Ghino di Punta
…
dedicato alla gente di Buenos Aires
ed
ai suoi angeli della notte.
“…la felicità è un attimo instabile, un attimo
fuggente,
si tocca quando i desideri si avvicinano alla realtà
…
poi va via… ma ne resta il profondo ricordo,
la coscienza di averla conosciuta …
e quindi la gioia di non essere vissuti invano”
Presentazione
Ho accettato di
presentare questo breve racconto perché “Ghino” mi ha chiesto di leggerlo
in anteprima. Me lo ha chiesto perché sapeva che non avrei arrossito, io, donna
che lo ha conosciuto da ragazzo, profondamente, anni fa, quando con i suoi modi
allegri e straripanti mi fece girare la testa … e ancora oggi, nei miei sogni
inconsci, benché madre e sposa felice, ogni tanto lo incontro … .
Non è il primo scritto che leggo di “Ghino”, ma in questo che gli ho
consigliato vivamente di pubblicare ritrovo, con grande piacere, la sua
sconvolgente voglia di vivere e cercare e la sua fede incrollabile alla vita.
Oggi, in un ambiente spesso
falsamente moralizzatore ed ipocrita, occorre mantenere il nostro anonimato per
esprimere sentimenti e storie di profonda e pura passione, dell’amore per
l’amore e Ghino, così, di nascosto, quasi spiando dal buco di una serratura,
ci racconta una storia intensa, scritta sui gesti semplici ed i pensieri
grandi che ispira ogni grande storia d’amore.
Occorre raccogliere la sfida di Ghino per comprenderne il profondo
significato: si può, da una piccola storia (piccola perché limitata
all’esperienza di due persone), trarre grandi insegnamenti? … Forse sì,
quando a percorrere la vita si incontrano persone che dispongono di una tale
ricchezza di umanità che ogni gesto, anche quello più piccolo ed
apparentemente insignificante, può essere letto come il simbolo di un insieme
complesso di luoghi, culture e sentimenti; non è un caso che Ghino, in questo
racconto, ci suggerisce un modo e una maniera di vivere: “vivere è dar forma
al tempo che passa”, superare la banalità del quotidiano, ricercare e dare un
significato a ciò che ci accade.
E’ per questo che, nel piacevole fluire del racconto, la descrizione
delle scene di ciò che accade suggerisce a Ghino
riflessioni e pensieri.
L’autore
ritrova nella storia anche il suo vissuto precedente, quella consapevolezza che
nel profondo dell’animo di chi vive in maniera intensa, nel bene e nel male,
si ritrovano i grandi valori umani della vita ed, in particolare, il significato
di quella bellissima canzone di Fabrizio De Andrè , “Via del campo”, nel
cui finale risuonano le emblematiche parole:
“… Ama e ridi se amor
risponde,
piangi forte se non ti sente,
dai diamanti non nasce niente,
dal letame nascono i fior.”
Giovanna d’Arco
L’effetto
“jet lag” non mi fa dormire, dovrei farlo perché domani è un giorno di
lavoro importante, tiro a testa o croce per decidere se devo rivestirmi ed
uscire dal mio albergo per trovare i miei amici o restare tranquillo ed
aspettare che il sonno prenda il sopravvento sul mio corpo stanco.
Ma non è solo quello … sento un’inquietudine
profonda … il desiderio di far qualcosa … so che la notte di Baires è altro
oltre alle ragazze del Bar Exedra, all’angolo tra Avenida Cordoba e Avenida
Carlos Pelegrino. Lì, sicuramente, a quest’ora i miei amici passano ore
spensierate con “las chicas” …
le ragazze che, sedute ai tavolini del bar, dispensano sorrisi ammiccanti e
sperano che qualche cliente le inviti al tavolo a bere qualcosa e… dopo un
po’ di minima conversazione, si passa a trattare il prezzo di una prestazione
…. 100 – 150 pesos … per un’ora del loro corpo. Mi fanno tenerezza las
chicas del Bar Exedra, con il loro volto stanco, le loro storie tristi di
una Buenos Aires dura con chi non ha altro da vendere …., ma è vero …il
loro sorriso nasconde benissimo tanta tristezza, la loro allegria fa sentire
bene i maschi … che credono di poter comprare un orgasmo, quello che non
riescono a chiedere alle loro compagne abituali. Anche questa è un’illusione,
come tante sono le illusioni della vita … “ma che male c’è a comprarsi
un’illusione se questa ti regala un po’ di spensierata felicità?”… las
chicas non hanno protettori, si gestiscono autonomamente il proprio lavoro
… dispensano sorrisi, corpi, finti orgasmi … piangono sulla “sub te”, la metro di Baires, quando ritornano a casa e baciano con
l’amore vero i loro figli che dormono sogni di bimbo. Sono grandi in tutto il
loro essere … sia di madri … sia di puttane; i loro baci sembrano veri come
quelli che si danno tra veri amanti, i loro corpi si dimenano simulando
l’orgasmo … il cliente va via soddisfatto e si sente maschio per avere visto
una donna godere. C’è, tra i clienti, chi sa che è tutta una finzione … e
lo accetta come gioco, c’è chi nell’ebbrezza del momento non distingue tra
realtà e gioco … e rimane convinto di essere un grande amante.
Se esce croce uscirò … ma non andrò al Bar Exedra
… non ho voglia di giocare con i miei amici e las
chicas … uscirò e basta … a godermi le strade … anche quelle sporche
dei “cartoneros” che scartano i
cartoni dai rifiuti dei bellissimi negozi della strada Florida …; è
mezzanotte e la monetina prima in alto e poi sul letto dice: croce …. Si và.
Nell’ascensore in discesa dell’Hotel Gran Dorà
…. Una chica è intenta a rifarsi il
trucco davanti allo specchio… accende il suo sorriso triste quando mi vede …
mi chiede una sigaretta … si avvicina e mi dà un bacio sulla guancia: “100
pesos solo caballero … y hacemo lo que quiere” (100 pesos soltanto cavaliere
… e faremo quello che vuoi” … le sorrido anch’io … ha ancora in mano
il bigliettino del Gran Dorà con scritto a penna il numero della stanza di
Eduardo … (sarà piaciuta ad Eduardo che le avrà fissato per domani un altro
incontro)… è bella, mora, alta, un bel sorriso, …. “ti posso solo offrire
un caffè al bar dell’Hotel … vuoi”? … “Sì … io mi chiamo Roxana
… ma vorrei un bicchiere di champagne …” e sorride, sorride decisa e
concentrata sul suo “lavoro”; è piacevole restare a parlare con Roxana …
di quello che offre la notte di Baires … ma, cosa più importante, lei dice,
è quello che si “potrebbe fare da soli … io e lei … sotto una doccia
calda”. “Grazie Roxana … ci potremmo incontrare magari domani all’Exedra”
… Lei risponde “grazie”, beve l’ultimo sorso di champagne dal mio
bicchiere … mi bacia dolcemente nell’ultimo tentativo di convincermi, mi
lascia il numero del suo cellulare e sparisce al di là della porta dell’Hotel.
Sulla porta del Gran Dorà … decido di
incamminarmi, l’aria è quella fresca della primavera australe di Buenos
Aires, alzo il braccio al primo taxi che passa e lo prendo al volo.
Omar è il nome del tassista dai capelli rossi e
lunghi … ha la voce di chi fuma e che la notte non dorme … mi chiede subito:
“donde vamos senor?” (“dove
andiamo Signore?”) … è lì per lì che mi invento un gioco … anch’io
voglio la mia notte finta a Buenos Aires … di quelle da raccontare agli amici
… : “Sono uno studioso si scienze umane e giornalista, sto svolgendo
un’inchiesta sulla notte di Buenos Aires, sui suoi locali e soprattutto cosa
succede nelle sue strade”. Omar accende la sua lampadina di venditore di
emozioni, la sua principale attività, capirò dopo, mascherata da tassista. “Senor
… quiere ir a un local muy lindo y elegante donde, puede tomar una copa, y
sacar muy buena chica … chica de clase superior claro …?” (“Signore … vuole andare in un locale
molto bello ed elegante dove, può bere qualcosa ed agganciare una
ragazza molto bella … una ragazza di classe superiore chiaramente?”). Tento
di spiegare ad Omar, calandomi nel personaggio, il mio intento di studioso …
Omar, perplesso, spiazzato dalla richiesta, mi dice che mi porterà in giro per
Buenos Aires, cogitando e chiedendosi cosa si potrà mai vendere ad un tipo così
…. “No quiere chicas senor? “…
No rispondo … “però guardarle mi diverte” …. Arriviamo così negli
ampli viali del Parco del quartiere di Palermo … Omar mi racconta che qui la
prostituzione è tollerata e, soprattutto, hai di tutto …. “quiere
droga senor?” … “No … continua a girare Omar” … Le ragazze
seminude del Parco di Palermo sono belle e giovani, mostrano sorridendo il loro
corpo, Omar mi chiede se c’è qualcuna che mi piace particolarmente … è
conosciuto nell’ambiente Omar, le ragazze lo salutano … si ferma accanto ad
una di loro, lei si avvicina al mio finestrino … mi sorride e mi mostra il suo
gran seno … “70 pesos caballero … y
no me olviderà nunca mas” (“70 pesos cavaliere … e non mi dimenticherà
mai più”). “Grazie … magari domani …” ; Omar è decisamente spiazzato
… “Senor
usted no quiere chicas, no quiere droga … quiere travestas … hombres..?”
(Signore lei non chiede ragazze, non chiede droga …
non è che vuole travestiti … uomini?”); rido di gusto … mi racconta Omar
che ogni notte a Buenos Aires accompagna almeno 2 – 3 italiani che cercano
ragazze … ed altro … ed a Baires, di notte, viaggiano 18.000 taxi (rapido
conto: fanno quasi 50.000 italiani in giro di notte a Buenos Aires in cerca di
emozioni … non c’è che dire … una domanda assai significativa … è la
mia riflessione di “studioso e giornalista”). Finalmente Omar si arrende, la
sua compagnia è simpatica, mi porta a vedere i palazzi di San Telmo, alla
Recoleta, a Puerto Madero … parla, parla Omar, mi racconta della tristezza
argentina, dei suoi sentimenti politici, delle madri di Plaza de Mayo … di
Evita, di Peron, …. Lo ascolto con piacere.
Sono già quasi le tre di notte … chiedo ad Omar di
accompagnarmi, passando dal Bar Exedra … Omar mi lascia all’angolo … il
tassametro segna 40 pesos … Omar me ne chiede 50 … per l’attività di
guida notturna extra … glieli do’ volentieri e lui mi lascia il suo numero
di cellulare … “per ogni cosa che mi possa servire in Buenos Aires…
qualsiasi cosa”.
Scendo all’angolo … il bar Exedra, a 400 mt dal
mio hotel, è spopolato … dei miei amici niente … poche “chicas” dallo sguardo triste … mi vedono scendere dal taxi ed
accendono il loro sorriso da dietro le ampie vetrate del bar; per molte di loro
rappresento l’ultimo pesce da pescare nel fiume della notte e anche l’ultima
speranza di portare a casa qualcosa. Mi incammino nell’aria fresca che mi
accarezza il viso .. decido di prendere un altro taxi per arrivare subito in
albergo … salgo; all’angolo della via Paraguay con la Carlos Pelegrino, due
ragazze con un borsone ciascuna camminano stancamente … una di loro si gira e
sorride … mi sorride. Non dimenticherò mai più quel sorriso, quei denti
bianchi sul volto di creola, … chiedo al tassista di tornare indietro, svolta
per i tre angoli e ritorna sulla via … nei pressi delle ragazze … pago e
scendo.
Sono in due … infreddolite, una bionda ed una mora
… mi avvicino. Parlano fittamente tra loro e sembrano non accorgersi di me …
.
Lei si gira, ha gli occhi umidi… ma quando si
accorge che la guardo … anche lei tenta di accendere il suo sorriso.
L’altra, la bionda, si fa avanti … “100
peso caballero …. “ … la
sua voce è solo uno sfondo … non sento cosa dice … guardo solo il viso di
Dolores… la prendo per mano … ha la mano fredda … la guardo negli occhi,
nei suoi occhi neri e profondi, … non ce la fa’ a sorridere … la bacio
dolcemente sulla bocca …. (la bionda le infila una scatola di preservativi
nella borsa e si allontana).
Non so quanto sia durato quel bacio in mezzo alla
strada … sembrava infinito …; ci accorgiamo che i nostri musi sono pieni di
rossetto … ridiamo di gusto e, senza dire una parola, la prendo per mano sulla
via del mio hotel.
Per la strada camminiamo abbracciati e tenendoci per
mano, saliamo nella mia stanza d’albergo … lei smorza la luce e lascia
accesa solo quella fievole dell’abat jour … “perché mi hai baciato così”
… mi chiede … mi accorgo di non saper rispondere che con un altro bacio e
che trovo piacevole baciarla ancora su quel sorriso … .
Ci spogliamo in un tempo interminabile … le nostre
mani scivolano carezze sui nostri corpi, le nostre bocche si cercano disperate
… come se mille e mille baci non sarebbero mai bastati.
Nudi, sotto la doccia, alle carezze dell’acqua
calda che scorre sui nostri corpi ansanti si aggiungono quelle delle nostre mani
ed i baci sanno di sapone di marsiglia … le nostre bocche si cercano nelle più
inesplorate profondità … si incrociano i nostri occhi in sguardi meravigliati
di tanto piacere …
Ma non riesco ad abbandonarmi del tutto … penso che
anche questo che mi accade ora faccia parte della mia notte finta di Buenos
Aires … non è importante mi dico … voglio vivere lo stesso tutto questo …
qui … ora … .
Sul letto ci asciughiamo reciprocamente, continuano
inarrestabili i nostri baci, le carezze si fanno più audaci … tutto mi
coinvolge … è finto – mi dico - … ma è bellissimo … ma quando i
capezzoli di Dolores si fanno duri al passaggio di una delle mie tante carezze
… la sento vibrare … il suo respiro si fa ansimante … “ … il tu nombre …” domanda … “Francesco
… y vos?” … “… Dolores
…”; le mie mani sempre più decise ad esplorare quel corpo creolo dalla
pelle morbida … si fanno più ardite … scendono fino al pube … entrano tra
le sue gambe … scivolano fino al pube dove sento l’onda calda del suo
piacere scorrere inarrestabile … e lì la sua voce ansimante che sussurra il
mio nome “… Francesco … por favor … no …eso no …”.
Ci siamo amati per ore, mille volte avrò frenato il
mio piacere perché non terminasse mai quel momento, e non so quante volte ho
sentito il suo piacere umido e caldo scivolare carezzevole sul mio corpo e la
sua voce … sempre più dolce “…
de pasito … mi amor … de pasito …
Francesco …” (“Piano … amore mio … piano … Francesco”).
Quante volte, quante volte, alla passione intensa si
sono susseguite carezze leggere, sguardi meravigliati, labbra che sfioravano i
nostri occhi … e poi lacrime di felicità … respiri … baci leggeri, fino a
quando, inarrestabilmente … dal profondo dell’anima, le nostre bocche
comunicavano quello che già i nostri corpi si erano già detti “Te amo … Ti amo” … e l’abbraccio della passione si
trasformava in un abbraccio dolce … sincero … lieve ed intenso … come se
le nostre vite si fossero reincontrate da chissà quanto tempo.
La luce dell’alba porteňa,
da dietro la tenda della finestra illuminata, scopre i nostri corpi ancora pieni
di desiderio … quante cose ancora essi hanno da dirsi … quante cose abbiamo
ancora da dirci …; “Tiengo que ir
Francesco … tiengo que ir… yo no queria, sino tiengo que ir” (“Devo
andare Francesco … devo andare … non vorrei, ma devo andare”).
Approfitto del momento che Dolores è in bagno per
vestirsi ed infilo, di nascosto, 100 pesos nella sua borsetta … mi dà molto
fastidio questo gesto … molto, specie dopo una notte così … ma so che
dietro quella piccola donna esiste una fragilità del vivere che non le dà
scampo … .
L’ultimo bacio del mattino sa del mio profumo
maschile … ci salutiamo sulla porta, Dolores mi lascia il suo numero di
cellulare … la chiamerò per darle appuntamento stasera … ritorno a letto,
sono le sei ormai … tenterò di dormire.
Quando gli occhi stanno per chiudersi … squilla il
telefono “Senor … hay una senora que
quiere subir en vuestra habitacion
…” (“Signore, c’è qui una signora che chiede di salire da voi, nella
vostra stanza …”), sorpreso … dico Ok … mi vesto del mio inutilizzato
pigiama … bussano alla porta … apro.
Dolores è la, gli occhi umidi … lo sguardo dolce
che conosco non c’è più … è duro, rabbioso, stringe qualcosa nel pugno
… “Caballero … Usted no entendio
nada … yo, antes que ser una prostituta, soy una mujer …..” (“Cavaliere
… lei non ha capito niente … io, prima di essere una puttana, sono una donna
….”); e mi lancia contro la banconota appallottolata e sgualcita di 100
pesos … .
Non ho mai resistito, lo confesso, alle lacrime di
una donna … ma quelle di Dolores sono taglienti e rabbiose … la abbraccio
… metto tutta la forza che ho in quell’abbraccio … è il mio timido
tentativo di riparare al mio stupido gesto che l’ha ferita … come spiegarle
… come dirle che non avrei voluto pagarla ma, più semplicemente, … fare
qualcosa per lei al di là di quello che tra noi era successo quella notte. … “Mi
amor … Francesco … yo te amo … y no queria plata de vos … yo lo que
queria vos me donaste … y yo esta noche me sentia la mujer mas feliz de la
tierra” (“Amore mio … Francesco
… io ti amo … e non volevo soldi da te …quello che volevo tu me lo hai
dato … e questa notte io mi sono sentita la donna più felice della terra”)
…. “Desculpame mi amor … desculpame” (“Scusami amore mio …
scusami”) … le dissi tradendo l’emozione … . La abbracciai più forte
che potevo e le presi il viso tra le mani … quegli occhi neri mi tagliarono
ancora nel profondo dell’animo … era ancora più bella … bella come lo
sono tutte le donne dopo aver fatto bene l’amore … e lei ancora più bella.
… “l’ho fatto per i tuoi figli … - le dissi sinceramente – per
l’amore che tu hai per loro, lo stesso amore che ti costringe a vendere il tuo
corpo … non ho pagato il tuo amore per me … ho pagato per quell’amore
grande che tu hai per loro”. “Entiendo … “ (“capisco …”) disse
… ripresi la banconota, gliela rimisi nella borsetta, sotto il suo
sguardo imbarazzato … “se credi a quello che ti ho detto … li devi tenere
per loro… solo per loro” – le dissi - … ancora una lacrima scese a
rigare quel viso dolce … ma finalmente sorrise … “entiendo
… asì bien” (“capisco … così va bene”) … un altro bacio … un
bacio dolce … era il suo arrivederci, scivolò via leggera dietro le porte
dell’ascensore regalandomi un gesto di saluto con le dita … le porte si
chiusero come un sipario sul teatro vero di quella notte indimenticabile.
Per tutto il giorno non ho fatto che pensare a lei, a
quella notte d’amore, ripercorro con la mente quei momenti felici … quelle
ore diventate un attimo fuggente … il lavoro scorre tra una riunione e
l’altra … non dormo da due giorni, contando il volo insonne da Roma a Buenos
Aires, ma mi sento bene … è come se quelle ore mi avessero dato
un’incredibile energia di vita.
Era da tempo che non provavo quelle sensazioni …
anzi … mai un rapporto era stato così repentinamente intenso; sempre avevo
dovuto corteggiare una donna, dare fondo a tutta la mia “chiacchera” …
alle poesie che conoscevo, agli aneddoti, agli “effetti speciali” … anche
per sopperire al mio aspetto non certo incantevole a prima vista … quella
volta no … tutto era iniziato all’improvviso, come l’accelerazione di
un’auto potente e sportiva al confronto di un motore diesel aspirato di un
autobus … pensavo … .
Alle 7 del pomeriggio, entro in uno dei tanti locutorios
della Avenida Florida, la chiamo … l’appuntamento è per le nove e mezza
all’incrocio tra la Cordoba e la Florida … alla fermata del taxi … in due
ore e mezzo avrò fumato 20 sigarette … come un adolescente inquieto che
attende palpitante di incontrare la sua ragazzina.
Eccola … sorridente … nel suo tajeur a pantalone
color vinaccia indossato su quella magliettina nera che a malappena contiene
quel seno duro e prorompente che non necessita di essere sostenuto … faceva la
ballerina Dolores, prima che quattro gravidanze e un ubriacone le togliessero la
dignità dell’artista e le
regalassero, insieme alla gioia di essere madre, anche l’immensa responsabilità
di crescere da sola quattro figli … costasse quel che costasse … e lei aveva
pagato e pagava ancora per quell’amore immenso di madre vendendo il suo corpo,
ancora bellissimo, piacevole e femminile …; appena scesa dal taxi la bacio
sulla fronte … lei mi abbraccia e ci incamminiamo tra le luci delle insegne
accese dell’Avenida Florida … mano nella mano ed abbracciati … come la
notte precedente … ma con un sentimento in più.
La cena, nel ristorante italiano “Broccolino”,
sulla Cordoba, è a base di spaghetti alla puttanesca e di un ottimo vino
“Terazas Malbec reserva” … le piace che le parli dell’Italia e mi piace
da morire insegnarle a “intorcigliare” gli spaghetti sulla forchetta …
ridiamo del mio scarso castigliano … ma per noi, molto spesso, parlano i
nostri sguardi … e come è piacevole perdersi negli occhi grandi e neri di
Dolores … come è bello sentire la sua voce carezzevole ed il suo accento
porteňo
quando mi chiama … “Francesco …” … e lei che cerca continuamente e
timidamente il contatto con la mia mano … .
Dopo cena ci infiliamo veloci nel mio hotel … un
bacio accompagna tutta la salita dell’ascensore … chiusa la porta della
stanza … la passione ci avvolge in un abbraccio intenso e spensierato … .
Sono ore che ci amiamo quando, all’improvviso, vedo
Dolores portarsi le mani al viso … “Desculpame
mi amor … desculpame …. Desculpame … que verguenza …” (“Scusami
amore mio … scusami … scusami … che vergogna …”); sul letto una
chiazza di sangue … rossa come il colore della sua femminilità … sorrido e
l’abbraccio … lei si divincola imbarazzata e preoccupata … “tenian
que llegar en la proxima semana” (“dovevano venirmi tra una settimana
…” ) … mi dice visibilmente imbarazzata.
L’abbraccio più forte … le accarezzo il viso …
lei distoglie lo sguardo … io col mio sguardo inseguo il suo … fino a
reincontrarlo … “me gusta todos de vos
… nada no me gusta” (“Mi piace tutto di te … nulla non mi piace”)
le sussurro dolcemente nell’orecchio. Lei è sorpresa, soprattutto sorpresa
che io accetti anche questo del suo esser donna … le spiego che un corpo di un
essere umano reagisce naturalmente alle emozioni … e che, forse, è questo ad
aver provocato il suo naturale “anticipo”; lei è meravigliata come una
bimba davanti ad un cartoon di Walt Disney … gli occhi grandi … la bocca
aperta di meraviglia … sì … confessa, non provava da anni un orgasmo e
quella notte, come nella notte precedente, ne aveva perso il conto … “y
ahora … como se hace a far amor?” (“ed ora … come si fa a far
l’amore?”. La accarezzai ancora, la baciai tante volte e le sussurai “se hace … se hace” (“si fa … si fa”). Incredula mi
abbracciò e si abbandonò ai miei baci, tremava quando ancora le entrai dentro
… lei tirò la testa indietro ed i suoi capelli si mossero come vele al vento
… nella tempesta di un mare mosso da mille e mille carezze … .
Anche quella notte il Gabbiano “Jonathan Livingston”
che si era risvegliato in me percorse i cieli azzurri della libertà e
dell’amore dell’agape, mi sentivo importante … avevo accompagnato la mia
compagna in una scoperta per lei inconcepibile prima di allora; … mi spiegò
di non aver incontrato mai un uomo capace di accettare così fino in fondo la
sua femminilità e che, anzi, lei pensava che quelle “cose” fossero …. da
vergognarsi … da nascondere …. tali da creare situazioni di irrisione nei
confronti della donna … che fossero l’emblema della sporcizia e
l’espressione massima della debolezza femminile. “No, Dolores, non è così
… lo è purtroppo nella nostra cultura … è proprio questo, invece, che fa
di te donna e astro … come la luna che compie nel medesimo intervallo di tempo
il suo ciclo lunare di 28 giorni … e durante il suo ciclo cambiano i mari e
gli oceani, il vino nella botte diventa forte o delicato, possono nascere o non
nascere i buoni funghi del bosco … è anche questo che fa della dell’umanità
parte della natura … e le forme che stanno nel grande sono uguali a quelle che
si manifestano nel piccolo”.
“Cuante
otras cosas sabe … cuentame” (“Quante altre cose sai …
raccontami”) - mi chiese - … “Vengo da un piccolo paese del sud Italia,
dove nacque un grande filosofo … forse è anche quell’aria che ho respirato
ad insegnarmi una sola cosa … << che io so di nulla sapere>> … e
che nella vita bisogna percorrere una strada e godere del cammino che si fa
piuttosto che pensare ossessivamente alla meta … e oggi per me è stato
bellissimo fare un pezzo di strada insieme a te a Buenos Aires … quante cose,
anch’io, ho imparato da te stasera!”. “Yo emparè ad amar … sentia cosas que nunca mas habia sentido antes
… y ahora yo sé que quiero preguntar a vos lo que tiene vos todavia in su
cuerpo y su alma … que es lo que me hace sentir loca asì de vos” (“Io
ho imparato ad amare … ho sentito cose che non avevo mai sentito prima … ed
ora so che voglio domandarti ancora che hai nel tuo corpo e nella tua anima…
cos’è ciò che mi fa sentire così folle per te”) mi disse Dolores
guardandomi negli occhi e stringendomi forte le mani … . Ma … io, che non
sono certo Erasmo da Rotterdam, … non seppi far altro che risponderle con un
gesto semplice … baciare piano i suoi grandi occhi neri … e lei capì.
Durò così per altri due giorni e due notti, il giorno al lavoro e la
notte fino all’alba con Dolores, sempre più bello … sempre più intenso,
avevo oramai un arretrato di sonno umanamente inconcepibile e, di contro,
un’energia vitale altrettanto impensabile … quel rapporto – pensavo – mi
aveva fatto trascendere le leggi più elementari della fisica umana; due erano
le cose: o non valevano nulla le leggi della fisica e dei suoi modelli di
rappresentazione della realtà che per tutta la mia vita mi avevano accompagnato
nella spiegazione dei fenomeni, oppure … oppure … la risposta stava in
qualcosa che l’uomo non sempre riesce a trovare: il giusto equilibrio … il
delicato equilibrio … tra il desiderio e la realtà … quello che porta alla
naturale felicità … l’inconcepibile umano … il moto perpetuo… .
Conservo gelosamente quel pensiero …
(continua)
Seguono
alcuni degli scambi di e mail tra i due protagonisti:
18.11. – FRANCESCO
(un
canto di Pablo Neruda)
SE
TU MI DIMENTICHI
Voglio
che sappia
una cosa.
Tu
sai com'è questo:
se guardo
la luna di cristallo, il ramo rosso
del lento autunno alla mia finestra,
se tocco
vicino al fuoco
l'impalpabile cenere
o il rugoso corpo della legna,
tutto mi conduce a te,
come se ciò che esiste,
aromi, luce, metalli,
fossero piccole navi che vanno
verso le tue isole che m'attendono.
Orbene,
se a poco a poco cessi di amarmi
cesserò d'amarti a poco a poco.
Se
d'improvviso
mi dimentichi,
non cercarmi,
ché già ti avrò dimenticata.
Se
consideri lungo e pazzo
il vento di bandiere
che passa per la mia vita
e ti decidi
a lasciarmi alla riva
del cuore in cui affondo le radici,
pensa
che in quel giorno,
in quell'ora,
leverò in alto le braccia
e le mie radici usciranno
a cercare altra terra.
Ma
se ogni giorno,
ogni ora
senti che a me sei destinata
con dolcezza implacabile.
Se ogni giorno sale
alle tue labbra un fiore a cercarmi,
ahi, amor mio, ahi mia,
in me tutto quel fuoco si ripete,
in me nulla si spegne né si oblia,
il mio amore si nutre del tuo amore, amata,
e finché tu vivrai starà tra le tue braccia
senza uscir dalle mie.
SI
TU MI OLVIDAS
Quiero
que sepas
una cosa.
Tù sabes como es esto:
si miro
la luna de cristal, la rama roja
del lento otono en mi ventana,
si toco
junto al fuego
la impalbable ceniza
o el arrugado cuerpo de la lena,
todo me lleva a ti,
como si todo lo que existe,
aroma, luz, metales,
fueran pequenos barcos que navegan
hacia las islas tuyas que me aguardan.
ahora bien,
si poco a poco dejas de quererme
dejaré de quererte a poco a poco.
Si de pronto
me olvidas,
no me busques,
que ya te habré olvidado.
Si consideras largo y loco
el viento de banderas
que pasa por mi vida
y te decides
a dejarme a la orilla
del corazòn en que tengo raìces,
piensa
que en ese dìa,
a esa hora
levantré los brazos
y saldran mis raìces
a buscar otra tierra.
Pero
si cada dìa,
cada hora
sientes que a mì estàs destinada
con dulzura implacable.
Sì cada dìa sube
una flor a tus labios a buscarme,
ay amor mìo, ay mìa,
en mì todo ese fuego se repite,
en mi nada se apaga ne si olvida,
mi amor se nutre de tu amor, amada,
y mientras vivas estarà en tu brazos
sin salir de los mìos.
18.11. – DOLORES
”si
verte fuera la muerte, la
vida verte y perderte , prefiero
la muerte y verte y
no la vida verte y perderte.” mi
amor es hermoso lo que me escribiste te
amo |
“Se
vederti fosse la morte, la
vita vederti e perderti, preferisco
la morte e vederti e
no la vita , vederti e perderti” amore
mio è bello quello che mi hai scritto ti
amo |
22.11.
– DOLORES
FRANCESCO ...
estoy como una niña que solo sueña el amor, como una paloma que vuela en
busca del sol , para ser el angel que implora por nuestro amor. PORQUE
VOS me enseñaste a quererte con el ALMA, SIN PALABRAS Y EN SILENCIO . TE
AMO MI FRANCESCO |
FRANCESCO…
sto come una ragazzina che sogna solo l’amore, come una colomba che vola
alla ricerca del sole, per essere l’angelo che prega per il nostro
amore. MI
INNAMORAI del profumo di garofano del tuo sorriso, delle tue espressioni,
per questo voglio darti la mia vita … ah amore per te potrei giocarmi
l’anima, senza te, amore mio, non c’è domani, la mia vita varrebbe
niente; queste parole mi ispirasti quando stavo da sola nella mia stanza,
senza guardarti io ti vedo e ti accompagno con questo viaggiatore
instancabile, che chiamano pensiero, che ti segue in tutte le parti per
coprirti di baci. PERCHE’
TU mi insegnasti ad amarti con l’ANIMA, SENZA PAROLE ED IN SILENZIO. TI
AMO
FRANCESCO
MIO |
Note finali
dell’Autore
Ghino di Punta racconta una storia che potrebbe essere realmente
accaduta, potrebbe essere stata solo un sogno o potrebbe essere stata tratta da
un manoscritto anonimo trovato in una polverosa soffitta.
A me piace pensarla come una storia che, qualcuno, dopo averla scritta su
qualche pezzo di carta, l’abbia prima infilata
in una bottiglia e poi affidata alle onde del mare … o dell’oceano … o del
Rio della Plata.
Certo è che l’auspicio Ghino è quello di lasciare che il destino
porti a ciascun lettore l’essenza di
quei pensieri e di quei luoghi … che la “bottiglia” venga raccolta da
qualcuno dalle “acque” a cui è stata affidata, che il suo contenuto non
anneghi nelle acque contaminate dei fiumi del falso moralismo o, peggio ancora,
nelle acque melmose dell’indifferenza.
Il messaggio che Ghino ha infilato in quella bottiglia, che tu lettore
hai in qualche modo raccolto, è scritto sulla carta sgualcita e inumidita dalle
lacrime di un’umanità sofferente ma che ancora, malgrado tutto, ha la forza
di regalarsi un’emozione vera, un sorriso, una gioia … che ancora è capace
d’amare e che è capace di trovare e sentire la forza dell’amore anche nelle
situazioni apparentemente meno indicate.
Come
Ghino di Tacco, il “Signore – bandito”
di Radicofani che faceva pagare pedaggio ai pellegrini opulenti che
attraversavano le sue terre, Ghino di Punta, sì diverso, ma della stessa
progenie libertaria, ha voluto
accompagnarti per un piccolissimo tratto di strada sulla via delle scoperte dei
due protagonisti, chiedendoti il pedaggio
di qualche minuto del tuo
preziosissimo tempo e l’ascolto del tuo cuore.
Ringrazio
i miei “Amici di Brigata”, “Giovanna d’Arco” e tutte le donne che ho
amato e, soprattutto, chiedo scusa
a “Dolores” e ”Francesco” ai quali ho carpito le emozioni ed i pensieri
più intimi.
Vi
voglio bene.
Ghino di Punta
“Una favola vera come può
succedere solo per le vicende d’amore.
Una
magia dell’incanto che muove il mondo dal suo nascere
L’intensità
del racconto è forte; si percepiscono i suoni di sottofondo, i respiri, gli
ansimi, l’odore del sudore, il colore delle lacrime.
Il
luogo è Buenos Aires, potrebbe essere anche un altro? Sicuramente no!
La città latina più grande del mondo conserva, forse sola, la capacità
di miscelare le lacrime di gioia con quelle del cuore ferito.”
Radicofani,
qui, ieri, oggi, domani.
Caytano Sanmartin “El
sol 24 horas”
Edizione
a distribuzione gratuita,
i contributi raccolti saranno destinati ad azioni di solidarientà in sud
america.