Sud-Est Asiatico

Diario di viaggio 2008-2009

di Gianluca Bisbinto

 

 

Tanto per cominciare gia' prima della partenza sono iniziati i problemi: aeroporto di Bangkok bloccato dai protestanti da una decina di giorni, quindi la compagnia aerea mi chiama un giorno prima e mi da la possibilita' di scegliere tra essere dirottato su Chiang Mai o avere il rimborso per intero del biglietto; ovviamente non ci ho pensato 2 volte e la mia risposta la conoscete gia'.

 

Fortunatamente tanto per cambiare non avevo prenotato neanche il posto per dormire, quindi nessun problema: arrivo a Chiang Mai la mattina alle 7, passeggiata intorno all'aeroporto per capire in quale cazzo di parte del mondo sto e via in centro con un tuk-tuk (che e' un taxi tipo la nostra ape, ma con le panchine dietro, diventera' un abitue' per tutto il viaggio). Passeggio un po', faccio colazione e in tarda mattinata mi cerco un posto dove dormire. Battezzo subito il viaggio con il primo massaggio. Restero' a Chiang Mai per 3 giorni, bella cittadina del nord della Thailandia, abbastanza grande, molto a misura di locali e meno per turisti. Combinazione il giorno del mio arrivo coincide con il compleanno del re della Thailandia, che qui e' come una divinita', mai parlare male della famiglia reale, quindi grandi festeggiamenti dappertutto, fuochi d'artificio, palchi, danze e concerti... ed io da vero Thailandese mi immergo completamente nella situazione.

 

Il secondo giorno affitto un motorino mezzo scassato per l'enorme cifra di circa 3 Euro al giorno, sara' utilissimo per essere libero negli spostamenti, infatti la cosa si sta ripetendo in tutto il viaggio quando possibile. I festeggiamenti per il re continuano per tutto il weekend, quindi e' pieno di tailandesi dappertutto, io mi metto a visitare un po' di templi buddisti, ce ne sono in ogni angolo, vado fuori citta' verso le colline e nel tempio piu' importante di Doi Sutheb vengo avvicinato da una signora locale sulla sessantina: "ehi ciao, ho visto che viaggi solo, perche' non vieni in giro con noi, siamo in vacanza in 3 per un paio di giorni, io, il mio amico di Singapore e la figlia della mia migliore amica di Bangkok che avrebbe piacere di conoscerti".

In un primo momento ho pensato: "questa e' la classica paraculo che vuole sistemare la figlia pezzente con un europeo, ma io non mi faccio fregare", comunque decido di stare al gioco e mi faccio invitare a cena, giusto per passarmela un po' con i locali. Le mie convinzioni vengono subito seppellite quando la sera mi vengono a prendere in albergo con un macchinone 4x4 guidato dall'autista personale. Morale della favola: e' un'atipica famiglia ricca, mi portano a cena in ristorante, partitone a Bowling e mi autoinvito per il giorno dopo per una gita fuori porta nel parco nazionale con cascate, montagne eccetera eccetera, sempre con l'autista personale e senza cacciare una lira. E vaaaaaaiiiiiiiiii A scrocco pure in Thailandia!!! A Bangkok li rincontrero' nuovamente per farmi presentare il resto della famiglia e parlare di un possibile business import con l'Italia... da cosa nasce cosa, business is business.

 

La mattina seguente lascio l'albergo con destinazione trekking nella foresta. Intanto avevo scoperto che mentre io pagavo 450 Bath a notte (circa 10 Euro) per la mia stanza singola, gli altri turisti ne pagavano 300 bath e la cosa non mi andava giu' non tanto per i soldi, ma per una questione di principio (il primo giorno mi avevano visto stanco come un sonnambulo e appena arrivato, quindi ne hanno approfittato a spellare il turista). Ma io non ho mollato e l'ultimo giorno prima di saldare il conto ho intontito il receptionista con un miliardo di parole al secondo, quindi secondo la regola del gioco delle 3 carte, non gli ho pagato l'ultima notte senza che lui neanche se ne accorgesse, cosi' abbiamo pareggiato i conti. Parto con un gruppo organizzato, siamo una quindicina, ci portano prima con una specie di macchina a 15 posti (sempre seduti sulle solite panchine), poi trekking nella giungla e passeggiata a dorso di elefante, si dorme in un villaggio appartenente ad una tribu' locale. Giorno dopo ancora trekking e poi un bel rafting sul fiume con navigata finale su una tavola fatta da rami di bamboo.

 

Terza tappa citta': di Chiang Rai: anche qui 3 notti, massaggio e motorino a noleggio. In giro a cazzeggio, 150 km andata e ritorno fino al Triangolo d'Oro (punto d'incontro tra Thailandia, Laos e Birmania, famoso per il traffico di Oppio ed il fiume Giallo). A Mae Sai parcheggio la moto davanti al confine e provo ad entrare in Birmania, con la speranza che mi facciano tornare indietro. Passo il confine, timbro sul passaporto e fermo un tizio appena passato il confine (ma mi sa che in realta' e' lui che si e' fatto fermare da me!!!) e mi faccio portare in giro per la cittadina di confine per 2 o 3 ore mentre mi spiegava un po' che cazzo succede in questo paese, alla fine gli regalo 100 Bath. Morale della favola: dittatura militare, poverta', elezioni finte previste per il 2010, la popolazione non e' contenta, ma deve far finta di esserlo (mai parlare male della dittatura). La zona dove mi trovavo io e' in mano ai ribelli, quindi potevo spostarmi all'interno per altri 100 km circa, poi cazzi miei. Comunque in Birmania si puo' andare tranquillamente in giro, ci sono delle zone e strade dove i turisti possono entrare, ma solo con voli diretti dall'estero (insomma John Rambo come al solito esagera un po' troppo).

 

Giorno seguente: sveglia alle 5 e bus verso la citta' di confine di Chiang Khong. Sbrigo le pratiche doganali e con una barchetta di pescatori attraverso il famoso Mekong (fiume Giallo): siamo in Laos. Compro il biglietto per la barca che in 2 giorni mi portera' a Luang Prapang via fiume: in barca almeno il 70% siamo turisti con zaino in spalla, ci sono inglesi, tedeschi, svizzeri, francesi, spagnoli, nordeuropei, australiani, americani... come al solito io unico italiano; ma questo diventa subito un vantaggio, in quanto inizio a fare il simpaticone e sparare cazzate fin da subito, cosi' divento famoso sulla barca, mi conoscono tutti e da qui in poi incontrero' spesso le stesse facce durante tutto il viaggio e ogni volta che mi vedono mi fermano e passiamo le serate insieme. Beh insomma dovete immaginare una barca lenta con un motore chiassosissimo e una trentina di panchine per 4 persone a fila tutti stretti stretti, galline dietro etc. etc., quindi e' facile conoscersi tutti, specialmente perche' 2 giorni di viaggio non ti passano piu', bisognera' pure chiaccherare: il paesaggio e' bellissimo, per un po' navighiamo con la Thailandia da un lato ed il Laos dall'altro, poi solo Laos, vegetazione, bufali, animali strani, capanne, villaggi, bambini che salutano, donne che lavano i vestiti nel fiume putrido etc. La prima notte ci fermiamo a dormire in un villaggio chiamato Pakbeng, dove l'elettricita' funziona solo dalle 6 del pomeriggio alle 10 di sera, quindi in serata solo candele e stelle, una bella atmosfera, quasi primitiva.

 

A Luang Prapang mi fermero' 3 notti, bella cittadina coloniale, la vecchia capitale, un po' troppo pubblicizzata e famosa, ma comunque bella, piena di turisti, la vita si svolge a ridosso dei 2 fiumi che si incrociano. Vado in giro fuori citta', nei villaggi, mi fermo a parlare con un po' di gente, specie gli studenti (sono gli unici che sanno qualche parola d'inglese). Finalmente in Laos trovo le baguette e quindi spesso mi sparo dei paninazzi, fino a quel momento avevo mangiato solo riso e noodle fritti; faccio un bel bagno sotto una cascata a pochi chilometri dalla citta', anche in Laos non puo' mancare il massaggio, ma e' inutile che lo ripeto, in questo viaggio sto facendo massaggi un giorno si e uno no. Come nel resto del Sud-Est asiatico anche a Luang Prapang si trovano le bancarelle che vendono ragni, scarafaggi, libellule e insetti vari... eh vabbe' cazzo volete... pero' ve li friggono, mica li mangiate crudi... io non credo che provero' mai, anche se un lombrico per sbaglio l'ho gia' assaggiato; comunque i turisti inglesi provano di tutto, quelli si che c'hanno stomaco. La sera la cittadina e' abbastanza tranquilla, tutto chiude alle 11, tranne l'unica discoteca e il bowling mezza scassato (che in tutto il Laos sembra essere il Cocorico', tutti vogliono andare al Boling, como lo chiamano loro); come negli altri posti gia' visti e che visitero' l'omosessualita' e' diffusissima e molto piu' accettata che in Italia (vabbe', ma noi siamo un paese indietro...) e la prostituzione e' dappertutto con le ragazzine locali che si propongono per pochi euri ai turisti occidentali (...ovviamente gia' sapete che sta roba non fa per me); poi ogni tanto si vede il vecchietto europeo o americano che va con la ragazzina come se niente fosse e agli occhi di tutti.

 

Finita l'esperienza Luang Prapang si riparte verso Vang Vieng. Il minivan prenotato ci mette 8 ore, anziche' le 5 ore che mi avevano detto (ma qui le informazioni corrette sono un optional, ognuno dice quello che vuole, quindi bisogna accettare le cose un po' cosi'). Viaggo con 4 israeliani, la strada e' panoramica, ma e' una delle peggiori che abbia mai percorso, l'asfalto c'e' solo ogni tanto, per il resto fango, terra, dossi improponibili e l'autista che guida come un pazzo vicino ai burroni. Mi meraviglio come abbia fatto a non vomitare anche le budella, ma ci sono andato vicino. Si passa tra i villaggi di capanne, palafitte e bettole con la gente che fa i lavori piu' disparati e i vitelli e bufali che ogni tanto ti bloccano la strada. Ovviamente a meta' percorso foriamo e aspettiamo un'ora sotto il sole mentre l'autista mette la ruota di scorta (per fortuna che ce l'aveva!!!) Arrivati a destinazione prendo la solita Guesthouse privata per i soliti 3-4 Euri, agli standard di pulizia asiatici ormai ci sono abituato e se mentre mi faccio una doccia trovo uno scarafaggio non mi fa piu' schifo, ma vi giuro che ci provo sempre a farmi dare la stanza pulita.

 

Vang Vieng e' un posto per turisti, ma e' una figata, purtroppo ci sono dovuto restare solo una notte perche' dovevo correre a Bangkok a prendere Alba. C'e' un bel fiume in mezzo alle montagne (l'acqua e' pulita stavolta), le ragazze locali si fanno lo shampoo nel fiume al tramonto e si possono fare un sacco di attivita' come trekking, scalate, passeggiate o semplicemente rilassarsi. Io sono entrato in una bella grotta seduto su un ciambellone, nuotando nell'acqua ghiacciata e tornato in paese con il kayak (giusto per fare un po' di sport ogni tanto). Ma la cosa piu' bella di Vang Vieng e' il tubing: sempre sullo stesso fiume ci si siede sul ciambellone e ci si fa trasportare dalla corrente remando con le mani; ai lati del fiumi ci sono i bar con la musica ad alto volume dove tutti si fermano e si ubriacano in pieno giorno. Ogni bar ha delle corde dove ti appendi e ti butti tipo tarzan fino a tuffarti da una quindicina di metri (io ovviamente ho provato, ho preso una panzata la prima volta e distrutto le palle la seconda). Comunque il bello e' vedere tutti sti turisti mbriachi sulle ciambelle in pieno giorno con gente che vola sulle corde o su uno scivolo d'acqua e si spacca in due. La sera ovviamente per chi vuole bere ancora ci sono i bar sul lungofiume, tanto per dare il colpo di grazia. Anche qui come negli altri posti ho incontrato gente conosciuta sulla barca per Luang Prapang ed era bello andare con il kayak in mezzo al fiume ed ogni tanto dai bar ti sentivi chiamare... conoscevo piu' gente li' che a Brindisi.

 

Stesso giorno pulman locale per Vientaine e cazzeggio nella capitale il giorno seguente: anche questa citta' e' sul fiume (questa volta di nuovamente Mekong), cittadina tranquilla piena di bandiere comuniste e bandiere del Laos, un paio di templi belli, ma niente piu'. Il pomeriggio visita al Buddha Park, pieno di statue di Buddha, molto carino e autobus verso il ponte dell'amicizia dove passo il confine per tornare in Thailandia. Treno notturno con cuccette, anche qui ritrovo qualche conoscienza e arrivo a Bangkok il giorno dopo, il treno passo in mezzo alle periferie piene di baracche e 'munnezza.

 

Vado in aeroporto a prendere la principessa e qui comincia il bello: infatti tanto per cambiare Alba inizia a sugarmi il sangue fin dalle prime ore e ad oggi ne sono rimaste gia' poche gocce (e siamo solo alla prima settimana!!!). Volo verso il sud della Thailandia, notte in hotel ad Had Yai e giorno dopo barca per Koh Lipe: gran bella isola, si sta al mare di giorno, si mangia pesce tutte le sere (abbuffate con meno di 10 Euro a testa, giusto perche' qui siamo in un posto turistico), resteremo sull'isola per 3 giorni prendendo le prime scottature, la sveglia la fanno sempre i galli alle prime ore del mattino, ma questo succedeva un po' dappertutto sia in Thialandia che in Laos ed ormai non ci faccio piu' caso; anche Alba inaugura il massaggio.

 

Terminata l'esperienza mare ci dirigiamo in pullman verso la Malesia, precisamente Kuala Lumpur, la capitale. Arrivo alle 4 di notte, ricerca disperata di un posto dove dormire. Da un po' di giorni abbiamo alzato gli standards e si e' passati agli hotel, anche perche' senno' Alba chi la sente. Finiamo a Chinatown che in Asia e' presente ed enorme praticamente in tutte le citta' ed e' il posto dove si compra nei mercatini a miglior prezzo. L'impatto di notte con Kuala Lumpur e' stato forte, abbiamo beccato un po' di topi in giro e sporcizia, ma poi ci siamo mossi verso le zone nuove della citta' e abbiamo scoperto che KL e' molto piu' avanti di Milano o Roma: metropolitane e treni efficientissimi, un sacco di linee e puntuali, grattacieli altissimi e supermoderni tra cui le famose Twin Towers, parco giochi per i bambini troppo avanti, pieno di centri commerciali enormi e futuristici. Praticamente qui fa un caldo umido bestiale, quindi la gente vive nei centri commerciali con l'aria condizionata. In uno c'era il solito Bowling, ma qui e' supermoderno e attrezzato con 48 piste e dj che suona dal vivo (... e la partita costa poco piu' di 1 Euro). Al quinto piano un vero Luna Park all'interno del centro commerciale con montagne russe altissime tipo Gardaland ed altre giostre. Inoltre Alba ha trovato al piano di sotto una ventina di poltrone massaggiatrici della madonna messe li per prova, ma spente visto l'orario quasi notturno; noi con disinvoltura le abbiamo accese e ci siamo fatti massaggiare per piu' di un'ora insieme agli altri malesiani, fino a quando la security se ne accorta e ci ha gentilmente invitato a lasciarle. La notte della vigilia di Natale, nonostante la Malesia sia un paese a predominanza musulmana (donne col velo in testa, non troppa festa notturna etc.), c'era un casino in strada, specie tra i cinesi, inoltre si svolgevano tra le varie comitive di ragazzi in strada delle vere e proprie guerre con le bombolette di neve bianca, molto divertenti.

 

Mattina seguente partenza in bus e poi 3 ore di barca sul fiume verso Taman Negara, la foresta piu' vecchia del mondo (si dice 130 milioni di anni): qui siamo stati solo una notte, ieri abbiamo fatto una passeggiata notturna con le torce e stamattina trekking, abbiamo intravisto un po' di animali e piante strane per noi, ci siamo riempiti di fango, ogni tanto ci siamo anche persi... comunque l'Amazzonia in Sud America e' un'altra storia... Finito il trekking mi sono ritrovato le gambe piene di sangue che colava punto dalle sanguisuge, fortunatamente dopo un paio d'ore si e' cicatrizzato.

 

Da Taman Negara bus per Jerantut, sempre vicino la foresta, qui ha piovuto tutta la sera, comunque la cittadina non offre niente di particolare, non c'e' praticamente un cazzo... e poi se c'era qualcosa mica stasera stavo qui a scrivere come un coglione!!! Percio' relax e nanna in albergo, domani prenderemo il treno della giungla che ci portera' al confine nel Nord-Est. Saranno 9 ore di viaggio in mezzo alla foresta con fermate nei vari villaggi. Purtroppo non potremmo andare alle isole Perenthian in quanto ora ci sono i monsoni ed ancora piu' pioggie che qui, quindi anche volendo non si trovano le barche per andarci. Quindi dopodomani passeremo di nuovo il confine con la Thailandia e prenderemo un treno che ci portera' a Krabi. Capodanno quest'anno sara' in spiaggia a Phi Phi Island. 

 

 

 

Eravamo rimasti in Malesia: il treno della giungla e' un normale treno locale dove ad ogni stazione salgono e scendono persone cariche di merci e non, con la differenza che qui siamo nella foresta, quindi si viaggia nel bel mezzo di paesaggi verdi, fiumi etc, alle stazioni dei treni ogni tanto si vede qualche scimmia arrampicata sui cartelli oppure sulle panchine. Abbiamo dormito una notte al confine e poi lungo viaggio di ritorno in Thailandia fino a Krabi, dove siamo arrivati in serata.

 

Krabi ci e' piaciuta molto, spiagge kilometriche e faraglioni un po' dappertutto. E poi con la bassa marea e' uno spettacolo: si puo' camminare per centinaia e centinaia di metri in profondita' sul bagnasciuga fino a raggiungere a piedi le isole di fronte. L’offerta di massaggi e mangiate di pesce è abbondante ed economica, stessa cosa per l’affitto del motorino.

 

Capodanno abbiamo deciso di trascorrerlo a Phi Phi Island, l’isola resa celebre dal film The Beach con Leonardo Di Caprio, oltre ad essere uno dei posti più colpiti dallo Tsunami del 2004. Infatti ora dappertutto ci sono i cartelli di evacuazione in caso di Tsunami.

L’isola è ovviamente bellissima, un mare della madonna, però è troppo famosa, quindi piena di turisti e gente in strada che vuole venderti di tutto; insomma un po’ soffocante per i miei gusti. Siamo riusciti a trovare un bungalow economico quasi per miracolo, nella stessa giornata abbiamo incontrato diverse persone che hanno avuto enormi difficoltà a trovare da dormire (siamo sempre alla vigilia di Capodanno). Abbiamo cenato ad un ristorante per la cena del 31 e trascorso la mezzanotte in spiaggia in uno dei tanti bar pieni di turisti ‘mbriachi a fare un po’ di festa. Un giorno abbiamo anche acquistato il giro delle isole in barca, gran belle spiagge, sabbia bianca e mare limpido, da sogno direi, però sempre troppi turisti, troppi, troppi; quando si arriva a Maya Bay, una baia incantevole, quasi non si riesce ad apprezzarne la bellezza per via delle decine e decine di barche ormeggiate in spiaggia e migliaia di turisti che fanno foto. Da Phi Phi Island in poi abbiamo iniziato a vedere un bel po’ di Italiani in giro, che come sempre si concentrano molto nei posti comodi al mare e meno nei luoghi un po’ più avventurieri.

Insomma Phi Phi è un posto da vedere, ma non da restarci troppo, quindi dopo 3 notti abbiamo ripreso la barca e tornati nella nostra Krabi, dove il metodo dell’affittarsi il motorino ed essere liberi da orari fa sicuramente per noi; abbiamo scoperto altri posti veramente belli e meno affollati, tra i quali spicca sicuramente Railay (spiagge e caverne esplorabili solo con barca o kayak, oltre a belle spiagge e faraglioni un po’ dappertutto, veramente bello). Inoltre le zone dove si entra a contatto con scimmie ed elefanti sono ormai una costante e non ci meravigliano più.

 

Ultima tappa prima di tornare a Bangkok, Phuket: inizialmente l’idea era di andare a Koh Samui, ma per non rischiare di beccare brutto tempo e monsoni sull’altra costa, siamo rimasti sul lato del mar delle Andamanne, anche per non fare troppa strada.

Non avevo molte aspettative da Phuket e le mie previsioni si sono rivelate azzeccate: isola molto grande (la più grande della Thailandia), con spiaggioni pieni di sdraio e ombrelloni tipo Rimini e un turismo organizzatissimo. Pieno, pieno di gente dappertutto e traffico, ovviamente come ogni posto turistico che si rispetti non mancavano le puttane: una sera abbiamo fatto un giro a Patong (zona a luci rosse) e l’offerta di bar e night club era veramente esagerata, tutto all’aperto e alla luce del sole; addirittura in un bar c’era anche una mega bandiera italiana esposta (… e vai!!! Orgoglio nazionale…). Insomma Phuket è il posto più turistico della Thailandia direi, sono in molti ad atterrare direttamente qui, stanno nel resort una settimana e poi tornano nei loro paesi, al massimo facendo scalo a Bangkok. Ma la cosa che ogni anno mi fa ridere in qualsiasi posto vado è il periodo intorno al 5 o 6 Gennaio: mentre i vari turisti internazionali si spalmano in tutti i mesi dell’anno, gli Italiani si concentrano solo nelle 2 settimane di Natale e il 6 Gennaio tutti puntualmente spariscono (ogni volta sembra un film di Fantozzi, Italiani decimati al 7 di Gennaio, siamo troppo forti…).

Sicuramente, come succede per tutte la maggior parte delle destinazioni troppo turistiche, Phuket non rappresenta la Thailandia. Ad ogni modo anche qui abbiamo trovato il nostro angolo di paradiso, una spiaggia con un bel buffet a pranzo dove alla fine non si stava poi così male.

 

Si torna a Bangkok, visita dei vari templi, il palazzo reale, il Buddha di Smeraldo e soprattutto tanto shopping nei mercati. Bangkok è una città enorme e caotica, molte volte abbiamo utilizzato il fiume per gli spostamenti e per evitare il traffico.

Alba riparte verso l’Italia ed io torno alla normale velocità di crociera; Incontro la ragazza che avevo conosciuto a Chiang Mai con la famiglia, e le lascio in custodia un mio zaino che intanto avevo pian piano riempito durante il viaggio, lei gentilmente mi porta in giro tutto il giorno in macchina, così ho un approccio con la città un po’ più locale e divertente. Ho incontrato molti tailandesi veramente gentili e disponibili, ma allo stesso tempo conservatori. C’è molto senso del rispetto nella loro cultura e non ti avvicini a un tailandese stringendoli la mano o baciandolo sulle guance, ma semplicemente con un piccolo inchino e mani rivolte in preghiera. Io ho gestito la mia amicizia con questa famiglia più semplicemente in quanto loro sicuramente non sono una famiglia media tailandese, ma c’hanno i soldi, sono proprietari di una azienda e parlano inglese come si deve. Anche nei rapporti di coppia mi sembra di aver capito che i tempi e gli iter qui sono molto più lenti di quelli nostri occidentali e questa è una costante per tutti i paesi asiatici; mi fanno ridere gli Italiani che tornano dalla Thailandia convinti e orgogliosi di aver trovato la ragazza della loro vita, mentre invece nella maggior parte dei casi lei sarà solo un’acchiappaturisti in cerca di soldi e benessere, se non proprio una prostituta.

 

Il 12 gennaio vado all’ambasciata del Vietnam, ritiro il mio passaporto con visto (dopo aver sganciato 50 Euri qualche giorno prima) e prendo il volo per Hanoi, da dove inizio la seconda parte del mio viaggio. Finora la maggior parte dei viaggiatori incontrati non mi sembravano molto entusiasti dal Vietnam, specialmente dalla gente poco disponibile e molto aggressiva. La prima impressione che ho io però è diversa. Mi perdo un giorno intero in giro per la capitale e tutto sembra così strano, sicuramente ti chiamano e cercano di fregarti un po’ dappertutto, però la prendo con filosofia. Si vedono tante cose tipiche e originali, dai cappellini delle signore che vendono in strada, al modo di trasportare la roba e merce pesante con la tecnica del bilancino, alla gente che va in giro con la mascherina anti-smog; su un motorino 100 di cilindrata si può trasportare veramente di tutto, c’è chi trasporta 2 o addirittura 3 maiali vivi attaccati ai lati o merci alte 4 o 5 metri da portare al mercato, polli etc., ovviamente andando in 3 o 4 persone minimo e senza casco. Ma se c’è una cosa che mi ha colpito troppo del Vietnam è il traffico: è incredibile lo scorrere di fiumi di motorini nelle strade, si cammina dappertutto, contromano, sui marciapiedi, ho trascorso un sacco di tempo solo a gustarmi e filmare gli incroci ai semafori, dove tutti vogliono passare per forza e le moto si scontrano tra di loro; poi a volte c’è anche il vigile che prova a fare il suo mestiere e fischia come un pazzo a tentare di dirigere il traffico e io che mi chiedevo: ma che cazzo sta facendo? Non si può capire se non lo si vede, a breve posterò un video su Facebook per darne un’idea. Insomma a fine giornata si torna in albergo col mal di testa e la senzazione di bruciore nei polmoni per tutto lo smog respirato; ho camminato per tutto il giorno, tra le altre cose ho visto il mausoleo di Ho Chi Minh e visitato una prigione dove venivano tenuti i piloti degli elicotteri americani abbattuti durante la guerra del Vietnam, tra i quali c’era anche John McCain, quello che ha perso l’elezioni contro Obama.

 

La prima impressione positiva o quantomeno curiosa sul Vietnam svanisce già al secondo giorno: l’insistenza dei venditori e la scortesia di molti vietnamiti è pesante, se poi unita al traffico e al rumore incessante dei clacson ancora peggio. C’è molta gente scontrosa. Dal secondo giorno in poi inizierò ad avere discussioni accese o peggio ancora a litigare quasi tutti i giorni. Ogni occasione è buona per fregarti, prima ti dicono un prezzo poi te ne fanno un altro, se ci si siede al bar o al ristorante il turista paga un prezzo ed il locale un altro, se ti vendono un servizio quasi sempre non vengono rispettati gli accordi e fanno di testa loro, le informazioni sono quasi sempre sbagliate e dette per sviarti verso il loro scopo. Insomma bisogna avere veramente una gran pazienza, altrimenti è difficile godersi i posti senza lo spirito giusto. Per carità, in Italia freghiamo i turisti da almeno 2 secoli, però quanto meno c’abbiamo stile e lo facciamo bene, in Vietnam invece te lo fanno davanti agli occhi, e neanche un sorriso.

 

Sono andato a visitare la baia di Halong, molto bella, immensa, con migliaia di scogli, faraglioni e grotte, delle quali una illuminata benissimo con luci di diversi colori; una versione un po’ ingigantita della baia a nord di Krabi, in Thailandia, solo che qui faceva più freddo e d’inverno non puoi farti il bagno; inoltre il colore dell’acqua non è limpido come in Thailandia. Anche qui ho litigato prima con il bigliettaio del bus che mi voleva inculare, poi con quello che mi voleva over vendere il biglietto della barca da crociera, perfino con la guida che mi voleva vendere l’impossibile e il proprietario dell’albergo solo perché gli ho detto che lo scarico non funzionava mi ha cacciato. Parlando con gli altri turisti sulla crociera di un giorno nella baia, tutti confermano la stessa impressione negativa e ci facciamo delle gran risate a riguardo: sti Vietnamiti hanno proprio un bel caratterino.

 

C’è stato un episodio divertente all’arrivo sull’isola di Cat Ba (sempre nella baia di Halong), dove ho dormito 2 notti: la guida sulla crociera aveva già approcciato me e un’altra coppia di inglesi per venderci sotto banco il passaggio in bus dal porto alla cittadina (circa 30 km), tutti gli altri passeggeri ce l’avevano incluso già nel pacchetto. Noi abbiamo rifiutato perché volevamo fare da noi. Arrivati sull’isola ci accorgiamo però che non ci sono più bus pubblici perché già tardi e che i mototaxi (taxisti che ti portano dietro sul motorino) ci volevano spolpare, quindi decidiamo di pagare la guida; che ovviamente, essendo permaloso, stavolta ha rifiutato e ci ha lasciato a terra, nonostante volevamo offrire i soldi per il servizio. Quindi appena arrivati sull’isola ci incamminiamo nel bel mezzo del niente asserragliati da alcuni mototaxi naturalmente arrogantissimi, mentre il bus stava ancora fermo al porto per caricare i passeggeri all inclusive. Dopo una decina di minuti passa il bus ed io in mezzo secondo penso di giocarmi l’ultima carta direttamente con l’autista (visto che la guida bastarda era rimasta al porto). Al passaggio faccio un cenno di fermata, ma l’autista niente. Per fortuna i passeggeri che in crociera erano diventati tutti miei amici quasi obbligano il conducente a rallentare e aprono manualmente la porta. Io non ci penso un attimo e con scatto felino salto sul bus in movimento; per tutto il viaggio ci creperemo tutti di gran risate per il fatto accaduto, per la prima volta era stato un turista ad inculare un vietnamita. Mi è dispiaciuto solo per la coppia di inglesi che non ha avuto lo stesso sangue caldo al momento giusto e sono rimasti a terra. Addirittura all’arrivo a destinazione l’autista mi è stato incollato per un’oretta perché voleva dei soldi, ma io non glie l’ho data vinta.

 

Cat Ba è una bell’isola con un parco nazionale al centro, delle grotte, spiaggette più o meno belle; ha tutta l’aria di essere un posto turistico d’estate, ma ora è inverno ed è quasi desertica, quindi affitto il solito motorino semplicemente da un tizio in strada e vado alla scoperta del posto. Fin da subito foro la ruota davanti e l’atmosfera che sembrava si stesse rilassando subito svanisce. Per coincidenza foro di fronte ad un meccanico (ma mi sa che non è stata una coincidenza!!!) che per 0,40 centesimi di Euro mi toglie un bel pezzo di chiodo infilato nella ruota e ripara la camera d’aria alla stessa maniera di come si faceva da piccoli con le BMX. Vado in un villaggio dall’altro lato dell’isola e tutti mi accolgono come un extra terrestre (forse da questo lato i turisti non arrivano facilmente) e mi faccio prendere un po’ meglio dall’ambiente locale. Gioco a ping pong con dei ragazzi (ovviamente perdo… qui siamo molto vicini alla Cina ed io reputo impossibile vincere a ping pong con un cinese…), offro passaggi in motorino ai locali che mi chiedono l’autostop e scambio sorrisi e foto con i bambini. In serata incontrerò l’ennesimo viaggiatore di turno che se ne va in giro per il mondo senza data di rientro, in questo caso un argentino partito mesi e mesi indietro dall’Irlanda e senza soldi che viaggia trovando da dormire a casa della gente tramite il sito Couchsurfing e campando facendo i lavori più disparati. Era appena entrato in Vietnam dalla Cina ed era diretto in Birmania, con data di rientro ancora da decidere da lì a qualche anno. Quasi pazzo direi, ma libero.

Il giorno del rientro sulla terra ferma un’altra bella sorpresa: la crociera che avrei dovuto prendere è letteralmente sparita. Avevo fatto chiamare il receptionista dell’albergo per farmi spostare la data del rientro di un giorno e lui molto incresciosamente si era limitato a dirmi che lo aveva fatto e che non c’erano problemi; io naturalmente non gli ho creduto, ma me la sono giocata lo stesso. Per fortuna quando ormai ero destinato a rimanere sull’isola per un’altro giorno il capitano dell’ultima crociera di ritorno disponibile ha compreso il problema ed è stato clemente, invitandomi a salire a bordo con loro; al rientro al porto mi sono fatto anche rimborsare il biglietto non utilizzato: e vaiiiiiii!!!!!!!!! Secondo punto messo a segno nella mia personalissima sfida Viaggiatore Vs. Vietnamita.

 

Con un treno notturno con cuccetta vado verso sud. La partenza dalla stazione è unica: il treno passa in mezzo a botteghe, case etc., praticamente la vita qui si svolge sui binari; e se metto un tantino la testa fuori dal finestrino rischio di essere falciato da pali, tralicci o costruzioni che sfiorano il passaggio del treno. Visito velocemente la Cittadella proibita di Hué, patrimonio dell’UNESCO, ma già a questo punto del viaggio inizio ad essere stanco di monumenti, palazzi e rovine, quindi salto le tombe degli Imperatori. In giornata mi trasferisco ad Hoi An, dove mi fermerò un paio di giorni.

 

Hoi An è una cittadina coloniale molto piacevole direi, la più bella che ho visto in Vietnam, un po’ stile Luang Prabang in Laos, e quindi un po’ troppo turistica. Qui rinuncerò al motorino ed affitterò una bicicletta, giusto per rimanere un po’ salutare. Anche quest’anno non poteva mancare una partitella a pallone durante il viaggio. Passo nei pressi di un campetto di terra e fango, dove nella stessa partita c’è chi gioca con le scarpe, chi senza, chi con una sola; i locali mi invitano e quando sentono che sono Italiano alcuni iniziano a chiamarmi Del Piero, ma la cosa finirà presto non appena mi vedranno giocare. Una mattina pedalo verso la spiaggia sul Mar Cinese Meridionale lontana solo pochi chilometri. Tanto per cambiare paesaggi di risaie e contadini a lavoro.

Anche qui incontro il furbo di turno che fermava i turisti prima della spiaggia obbligandoli letteralmente a parcheggiare nel suo parcheggio, mostrando un bel cartello dall’aria ufficiale con su scritto che oltre quel punto era proibito portare la bicicletta; naturalmente tutti i turisti si limitavano a parcheggiare. Io no, ci litigo un po’ e vado a cercarmi una strada alternativa; arrivato in spiaggia mi accorgo infatti che la strada continua per almeno 30 km e tutti i vietnamiti passano con moto, bici e macchine, mentre i turisti vanno a piedi, abbiamo raggirato l’ennesima fregatura. Hoi An è famosa per i sarti, tutti i turisti si fanno fare i vestiti su misura da un sarto Vietnamita, in quanto bravi ed economici e li spediscono a casa; io decido di seguire l’esempio e di farmi fregare dal sarto di turno. Scelgo le stoffe, i colori, prendono le misure su di me più volte, mi illudono di darmi una qualità, mentre invece me ne danno un’altra, ma ormai non ci faccio più caso. Alla fine acquisterò 2 abiti eleganti, 2 camicie e una giacca invernale, tutto fatto su misura (o almeno così mi hanno fatto credere).

Incontro per strada 2 ragazze tedesche conosciute in treno, anche loro molto deluse dal Vietnam e che avevano deciso di lasciare presto il paese andando dritte alla volta di Saigon e scappare verso la Cambogia; io le convinco a vederla positivamente e a congiungersi con me, destinazione Dalat, in mezzo alle montagne. Loro accettano, quindi da questo punto in poi viaggeremo insieme per i successivi 5 giorni. Prendiamo uno sleeping bus (che sarebbe un bus dove invece dei sedili ci sono i letti a castello per dormire durante il viaggio), viaggiamo tutta la notte e la mattina dopo cambiamo bus nella spiaggia di Nha Trang. Loro sono partite dalla Germania da circa 3 mesi e gireranno il mondo per 2 anni. Dicono di aver lavorato duro per anni, messo i soldi da parte ed essersi licenziate: praticamente io a confronto sono una mezza cartuccia.

 

Finalmente a Dalat iniziamo a migliorare la nostra impressione sul Vietnam: la gente sembra più disponibile ed in molti negozi i prezzi sono scritti chiaramente (uguali per turisti e locali): a quanto pare man mano che si viaggia verso sud la gente sembra un po’ meno scontrosa. La mattina affittiamo il motorino e andiamo alla scoperta di laghi e paesaggi molto belli.

Insomma, Dalat ci piace, siamo rilassati ed il Vietnam comincia a diventare un bel paese da visitare. Ma solo fino all’ora di pranzo: quando un cazzone di turista australiano, viaggiando sulla corsia di sinistra (forse avrà pensato di stare in Australia?), mi prende frontalmente (io non sono riuscito ad evitarlo); sia io che lui andavamo anche a velocità abbastanza elevata, nell’impatto lui va sotto, io faccio una capriola sull’asfalto (per fortuna avevo il casco), subito mi rialzo e nervosissimo vado verso di lui per dargliene un paio; l’australiano, che intanto era rimasto scioccato più di me e con la stessa sigaretta in bocca che stava fumando prima dell’incidente, mi chiede scusa una decina di volte; io mi blocco giusto in tempo e lui se la cava con un paio di motherfucker, 3 asshole e 4 fuck you. La mia moto intanto si era scassata, uno dei suoi amici torna in città a chiamare un meccanico e si prendono cura di ripararmela, il tutto finisce con una bella foto di gruppo. Continuiamo a girovagare tra le montagne con un po’ di ferite non gravi sul lato sinistro del mio corpo e intanto il dolore si fa sentire sul ginocchio: resterò zoppicante per i successivi 2 o 3 giorni.

 

Arriviamo a Saigon (Ho Chi Minh City), la città più grande del Vietnam: qui il traffico è ancora più assurdo di Hanoi: macchine, furgoni, autobus, ma soprattutto moto, moto e moto, si respira l’aria da grande metropoli; attraversare la strada diventa veramente un impresa. Inoltre siamo vicini al Capodanno Cinese, quindi la gente è in giro più che mai, locali, turisti Vietnamiti e turisti internazionali.

A Saigon resterò 4 giorni. Tra le altre cose ho visitato il museo della guerra, molto interessante e soprattutto raccapricciante: una vasta collezione di foto, strumenti di tortura, armi, poster di propaganda eccetera risalenti alla guerra del Vietnam. Ci sono innumerevoli prove delle torture e distruzioni inflitte dagli Americani ai Vietnamiti sia militari che civili nel nome della pace (?????)… no comment… Il giorno seguente con un moto taxi vado ai tunnel di Cu Chi, un labirinto sotterraneo di 256 km che i Vietcong usavano per nascondersi e difendersi dagli Americani. E’ incredibile come siano articolati e vasti, ma soprattutto stretti, troppo stretti: io ci sono entrato strisciando tipo serpente, ogni tanto riuscivo ad inginocchiarmi (… e le guide mi hanno detto che quel tratto era pure stato allargato per fare entrare i turisti); sti Vietnamiti insomma sono proprio piccoli e tosti, ecco perché per gli Americani era praticamente impossibile vincere la guerra. Una sera ho anche chiacchierato con un turista Vietnamita che ora vive in Australia e che aveva combattuto la guerra, al fianco dell’esercito del sud però (quello alleato con gli Americani): lui mi faceva notare come la guerra la vinceva chi resisteva di più, chi era più tosto; e i Vietcong a quanto pare lo erano (già il fatto che nel nord litigavo sempre dimostra che questi son proprio poco malleabili, non oso immaginare 40 anni fa com’erano cocciuti).

 

Il 25 Gennaio mi divido dalle ragazze tedesche, loro decidono di partire, io decido di restare un giorno in più, in quanto non volevo perdermi la notte del Capodanno Cinese. Devo dire che è stata una scelta azzeccata, mi piace quando mi unisco ad altri viaggiatori, ma non per troppo tempo: io già non mi sopporto da solo, pensa a sopportare gli altri; e poi ho troppo bisogno della mia indipendenza, la libertà di decidere quando, dove e perché senza chiedere a nessuno. Acquisto un’escursione giornaliera nel delta del Mekong, fiume che avevo già navigato in Laos. Che dire: ogni volta mi riprometto di non acquistare tour organizzati, ma alla fine ci casco sempre, un po’ per pigrizia, un po’ perché in Vietnam organizzarsi da sé talvolta richiede troppi sbattimenti, quindi meglio affidarsi ad un’agenzia, è più facile ed anche economico. Sono sicuro che andarsene in giro per i villaggi del delta 3 o 4 giorni da soli deve essere bellissimo, ma il tour organizzato è veramente una cagata: la barchetta nei fiumi, i villaggi flottanti, le innumerevoli fermate nei ristoranti e negozi convenzionati, la fabbrica del miele, la fabbrica della polvere di cocco e la fabbrica delli mortacci loro; quando viaggio proprio non lo sopporto che qualcuno mi dica quanto tempo ho per fare la foto, quanto tempo ho per vedere questo o quello, quanti minuti ho per cagare. La cosa più interessante del tour era un viaggiatore americano che era arrivato da Amsterdam in treno e si stava girando mezzo mondo; mi raccontava inoltre dei suoi viaggi in moto in Messico e Sud America e dell’intenzione di farsi una tirata dall’Alaska fino alla Patagonia (Io: ma non sarà troppo lungo e complicato? E lui: ma no, questo itinerario è un classico, lo fa un sacco di gente, ci hanno scritto anche dei libri a riguardo… E già comincio a immaginarmelo, magari in futuro mi organizzerò anch’io con qualcosa del genere, sembra interessante).

Tornato dall’escursione mi riposo e mi preparo per la grande serata: a mezzanotte qui sarà Capodanno e si prevedono grandi festeggiamenti.

 

 

Con un po’ di ritardo arriva l’ultima parte del racconto: eravamo rimasti alla vigilia del Capodanno Cinese a Saigon. In serata c’era festa e casino un po’ dappertutto e il traffico impazzito ancora più del normale. In una piazza centrale una festa organizzata con tanto di palco, luci e spettacoli di artisti vietnamiti, con ospite speciale, Miss Mondo: all’inizio della serata sto dietro, nella zona riservata ai comuni mortali, dopo un po’ approfitto dell’arrivo dei vari ministri, presidenti e delegazioni internazionali per infilarmi nel cordone giusto e con sorriso e spensieratezza mi guadagno un posto VIP tra le prime file, manco fossi stato invitato da chissà chi. A mezzanotte i fuochi d’artificio: arrivare nella zona principale vicino al fiume è stato impossibile, i motorini erano talmente incastrati l’un l’altro che oltre un certo punto non si riusciva più a camminare; quindi mi sono goduto i fuochi in una strada insieme agli altri Saigonesi. Inutile dirvi che già a metà spettacolo i fuochi non si vedevano quasi più per via dello smog; la cosa più divertente è stata però la fine dei fuochi, quando tutti quei motorini dovevano sfollare per andar via: un macello di smog, clacson, motorini, pedoni e vigili che non si sa cosa stavano facendo, il tutto è durato circa un paio d’ore.

 

La mattina seguente partenza in pullman per Phnom Penh, la capitale della Cambogia. Viaggio durato circa 6 o 7 ore, con solita fregatura alla frontiera nei pagamenti per il visto (il tipo del bus ci ha praticamente obbligato ad usufruire del suo servizio per le pratiche doganali, mangiandoci un po’ di dollari su ogni passeggero). In Cambogia si vede ancora più povertà che in Vietnam, nel viaggio è previsto anche un attraversamento di fiume con una specie di zattera, ad ogni fermata o transito c’è gente che ti vuole vendere l’impossibile e chiede elemosina. In bus tra gli altri ho conosciuto un signore tedesco che aveva viaggiato dal nord al sud del Vietnam su uno scooter 100 di cilindrata in 2 mesi: lui è stato uno dei pochi viaggiatori incontrati ad aver avuto un’impressione positiva del Paese; pare abbia incontrato gente molto ospitale e dormito e mangiato a casa di Vietnamiti molto gentili. Insomma per conoscere davvero una nazione bisogna avere tempo ed evitare i posti con troppi turisti. Sullo stesso bus ho anche conosciuto un ragazzo veneto che faceva l’accompagnatore turistico nel Sud Est Asiatico e viveva in Cambogia da 5 anni. Aveva appena finito un tour con alcuni Italiani a Saigon ed era di ritorno a Phnom Penh, dove abitava. Mi aveva raccontato di un altro Italiano che stava in carcere in Cambogia già da qualche anno per pedofilia (non oso immaginare come lo stiano combinando lì dentro, qui i carceri non sono mica come i nostri e sulle pene non ci sono sconti o buone condotte, sarà diventato lo sfogo sessuale di tutti i cambogiani; per fortuna ogni tanto qualcuno lo beccano, ma immagino che la maggior parte dei pedofili continuino a fare i cazzi propri). Sto ragazzo mi aveva anche parlato di un ospedale di Emergency a Battambang e del tragitto via fiume tra Siam Reap e Battambang che pareva essere veramente interessante e poco battuto dai turisti; mi faccio dare un po’ di nomi di dottori e dettagli che mi possano essere utili per un’eventuale visita dell’ospedale, ringrazio e ci salutiamo.

 

A Phnom Penh resterò 2 notti e dormirò nell’alloggio più squallido di tutto il viaggio: al mio arrivo nella zona vicino al lago (che è dove vanno tutti i viaggiatori zaino in spalla) non trovo posto in nessun alloggio, tranne in questo un po’ più squallido e sporco; e vabbè, bisogna adattarsi quando si viaggia, d’altronde non potevo pretendere di meglio con 3 dollari a notte. Per fortuna la seconda notte ho trovato un posticino in un alberghetto niente male a pochi centinaia di metri da lì, per 6 o 7 dollari. Per la prima volta durante il viaggio farò un’esperienza di buffet molto interessante che ripeterò anche in Thailandia un paio di volte: entro in un ristorante con prezzo fisso a buffet tutto incluso, prendo pesce e carne a volontà ancora crudi e alla mia ricerca del cuoco mi rispondono che avrei dovuto cucinarmi da solo; all’inizio resto sorpreso, ma poi scopro che è veramente una figata, ti portano al tavolo una specie di pentolone con fiamma sempre accesa e mentre mangi ti cucini al tuo stesso tavolo. Tra i vari giri, passeggiate, templi, mercati e innumerevoli occasioni di entrare in contatto con povertà e miseria, vado a visitare il Tuol Sleng, la prigione S-21 dei khmer rossi, dove ci sono testimonianze raccapriccianti delle torture inflitte dal regime comunista alla popolazione cambogiana nei quasi 4 anni di dittatura alla fine degli anni ’70: pare ci siano stati 1 milione e 700 mila morti (un quarto della popolazione cambogiana, praticamente un secondo olocausto). Non di rado si incontrano per strada persone sfregiate in faccia oppure senza arti, come d’altronde anche in Vietnam, reduci di guerre senza regole combattute con gas improbabili e fuori legge. In giro incontro anche un tuk tuk con pubblicità progresso contro la pedofilia, a testimonianza che qualcosina si muove a tutela dello sfruttamento (anche se è solo una goccia nell’oceano).

 

I 2 giorni seguenti li trascorrerò a Siam Reap, porta d’ingresso ai siti archeologici di Angkor Wat: avevo atteso questo momento per tutto il viaggio, inizialmente avevo deciso di spendere almeno 3 giorni per la visita dei templi, però un po’ per il caldo, ma soprattutto la stanchezza mentale di vedere ogni giorno templi, ho deciso di fare solo un tour classico di un giorno con un mototaxista conosciuto la sera prima per strada in centro. Sicuramente ho sbagliato, perché i templi di Angkor sono un qualcosa di eccezionale che personalmente includerei tra le nuove 7 meraviglie del mondo (magari al posto della statua di Cristo a Rio de Janeiro, che così speciale non mi è sembrata) e non capita tutti i giorni di vederli; però il mio stato d’animo al momento voleva scappare via e rilassarsi un po’, da qui la decisione di spendere un solo giorno in giro per i templi. Comunque il sito è eccezionale, si estende per chilometri, tra gli altri sono molto impressionanti i templi ancora avvolti dalla vegetazione, con alberi secolari che crescono intorno ai templi stessi e le radici che li avvolgono da tutti i lati.

 

Mi ritrovo quindi con qualche giorno di anticipo sulla tabella di marcia, non potevo rientrare in Thailandia prima del 1 Febbraio per via del visto che mi avrebbero dato in frontiera di soli 15 giorni (io sarei ripartito il 15 per l’Italia), quindi ne approfitto per seguire il consiglio dell’Italiano conosciuto in bus, cambia per l’ennesima volta itinerario e prendo una barca per Battambang: la scelta non poteva essere più azzeccata, il viaggio è abbastanza stancante, dura una decina di ore, ma si passa attraverso villaggi e situazioni di vita incredibili, intere popolazioni che vivono e svolgono tutte le attività al ridosso del fiume, anche le scuole e i campi di pallacanestro sono flottanti e la vegetazione è incredibile; enormi sistemi di reti utilizzate per la pesca, palafitte alte metri sopra il fiume, bambini che giocano e salutano curiosi, veramente bello e soprattutto vero. Arrivato a Battambang lascio lo zaino nell’albergo di turno, doccia veloce e mi metto subito alla ricerca dell’ospedale di Emergency. Nonostante la città sia abbastanza grande, qui tutti conoscono l’ospedale, basta chiedere in strada e chiunque mi sa dare le giuste direzioni, affermando anche che questo è l’ospedale migliore di tutta la Cambogia (finora l’unico ospedale lo avevo visto dall’esterno a Siam Reap e la fila di bambini e genitori fuori in strada per aspettare una visita era di circa 2 giorni). Decido di andarci a piedi e dopo una mezz’ora abbondante arrivo a destinazione: c’è la security alla porta che non spiccica mezza parola d’inglese, ma alla fine riesco a farmi capire; nonostante abbia tirato fuori il nome del responsabile della struttura, non vogliono farmi entrare, dicono che è troppo tardi e tale persona non è al momento nell’ospedale. Io tranquillo tranquillo mi piazzo lì, faccio capire in modo gentile che non ho intenzione di andarmene perché il giorno dopo sarei partito e non avevo tempo da perdere; dopo un quarto d’ora per fortuna passa una dottoressa torinese. Le spiego che avrei voluto fare un giro etc. etc. e lei molto gentile mi fa visitare tutto l’ospedale e mi tiene con lei per un’oretta buona, anche mentre fa il giro dei reparti o da istruzioni agli infermieri locali. Che dire: niente a che vedere con i nostri ospedali ovviamente, ma per essere in Cambogia di sicuro una struttura di alto livello, con giardino, mensa per malati e parenti e 4 grandi camerate che accolgono tutti i malati (poco più di un centinaio in totale). L’ospedale era nato inizialmente per curare la gente che esplodeva sulle mine anti uomo; ora per fortuna questi incidenti sono rari, quindi viene utilizzato per un altro problema diffusissimo in questa zona del mondo: gli incidenti stradali. Qui tutti guidano in 4 sui motorini e le auto sono piene di gente, gli autisti guidano come pazzi e fanno sorpassi improponibili. In ospedale ho visto gente in coma, in fin di vita, senza mani, gambe o con i polmoni spappolati. Conclusione, tanto di cappello ai medici che vengono a lavorare qui (che non sono volontari, ma vengono pagati) e a Gino Strada che ha fondato il tutto (a quanto sosteneva la dottoressa che aveva lavorato anche con Medici senza Frontiere e la Croce Rossa, Emergency è la migliore e più seria associazione, a differenza delle altre associazioni i soldi pare vadano davvero dove devono andare. Mi ha anche raccontato che negli ospedali cambogiani è meglio non andare a curarsi perché sono pietosi e sarebbero capaci di tagliare una gamba per una stupida ferita).

 

La mattina seguente prima di ripartire verso il confine, faccio un giro nella città, vado verso la stazione dei treni (da qui parte solo un treno a settimana), mi imbatto nei villaggi pieni di baracche, scambio sorrisi e foto con i bambini, giretto al mercato e visita ad uno dei tanti memoriali dello sterminio dei khmer rossi: in Cambogia nelle zone che erano utilizzate come campi di sterminio i memoriali non sono altro che delle strutture in cimento con delle finestre e all’interno tutti i teschi trovati nei campi dove la popolazione veniva prima torturata e poi sterminata; abbastanza toccante direi. Inoltre vado a vedere il treno di bamboo, che non è altro che una piccola piattaforma di bamboo su 4 ruote che cammina sui binari e porta gente, merci etc. nei vari villaggi della zona. La cosa interessante è quando 2 treni (se treni si possono chiamare) si incrociano: da uno dei due la gente scende, alcuni aiutano a trasportare il piano, altri prendono le ruote in mano e rimontano il tutto pochi metri più avanti; così ognuno continua per la sua direzione senza bisogno della costruzione del secondo binario.

 

Dopo pranzo prendo un pullman verso il confine con la Thailandia: sulla carta sarebbero dovute essere 2, al massimo 3 ore di viaggio; ma invece il pullman come al solito arriva con notevole ritardo e dopo solo un’ora di viaggio si ferma in una cittadina anonima dove ci fanno scendere tutti. Morale della favola: eravamo solo in 4 o 5 sul pullman, quindi è più conveniente che l’autista ci porti in macchina; saliamo tutti su una macchina scassata (ma anche il pullman lo era) e raggiungiamo un distributore di benzina dove ci aspettava un’altra macchina con altri passeggeri all’interno. Quindi io ho pensato: a bene ci sono altri passeggeri quindi proseguiamo con 2 macchine. E invece no: costa troppo andare con 2 macchine, andiamo tutti con una. Incredibile, ci caricano in 9 in quella cazzo di macchina scassata (io naturalmente ero l’attrazione di tutti, in quanto unico straniero), con l’autista che guidava come un pazzo, perennemente in corsia di sorpasso (che è la stessa corsia usata per il senso opposto), e fermava negli angoli più disparati a lasciare man mano ogni singolo passeggero manco fosse un taxi. Io arrivo per ultimo, essendo la mia destinazione la porta di confine con la Thailandia: un postaccio, gente poco affidabile, buio totale, qualche casinò, nel tratto duty free ti offrono droga, puttane e bambini come se fossimo al supermercato. Mi prendo una stanza e aspetto la mattina seguente quando il confine sarebbe riaperto. All’alba la dogana apre con il suono di una campanella e lungo il confine file e file di persone con le più svariate merci, cariole e carretti che trasportano chissà che da una parte all’altra. Sbrigo le pratiche doganali, attraverso il confine a piedi e dall’altra parte trovo un pullman che mi porta a Bangkok, da dove in serata avrei preso una coincidenza per Khao Lak, punto di partenza per le isole Similan, nonché la zona più distrutta dallo tsunami di qualche anno fa.

 

Arrivato la mattina seguente a Khao Lak un po’ stanco dalla nottata passata in bus comunque comodo e faccio subito il giro dei vari diving center, questa pare sia la zona più bella della Thailandia per fare le immersioni; mi affido ad uno di loro e la sera stessa si parte con una piccola moto nave di proprietà svedese. Qui gli svedesi sono numerosissimi e mi chiedo se l’inverno resti qualcuno in Scandinavia, ne ho incontrati così tanti in giro e pure non sono una popolazione numerosissima. Rimarremo per 3 giorni in mezzo al mare ai confini con la Birmania muovendoci tra i vari reef pieni di coralli, in tutto ho fatto 7 immersioni. Devo dire che le immersioni fatte qui sono state tra le più belle che abbia mai fatto, penso meglio di quelle fatte nel Mar Rosso, in Australia e ai Caraibi.

 

Finita l’esperienza diving mi sposto sulle isole dell’altra costa tailandese per i miei ultimi giorni di vacanza al mare e al relax. Inizio da Ko Tao: bellissima, spartana, molto hippy direi, dove affitto il solito motorino e passo le giornate tra bagni in spiaggia, mangiate in ristorante e giri in moto intorno l’isola piena di dune e con poco asfalto. Seconda e ultima tappa Ko Phangan, un po’ più grande, dove faccio lo stesso tipo di vita, con qualche aggiunta di massaggi: ultimamente in Vietnam avevo tralasciato un po’ i massaggi e l’unico provato in Cambogia non mi aveva molto entusiasmato. A Ko Phangan avevo avuto molta difficoltà a trovare un alloggio per via dell’imminente Full Moon Party, festa che si svolge circa ogni mese in una spiaggia dell’isola che raduna migliaia di persone; ed io ero venuto a Ko Phangan appunto per questo motivo per chiudere in bellezza questo viaggio. Che dire del Full Moon Party: è una festa enorme, bella e anche pericolosa; quasi ogni mese qualcuno muore guidando il motorino ubriaco tra le strade davvero pericolose e mal messe dell’isola, qualcun altro ci rimette la vita perché sotto l’effetto del fungo di turno pensa di poter arrivare a nuoto nell’isola di fronte lontana circa 10 chilometri. Sono tutti ubriachi, il mare bello della Thailandia in quei giorni diventa un pisciatoio comune a cielo aperto (la festa inizia già 3-4 giorni prima) e, tra musica house e techno, giocolieri e mangiatori di fuoco, pusher e impasticcati, tutto è concesso e agli occhi di tutti (non entro nei dettagli, ma vi lascio immaginare, la maggior parte sono turisti inglesi, australiani e scandinavi dove il pudore non è proprio di casa).

 

Finita l’esperienza Full Moon alla fine comunque molto divertente e positiva (dove tra l’altro avevo incontrato nuovamente vecchi conoscenze fatte durante le varie tappe del mio viaggio e con i quali abbiamo fatto un po’ di casino insieme) si torna a Bangkok per riprendere uno zaino lasciato dalla famiglia conosciuta all’inizio del viaggio e dedicarmi allo shopping finale nei mercatini: compro un po’ di tutto, da roba taroccata ad oggetti destinati alla vendita in Europa per recuperare un po’ di soldi, scarpe, pantaloni, incensi etc.; passo anche una serata nella zona a luci rosse, più per curiosità che per altro, anch’essa comunque molto interessante nel suo contesto con una ventina di ping pong show (non vi sto a spiegare nei dettagli cosa siano), 2 vie intere dedicate agli omosessuali, 1 via per gli etero e, pensate, un’intera via solamente per il turismo sessuale giapponese (pare che sti giapponesi siano veramenti malati a riguardo, con grossi cataloghi di ragazze giapponesi nei vari ristoranti e bar). Ultimo giorno, prima del volo e dopo un’intera giornata a camminare nei mercati, mega massaggio in una spa di quella extra lusso, con clienti cinesi ed asiatici, ma niente turisti europei; mi son fatto portare dall’amica tailandese e devo dire che è stato un vero spasso, con massaggiatrici professionalissime, ambiente di un certo livello, il tutto sicuramente diverso dai vari massaggi nei negozietti provati nelle diverse mete del viaggio (comunque belli anche quelli).

 

Tristemente si ritorna a Milano tra il freddo e la nebbia, comunque anche questo un viaggio del tutto positivo. Direi che il Sud Est Asiatico è il posto più facile ed economico per fare un viaggio non organizzato. E’ facile trovare dappertutto dove dormire e mangiare e viene spesso scelto come meta dai giovani che non hanno mai viaggiato all’avventura e vogliono cominciare da qualche parte, c’erano un sacco di 18/20enni che se ne stavano in giro per un po’ di mesi da queste parti. Non ci sono molti pericoli, come invece ho incontrato l’anno prima in Brasile (ma è anche vero che lì ogni tanto me li andavo a cercare) e ho speso veramente poco: totale scaricato dalle carte di credito in 10 settimane, circa 3600 €uro. Starete pensando: un cazzo, economicissimo. E bene si. Considerate che questa somma include tutti i voli (internazionali e 2 voli interni acquistati sul posto), treni, autobus, traghetti, taxi, affitto motorini, escursioni, ristoranti, hotel, massaggi, extra, oltre ovviamente a mezzo guardaroba acquistato man mano e 2 vestiti eleganti su misura fatti da un sarto vietnamita. Niente male direi: è stato il viaggio più economico mai fatto.

 

Tornato a Milano al freddo, già penso a quale sarà la meta per il prossimo anno, sempre che questa crisi mi permetterà di partire ancora. Molto probabilmente tornerò in America, questa volta voglio acquistare una moto a Città del Messico e viaggiare per il Centro America, chiudendo con una bella parentesi di ritorno a Cuba. Le liste sono già aperte, volontari fatevi avanti.

 

 

Gianluca

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