Omkareshwar
Lascio Bombay il 16 febbraio, probabilmente quasi nello
stesso istante in cui
Ursula Andress scende al Taj Mahal Hotel (350 dollari a notte, ma gli
indiani dicono che non li vale).
Questa citta', per quanto possa sembrare incredibile ha un lato, parola
che odio, "glamour".
Ed e' anche stato il primo posto in India dove le ragazze mi guardavano.
Sapevo che Nir stava arrivando, ci sentivamo per posta,
ma non
mi aspettavo di vederlo alla partenza degli autobus.
Prendiamo due bus diversi ma andiamo nello stesso posto.
Ci rivediamo alla prima sosta di ristoro, entrambi ovviamente abbiamo un
joint
pronto nella borsa.Stavolta e' lui, al contrario di me, ad avere
dell'ottimo
charas, che mi salva almeno 3 delle 14 ore di buche, salti, scossoni e
tremiti
di bus per arrivare ad Indore.
Da li', prendo un altro autobus, per altre tre ore di strada peggiore,
e finalmente, alle 14 arrivo ad Omkareshwar.
Un belga a cui ho chiesto informazioni sull'autobus mi porta in una
guest
house,
o meglio, come si chiamano qui, darahmsala (forse).
Mi accoglie un vecchio (dai 40 agli 80) indiano bizzarro, che mi porta a
vedere una stanza sulla terrazza.
A Bombay credevo di aver toccato il fondo, a Gokarna l'essenziale,
ma l'India e' sempre piena di sorprese.
Nella stanza c'e' una ventola, che va fatta funzionare inserendo i fili
direttamente nella presa, e una lampadina.
Nient'altro, tantomeno un letto.
Ma non posso non prenderla.Il posto e' bello e a Bombay ho speso molto e
sopratutto queste 4 mura mi costano solo 30 rupie (quando 48 sono un
dollaro).
Non ho mai pagato cosi' poco per dormire, nemmeno nel deserto.
In questo modo comunque, stavolta dormo davvero per terra.
E passo da uno dei nascondigli di Moro (questo mi ricordava la mia
stanza
a Bombay) a una specie di cella con due nicchie e nessun letto.
Questo posto e' strano dal primo momento.
Scendo per chiedere dov'e' la doccia.
"Chiloom after?" mi chiede il vecchio, "I have chiloom,
you have smoke",
aggiunge.
Risalgo per una delle tre scale che portano sulla terrazza.Sul
pianerottolo
del primo piano c'e' una scimmia grande come un bambino che non mi
lascia
passare.Dovro' abituarmi, questo posto, e il posto dove dormo, e' pieno
di
scimmie.Sono scimmie rosse, che possono anche essere aggressive.
Rifletto se costruirmi una lancia con una canna di bamboo e il
mio coltello.
Dopo la doccia, lo squilibrato che sembra gestire questo posto mi chiama
di
sotto e mi mostra il solito libro da compilare coi dati dei miei
documenti.
"You, together, police station" dice in continuazione.
"ok, Andiamo", dico, ma lui continua a ripetere solo queste 4
parole.
Alla fine comprendo che together significa tu e il libro andate dalla
polizia,
poi me lo riporti."Together".
E' la prima volta che devo andarci io, ma questo posto e' cosi' strano
che vado alla stazione di polizia.
E' su una piccola collina, di fronte alla fermata degli autobus
all'ingresso
del
paese.Due tavoli fuori sotto un portico, davanti a 2 stanze con la porta
aperta;
alcune moto, senza nessuna insegna, sono parcheggiate nel minuscolo
cortile.
In piedi, e seduti sui gradini c'e' un sacco di gente.
Non si capisce chi siano i poliziotti, chi i delinquenti (se ci sono),
chi sia
li' per caso, chi sia amico dei poliziotti o amico dei delinquenti (se
ne
hanno).
Il poliziotto che sembra in comando comincia a compilare il foglio con i
miei
dati e poi mi chiede, per la prima volta in vita mia credo, l'impronta
digitale
del mio pollice sinistro.
Vedo che e' una pratica comune.
Per un attimno, rifletto sul dire no ed andarmene da questa citta'.
Chiedo se e' obbligatorio.All'ovvia risposta affermativa, intingo meno
che
posso il dito nell'inchiostro e lo schiaccio sulla carta sperando di
confondere le linee.Ma temo non sia servito.
Ora i cattivi sapranno per sempre chi sono.
Poi, finalmente, vado alla deriva per Omkareshwar.
E' un posto molto piccolo, tra due fiumi che creano un'isola di una
parte del villaggio.Estremamente sacro, come a Pushkar infatti, sono
proibite
le
uova, la carne e gli alcolici.E pieno di templi, costruiti sulle colline
a
ridosso del fiume, e di boschi, pieni di scimmie e di scoiattoli.
Sono io questa volta a restare colpito.Io che ho trovato Bombay glamour.
("Sono ancora terrorizata da Bombay", mi ha detto la ragazza
che ha fatto il
viaggio con Nir.)
Questo posto e' cosi' intenso, profondo, denso, indiano, che mi lascia
senza
respiro.I negozianti non mi guardano nemmeno, e le persone, sopratutto i
bambini, tornano a guardarmi come un alieno.
Non c'e', nemmeno alla stazione degli autobus, una sola scritta in
inglese.
E Rivedo tutti gli animali dell'India:cani, muli, mucche, capre, maiali,
scimmie e bufali tutti liberi e selvaggi per strada.
E ho visto anche una scimmia che prendeva a schiaffi un cane.
Capisco perche' chi c'e' stato mi ha detto che e' un posto dove
bisognerebbe
stare settimane.Ogni metro di questo luogo andrebbe esplorato a fondo.
Compro per le strade, dai venditori di meravigliosa paccottiglia
religiosa,
un baby Krishna in ginocchio, perche' mi spaventa.
Lo metto in una delle nicchie della mia stanza, insieme alle uniche
cose,
a parte la mia magnifica collezione di oggetti di metallo, che credo
terro'
tra tutto quello che ho comprato in India.
Il Buddha che mi ha regalato Nir quando ci siamo salutati a Kochi, un
Ganesha
dentro a una cupola di vetro, preso in treno, che circondo
di due braccialetti poveri che ho comprato a Varanasi;
una cartolina di Hanuman, Re delle Scimmie, e una con la foto di un
cobra.
E infine un piccolo Nandi, il toro cavalcatura di Shiva, che ho comprato
a Gokarna 2 settimane fa.
Ormai mi manca forse soltanto una statuetta di Nataraj,o Shiva danzante.
Gli hindu credono che il mondo sia stato creato quando Shiva (creatore e
distruttore) ha scosso l'universo ballando la danza cosmica.
Vado in giro, di sopra, di sotto, per 5 rupie atrraverso il fiume in
barca, mi
siedo a bere una soda.
Guardo sfilare i pellegrini, gli animali, i sadhu, i bambini, tutti.
Sulla montagna, per la festa che ci sara' nei prossimi giorni, e' stato
disegnato con pietre e gesso un gigantesco Om.
Un bambino vestito di leopardo spinge un triciclo.
Vado sul ponte che collega il villaggio all'isola.Ci sono uccelli grandi
che
volano in alto, e uccelli piccoli che sfiorano il basso.
E, sembra incredibile, pesci che saltano nell'acqua.
Mentre guardo al tramonto le nuvole rosa, complice probabilmente il
charas,
quello che vedo mentre fumo sul ponte e' un luogo dove ci sono piu' dei
di quanti forse ne esistono davvero, sospesi sopra un fiume dei sogni
circondato di templi.
La racconto come la so, con tutti gli errori del caso.
In India quando un fiume si biforca, il posto diventa sacro.
Ad Omkareshwar il fiume che si biforca e' il Narmada, il terzo (credo),
dopo
il
Gange e lo Yamuna, tra i 7 fiumi piu sacri dell'India.
E se questo non bastasse c'e' anche uno dei dodici (soltanto dodici in
tutta
l'India) BARA YOTI LINGAM.
Il lingam e' un simbolo fallico riferito a Shiva, ce ne sono molti in
tutti
l'india, ma solo altri undici hanno l'importanza che ha questo in un
tempio di
Omkareshwar.
I nomi dei dodici bara yoti lingam detti in sequenza compongono un
mantra.
E oggi, 19 febbraio, e sono fortunato, e' il compleanno del Narmada.
Le strade sono affollate come solo in Brasile per il carnevale.Tutto e '
lampadine intermittenti come solo l'India puo' confusionare, e questo
posto
e' cosi' puro, vero, indiano.
In India a volte si hanno solo due scelte: o stare in camera o andarci
in
mezzo.
Io e Nir e un altro israeliano ci andiamo in mezzo.
Allora vedo tutto quello che le parole non sanno dire.
Tutti i colori che si accendono e sfumano, la gente, centinaia di
persone, che
lascia nel fiume le fiaccole (e lo facciamo anche noi), e la corrente le
porta
via, creando una striscia di fuoco.E andiamo sul fiume in barca,
circondati di
fiamme, e anche le colline sono piene di fuochi, sembra tutto un
incendio, le
scale che scendono dal monte e dal tempio sono anch'esse illuminate di
fiaccole.
Poi accendono anche l'Om gigante, e mentre ascoltiamo il mantra ripetuto
all'infinito e guardiamo questa scena di assedio e di festa, dove tutto
brucia
e canta e crede, siamo anche noi per un attimo parte di questo posto
cosi'
puro,
cosi' denso, cosi'.
Omkareshwar mi ha colpito, davvero.Non i suoi sadhu, che piacciono tanto
agli
occidentali, ma che io considero egoisti come monache di clausura o
business
men, ma il luogo, la gente, il fiume, tutto sembra essere puro.
E' una parola che ho usato a sproposito centinaia di volte.Qui credo si
riprenda
il significato che ha.
Sul mio ultimo treno non passa nessuno a chiedermi cosa
voglio per cena.
Cosi' accetto il cibo che mi offre la famiglia indiana cche viaggia nel
mio scompartimento.Patate, lenticchie, gobi, paratha, limone agrodolce.
Molti turisti non mangiano il cibo indiano, e non parlano quasi con gli
indiani.
Perche' sono invadenti, a volte incomprensibili, spesso forse
semplicemente troppi.
Ma sono sempre pronti a dividere quello che hanno, e sono curiosi, e a
volte
ingenui o semplici (per alcuni la semplicita' e motivo di scherno, io
finche'
posso, preferisco commuovermi), anche se in realta' non ne riusciamo a
vedere
la
complessita', cosi' ben nascosta da un alfabeto di gesti e di
atteggiamenti
troppo difficili da comprendere in poco tempo.
E sono sempre in festa, sembra, e sempre cosi' vicino a dio, e insomma,
credo che mi mancheranno.
Sto a Delhi piena di polizia, di polvere e di tutto.
Ma sto tornando.
Ultima trasmissione.
Basta scrittura, probabile ce ne sia stata troppa.
Con alcuni di voi, ci vediamo davvero presto.
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