortuna. I visi che si vedono in giro sono dei più diversi: bianchi, neri e gialli si mescolano e convivono in una città tradizionalmente “porto di mare”, dove c'è posto per tutti.

Ed ora in Provenza è finito il paesaggio marino e si viaggia in mezzo a colline e basse montagne, fra campi di lavanda e di grano. Oggi penso di addentrarmi nella Camargue, la foce del Rodano che a molti ricorda il nostro delta. Bho’..staremo a vedere.. La cosa positiva è che per un giorno o due dovrei pedalare solo per la pianura, e di questo le mie gambe ringraziano!!!

A bientot!

Damiano

 

DIARIO 3

 

E' domenica e sono arrivato a Carcassonne, nella regione della Linguadoca, ormai quasi al confine con la regione catalana della Spagna.

In questi giorni il paesaggio è cambiato diverse volte piuttosto velocemente, passando dalla costa di Marsiglia piena di turisti e yatch al fascino più discreto e selvaggio della Camargue fino alle colline che salgono e scendono dolcemente della Linguadoca appena attraversate. E sono proprio questi paesaggi quelli secondo me più belli e divertenti da attraversare in bicicletta: tutt'intorno ci sono campi di grano e frutteti e immensi vigneti che producono vini fra i migliori della Francia. Ed è bello andare su e giù oltre la collina e poi risalire pian piano, è meno faticoso delle ripide salite attorno Marsiglia.

Due giorni fa ho attraversato anche la Camargue, su una strada unica che taglia in mezzo fra i rami del Rodano che formano un groviglio nascosto dagli abbondanti canneti; e poi ci sono i bianchi cavalli della Camargue, lasciati spesso allo stato brado liberi di scorrazzare nei campi che si perdono a vista d'occhio.

Ed ora Carcassonne (e 700 km percorsi), una splendida città medievale racchiusa da una doppia cinta muraria con 52 torri lungo tutto il perimetro. E' qualcosa di veramente magico, sembra di essere tornati indietro nel tempo e gli spettacoli di cavalieri e combattimenti e musica medievale rafforzano questo senso di mistero e di arcano che si respira non appena si entra nella città.

Intanto continuo nella mia fase di avvicinamento: domani mi dirigerò verso Tolosa e poi farò l'ultimo pezzo verso i Pirenei in treno come previsto.

Dormo nei campeggi o negli Ostelli della Gioventù, dove ogni sera si conosce gente diversa che arriva da tutto il mondo, ieri sera ho conosciuto un ragazzo francese, Marc di 35 anni, che si é accorto che stava perdendo di vista la sua vitae così si è preso un periodo per sè stesso ed ora sta attraversando la Francia a piedi. Ieri erano giusto due mesi che era partito da Parigi percorrendo fino ad allora circa 1000Km. E poi Steven, un signore irlandese di 54 anni che è venuto a cercare lavoro per vivere un po' in Francia per imparare la lingua. E poi ragazzi e ragazze che vengono dal Canada, dall'Argentina, dalla Spagna, dalla Nuova Zelanda e dall' Australia...Ci si confronta così con storie e persone di tutti i tipi e colori, è bello scambiare anche solo 4 chiacchiere in lingue vere o inventate o mescolate, condividere ed ascoltare le esperienze di altri giovani ed accorgersi sempre più che la realtà non può certo essere racchiusa nella realtà della propria casa o della propria città o del proprio paese...qua fuori c'è molto di più!!!

 

DIARIO 4

 

Ed eccomi finalmente sul Camino dei Santiago, percorso dai pellegrini fin dal medioevo per giungere a Santiago de Compostela dove sembra ci siano le spoglie dell'apostolo Giacomo. Le strade per arrivare sono diverse, io ho scelto il Camino Francese, che parte appunto da St Jean Pied de Port, ultimo paese francese sui Pirenei.

Dopo una notte passata a Bayonne a dormire su di una panchina, l'altra mattina ho preso il trenino appunto per St jean, dove ho fatto sistemare la bicicletta, cambiando la ruota dietro che era ormai distrutta e il copertone davanti ormai usurato.

Già da qui si respira un'atmosfera diversa, sulle strade si trovano tante persone provenienti da ogni parte che stanno dando gli ultimi ritocchi allo zaino, agli scarponi o come me alla bicicletta prima di partire.

Qui mi sono anche fornito della "Credencial del peregrino", un lasciapassare che mi permetterà di dormire nei rifugi appositi dei pellegrini lungo tutto il percorso.

In ogni posto in cui mi fermerò ci faranno un timbro e giunto a Santiago mi verrà data la famosa "Compostela", il documento che attesta il compimento del pellegrinaggio

E finalmente inforco il mio vecchio 'velocipede' (acquistato ormai 10 anni fa con i soldi presi a giocare a pallone) e mi inerpico su per la strada che porta al confine. Dopo quasi due ore e mezza di fatica e sudore ( la strada sale di 800m!!!) arrivo al passo pirenaico di Ibañeta, dalla cui sommità si gode di una vista panoramica che toglie il fiato, anche se ormai sono le nove di sera.

A Roncisvalle dormo in un Rifugio del Pellegrino e alla mattina riparto alla volta di Pamplona, dove e' ancora in corso la "Feria de San Firmin", la famosa festa cittadina che dura una settimana in cui i veri protagonisti sono i tori, che vengono liberati per le strade della città ad inseguire tutti quelli che si offrono per questa prova di.. adrenalina. Cose da matti!!!

Nel pomeriggio proseguo, la strada e' faticosa, poiché ai continui saliscendi a volte veramente impegnativi, si aggiunge il caldo che alle sette di sera e' ancora sopra i 30 gradi. Arrivo a Puente de la Reina, crocevia del Camino Francese e quello Aragonese. Qui i pellegrini sono veramente tanti, e' facile fermarsi e parlare, sentire da dove vengono e il motivo per cui hanno deciso di intraprendere questo cammino. Le motivazioni sono delle più varie, da quelle più profondamente religiose a quelle semplicemente turistiche. Secondo me questo cammino ti mette alla prova e anche se sono solo all'inizio posso dire che stare tanto tempo soli con se stessi e nella fatica e' molto impegnativo.

Non e' facile stare con se stessi, ma non per il fatto di stare da soli, ma proprio perché il tuo unico compagno di viaggio sei tu, che a volte ti piaci e a volte meno, a volte ti vuoi bene e a volte non ti sopporti, ma non per questo ti puoi sdoppiare e andare da un'altra parte. Devi stare li', ascoltarti, sentire tutte le sensazioni che salgono, guardarle e osservarle quasi non ti appartenessero e poi lasciarle uscire, e non e' per niente semplice. Ma e' difficile cambiarsi e credo che il primo passo per ognuno per essere accettato dagli altri e' accettarsi se' stesso, e forse questo percorso può aiutare molto.

I km per ora fatti da St Jean sono 130 che uniti agli 820 fatti in Francia mi portano a più della metà della mia avventura...sono fiducioso!!

Una curiosità: sembra che il modo di dire di avere le ginocchia che fanno “Giacomo-Giacomo” derivi proprio dal fatto che i pellegrini che arrivavano a Santiago (Giacomo in spagnolo) erano talmente stanchi che le gambe non li reggessero più in piedi. Per quel che mi riguarda credo che quando e se arriverò a Santiago non saranno certo le gambe la parte che mi dorrà di più.. anche se il mio sellino e' abbastanza comodo!!!!

Hasta luego!!!

Damiano ( cittantedamiano@yahoo.it)

 

DIARIO 5

 

Oggi ho superato la meta' del "Camino". Dopo la Navarra sono passato per la regione della Rioja, famosa per giusta ragione per i suoi vini rossi veramente speciali ed ora sono in Castiglia-Leon.Ho dedicato due ore l'altro giorno alla visita (se cosi' si può dire) di Burgos, una delle città più grandi nel Camino.

Burgos e' la città di Rodrigo Dias de Vivar, il famoso Cid Campeador eroe spagnolo leggendario cantato in versi e in prosa, ancora molto amato dal pueblo. Tanto che nella città c'e' un percorso storico-turistico a lui dedicato che culmina nella statua equestre posta ad un'entrata di Burgos. E domani dovrei arrivare a Leòn, e da li' a Santiago ancora 350 km circa, forse i piu' duri visto che dagli 800m di altitudine attuale si salirà fino ai 1400m del famoso passo del Cebreiro. La strada e' stata fino ad oggi tutta un saliscendi, a volte comodi e a volte più duri. Fino ad oggi ho detto perché stamattina e' inisiata la meseta, una pianura secca in cui i campi di grano attorniano la strada a perdita d'occhio.

Io intanto ho preso il ritmo "del pellegrino": sveglia presto, verso le 6-6,30, poi comincio a pedalare non più tardi delle 7,30, perché quando e' l'una il calore diventa veramente insopportabile (un giorno c'erano 45 gradi) ed e' impossibile andare avanti, quindi a dormire non più tardi delle 22,30.

Ogni giorno conosco gente nuova, ci sono soprattutto molti italiani, francesi e spagnoli, ma anche israeliani, olandesi statunitensi e brasiliani. Ci sono quelli che camminano con saini immensi e chi porta solo l'essensiale, chi veste Adidas e Nike e chi invece porta i classici abiti del pellegrino: bastone, mantello, cappello a tesa larga e una succa come borraccia.

Poi su tutto il Camino sono presenti i simboli del culto giacobeo, il più famoso dei quali e' la conchiglia, emblema al tempo stesso dell'apostolo Giacomo e simbolo di saggessa.

Sicuramente il Camino e' anche una prova di essensialità e di spirito di adattamento. Ai rifugi si arriva veramente stanchi, si dorme in camerate anche con 50 persone, con ogni tipo di odore e rumore (più di una volta ho dormito sotto le stelle col mio sacco a pelo), non sempre c'e' l'acqua calda per la doccia e bisogna fare la fila in bagno o in cucina. Ma tutto ciò e' autentico, le sensasioni che si provano sono veramente forti, l'esperiensa e' veramente unica! E poi man mano che vai avanti la mente si schiarisce, i pensieri si riordinano e puoi capire ciò che e' veramente importante nella propria vita.

Credo che in un momento di confusione, di caos, quando magari non si sa che strada prendere mettersi in cammino per Santiago possa davvero servire.

Hasta pronto

Damiano (cittantedamiano@yahoo.it)

NB: nella tastiera di questo computer non funsiona la "2eta" quindi ho scritto la "esse" al suo posto. Non e' che mi sono rincoglionito!!!

 

DIARIO 6

 

Questi ultimi giorni sono stati fantastici!!!

A parte i soliti inconvenienti legati agli orari di risveglio, di rifugi pieni e gambe ormai al limite, sono stati giorni di sorprese e di scoperte molto forti, oltre al fatto che più si va avanti più si entra nello spirito del Camino, e il sapere che fra pochi giorni finisca di certo dispiace. Ma questo non fa parte dello spirito del Camino, dove bisogna vivere giorno per giorno, passo per passo, momento per momento.

Ci sono dei momenti veramente esaltanti, quando per esempio si arriva in cima ad una salita con la lingua per terra ma il solo vedere certi panorami mozzafiato ti fa dimenticare tutto, ed altri che magari ti buttano un po' giù come per esempio l'avere trovato il rifugio pieno alle sette di sera ed essere costretti a fare altri 20km quando "non ce n'era più".

Nel frattempo ho attraversato Leòn, l'altra grande città della Galizia, ed e' stato particolare visitare le sue piazze e la sua splendida Cattedrale, al cui cospetto ti senti cosi' piccolo, alle sette di mattina, quando in giro non c'e' nessuno e ti senti quasi spaesato a girare per le strade. E poi sono passato per Astorga, arroccata sulla sommità di un rilievo e per questo costretto a spingere la bici, e per Castrillo de los Polvazares, che con le sue vie lastricate e le sue costruzioni ancora in pietra ti trasportano indietro nel tempo. E pio ancora per Hornillo del Camino, con i suoi 12 abitanti e 50 pellegrini che cambiano ogni giorno, e ancora Castrojeriz, dove la strada passa letteralmente fra le rovine del Convento San Anton.

Ma la sorpresa più bella per me e' avvenuta al Rifugio di Leòn, dove sono arrivato tutto trafelato in un tardo pomeriggio e dove ho sentito chiamarmi per nome in italiano: era Marcello, uno dei miei amici più cari che anche lui sta facendo "lo strano Camino de Santiago" insieme alla morosa. Anche questo e' il Camino di Santiago, anche questo e' parte della sua magia.

Ma il posto che più mi ha emozionato finora e' stato sicuramente La Cruz de Hierro, la croce di ferro. Si tratta di una croce, di ferro appunto, posta sulla sommità del Monte Leòn, a 1500m di altitudine, che si raggiunge dopo una salita ammazzagambe. In questo luogo i pellegrini che passano lasciano ai piedi della croce, dove infatti si e' formato un immenso cumulo, una pietra, portata dalla propria terra, a simboleggiare l'abbandono, da questo punto in poi, di tutti i pensieri della mente e di tutte le angosce del cuore. E il fatto che questa pietra la si porti dalla propria casa vuole proprio significare il "passaggio" ad una nuova dimensione, ad un nuovo modo di vedere e intendere la vita.

Anch'io ho lasciato li' la mia, e con lei un peso in meno da portare...

Domani la salita al Cebreiro, il luogo più mistico di tutto il Camino, e la salita in assoluto più faticosa e difficoltosa. Da li' ancora circa 200km e poi l'arrivo a Santiago.. e già rimpiango la fatica e i km già fatti...

Hasta Santiago!!!

Damiano

 

DIARIO 7

 

...ed eccomi finalmente, dopo 1650 km percorsi, a Santiago!!!

Sono arrivato ieri, il 24, con un giorno di anticipo rispetto quel che pensavo, dopo 4 ore di bicicletta passate interamente sotto la pioggia.

All'arrivo all'ostello ero in condizioni quasi drammatiche: bagnato che mi si poteva strizzare e infreddolito come poche altre volte in vita mia.

Qui in Galizia il tempo e' completamente diverso, cosi' come il paesaggio e la lingua. Infatti la meseta della zona centrale ha lasciato spazio alle montagne verdi di quest' ultimo pezzo di Spagna prima dell' oceano; sembra quasi un paesaggio Scozzese, coperto di alte colline e con una fitta vegetazione dovuta alle abbondanti precipitazioni. E la lingua che qui si parla non e' più il classico spagnolo della Castiglia, ma il galiziano, una lingua (guai a dire che e' un dialetto) un po' strana (sembra che in parte derivi dal Celtico) che comunque e' facilmente comprensibile.

Negli ultimi giorni ho superato il tanto temuto Passo del Cebreiro, veramente all' altezza della sua fama, quasi impossibile da scalare in bicicletta, tanto che ha tratti l'ho dovuta spingere (le pendenze arrivavano anche al 24-26%!!!).

Questo e' uno dei posti più mistici del Camino, infatti la chiesa che ancora oggi esiste fu testimone di una trasformazione in Carne e Sangue dell'Ostia e del Vino. E nella chiesa stessa si possono vedere l'Ostensorio e il Calice di quel "miracolo".

Io invece al Cebreiro ho scoperto che il cammino di Santiago presenta delle connotazioni non solo cristiane ma anche e soprattutto pagane la cui origine si perde in tempi veramente antichi. Si dice anche che il mondo della cristianità ne abbia preso "possesso" attraverso il ritrovamento delle spoglie dell'Apostolo Giacomo per avere un maggior controllo sulle coscienze di chi già faceva questo cammino. Questo infatti sembra esistesse anche prima ed era un pellegrinaggio fino alla fine del mondo allora conosciuto, un percorso che andava da est, dove nasce il sole, fino ad ovest, dove muore. Era un rincorrersi di vita e morte, della vita dopo la morte, era una ricerca di spiritualità senza che questa fosse assoggettata a nessun credo, a nessuna religione.

Ed e' per questo, credo, che anche chi non e' particolarmente religioso o credente possa trovare l'energia giusta per cominciare un cammino, il proprio cammino, verso una ricerca interiore, che tanto si fatica ad avere con tutti i grattacapi e i ritmi della vita "normale".

La notte che ho dormito in questo posto così particolare sono pure andato in cima alla collina che sovrasta il paese con altri ragazzi dell' ostello per passare un paio d'ore a guardare le stelle che si rincorrevano nel cielo durante la notte. La mattina e' stata dura alzarsi alle 6 ma ne e' davvero valsa la pena fare cosi' tardi e rientrare nel rifugio dalle finestre perché avevano già chiuso la porta a chiave!

Ed ecco Santiago!

Oggi e' la festa dell' Apostolo e la messa solenne di stamattina e' stata veramente particolare, soprattutto quando alla fine e' stato fatto roteare il Botafumero, l'immenso contenitore di incenso, sulle teste di tutti i presenti attraverso un sistema di corde che lo tiene sospeso in alto al centro della navata principale.

Ieri sera e questa sera e' festa grande, gli orari sono strampalati, si inizia tutto verso l'una e mezzo e la città e' invasa dai cittadini, i pellegrini e tanti turisti che sono venuti a partecipare ai concerti, ai balli e alle feste tradizionali di piazza. Io credo che mi fermerò un paio di giorni e poi andrò a raccogliere la "mia" conchiglia sulla spiaggia, a "cojer la concha", come dicono qui.

E il mio Cammino? Bhe', fin qui sono arrivato, ma a quanto mi sembra di capire "lo strano cammino di Santiago" finisce qui per ricominciare qui, quello che hai portato fin qui non e' lo stesso che porterai a casa, quello che hai conosciuto qui non e' ciò che conoscevi fino ad adesso, quello che hai capito e condiviso durante il viaggio cento libri non riuscirebbero a comunicartelo.

Ed ora si ricomincia....

 

 

 

 

 

Damiano   cittantedamiano@yahoo.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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