28 01 2002 - Luna piena di Gennaio
Gokarna, Karnataka
Dal diario di bordo del marinaio Johnson:
BACKWATERS
Partiamo da Varkala (io e Nir) insieme a tre svizzeri
che abbiamo
conosciuto nella guest house, alla volta di Kollam.
(Uno di loro sta facendo una pausa, perche' ha fumato troppo in
Svizzera.
Io e Nir ne ammiriamo la forza di volonta', o forse la follia, comunque sia questo ci basta per convincerci di come la Svizzera non sia solo
orologi, cioccolato e banche).
Da li' vogliamo prendere la barca che ci portera' ad Allaphuza, con un viaggio di 8 ore attraverso le acque interne (backwaters),
la rete di canali che attraversa il Kerala.
Non c'e' mai stato un posto piu' verde.
I canali sono pieni di meduse, e di pescatori, e sulle rive corrono
bambini usciti dalla foresta che ci chiedono una penna.
Ci sono uccelli che sembrano falchi, uccelli che sembrano flamingos, e serpenti d'acqua, e palme, dappertutto palme.
Giochiamo a scacchi, beviamo birre (io), e dopo la pausa pomeridiana di
20 minuti, che obbliga me e Nir ad addentrarci nel villaggio e a fumare
2 joint consecutivi, stiamo immobili sul ponte a fissare il tramonto
come se anche anche il tramonto da un momento all'altro dovesse
diventare verde.
KOCHI
Gli svizzeri si fermano ad Allaphuza, due di loro sono
infermieri e sono interessati a una clinica ayurvedica che dicono essere
buona.
("Ci sono bastati 5 minuti per capire che era un pacco", mi
dira' poi uno di loro quando ci rivedremo a Kochi.).
Io e Nir andiamo direttamente a Kochi, anzi a Fort Cochin, la parte storica, lontana dal caos di Ernakulam, la citta' nuova e moderna,
con le sue navi da carico e il tempio di Shiva.
Fort Cochin e' forse il posto meno indiano in cui sono stato.
L'influenza portoghese e olandese e' chiarissima, le strade sono strette
e le case sono basse, ci sono chiese e la grande basilica di Santa Cruz,
e sulla spiaggia le meravigliose grandi reti da pesca cinesi.
E poi la Sinagoga, piccola e bellissima.
Kochi e' una storica presenza ebraica in India.
Mi ci porta Nir, ed e' la prima sinagoga in cui entro in vita mia.
C'e' un'atmosfera quasi europea nei caffe'che espongono in vendita
quadri terribili con le vetrine piene di porcellane e di servizi da the'.
Ma la cosa piu' bella di Fort Cochin sono senz'altro gli affreschi del
Mattancherry Palace.
Non posso descriverli, ne' tantomeno mostrarli.
E' la prima volta che L'india mi risulta incomprensibile.
Non si possono fare foto agli affreschi, ovviamente, ma al palazzo non
vendono ne' libri ne' cartoline.
(Hanno solo libri su Hampi, che e' un po' come se a Roma avessero
soltanto libri su Venezia).
E'stato stampato soltanto un libro con le foto degli affreschi, dal
governo, e sono 2 anni che e' ormai fuori stampa.
Mah.
Una sera siamo sulla terrazza.Un israeliano suona la
chitarra, la sua ragazza e Nir cantano.Un inglese con la maglietta della nazionale
indiana ascolta e guarda.
Io parlo con una ragazza di Siena, che si e' fatta battezzare 2 anni fa
nell'ashram di Osho, il guru degli occidentali, a Pune.
Non ne so mezza, quindi pongo domande in continuazione.
Il chitarrista e' un fan dei primi Metallica, ma per quest'occasione
suona pezzi un po' piu' leggeri.
Tra gli altri, America, di Simon and Garfunkel.
E' davvero strano ascoltarla qui.
Mentre ne ascolto il testo, non posso non pensare a come tutti noi su
questa terrazza, che andiamo e veniamo da posti diversi dell'India,
siamo lontani anni luce dall'efficienza, magari leggendaria, dei famosi
autobus della Greyhound.
La musica si interrompe per un attimo, il chitarrista apparecchia un
chiloom.
Non mi accorgo di quanto sono stonato finche' io e Nir non siamo in una bakery con davanti un cartone di fette di torta, fumiamo anche
se non si potrebbe e ho in mano una bibita al mango.
Mentre giochiamo a scacchi nella mia stanza (una
partita, un joint, questa e' la regola), Nir mi dice che i suoi genitori
a Bombay sono stati "fulled".
La guida ne parla in continuazione: il riscio' driver dice ai turisti
che il loro albergo e' pieno (full), chiuso, o che non esiste piu' o che
e' andato a fuoco giusto il giorno prima.
Poi li porta in un altro albergo, di solito piu' costoso, e dal quale
riceve una sostanziosa commissione.
Ci ridiamo sopra perche' a noi, almeno per questo viaggio, non potra'
piu' succedere.
"Tu credi che Israele sia un deserto?" mi chiede sorridendo la
madre di Nir.
E' giovanissima, ed e' arrivata a sorpresa.
Nir aspettava il marito di sua madre, che veniva in India tre settimane per festeggiare il suo compleanno.
Sto a fare colazione con loro, al Kashi Art Cafe', dove dopo 2 mesi bevo tre magnifici caffe' fatti con una gigantesca moka italiana.
"Haifa, la nostra citta', e' verdissima.E scommetto che pensi anche
che gli uomini siano tutti vestiti di nero con la barba e le trecce,
come i tradizionalisti.Per noi, sono un'attrazione."
Non posso avere rivincite questa volta, perche' i genitori di Nir
conoscono l'Italia (tra l'altro hanno fatto scalo a Milano e mi fanno vedere il mio primo Euro) e il patrigno ama il nostro sud
ed e' stato piu' volte nel nostro paese.
"A venezia ci hanno proprio fottuto in un ristorante", mi
dice, mentre la madre di Nir fa un gesto come per invitarlo a non
parlare in modo volgare.
"Ma io a lei l'avevo detto gia' prima di partire.
Venezia e' un posto fatto per fottere i turisti.Ci fotteranno, ma non
c'e' niente di male. A Venezia e' naturale."
Io e Nir cerchiamo di far entrare i suoi genitori nell'ottica dei prezzi
indiani, ma non c'e' speranza.
"Questa cosa costa un dollaro", ci dice il marito di sua
madre, "In Israele ne costa cinque.Non m'importa se per un indiano e' una
fortuna, per me e' un dollaro."
Discorso chiuso.Sono arrivati i ricchi, e stanno qui solo 3 settimane.
Il Kerala e' uno degli stati col piu' alto grado di istruzione
dell'India.
Persino la Lonely Planet e' costretta a dare atto di questo al governo
comunista. Non democratico, non di sinistra, proprio comunista.
Non ne so mezza, ma per me che vengo da un paese di camicie nere, dove comunista e' un'offesa infamante da televisione, e' divertente
vedere le strade di Ernakulam tappezzate di bandiere con la falce e
martello, e sui muri e nei cartelloni le facce di Che Guevara e di Marx,
e persino Lenin ed Engels.
JEFF
Jeff e' un indiano di Londra, agente turistico, -
"E' imbarazzante", mi dice, "tutti gli indiani, nessuno
escluso, mi parla sempre prima in hindi, ma io ovviamente non so una
parola.Sembra che a volte trovino assurdo che ci siano indiani che
vivono al di fuori dell'India, ma cazzo Londra e' piena."
Ci conosciamo arrivati alla stazione di Kumta, alle 5 del mattino, e
prendiamo insieme il minibus delle 6 per Gokarna.
Sappiamo che ci sono 4 spiaggie, tutte abbastanza lontane, e ci
incamminiamo verso la prima, con gli zaini in spalla.
A un certo punto, ci fermiamo per riposarci e Jeff rolla una canna
d'erba.
Per ricambiare ne faccio anch'io una con l'ultimo pezzo di Parvati che mi e' rimasto, dopodiche' Jeff, inspiegabilmente, ne prepara un'altra.
Sono le 7.30 del mattino, io ho dormito piu' o meno 2 ore in cuccetta, abbiamo appena fumato 3 joint e siamo sulla luna.
I sentieri, quasi invisibili, che portano alle spiaggie di Gokarna,
passano in mezzo a una specie di deserto giallo e rosso, spezzato
soltanto da enormi rocce nere, che Jeff sospetta essere di origine
vulcanica.
Infatti, ci perdiamo.
Ci salva una signora indiana, reindirizzandoci verso la strada giusta.
E' una fortuna, visto che la nostra presunta scorciatoia, per una
spiaggia che tra l'altro ancora non sapevamo dov'era, stava per condurci
nell'alta foresta.
GOKARNA (KUDLE BEACH)
E' difficile per me descrivere la spiaggia.Non ho
inventato io le parole che uso, e se e' vero che sono soltanto una
convenzione, probabilmente non vale la pena inventarne di nuove.
Posso soltanto dire che non credevo che in India ci fossero ancora
spiaggie cosi' belle e cosi' deserte.
Sto nella prima (non avrei potuto fare un passo di piu' con lo zaino in spalla, ed ero troppo stanco anche per aspettare una barca.).
A Kudlee Beach dovrebbero esserci gli europei, nella seconda spiaggia,
Om Beach, gli israeliani, e le altre due, piu' lontane, sono praticamente vuote.
In realta' a Kudlee Beach non c'e' quasi nessuno. Incontro due italiani,
Stefano, da Cecina, da 25 anni in India, parla hindi e si crede hindu ma
e' partito subito, e Fabio, di vicino Sondrio, e' stato da Sai Baba e
poi qui.
E' in India per la seconda volta e mi sembra che ne abbia visto un
decimo di quello che ho visto io.
E' un modo diverso di viaggiare.Io, questa volta, ho corso.
Ma ho visto i cibi variare, le spezie e le facce cambiare, i diversi
modi di annuire e gli dei differenti da pregare.
Ho riposato poco ma sono contento di aver visto le strade di sabbia del
Rajasthan, il tramonto sul lago sacro di Pushkar, il Taj Mahal e le
ragazze in minigonna a Calcutta.
Ho visto sacrificare un agnello ma un altro l'ho visto nascere in mezzo al deserto.
E ho bevuto chai dappertutto.Nei bicchieri di vetro, grandi e piccoli,
nella tazza da caffelatte, nei bicchieri di plastica delle stazioni, sui
treni, dove ti danno un bicchiere di latte caldo con una bustina di the'
dentro, e in quelle piccole brocche di terracotta, che indianamente sono usa e
getta, e nel bicchiere di metallo con o senza piattino.
Almeno un chai, di questo sono certo, l'ho bevuto in tutti i posti in
cui sono stato. E mi piace pensare di aver bevuto un sorso di tutti quei
posti diversi, soltanto uno, senza arrivare alla fine del gusto, quando
la lingua trova pace, forse perche' non cercavo pace ma confusione.
Di certo, non cercavo risposte.L'india trabocca di gente in cerca di
risposte, e di persone che le conoscono tutte.
Io, per quel che mi riguarda, mi faccio un sacco di domande tutti i
giorni, e mi rispondo in continuazione.A volte le risposte sono buone, spesso
sono da buttare, ma questo e'.
Probabilmente, quando avro' finito le domande, mi tocchera' andare in
cerca di domande nuove, e finche' saro' capace (spero) non smettero' di
cercare domande buone.
Sto al Green Sea Cafe', in una capanna (hut) sulla
spiaggia.Costa 50 rupie al giorno (1 dollaro) ma ne pago 60 per il
materasso.Ma anche con quello, il mio sacco a pelo e il copriletto che
ho preso a Varkala, la mia distanza dal suolo direi non superi i 5 cm.
Insomma, dormo per terra, e prendo l'acqua dolce da un pozzo con un
secchio.
C'e' la corrente elettrica (la sera), non c'e' il bagno, ma hanno le
sigarette e le birre.E quando apro la porta al mattino, voltando leggermente la
testa verso sinistra, vedo il mare arabico.
Tutti noi, credo, collezioniamo dei momenti, piu' o meno speciali, da conservare come amuleti per quando le cose cominceranno ad andare
diversamente.
Come dei talismani di bene.
Uno dei miei talismani d'ora in poi saranno i bagni al tramonto a Kudlee
Beach, quando il mare si ingrossa e l'acqua diventa fredda mentre il
cielo diventa rosso, e la luna e' gia' alta sopra le palme alle mie
spalle.
Allora, non c'e' niente di piu' mistico di una spiaggia.
E la spiaggia, forse, e' una strada perfetta.
Per quanto pochi, a Kudlee Beach l'umanita' e'
piuttosto varia.
C'e' qualche nudista, chi fa yoga al mattino presto e chi si esercita col nunchaku al tramonto.C'e' quello che io chiamo il Principe Carlo,
che sara' qui da 6 mesi ma usa un ombrellino da passeggio per proteggersi
dal sole ed e' ancora bianco come il primo giorno.E ovviamente, c'e' chi
suona la chitarra e le tablas.Ma il piu' indimenticabile e' sicuramente
l'inglese, sosia grasso ma perfetto del cantante degli Smashing Pumpkins,
che tutte le sere si unisce ai giovani indiani che giocano a cricket
sulla spiaggia (a volte la palla va in mare, e allora corrono tutti a
cercarla). Lo fanno sempre cominciare come esterno - che e' un po' come
dirgli "visto che non sai fare nulla, almeno vai a raccogliere la
palla" - ma lui e' sempre li', finche' non gli danno la mazza in
mano e allora si concentra, per cercare di restare il piu' a lungo
possibile in battuta.
Ma anche allora, si vede che non riesce, nemmeno per un attimo, a
smettere di sorridere.
Domenico, da Napoli, cita qualcuno che ha
meravigliosamente detto:
"Cammina sempre come se sotto il tuo piede ci fosse il tuo cuore.Le
rocce diventeranno piume."
A Gokarna i piu' splendidi discorsi da bar della mia vita.
Se mi fermo ad ascoltare, l'India sembra dirmi una cosa
soltanto:disegna.
E allora, quando scende la sera, davanti a una birra, sul mio album con in copertina il sorriso di un attore Tamil, disegno i miei dei della
fantascienza.
"Hai un bell'hobby", mi ha detto un indiano nel buio di un bar
di Fort Cochin, "disegnare mentre bevi una birra e fumi
sigarette.E' un po' il mio stesso hobby, solo che io non disegno."
Cosi' disegno tra gli altri il Signore dei Cerchi, e il Signore dei
Cigni,
e il Signore del Cricket, danzante sui tre paletti, e il Signore del
Charas, e il Signore dei Draghi, assassino del bene e del male, finalmente.
Ma cosi', ovviamente, la pace e' lontana.
P.S.:
Alcune di queste cose le ho scritte in spiaggia. Per quanto ami la posta
elettronica, e' ovvio che a volte si perda qualcosa.
In questo caso, la sabbia.
Gokarna, Karnataka
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