Palermo 

Italia

Diario di viaggio 2013

di Irene Marcarelli

 

 

C’è, a Palermo, una luce speciale. E’ una luce esotica piena di colori, di blu, di azzurro, di verde e di bianco. Anche la notte ha una sua luce, altrettanto piena, ma più sull’ocra che si stampa sulle facciate degli splendidi palazzi diroccati e spettrali della Vucciria, sulle mura di Porta Nuova o della prepotente Cattedrale che si è impadronita di una delle più belle piazze della Palermo notturna.

C’è, a Palermo, una Porta Felice. Lei è felice perché guarda al mare ma rende felice chi la oltrepassa nella direzione opposta e trova l’abbraccio morbido di una città che si srotola benevola sotto i lenti passi di coloro che desiderano conoscerla.

C’è che a Palermo le montagne tagliano l’orizzonte, ma sanno di mare. La loro luce è un riflesso dello specchio di acqua che circonda tutta quella terra e così sono montagne socievoli, ospitali, invoglianti.

Come per tutti i miei viaggi, la voglia di scoprire non ha nutrito la necessità di informarmi prima di partire, di leggere troppo o di arrivare preparata a ciò che mi attendeva. Come sempre mi sono lasciata spazio, tanto, alla sorpresa. Quello che sapevo della Sicilia è ciò che sanno tutti, il sole, le arance, il pescespada, il mare smeraldo, la mafia, un dialetto che è una lingua di tutto rispetto, l’accoglienza, l’apertura, i contrasti. Ma ora che ci sono stata ho la conferma che nessuna guida parla della sua luce e dell’odore della sua aria. Sapevo che solo trovandomi lì avrei potuto cogliere il segreto del suo battito e ho scoperto che è un segreto non tenuto sottochiave ma sussurrato dal vento, devi solo saperlo ascoltare.

Il primo segreto rivelato è che Palermo non è una. Palermo è tante città, è la centrifuga di storie diverse, di culture, di stili, di idee, di filosofie e genialità che lì si sono incontrati. E questo lo vedi semplicemente passando dai vicoli della folkloristica Vuccirìa, a quelli di Ballarò, simili a suk marocchini traboccanti di colori, gente e profumi, ai larghi ed eleganti viali del centro commerciale della città, alla marina un po’ spoglia e trascurata, alle piazze dominate da chiese barocche, agli angoli dove spuntano campanili bizantini.

La Vucciria è stato il mio battesimo a Palermo. Una sera, un po’ troppo presto per gli orari col fuso siciliano, con ancora poca gente in giro e i palazzi dal fascino decadente (si fa per dire, erano crollati!), ho camminato riempiendomi gli occhi e il naso, costeggiando chioschi con barbecue di carne e di pesce e panche affollate di gente con bicchieri nelle mani e fumo nella bocca. Voci squillanti, risate, abbracci, incontri, frasi fugaci tra un tiro e l’altro di una sigaretta sempre troppo breve. Un morso al panino con le panelle e gli amici che si chiamano dicendo “Giò!”, ma ched’è Giò? E’ gioia, giò, ti chiamano gioia anche se non ti conoscono. Come a Cuba, l’incontro tra due sguardi è sempre una carezza affettuosa, come se si desse per scontato che sei una cosa buona che è capitata da quelle parti, tra quelle vite. A Cuba mi dicevano “mi cielo” e un lenzuolo azzurro mi avvolgeva i pensieri. Ok, giò mi piace, un po’ riduttivo dirlo a tutti ma mi piace! Gioia è una parola che mi è sempre piaciuta, una di quelle che contengono un sacco di significati e che accarezza il cuore nel ricordo di quando a dirmi “Gioia” era quel qualcuno che mi amava. Sorrido. Sorrido e godo di una compagnia senza pretese e indiscrezioni. L’aria è mite, mi sento leggera.

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E’ giovedì santo e le chiese sono tutte aperte mentre una gran massa di gente fa la fila ai sepolcri. Chiese barocche, gotiche, bizantine, arabo-normanne e chi più ne ha più ne metta! Un tripudio di stucchi, bassorilievi, ori, guglie, colonne tortili, mosaici, Madonne. Entriamo ed usciamo da diverse chiese ma è solo per riempire gli occhi e iniziare ad assorbire quello che è lo spirito di tutto questo. Cammino nelle mie scarpe nuove che ancora non si sono “fatte” e danno fastidio. Le ho sbagliate pure stavolta anche se il livello non è quello delle scarpe da trekking in Tanzania! Ma si va, da Porta Nuova alla Cattedrale, dai Quattro Canti alla Martorana , da un campanile all’altro.

L’indomani mattina il sole è caldo assai e per la prima volta quest’anno sento la pelle a suo agio, desiderosa di assorbire quell’energia! Mèta: mercato storico di Ballarò. L’atmosfera è quella dei mercati del passato, dei mercati del sud del mondo, dei suk arabi. Ma qui il pesce fresco è a prezzi stracciati, ti guarda con l’occhietto ancora vispo e vuole solo venire a casa con te! I gamberi di Sciacca a 1,90 al kilo mi hanno fatto chiedere: “Ma….1 euro 90 l’uno??” E poi montagne di agrumi, limoni giallissimi e arance di tutte le specie e poi gli odori, un banchetto delle erbe aromatiche da fare invidia a un dipinto di Monet! I venditori attirano i clienti con le tipiche cantilene di origine araba, le abbanniate. Ma quel che attira di più sono le paninerie e le pasticcerie con prodotti tipici irresistibili! Ah, se potessi mangerei tutto!

Compriamo i calamari e il finocchietto fresco e ci facciamo un bello spaghetto colorato per il pranzo, al profumo di mare. Poi si va a scoprire il Foro Italico o passeggiata della Marina e realizzo così che Palermo non ha un vero e proprio lungomare come ci si aspetta dalle città che sono porti di mare. C’è invece un’ampia zona verde piena di gente e alle sue spalle il quartiere della Kalsa con il Palazzo Abatellis e il suo museo dove ci si incanta davanti allo sguardo etereo e senza tempo dell’Annunziata di Antonello da Messina.

Sarà che è il venerdì santo ma c’è un traffico incredibile per le strade del centro e raggiungere La Feltrinelli prima che chiuda è un’impresa! Perché io le Feltrinelli le devo visitare tutte, è come un pellegrinaggio, i miei santi sono tutti lì e girare tra quegli scaffali è come essere rassicurati che un qualche miracolo accadrà! E poi ti perdi tra i fumetti di Charlie Brown e la vita non ha più segreti e nella testa nessun dubbio! Si va a casa a leggere e cantare! “…arrivò il mattino e col mattino un angelo e quell’angelo eri tu con due spalle da uccellino in un vestito troppo piccolo e con gli occhi ancora blu….”

 

Il Sabato Santo è davvero una splendida giornata calda ed è l’ultima con l’ora solare. Il mio conto alla rovescia è giunto a termine e da domani la luce riempirà le giornate fino a tarda ora! La prima tappa è l’eremo di Santa Rosalia che si trova in cima al Monte Pellegrino ed è un posto molto suggestivo: la facciata della chiesa non ha nulla di particolare ma l’interno è scavato nella roccia, nel luogo dove si ritiene siano state trovate le ossa della Santa la cui statua è illuminata da una luce azzurra come per riscaldarla e proteggerla dall’umidità della grotta. Mi è venuta spontanea una preghiera nella sensazione di essere ascoltata stavolta. Anche Goethe è stato qui, nel 1787.

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Intorno al Santuario il Monte Pellegrino si estrinseca tra sentieri, alberi, rocce, panorami soleggiati sull’intera città fino al mare. Il sole è alto e non posso fare a meno di stendermi su di un masso e farmi invadere da tutta quell’energia mentre c’è chi dà la caccia agli asparagi selvatici bramando una frittata che salverà la cena. La ricerca dà un risultato discreto e così si riparte alla volta della spiaggia di Mondello! “…e ti ricordo ancora, dimmi che non è cambiato niente da allora….”

E’ solamente il 30 marzo ma qualcuno fa il bagno, l’acqua è trasparente ed immergerci il piede per dare inizio alla mia estate è la solita emozione gioiosa di me uscita dal letargo e rinata ad un clima decisamente più confacente alla mia natura, al mio fisico, a tutto quel che sono!

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In tutto ciò, alle 15 del pomeriggio, non si dovrebbe mangiucchiare qualcosa? Stavolta tocca ad una arancina “a carne” finire nelle mie fauci! L’arancina (qui femmina è) di Recupero è da sturbo. Più soddisfatta di così si muore! Ma come posso non amare questa città?

A panza rifocillata ci concediamo una parentesi culturale, che ci vuole sempre per riequilibrare gli umori e le emozioni. Il palazzo della Zisa (dall’arabo Al-Aziza, la splendida) che con le sue muqamas mi ricorda, in piccolo, gli interni dell’Alcazar di Siviglia, è un piccolo gioiello. Resta il fatto che Palermo, come la giri e come la vòti, è esotica, non c’è niente da fare!

Intanto il sole inizia a calare ma domani lo inganneremo per un’ora e più. Poi casa, cuore emozionato per UP, carbonara (sì, non è propriamente una cena siciliana ma bona come il pane), in memoriam per Jannacci e buonanotte al secchio. “…ogni canzone mi parla di te e questa notte questa città mi sembra bellissima…”

 

E’ Pasqua! Ma dai, è Pasqua! Questo significa che sono riuscita a passare dei giorni spensierati senza la maledizione pasquale che incombeva su di me? Pare di sì visto che Palermo anche oggi è piena di sole e calore e non lascia spazi a malinconie di sorta! Si va a Piazza Marina al mercato dei rigattieri alla ricerca degli occhiali da sole. Le bancarelle sono tutte intorno alla Villa Garibaldi dove ci sono ficus secolari talmente grandi che paiono baobab e ci si può nascondere tra i rami e le radici, chiedendosi se un albero tende verso il cielo o verso la terra. Giro intorno alla villa e guardo le bancarelle poi i palazzi intorno e gli alberi e non ci posso pensare: mi sembra Plaza de Armas all’Avana! Sì, lo so, pare che io sia proiettata verso altri luoghi ma non è così! E’ colpa di Palermo!! La luce, lo scorcio sul mare tra la scenografica chiesa di Santa Maria della Catena e il palazzo con la facciata azzurra, la villa rettangolare e le bancarelle intorno, gli alberi secolari come la ceiba, insomma, che posso farci se un pezzo di Cuba è proprio qui? Respiro e sono viva!

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Tanto viva che lo stomaco reclama un pranzetto di Pasqua e bastano dieci passi per arrivare dal rinomato Franco u vastiddaru e assaggiare le panelle innaffiate da vino rosso, ché l’acqua fa la ruggine, lo sanno tutti. Per digerire si va a Villa Giulia, in stile neoclassico, con allegorie, colonne, la meridiana (che non si trova con l’ora legale), il Genio di Palermo e un’esotico “Buddha” dalla pelle mulatta che riposa le sue abbondanti carni su una panchina davanti all’esedra di Almeyda. Il giardino è bellissimo, le palme sono altissime e un po’ curve, ondeggianti al vento di mare che non manca mai. E menomale perché sono le 14 e il sole picchia forte, ci vorrebbe un pantaloncino corto al posto di questi jeans.

A Palermo c’è il Teatro dell’Opera dei Pupi che è nientepopodimenoche patrimonio dell’UNESCO come Bene Orale e Immateriale dell’Umanità. Oggi c’è la rappresentazione della Passione di Cristo (ah, già, è Pasqua!) e così decidiamo di andare a vederla perché io non ho mai visto l’opera dei Pupi! Ma c’è che la città è piena di turisti stranieri che, giustamente, decidono di non mancare ad un appuntamento culturale tanto folkloristico e riempiono il teatro prima che noi si riesca a prendere i biglietti. Come non detto, si corre a Monreale per vedere il Duomo prima che chiuda. L’aria è più fresca lassù, arriviamo pelo pelo per la fine della Messa e restare a testa in su sotto la straripante ricchezza dei mosaici bizantini mentre dall’organo arriva una emozionante sinfonia che mi porta di nuovo, come a Santa Rosalia, a sentire quel qualcosa di spirituale farsi spazio dentro. Sarà che sono le 20 ed è ancora giorno! J

Cosa succede poi se ti sei persa l’opera dei Pupi e ti sei meritata dei giochi di prestigio? Per me è magia, io il trucco non riesco a vederlo e manco voglio perché mi perdo nell’immaginario delle favole e nelle risate spensierate come fossi una bambina. E vorrei non smettesse più, il mio mago preferito. Ma il trucco c’è e bisogna tornare alla realtà: la giornata è finita e si smette di giocare. Fila a letto, monella!

 

E così siamo all’ultimo giorno siciliano. Cielo coperta e una leggera pioggerellina cambiano volto alla città ma stavolta si va verso le saline di Trapani con un’allegra compagnia che riempie di risate la macchina nel traffico. Arriviamo lì ad ora di pranzo, vista la calma con cui ci siamo mossi (evviva dio!), e così l’aria è un po’ più mite e ci becchiamo anche un timido solicchio. Non è il periodo adatto per cui non si vedono i cumuli di sale se non in parte ma ci sono i mulini, un bel vento, un cane che fa il bagno, un ristorante con gli involtini di pescespada ai gamberi e i fenicotteri!!! Sì, i fenicotteri! Chi lo avrebbe mai pensato che in Sicilia ci fossero i fenicotteri? Vedi, l’ho detto io che questo posto è esotico!

Dal mare si sale poi sulla collina a fare una passeggiata ad Erice, arroccata sul Monte San Giuliano, con le mura fenicie, il castello normanno, il centro medievale e le pasticcerie che profumano di genovesi alla crema e dolci di ricotta tipici. Non si può non fare una sosta, anche due, per la merenda. La soddisfazione è totale. La strada è in discesa e la musica ad alto volume fa vibrare le corde dell’anima. “….e la notte cominciava a gelare la mia pelle, una notte madre che cercava di contare le sue stelle, io lì sotto ero uno sputo, ho detto olè sono perduto…”

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Il volo del rientro a Napoli è bello turbolento, uno dei peggiori che abbia mai fatto. Non si vedeva la fine dentro banchi di nubi così spessi che temevo ne restassimo inghiottiti. Invece, poi, Napoli è apparsa e son tornata a casa, con cannoli e cassate freschi di giornata in un pacchetto profumato.

 

Irene

madnorthwest@hotmail.it

 

 

 

 

 

 

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