Vita viaggio delirio: cronache da Messico D.F.

Cronaca di vita nel DF ( Distrito Federal, Mexico )

di Fabrizio Lorusso

 

http://fainotizia.radioradicale.it/user/fabrizio-lorusso

America Latina - Altri occhi e parole

 

 

Ciao a tutti, di nuovo Fabrizio.

Di nuovo dal Messico risvegliato dalla spietata campagna presidenziale all'ultimo scandalo e dalla violenza autoritaria dello Stato che andrebbe scritto con una super minuscola -s anche nei dizionari. Non sono anarchico ma qui le repressioni e le violenze rimangono talmente nascoste che qualcosa bisogna pur dire o scrivere. Cercate un po' "Atenco" e vedrete.

 

 

VITA, VIAGGIO & DELIRIO

In realta' questa mail sarebbe l'inizio di un altro diario di viaggio, ovvero la continuazione delle solite Note sull'America Latina che a tappe hanno invaso le schermate iniziali del sito di Michele,

viaggiareliberi.it, e che s'erano concluse a Buenos Aires.

Visto che vivo a Citta' del Messico, non sono in viaggio se prendo come riferimento il Messico mentre se il mio punto fisso e' l'Italia...allora cambia tutto. E preferisco vedermi cosi': viaggiare stando fermo (come il titolo di un vecchio album del Jamiro, piu' legato al viaggio per ingestione stupefacente).

Gli occhi della vergine di Guadalupe, stampati su un cero mezzo consumato dopo una nottatta in una spiaggia vergine del Pacifico, mi squadrano di fronte al portatile, a 2400 metri d'inquinamento mentre ripulisco i polmoni con una "romeo y julieta" a sorpresa, l'acidissima sigaretta cubana.

Mi piacerebbe continuare qui come se fossi in viaggio, disegnare cronache dell'assurda quotidianita' messicana e vedere che succede a sputarle nella quotidiana assurdita' italiana. 

Y a ver qué onda.

 

 

 

Il collettivo AlterIta di Città del Messico e la comunità italiana denunciano l’indebito uso commerciale della canzone Bella Ciao! in Messico e Argentina

(Di Fabrizio Lorusso)

 

Come frutto del rinnovato attivismo politico e sociale della comunità italiana in Messico ed in particolare dei gruppi di docenti di lingua e cultura italiana in questo paese, sono state promosse numerose iniziative di sensibilizzazione che lentamente hanno suscitato l’interesse di un gran numero di cittadini italiani e messicani informati attraverso il quindicinale “Il Sole d’Italia”, giornale completamente in italiano stampato in Yucatan, dal blog dell’attivo collettivo di professori, accademici e giornalisti AlterIta (1) (http://alteritamessico.blogspot.com/) e dall’uso crescente delle reti di e-mail, utilissime in una realtà fatta di dispersione geografica e frammentazione.

I gruppi organizzati degli italiani in Messico, pur non rappresentando una maggioranza numerica significativa, hanno fatto sentire la propria voce pubblicamente in diverse occasioni guadagnandosi un ruolo più istituzionale, legittimo e accettato anche di fronte agli interlocutori tradizionali come l’Ambasciata, i parlamentari eletti all’estero, il Comites (comitato eletto che costituisce il primo livello di rappresentanza degli italiani all’estero) e il CGIE (Consiglio generale Italiani all’Estero) (2). In questo senso risulta utile continuare con questa opera informativa e di sensibilizzazione su temi sociali e politici che, se da una parte esulano dalla realtà italiana in senso stretto, dall’altra sono invece fondamentali per la comunità italiana in Messico e per altre che seguono i processi e gli esperimenti in atto in terra azteca.

In particolare, l’iniziativa più recente e meritevole di diffusione riguarda un comunicato che sta circolando in Messico (firmato da AlterIta) denunciando una nota multinazionale (Coca Cola Company) che ha recentemente realizzato uno spot televisivo il quale, per promuovere il suo nuovo prodotto chiamato Aquarius (lo riporto per dovere di cronaca), utilizza le note di una celebre canzone popolare italiana, la conosciutissma Bella Ciao!. Questo spot é attualmente trasmesso dai canali televisivi commerciali messicani ed argentini.

Già di per sé, l’appropriazione di una melodia popolare per finalità di lucro appare come una scelta discutibile in quanto rappresenta l’utilizzo di un patrimonio collettivo per un puro e semplice guadagno privato. Questo caso specifico ci fa indignare visti i protagonisti della storia. Da un alto la Coca-Cola Company, dall’altro la canzone Bella Ciao! La prima è una nota multinazionale degli alimenti e delle bevande, che ha saputo in questi anni diventare una delle imprese più presenti e ricche a livello globale. Tale compagnia ha dimostrato spesso di esserci riuscita a scapito delle comunitá produttive e di consumatori dei paesi in cui è presente.

La seconda é una traccia musicale e della memoria collettiva mondiale ormai insostituibile, parte del vasto canzioniere della guerra partigiana contro il regime fascista e contro l’occupazione nazista in Italia durante la Seconda Guerra Mondiale.

La canzone, inizialmente diffusa solo in certi territori liberati dalla lotta partigiana, ha tuttavia assunto un ruolo da protagonista nel secondo dopoguerra, attraversando lotte e movimenti sociali che in Italia hanno costruito la sudata democrazia che oggi, ancora una volta, si rimette in discussone nel contesto della ricorrente crisi politica italiana. E seppur meno cantata nell’Italia di oggi, negli ultimi vent’anni Bella Ciao! ha attraversato mari e monti per imporsi come canto delle resistenze e le lotte per la democrazia e contro ogni fascismo nel mondo intero. Oggi Bella Ciao! si canta in spagnolo in tutta l’America Latina, riuscendo a rompere i muri che si erigono sulle frontiere visto che gira anche una celebre traduzione all’inglese negli USA. Non é la prima volta, né sará l’ultima, che questa o molte altre aziende si appropriano di note, linguaggi, modi, saperi e desideri che sono parte delle specificità nazionali e culturali dei popoli del mondo. Il collettivo AlterIta e i gruppi che stanno aderendo alla denuncia non vogliono farsi sorprendere dal facile tentativo di dimenticare, lasciar perdere, far passare.  

E’ quindi da rifiutare l’associazione di Bella Ciao! ad un’azienda le cui pratiche commerciali e lavorative sono oggetto di molteplici denunce per violazioni dei diritti umani in diverse parti del mondo e che, volente o nolente, s’è fatta portatrice di un modello di consumo pericoloso e di una visione della vita assolutamente falsa e senza memoria. La memoria che, invece, desideriamo sostenere è fatta di dignità, pace e libertà, nella speranza che le note di Bella Ciao! possano continuare a condurre questi valori nei remoti angoli del globo per la costruzione di meno spot televisivi e più società giuste e libere.

 

 

(1)    Il collettivo di italiani in Messico AlterIta è composto da Carlo Almeyra, Andrea Cirelli, Manuela Derosas, Matteo Dean, Fabrizio Lorusso, Edoardo Mora, Barbara Origlio.Tutti sono professori di lingua e cultura italiana in Messico e parallelamente svolgono attività accademiche, giornalistiche e di diffusione culturale.

 

(2)    Alcuni esempi: raccolta di firme contro la discussa partecipazione dell’Italia al Festival Humanitas di Oaxaca lo scorso anno (http://www.articolo21.info/rassegne/generale21052007/Art00042.htm e http://www.infonodo.org/index.php?option=com_content&task=view&id=11111&Itemid=58); la promozione di accordi etici per le attività educative (http://indy-lo.ortiche.net/?q=node/3711); l’invio di comunicati e la convocazione o partecipazione a conferenze su temi politici importanti (http://www.megachip.info/modules.php?name=Sections&op=viewarticle&artid=5771); infine l’appello agli imprenditori italiani in visita in Messico (http://liguria.indymedia.org/node/703) 

 

 

 

 

 

 

IL TETTO O "AZOTEA", FORME DI VITA

L'arrivo a febbraio, dopo tre mesi di viaggio, e stato tutto in salita. Fatiche respiratorie e riadattamento digestivo qui in citta' ma anche voglia di fare e ricostruire. Ho vissuto tre settimane sul tetto del palazzo. I condomini della "Urbe más grande del mundo" (come dicono qui) hanno sempre delle stanze "di servizio" all'ultimissimo piano che erano originariamente riservate alla "muchacha" delle pulizie ma che oggi si possono affittare e abitare.

Sono senza bagno ma, dato che il nostro appartamento e' all'ultimo piano, non e' pesante scendere giu' un piano per orinare. La situazione si complica durante la stagione delle piogge (da giugno ad ottobre), cioe' quando la discesa al paradiso incorpora una doccia gelata nella parte di cammino che rimane all'aperto prima di consumare l'atto di svuotamento. Ma son dettagli.

Il tetto ha i suoi perché. Sole puntato tutto il giorno. Clima continetale con estremi dai 5 ai 35 gradi in un giorno. E poi i vicini di svetura. Una famiglia col cane che vive in una stanza di 3m per 3.

E il cane non lo portano mica giu' a fare la pipi'...Va beh. Il vicino piu' vicino e' un militare trentenne, un ragazzo simpatico con tutti i modellini di aeroplani sulle mensole. Solo lui ha le chiavi del bagno comune che, per fortuna, io non devo usare visto che posso scendere (comodamente?) nell'appartamento.

 

IL PETTEGOLEZZO

All'ultimo piano dell'edificio di fronte, sempre in queste stanze sul tetto, vive una procace avventuriera messicana, anche lei con la famiglia, che, nei momenti di solitudine, invita frequentatori e mezzi fidanzati su in stanza per delle sessioni di yoga con dessert.

Pur conoscendola un poco, non ero al corrente dei suoi interessanti e frequenti avvicinamenti corporali con svariati fortunati.

Un giorno e' passata lei mentro stavo discorrendo con un custode del palazzo circa le disgrazie calcistiche della locale squadra universitaria dei PUMAS ed e' scattata la vena polemica del suddetto che mi ha avvisato di non farmi assolutamente prendere dalla tentazione di conoscerla "meglio". I suoi motivi.

Un amico del portinaio (sono quattro i vigilanti notturni che fanno turni da 24 ore ciascuno!) e' stato anche lui "invitato" dalla giovane e ha riferito i suoi commenti sui predecessori che non erano certo

benevoli e riguardavano dimensioni, prestazioni, condizioni familiari, tipi di rapporti e sputtanamenti clamorosi. L'amico del custode ha quindi temuto il peggio: essere vittima dello stesso trattamento in

futuro, quando non la vedra' piu'...

Percio' il premuroso guardiano mi ha sconsigliato di avvicinarla, se per caso mi fosse passato per la testa. Gli ho risposto che forse le storie sulle persone del palazzo vengono un po' troppo amplificate

e che magari, visto che e' una ragazza sola e libera, si parla un po' troppo male di lei. Se fosse un ragazzo, nessuno diffonderebbe storie con tanta malizia, vere o false che siano. Scuote la testa e allora smetto di fare il paladino della verita' o il falso redentore.

 

L'AFFITTO

Ogni mese passa Joaquin, soprannominto giacchino, il ragioniere galoppino che s'incarica di riscuotere gli affitti. Caratteristiche: se chiama per fissare un orario per la riscossione, non viene. Se chiama per

fissare un giorno per la riscossione, viene due giorni dopo senza preavviso. Se promette di riportare qualche lamentela o notizia al padrone, l'informazione arrivera' con almeno due mesi di ritardo e l'emergenza sara' ormai stata risolta da noi con "mezzi propri".

Ha sempre una piccola scorta di giornaletti sadici che spuntano dall'elegante borsa di pelle consunta. Si tratta dei libretti "vaqueros", dei fumetti a colori a sfondo sadico-sessuale con le storie piu' impensate sulla falsa riga della "commedia sexy all'italiana" tanto pubblicizzata e riabilitata "a genere" dai nostri canali commerciali. Una storia che m'era capitata a tiro si chiamava "fornicala, o te mato"...e

c'era un avvoltoio che divorava il fegato di un uomo vestito da Cow Boy il quale era il responsabile del tradimento di una donna del "pueblo". Tanto per far capire. Sono popolarissimi tra alcuni tassisti,

guidatori di autobus urbani e, per l'appunto, ragionieri galoppini.

 

AUTOBUS: LA VERA CONCORRENZA PERFETTA

Gli autobus di citta' del Messico sono tanti. Troppi. Ogni venti secondi ne passa uno. E fanno le gare (a cui partecipano i taxi come piloti indipendenti fuori lista). Le strade piccole hanno tre corsie (come

l'autostrada del Sole) e quelle grandi anche 7 od 8 in un senso di marcia. Percio', in un paese dove la patente si compra al supermercato, la competizione diventa legge. La gara tra i bus crea un darwinismo stradale pericolosissimo ma si giustifica perche' molti piloti sono anche proprietari (o ancora peggio affittuari) del mezzo e vogliono superare gli altri per tirare su piu' sventurati passeggeri possibile.

In ordine di grandezza ci sono: i filobus o trolleybus, i bus o autobus, i peseros, i micro, le combi, i colectivos e vari ibridi nati dall'accoppiamento selvaggio di questi al semaforo o dalla rottamazione prematura in seguito a incidenti di transito.

Alcuni si specializzano per generi musicali anche. E cosi' si creano curiose categorie miste: la combi metallara, il micro salsero, l'autobus grande rockettaro o il pesero tamarro discotecaro. Non male.

I prezzi si fissano in base ai chilometri di percorrenza che onestamente ciascuno dichiara al conducente una volta che sale su, annunciando la sua destinazione, e paga cash. Spesso vicino al conducente

ci sono diverse figure: il "chalán", che e' un ragazzino o un amico del conducente che non si puo' permettere il bus tutto suo e si fa le ossa guardando il capo, e poi a volte c'e' la famiglia intera (5 figli in media piu' sposa) che si sollazza e si gode l'aria fresca della Urbe e gli scorci d'urbanita' dal finestrino: tutta una vacanza.

La sera alcuni autisti ti ricattano. O paghi circa il doppio della tariffa normale o rimani a piedi alle 11 o 12 di sera in una qualche piazzola abbandonata e piena di rifiuti del maestoso mercato del giorno

prima. Chiaramente orde di cani randagi stanno cercando prede e aprendo sacchetti pieni pieni di salsicce e cipolle marce tutt'intorno. Che fare? Tutti pagano, qualcuno protesta ma alla fine si parte. Luci

azzurre, rosse o viola, tendine nere chiuse, crocifisso illuminato e via. Non tutti gli autobus sono cosi' ma con un po' di fortuna e conoscendo le linee giiuste, si trovano...

 

 

 

 

CAMPAGNA ELETTORALE

Continuo con le note del viaggio eterno a Citta' del Messico. Siamo a 7 giorni dalle elezioni presidenziali piu' "democratiche" della storia del paese visto che, in pratica, si prevede un pareggio "tecnico" nelle inchieste tra il candidato della sinistra Andres Manuel Lopez Obrador e quello della destra Felipe Calderon. Hanno entrambi circa il 30-35% delle preferenze contro il 25-30% di Roberto Madrazo,

candidato del PRI, il partito unico che ha governato per 71 anni il destino dei messicani.

Screditare l'avversario spudoratamente e' la tattica preferita per generare terrore e scompiglio nell'elettorato.

 

OSTRUZIONE VISIVA PRE-ELETTORALE

La citta' e' invasa in ogni angolo (e vi assicuro che sono tanti) da manifesti e propaganda. Ormai ogni candidato offre di tutto e di piu'. Sconti, aumenti salariali, istruzione, salute, welfare e tra un po'

macchine di lusso, sicurezza su tutti i fronti e "Piu' Pilo Pe' Tutti"...come direbbe il comico Albanese. Sul palo sotto casa mia ci sono le facce di almeno 8 personaggi sorridenti che si arrampicano fino al punto piu' alto come sull'albero della cuccagna. Il loro destino sara' quello di rovinare a terra tra pochi giorni per la fine delle ostilita' elettorali o, se c'e' vento, di finire schiacciati sotto il peso del palo della luce su cui sono appesi dato che piu' della meta' di questi sono pericolanti, inclinati di 30 gradi oppure tenuti su miracolosamente da cavi d'acciaio attaccatti chissa' dove.

In questo periodo, mese di giugno, fa un caldo torrido e di sera escono le zanzare a passeggiare dopo la classica ora di pioggia straziante e puntualissima che le rifocilla.

 

BISOGNA PARLARE DELLA METRO...

Premetto che in generale la Metro di Citta' del Messico e' un buon mezzo di trasporto che copre distanze immense, e' economico e abbastanza rapido...

La citta' del Messico sotterranea e' una delle reti piu' lunghe del mondo. Le linee sono "solamente" 12 ma la distanza tra le fermate e' spettacolare. A volte puoi leggere un articolo di giornale intero tra due

fermate.

La quantita' di vita brulicante nel sottosuolo e' altrettanto impressionante. Nelle stazioni della metro si vende di tutto, dalle forbicine per le unghie all'ultimo DVD di Benigni o Jackie Chan. Il Messico e' il terzo paese del mondo per i prodotti pirata e, quindi, la metro e' uno dei mercati esclusivi.

 

AMBULANTI

La mafia dei venditori ambulanti,instancabili pellegrini che passano di vagone in vagone durante almeno 12 ore al giorno, fornisce ai propri "impiegati" dei materiali da vendere a meno di un euro tra cui spiccano i ricettari, le penne e pennarelli, l'incenso, i dischi pirata, i DVD, i quaderni, il codice della strada, la Costituzione politica degli Stati Uniti Messicani, i testi d'esoterismo spicciolo e quanto piu' d'altro vi possa venire in mente.

 

TECNICA

Con la diffusione della tecnologia le tecniche di vendita dei CD e DVD si sono perfezionate: il venditore passa con uno schermo o uno stereo potentissimo da 600 watt e schiaccia PLAY sull'"INTROMIX", un file o una canzone fatto da DJ esperti che raccoglie 20 secondi di ogni canzone o un riassunto del film o il video musicale.

La parlantina, il tono e le frasi del venditore sono studiate nei dettagli. "Una volta in piu' vi porto alla vendita..." o "Spettabili e stimati usuari...ecco qua il disco compatto...con gli ultimi successi...150

canzoni in formato MP3..." e cosi' via. Il tono e' simile a quello che usano nei supermercati per chiamare col microfono qualche cliente o responsabile di reparto, cioe' e' insopportabile e ridondante.

I venditori sono obbligati a rispettare certi tempi e modalita' di vendita per non trovarsi in due o tre nello stesso vagone gridando e facendo sentire spezzoni musicali in contemporanea. Quindi ciascuno

aspetta il suo turno per entrare. In definitiva una buona parte degli affari ("las gangas") nell'acquisto di piccole cose si puo' realizzare nella metro.

 

GLI INDIPENDENTI

I personaggi piu' disperati e realmente bisognosi (ma non sempre) sono quelli che chiamo "venditori indipendenti" i quali, sembra, non appartengono a nessuna "organizzazione" e cercano di commercializzare qualche prodotto "casereccio" (come libretti, stoffe, bracciali o dischi) oppure cantano, suonano, fanno (e a volte lo sono) i ciechi o semplicemente mostrano a tutti un certificato medico che dimostra la loro inabilita' al lavoro. Elemosina insomma.

La prima volta che sono venuto in Messico, nel 2000, c'era un signore che chiedeva soldi alla fermata del metro Barranca del Muerto e stava fermo sulle scala intonando un "por favor, por favor" e facendo vedere la gamba ingessata. 5 anni dopo l'ho ritrovato con la sua inconfondibile cantilena e la gamba sempre rotta col gesso un po' piu' logoro e grigio di prima.

 

MINACCE

I piu' minacciosi pero' sono dei ragazzi che entrano a petto nudo nel vagone e, dove c'e' spazio, gettano dei vetri rotti per terra e uno si sdraia sopra al comodo giaciglio per poi farsi passare sopra dal compagno di merende che lo capesta e lo schiaccia sul letto di vetri.

Poi passano tra i passeggeri e chiedono la monetina guardandoti in cagnesco.

Altri simpaticoni usano una retorica fatta di minacce implicite del tipo "signori e signore, POTREI STARE PER LA STRADA RUBANDO E ASSALTANDO LA GENTE, pero' ho deciso che era meglio trovare un metodo piu' onesto...vi chiedo una moneta che non compromettera' la vostra economia familiare...". Bien.

Le donne non se la passano al meglio sui vagoni affollati. In generale abbondano i fumi balsamici provocati dai litri di profumo che utilizza il messicano medio per mantenere vive le sue relazioni

pubbliche. Inoltre la promiscuita' scatena spesso la ricerca maniacale di alcuni gentiluomini che s'appropinquano alle donne per toccarle ("manoserlas"), sfiorarle, sfregarsi e, in definitiva, molestarle sessualmente.

 

Alcuni vagoni isolati di certe linee diventano, nelle ultime corse verso mezzanotte, un territorio di caccia per alcune categorie che cercano avventure. Per esempio un amico nordamericano, omosessuale, ci ha rivelato delle sue avventure nella metro semivuota dove ha rimorchiato spesso qualcuno per passare bene la serata. Ci ha detto che non e' molto comune pero' che era un modo di fare "amicizie" per alcuni gay della capitale.

 

PERIFERIA

Alcune stazioni periferiche ti portano nel mezzo del nulla e, soprattutto la sera, le uscite al capolinea hanno un fascino postmoderno suburbano che raccomando di evitare se non resistete ai cattivi odori d'olio fritto e tacos di carne, al rumore, ai mendicanti, al buio pesto di certe vie limitrofe, ai cani randagi, agli scarafaggi e all'invadenza degli autobus che raccolgono e smistano per le periferie (ancora piu'

periferiche) l'orda stanca di quotidiani avventori metropolitani.

Ogni tanto si scoprono delle meraviglie nel sottosuolo. Per esempio il Metro Copilco della linea tre e' decoratissimo da dei murales splendidi e la fermata La Raza ha un sottopassaggio di oltre un

chilometro con quadri illustrativi di tipo scientifico.Il metro Auditorio ha un'esposizione permanente sullem metropolitante piu' famose del mondo...

 

Bene, ciao e continua...Fabrizio

 

 

 

 

 

 

Narcos e narcotraffico in Messico: dalle origini all’epoca del Presidente Felipe Calderón (anno: UNO di SEI).

Nel 2007, il Presidente del Messico, Felipe Calderón (del conservatore PAN, Partido Accion Nacional), stabilì come priorità per il suo Governo la lotta al crimine organizzato su cui sarebbero ricaduti “tutto il peso e la forza dello Stato”. L’ambizione presidenziale era quella di poter ridurre significativamente i cosiddetti delitti contro la salute, cioè, fuori dalla terminologia giuridica, le attività di spaccio e commercio di sostanze stupefacenti illegali, soprattutto cocaina, droghe sintetiche e marijuana.

Storicamente il fenomeno del narcotraffico cominciò ad apparire nel Messico del boom economico degli anni sessanta (periodo del desarrollo estabilizador) e settanta (periodo del desarrollo compartido) nel contesto di una relazione perversa e occulta con lo Stato. Grazie alle risorse generate dall’industria petrolifera e dalla crescita economica oltre che al sistema di governo autoritario centrato sul PRI come partito egemonico a tutti i livelli, il potere politico riuscì a imporre certe regole di condotta che vietavano al crimine organizzato la partecipazione nella gestione politica, proibivano l’introduzione massiccia di droghe nel mercato interno mentre tolleravano l’esportazione e, infine, esigevano una certa obbedienza alla volontà statale.

Negli ultimi 10 anni, l’indebolimento dello Stato, l’alternanza nel potere politico e la crescente, anche se non completa, democratizzazione delle istituzioni a livello nazionale e regionale hanno condotto alla rottura delle precedenti reti fiduciarie tra la politica e il mondo del narco. In un sistema federale come quello messicano, il progressivo aumento delle competenze dei governatori locali, eletti direttamente dai cittadini in ogni singolo stato, ha favorito l’ulteriore frammentazione dei livelli di gestione della relazione con il crimine organizzato che ha spinto verso l’incremento del consumo locale e la violenza come metodo di intimidazione contro la popolazione, le forze dell’ordine e i politici non graditi.

Ad ingigantire il potere strategico, già alto per la vicinanza agli USA, dei cartelli del narcotraffico messicano[1] è stata anche la lenta ma costante ritirata dei loro omologhi colombiani che, dopo la morte di Pablo Escobar e la dissoluzione del potente cartello di Medellin nel 1993, hanno perso il monopolio della distribuzione verso il mercato statunitense, il più grande del mondo per tanti prodotti tra cui gli stupefacenti. Inoltre, il controverso Plan Colombia, implementato nel 2000 dall’allora Presidente colombiano Andres Pastrana. Questo piano è stato poi ripreso, insieme ad altre durissime e costose operazioni militari, spesso alternate e confuse con l’antiguerriglia, anche dall’attuale Capo di Stato Alvaro Uribe ed ha comportato un impegno economico, tecnico e militare diretto degli Stati Uniti in Colombia che ha costretto alla difensiva i signori della droga anche se non ha fermato la violenza e il commercio illecito.

Sul fronte messicano, per combattere il narcotraffico il Presidente ha ordinato un anno fa il dispiegamento di quasi 30mila soldati inizialmente nel suo Stato natio, il Michoacan, e poi in altri 7 stati dominati dai cartelli della droga, soprattutto nel nord del paese. Poi in realtà gli uomini inviati nei territori dell’operazione sono stati circa 10mila e la loro distribuzione è risultata abbastanza arbitraria e ha generato risultati tuttora in discussione ed evoluzione. Le politiche di controllo della domanda e del consumo nazionale, le ipotesi di liberalizzazione parziale oppure la sensibilizzazione dei think tanks e dei decisori statunitensi sul medesimo tema sono tutti elementi poco considerati e troppo spesso rinviati indefinitamente dalla classe politica e dalla stessa società civile (e non solo in Messico…).

Ed è proprio in questa carenza che sta il nucleo del problema: s’è adottata una strategia aggressiva basata sull’induzione del terrore nella gente via spot radiofonici e TV e sull’estirpazione dell’offerta attraverso l’intervento militare massiccio, maggiori controlli doganali e distruzione di coltivazioni come in Colombia. Il risultato è che s’è demonizzato il narco come fosse un nemico esterno alla società, un cancro che nulla a che vedere, per esempio, con il “buon messicano” padre di famiglia o con lo studente, target principali del bombardamento mediatico in corso, e s’è ignorato il lato importantissimo del consumo interno e delle politiche per ridurre la domanda anche negli USA. Dagli anni ottanta, quando Ronald Reagan dichiarò guerra alle droghe nel suo paese (e nel resto del mondo), l’azione repressiva è stata rivolta quasi solo contro l’offerta nei paesi produttori tra cui spiccavano la Colombia, il Messico, il Perù e la Bolivia. Questa prospettiva, osteggiata da una parte del mondo accademico e dagli anti-proibizionisti, implicava una sorta di diritto naturale d’ingerenza negli affari interni di numerosi paesi latinoamericani da parte della potenza del nord tramite l’imposizione di finanziamenti discrezionali, somministrazione di “assistenza tecnica”, istruzione e presenza effettiva di tipo militare. Perciò, mentre cadeva il muro di Berlino e la URSS collassava, la lotta alle droghe stava diventando uno dei nuovi pilastri che, insieme alla migrazione e al terrorismo, avrebbero sostituito il “pericolo comunista” e legittimato discorsi e azioni degli USA negli anni a venire.

Ora, un po’ più a sud al di là del Rio Bravo, dopo un sessennio perduto in cui l’ex Presidente Vicente Fox ha lasciato mano libera alla delinquenza, i costi delle principali droghe sono diminuiti drasticamente nel mercato interno e le esportazioni verso gli USA sono cresciute. Oggi un grammo di cocaina costa solamente 2 dollari in Colombia e 7,8 in Messico mentre la marijuana costa rispettivamente 80 e 40 centesimi di dollaro per ogni 10 grammi. Secondo uno studio della Universidad Nacional Autonoma de Mexico, il business totale legato al narcotraffico coinvolge circa 250mila persone e raggiunge la cifra di 15 miliardi di dollari ai quali possono sommarsi ragionevolmente i 9 miliardi di dollari prodotti dal traffico di armi e controllati in gran parte dagli stessi cartelli della droga. E’ chiaro che le dimensioni mastodontiche di questo giro d’affari sono l’aspetto evidente e quantitativo di un sottofondo culturale più nascosto, complesso e qualitativo che è fatto di proibizionismo, bigottismo, compartecipazione ai guadagni e connivenza da parte del potere, difficili scelte di vita della gente comune e di gruppi criminali che sono “Stati nello Stato”.  

In risposta a tutto ciò, s’è deciso di militarizzare il conflitto e seguire, così, il tipo di lotta promosso, senza grandi risultati, da Reagan oltre vent’anni fa e dal colombiano Uribe ancora oggi. L’iniziativa del presidente messicano, denominata inizialmente “Operativo Michoacan”, ha portato a risultati discutibili sul piano pratico anche se la propaganda ufficiale s’è sforzata di giustificarla e di promuoverne gli eventuali vantaggi per la società intera: quello che importa è l’aspetto quantitativo e le cifre da sfoggiare sul sequestro della droga e gli arresti mentre non interessa molto se i processi non si concludono e se i politici coinvolti non hanno sanzioni. Per esempio, si diffondono abbondantemente i dati incoraggianti sulle oltre 50 tonnellate di cocaina sottratte al mercato e ai circa 100 capi mafiosi estradati negli USA ma si tralasciano gli aumenti nei consumi interni e il record di 2360 esecuzioni (500 in più rispetto al 2006) registrate nell’ultimo anno e che sono legate, in gran parte, al narcotraffico e alla diffusione illegale delle armi da fuoco[2].

Un altro elemento da considerare è la dissoluzione progressiva delle reti sociali comunitarie e degli usi e costumi (sociali, giuridici e politici) dei villaggi rurali che vengono intimiditi dalla presenza militare e osteggiati nello svolgimento naturale delle loro pratiche abituali con il fine d’imporre unilateralmente lo Stato di diritto e la legge ordinaria a scapito delle tradizioni. La caccia alle streghe lanciata contro qualunque cosa che odori di “protesta sociale” o, sull’altro fronte, di narco, così come l’incarcerazione indiscriminata (tanto per far numero) hanno condotto a una serie di abusi correlati e discriminazioni sofferte dalle mogli, dai figli e, in generale, dalle famiglie e comunità dei presunti colpevoli di delitti contro la salute oppure, ed è il caso di Atenco e Oaxaca nel 2006[3], dei simpatizzanti dei movimenti sociali i quali subiscono gli eccessi di un sistema basato sulla cultura giuridica della “presunzione di colpevolezza”[4]. In questo modo il discorso di George Bush sulla “sicurezza nazionale statunitense” si trasforma, in Messico, nella retorica anti-narco e anti-dissenso sociale mascherata dagli slogan della lotta al terrorismo, includendo in questa definizione un gran numero di fattispecie interpretabili con una flessibilità giuridica piuttosto pericolosa che non garantisce i diritti del cittadino[5].

In mezzo a mille polemiche, nell’ottobre scorso è stata infine suggellata la strategia governativa grazie all’approvazione di un aiuto straordinario, incluso nel cosiddetto Plan Merida, di 1,4 miliardi di dollari per 4 anni da parte del Parlamento USA affinché il Messico compri, da imprese statunitensi, materiali bellici, mezzi di trasporto e attrezzature varie per la lotta contro i narcos e riceva, altresì, assistenza tecnica per il loro impiego. Il sospetto, non ingiustificato, di una parte della società messicana è che l’intervento, seppur indiretto, di un paese straniero come gli Stati Uniti, così interessato al destino della cocaina in transito nel Messico ma così poco attento, per esempio, alle esigenze dei suoi migranti, possa costituire una parziale restrizione alla sovranità nazionale nel momento in cui gli aiuti finanziari e tecnici vengano subordinati all’adozione di politiche interne prestabilite oppure all’ingresso di personale militare straniero. Calderon ha garantito che non avverrà nulla di quanto vaticinato dall’opposizione ma i dubbi restano tra chi ha ribattezzato il Plan Merida con il nome di Plan Mexico, in analogia con il più contestato e ormai decennale Plan Colombia[6]. Nonostante gli sforzi fatti e alcuni risultati, quantitativamente significativi, i sette cartelli che operano nel paese hanno intensificato le loro reazioni e i loro avvertimenti perpetrando omicidi e decapitazioni intimidatorie tanto di agenti delle forze dell’ordine come di giornalisti e membri di bande rivali in quasi tutte le 30 entità statali (sulle 32 del Messico) in cui sono presenti.

Rimangono le incertezze rispetto all’evoluzione futura del conflitto interno che il paese vive silenziosamente da decenni e che è esploso rumorosamente alla fine del governo Fox: l’applicazione dal 2008 degli aiuti USA con il Plan Merida, il rispetto dei diritti umani, la situazione delle carceri, il ruolo dell’esercito nella sicurezza interna, le connessioni narco – politica, la riforma della giustizia (approvata pochi giorni fa dalla Camera) e l’auspicabile formulazione di proposte integrali e incrociate USA – Messico e domanda – offerta per inquadrare il problema in modo coerente e rispettoso delle differenti esigenze nazionali.



[1] (recedenti to dello Stato, in modo ra compa giorni fa dalla Camera) e la foprmulazione traria aca e izionismo, compartecipazioneCartel de Tijuana dei fratelli Arellano Felix, Cartel de Colima degli Amezcua Contreras, il Cartel de Juarez fondato da Amado Carrello Fuentes, il Cartel de Sinaloa del Chapo Guzman e del Guero Palma, il Cartel del Golfo, quello di Oaxaca e quello del Millennio dei Valencia. http://www.cronica.com.mx/nota.php?id_nota=218320

[2] http://www.carmillaonline.com/archives/2007/12/002485.html#002485  e El almanaque mexicano 2008 di Sergio Agauyo Quezada, p. 167.

[4] Sulla discriminazione delle famiglie dei narcos e presunti tali, il libro di Corina Giacomello, “Rompiendo la zona del silenzio”, http://www.jornada.unam.mx/2007/08/26/index.php?section=cultura&article=a08n1cul

 

CIAO alla Prossima

 

 

 

Fabrizio Lorusso

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