PERU’: UN VIAGGIO ORGANIZZATO PER DUE

Diario di viaggio 3/5 – 23/5/2008

di Nelly&Arturo

 

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Premessa

Dopo aver letto il diario di Michele sul suo viaggio in Perù e Bolivia, abbiamo valutato l’opportunità, per una volta tanto, di controllare le proposte di un’agenzia di viaggi. Ci pareva infatti che i tempi di ricerca e spostamento con mezzi di fortuna potesse incidere troppo sulla nostra volontà di vedere tutta una serie di cose.

Abbiamo optato alla fine per la proposta di un’agenzia di viaggi ‘etici’ (Perù Etico) con la quale abbiamo concordato piccole variazioni alla loro ipotesi di 21 giorni nel sud del paese. L’agenzia chiede un contributo per tre progetti di aiuto ai bambini disagiati e che vengano effettuate delle visite a tali progetti.

 

Diario

4/5/2008 - Domenica

Eccoci alla periferia di Lima presso il CEPROF, progetto per bambine con disagi familiari che si autofinanzia anche grazie ad alcune stanze messe a disposizione dei turisti.

Il viaggio è stato lungo: dalle 6,20 di sabato 3 maggio (ora di uscita da casa) siamo arrivati qui alle 5 del 4 maggio (qui erano le 22). Il fatto è che, tanto per NON cambiare, ci hanno perso i bagagli e la procedura per il reclamo è stata lenta.

Maruja, una delle responsabili del CEPROF, s’impegna ad informarsi circa l’arrivo dei bagagli mentre Norberto, il tassista che ci ha prelevato all’aeroporto, ci scorrazza per Lima facendoci vedere il centro città e alcuni quartieri interessanti.

Soggiornare in periferia per noi è importante: se avessimo scelto un albergo in centro, avremmo avuto un’idea di modernità che non corrisponde alla realtà di una città di 9 milioni di abitanti in gran parte  ubicati nei ‘distreti’ con case molto povere, strade polverose spesso piene di buche e negozi che sono bugigattoli con pochi prodotti. Ogni distretto – ci dice Norberto – è una vera e propria città. Il suo, Villa S. Salvador, ha 400.000 abitanti ed è nato negli anni ’70 del 1900 su un deserto. Egli è orgoglioso che oggi sia dotata di servizi per la collettività, scuole, università, ecc.

A  noi le costruzioni sembrano fatiscenti, ma sarà perché abbiamo un metro di giudizio troppo abituato alla costruzione solida, pulita, efficiente?! Pranziamo insieme in un locale conosciuto da Norberto a prezzi decisamente convenienti.

Il centro città è abbastanza interessante e vi siamo arrivati al momento del cambio della guardia con un rituale piuttosto classico di banda e grandi uniformi.

Curiosità: Norberto ci ha portato a vedere il secondo cimitero più vasto del mondo. Su una collina nel deserto le famiglie acquistano a prezzi ragionevoli un pezzetto di terra. Qui costruiscono un edificio in verticale di 2 metri per 1 che in altezza può contenere 5 loculi in cui inumare le salme dei propri cari. Questo diventa un luogo in cui venire a pranzare, chiedere consigli, qui si dipinge periodicamente la cappella e la si decora con fiori e offerte. Si nota immediatamente una tradizione più antica del cristianesimo.

 

5/5/2008 – Lunedì

Alle 8,15 in auto per l’aeroporto, destinazione Cusco, 3400 metri sul mare. I nostri bagagli sono arrivati ieri alle 23 e questo problema è risolto.

L’albergo è la Piccola Locanda, nella parte vecchia di Cusco che risulta subito una cittadina molto piacevole: adagiata sui fianchi di alcune montagne, ha strade in salita che mettono subito alla prova chi proviene dal livello del mare, anche noi non facciamo eccezione con la prima breve passeggiata fino alla Plaza des Armas e ritorno.

Ci viene subito consigliato di farci una tisana con le foglie di coca che aiutano a ridurre i problemi di adattamento all’altitudine, obbediamo anche se il sapore non è gradevole.

Iniziamo a sentire piccoli disturbi: mal di testa e senso di mancamento. Sdraiandoci a letto passa tutto. Le luci di Cusco che si vedono dalla finestra e il cielo stellato a notte fonda concludono la prima giornata qui.

Curiosità: In tutte le città di una certa importanza la piazza principale si chiama Plaza des Armas perché qui gli spagnoli facevano le esercitazioni militari.

 

6/5/2008 – Martedì

Alle 4 eravamo svegli, ma abbastanza riposati dato che siamo venuti a letto alle 21. Mal di testa per due. Un’aspirina è il meglio che possiamo fare per anticipare mali peggiori. Viene a prenderci la nostra guida di oggi e domani, si chiama Marco e parla un ottimo italiano. Visita a Tambomachay dove da una sorgente inca continua a sgorgare ancora oggi l’acqua che serviva loro per riti di purificazione.

Poi andiamo a Kenko dove in una piazza circondata da basse mura sta un enorme masso di roccia che era parte integrante di un culto inca.

Infine a Puca Pucarà, che è un insieme di massi eretti sulla sommità di un colle come fortezza, con terrapieni, torri, scale e sottopassaggi. E’ davvero impressionante e ci chiediamo quanta ottusità hanno avuto gli spagnoli per aver voluto distruggere tanta bellezza.

Marco è una guida competente ed entusiasta, capace di fare paragoni con analoghe civiltà come quella romana ed egiziana e ci scopriamo a scambiarci qualcosa di più che due chiacchiere visto che anche a noi la storia e l’arte piacciono moltissimo.

Quando ci conduce a vedere il mercato di Cusco con le sue merci variopinte, i banchi per mangiare velocemente un piatto tipico o per consentire ad uno sciamano di acquistare i prodotti per le sue cure, è passato mezzogiorno e io comincio ad avere un lancinante mal di testa. Dopo il pranzo al progetto relativo ai bambini disabili rinuncio al pomeriggio in città perché proprio non ce la farei.

 

7/5/2008 – Mercoledì

Visita a Sacsahuman dove restano le fondamenta di un tempio inca sul quale gli spagnoli hanno eretto una chiesa in stile coloniale. Per prendersi una rivincita  i pittori meticci che l’hanno decorata hanno fatto in modo di inserire i loro simboli qua e là; è così che una serie di patchamama (la madre terra) decorano le parti alte delle pareti e ancora oggi in qualche angolo vengono offerte foglie di coca alle divinità tutte: inca e cattoliche per non far torto a nessuna.

A Moray incredibile e fascinosissimo laboratorio inca per la selezione di prodotti che si adattassero a vari climi: in alcune  depressioni del terreno, forse originate anticamente da metoeoriti, sono stati realizzati dei gradoni coltivabili a diverse altezze in modo che ciascuno di essi ha un proprio microclima e consentiva di selezionare il mais o le patate più adatte a una certa altitudine e temperatura. Fra l’anello più profondo e il più superficiale ci sono 7 gradi centigradi di differenza! Oggi stanno cercando di ricreare anche in pratica l’ambiente di allora, seminando mais, patate ed altri prodotti. Ci colpisce che le cose viste fino ad ora sono tutte diverse fra loro: prima una fontana, poi un  tempio, una fortezza e ora questo incredibile laboratorio agricolo.

Non ci fa meraviglia che la tappa successiva sia ancora diversa: una salina a molti metri sul livello del mare che quando siamo arrivati noi, alle 12, abbacinava per il suo candore.

Lungo le strade di questa zona le case sono tutte in mattoni crudi, con un aspetto più piacevole di quello che abbiamo visto e vedremo nelle città dove le abitazioni risultano perennemente in costruzione con i tondini di ferro dei pilastri bene in mostra sul tetto. Dei motivi di questo strano modo di tenere le case ci hanno dato due diverse versioni: una guida ha parlato di tasse molto elevate per le case finite e intonacate, per altri è un modo per sperare di costruire in futuro dei piani aggiuntivi.

Andiamo a pranzo al progetto di Mosoq Runa dove vengono ospitati una ventina di bambini che dal  lunedì al venerdì studiano, giocano e lavorano con l’aiuto di alcuni volontari italiani e di altri paesi.

 

8/5/2008 – Giovedì

Pur partendo alle 5 del mattino una serie di contrattempi ci porta ad iniziare la nostra camminata alle 10. Camminiamo di buona lena, prima in leggera pendenza fino al passo Capulyoc  (3435 mt.) e poi in ripida discesa. Il sole è molto forte e non c’è traccia di ombra. Ad una sosta Arturo si sente male: sembra un forte sbalzo di pressione perché se si trattasse di un colpo di calore dovrebbe essere molto caldo, mentre ha sudori freddi ed impossibilità a stare seduto o in piedi per continui giramenti di testa. Quando si riprende avanziamo fino al primo punto possibile di sosta e pernottamento che non è molto lontano. I muli che portano i bagagli sono a circa un’ora da noi perché si sono fermati ad aiutare il taxi che ci ha condotto a Cachora, ma è rimasto bloccato dalla strada stretta, impossibilitato a fare inversione.

Piantate le tende Arturo si sdraia in preda ad un terribile mal di testa e non riesce neppure a mangiare.

Curiosità:  la nostra squadra è composta da noi due, dalla guida Enrique, dal cuoco Ruben e dal ragazzo che guida i muli. Ci sentiamo a disagio di avere tre persone al nostro servizio tanto più che Ruben prepara dei pasti luculliani con antipasto, zuppa, secondo e dolce.

 

9/5/2008  - Venerdì

Ho deciso che oggi rimarremo qui. E’ indispensabile riprendersi se vogliamo procedere e anche se decideremo di rinunciare (sarebbe un peccato perché abbiamo già percorso 20 dei 30 chilometri previsti), è opportuno che Arturo si rimetta completamente. La giornata trascorre piacevolmente. In cinque minuti possiamo andare ad un belvedere che dà sul panorama del fiume Apurimac che scorre sotto di noi e sul sentiero a zia zag che va alle rovine di Choquequirao. Ci sono piante di granadine, un profumatissimo frutto esotico, banani e cactus da cui Enrique ci insegna a riconoscere la cocciniglia, un insetto da cui si ricava una sostanza rossa molto usata per le sue proprietà in cosmetica e come colorante e molto costosa.

Ruben continua a cucinare per ore, gli diciamo che decisamente non solo noi non mangiamo tanto, ma non è neppure consigliabile che dovendo camminare ci si fermi a metà giornata per pasti di questo tenore. Rispondono che sono i turisti a volere questo tipo di servizio (forse gli americani? Mi sembra davvero strano). Così finisce che con quanto hanno portato riusciamo a sfamare non solo noi stessi, ma tre/quattro ospiti che sono con noi (una ragazza svizzera che sta facendo il giro di alcuni paesi sudamericani e le persone che di solito passano la stagione turistica qui a vendere bibite).

Curiosità: ci hanno fatto assaggiare la chicha de hora. E’ una bibita fatta fermentando il mais che i peruviani definiscono la ‘birra’ locale. A noi non è parsa gran che, ma loro ne sono molto orgogliosi.

 

10/5/2008 – Sabato

Preferisco tornare indietro. Il ‘pronto soccorso’ di Enrique è davvero misero e io non sono un medico per sapere esattamente cosa ha avuto Arturo e come potrebbe reagire ad un’altra giornata di sole. Anche lui, sebbene irritatissimo all’idea di rinunciare, considera che si debba usare la testa e non il cuore nella decisione. Torniamo di buon passo fino a Cachora fermandoci a fare qualche fotografia in più dei fiori che troviamo lungo il percorso. In paese ci ospita la famiglia del ragazzo dei muli. Ruben come al solito prepara il suo superpasto per tutti e non c’è verso di farlo mangiare con noi che avremmo un po’ meno la sensazione di essere serviti troppo.

Cachora è un paesotto con calli in terra battuta, molti bambini anche di 2-3 anni che razzolano come animaletti e cani in gran quantità (in tutto il Perù sembrano spesso i padroni assoluti delle strade) che camminano indolenti o si fermano a riposare in mezzo alle strade.

Una festa di paese con enormi pentoloni di minestra per tutti e musica folcloristica attira la mia attenzione, molte donne in costume tipico arrivano dalle varie calli. Una signora in uno sgargiante abito verde ricamato meravigliosamente arriva a cavallo: deve essere una persona importante.

Dopo pranzo, Enrique che vuole in tutti i modi tirarci su il morale, ci accompagna a visitare le rovine di Saywite dove una magnifica fontana a gradoni, con acqua che in origine scendeva per una cinquantina di metri di gradino in gradino, guarda uno stupendo panorama. Decisamente gli Inca avevano una capacità di scegliere posti stupendi per posizionare le loro costruzioni. Qui un enorme masso scolpito illustra tutta la simbologia Inca con una raffigurazione del loro mondo veramente interessante.

Per finire la giornata andiamo alle terme di Cconoc. Si tratta di un complesso destinato principalmente agli abitanti della zona ed infatti non ci sono turisti. Ci accampiamo con le nostre tende e Arturo affitta un costume da bagno per immergersi nelle acque calde. Le zanzare, numerosissime, silenziose e quasi invisibili, lasciano in pace lui e si accaniscono con me che ne porterò i segni per diversi giorni.

Ruben a sera ci prepara un Pisco Sour, aperitivo che ci nominano dal primo giorno in cui siamo arrivati a Cusco. Buono!

Curiosità: ho visitato la casa in cui siamo stati ospitati e che rappresenta la tipica abitazione della zona.  E’ in mattoni crudi, formata da una stanza con pavimento in terra battuta, un cortile interno su cui si affacciano la cucina con fuoco alimentato dallo sterco di lama o pecora essiccato e, in un angolo, un allevamento di porcellini d’india. Nel cortile siaffacciano anche  il lavello, il bagno e le camere da letto. Unico lusso: le porte nuove fiammanti per le camere. Si vede che sta arrivando un certo benessere col turismo, ma è tutto ancora molto spartano.

 

11/5/2008 – Domenica

Per tutta la notte le auto hanno continuato a partire e arrivare dalle terme con grandi strepiti e senza alcun riguardo a chi dormiva. Ciascun gruppo familiare si è preparato pasti su fuochi improvvisati. Così abbiamo anche visto come passano i fine settimana i peruviani. Arrivano con vecchie auto stracariche e sempre con nonne in costume tradizionale al seguito, mandano i bimbi a giocare nelle piscine per tutto il giorno e si divertono un mondo.

Dopo colazione smontiamo tutto e partiamo per Cusco. Portiamo in lavanderia un po’ di vestiario e passiamo il tempo bighellonando.

Curiosità: per preparare la loro zuppa che è sempre di verdure miste, le donne iniziano presto al mattino tagliandole a pezzi molto piccoli e la lasciano cuocere per un paio d’ore insaporendola con erbe profumate. Da quel che abbiamo visto la zuppa è sempre presente nei pasti.

 

12/5/2008 – Lunedì

Fin dall’inizio avevo previsto un giorno in più a Cusco e possiamo girare per tutto il giorno e goderci pienamente la città.

La cosa più bella che abbiamo visto è il Museo di Arte Precolombina: poche sale ma con oggetti meravigliosi. Esso permette di inquadrare meglio le varie civiltà preincaiche che gli Inca hanno assimilato: mochica, nazcca, huari, ecc.

Ci sono parse meno interessati le chiese in stile coloniale che spesso sono chiuse ed esternamente sono tutte simili.

Curiosità: abbiamo scoperto che in Perù il telefono non costa quasi nulla, mentre i francobolli sono carissimi.

 

13/5/2008 – Martedì

Check-in in stile aeroporto per l’autobus gran turismo che ci porterà a Puno fermandosi nei vari punti di interesse architettonico o paesaggistico. Ritiro dei bagagli con contrassegno sul biglietto, guida in spagnolo e inglese, comprensibilissima. Il giro comprende quattro soste: la prima è alla chiesa di San Pedro completamente affrescata con ricche decorazioni in stile geometrico, retablo d’oro in fondo alla navata centrale (come in quasi tutte le chiese spagnole), fondamenta di una precedente costruzione Inca.

La vallata del fiume Vilcabamba è verdissima e molto piacevole. Seconda fermata a Raqchi nella regione di Sicuani dove si trovano le rovine di un vasto tempio pre inca. Restano le basi di alcune colonne, granai e un muro centrale.

Sosta in una tipica casa della zona che comprende un laboratorio per la fusione dell’argento e un’officina (una scusa per mostrare e cercare di vendere un po’ d’artigianato). Sosta per il pranzo dove cominciamo davvero a gustare la cucina peruviana che troviamo decisamente piacevole e poi al passo che segna il confine fra la regione di Cusco e quella di Puno (4320 metri di altitudine). Anche qui artigiani a vendere merce: mi innamoro di un tappeto fatto con pezzi di pelle di lama, ma resisto all’idea di acquistarlo perché non vorrei trovarmi lo zaino strapieno.

Lasciamo le zone verdeggianti e passiamo sull’altopiano andino che resta sempre sopra i 3500 metri. L’unica vegetazione è data da ciuffi d’erba piuttosto secca che vengono usati per coprire i tetti, fare cappelli e utensili.

Ultima sosta in un sito pre inca in cui la popolazione paracas (200 aC-400dC) aveva un suo tempio. Il museo ha un po’ di vasellame, ma non è molto interessante. Raggiungiamo Puno alle 17.

Curiosità: decisamente la cultura Inca è solo la minima parte della storia del Perù, senza tutte le culture pre incaiche che abbiamo avuto modo di conoscere durante il viaggio, risulterebbe difficile comprendere come un impero che ha avuto vita relativamente breve sia riuscito a produrre tante cose interessanti.

 

14/5/2008  -  Mercoledì

Alle 7,30 viene a prenderci Isidro, abitante di Taquile e andiamo insieme al porto che è ad un paio di chilometri dall’albergo. Rifiutiamo l’uso del triciclo/taxi perché sentiamo il bisogno di camminare. Gli zaini sono rimasti in albergo perché per questi due giorni ci basteranno poche cose.

Inizia il rito dello scambio di foglie di coca: ciascuno apre la borsa di stoffa che porta in vita e fa prelevare un po’ di foglie all’altro che le mette nella propria. Ne offrono anche a noi e le prendiamo perché aiutano anche a superare il mal di mare.

La barca che solca il lago Titicaca è stracarica di persone e cose, i turisti non sono più di otto, gli altri sono tutti abitanti di Taquile dove arriviamo dopo tre ore. Tutti scendono con i loro enormi fagotti e ci vuole un bel po’ per scaricare bottiglie, lamiere ondulate, filo di ferro… Le donne portano i pesi sulla schiena in enormi fagotti, hanno un costume con sette gonne che danno loro, secondo Arturo, un aspetto fascinoso nonostante la goffaggine dell’abbigliamento.

Noi non scendiamo qui, ma un poco più avanti lungo la costa perché il Sector Huallno in cui saremo ospitati è in un’altra parte dell’isola.

Dobbiamo salire un centinaio di metri di gradini per raggiungere la casa del senor Alipio Huata Cruz: una costruzione in mattoni crudi con cortile interno su cui si affacciano le varie stanze dal tetto di paglia. La nostra, confortevole, con un letto appoggiato sul pavimento di terra battuta e paglia ci ospita dopo un buon pasto per un breve riposo; alle tre tornerà Isidro per farci vedere come si producono i tessuti e come lavorano la terra e per un giretto alla spiaggia più bella che hanno con sabbia finissima. Il tramonto ce lo godiamo seduti su un poggio. Il rientro a sera è in compagnia di due ragazzini che portano il gregge a casa.

Curiosità: i taquileni sono molto orgogliosi che nella loro isola non ci siano né perros, né carros, né policia (no cani, no auto, no polizia), hanno capito l’importanza del turismo ma vogliono usarlo senza essere essi stessi strumentalizzati più di tanto e ci sembra ci stiano riuscendo.

 

15/5/2008 – Giovedì

Questa notte c’era la luna piena e un cielo stellato da fare impressione. Il silenzio era incredibile già da ieri sera e questa mattina a parte qualche uccellino è continuato finché non abbiamo raggiunto El Pueblo (centro principale dell’isola).

Prima però abbiamo voluto fotografare la famiglia che ci ha ospitato per inviare loro un ricordo della nostra permanenza.

Isidro ci invita a seguirlo per un comodo sentiero che passa per alcune rovine pre incaiche di notevole interesse: sembra infatti che gli inca siano partiti dal lago Titicaca per spostarsi verso il centro del Perù.

La piazza principale di El Pueblo è colma di turisti in attesa della festa del patrono dell’isola e per vedere i matrimoni che si celebrano solo in questa giornata.

All’uscita della prima coppia dalla chiesa possiamo vedere che hanno consegnato agli sposi i simboli del loro nuovo status sociale: lei ha una mantella con fiocchi multicolori, lui il berretto da uomo sposato con i disegni e colori  del Sector di appartenenza (l’isola è divisa in sei settori).

Rientriamo con la barca del prete che ha celebrato i riti del patrono e i due matrimoni, ottenendo un risparmio di tempo che ci consente di passare dalle isole Uros per alcuni scatti fotografici (per la verità ci sono sembrate un po’ troppo turistiche…).

Passeggiata fino all’albergo riconfermandoci nell’idea che ci eravamo fatta ieri che Puno non è una città particolarmente bella.

Curiosità: continuiamo a vedere le case mai finite presenti anche nelle altre zone del Perù con tondini di ferro che sporgono dai tetti, mancate intonacature e senso di abbandono generalizzato.

 

16/5/2008 – Venerdì

Alle nove arriva Elisabetta che ci porta a Sillustani. In teoria sa l’italiano, in realtà preferisce lo spagnolo nonostante noi la invitiamo per far esercizio a sforzarsi di parlare la nostra lingua.

Le strade sono intralciate da grandi quantità di sassi perché ieri la regione ha avuto uno sciopero e questo è il modo di provocare disagi degli scioperanti peruviani. Il taxi fa continue gincane mentre il panorama è ricco di abitazioni in mattoni crudi di gradevolissimo aspetto. Si tratta di piccole fattorie con recinti differenziati per i vari tipi di animali e il solito cortile centrale su cui si aprono i vari locali della casa. Hanno anche un doppio forno: uno all’aperto per il bel tempo, e uno al chiuso per i mesi di pioggia (gennaio, febbraio, marzo).

Sillustani era un cimitero per incaico in cui i personaggi importanti si facevano inumare in tombe sotterranee sormontate da torri alte fino a 12 metri. E’ rimasto poco, ma il paesaggio è stupendo con un lago circondato da monti.

Alle 14,30 siamo di ritorno e pronti a salire sull’autobus che ci porterà ad Arequipa.

Curiosità: il check per il viaggio in autobus in stile aeroporto comprendeva il controllo con metal detector e una ripresa fotografica di tutti i passeggeri. Ci dicono che è perché Puno è località di contrabbandieri che dalla vicina Bolivia importano vari prodotti perché sono più economici di quelli locali.

 

 

17/5/2008 – Sabato

Alle nove arriva Lourdes, la nostra guida di oggi. Parla un ottimo italiano e, come segnala il routard, è orgogliosissima di essere arequipena. Per i suoi abitanti questa città è unica per la sua posizione, per l’architettura e le opere d’arte che possiede, per la sua modernità, per la dimensione a misura d’uomo. Tutto sommato non possiamo che concordare con loro.

Come già Marco a Cusco, questa guida ha qualche numero in più, accetta che il rapporto con noi sia di interscambio culturale più che parlare a macchinetta, così facciamo insieme paragoni sull’architettura e le religioni inca ed egiziane che hanno molti punti in comune.

Arequipa è la seconda città del Perù ed è sorta nel 1540 ad opera degli spagnoli su un antico sito yamara e quechua. Vediamo insieme la cattedrale, alcune vecchie case coloniali ed altre chiese con facciate scolpite a disegni geometrici o con frutta e fiori esotici.

Il clou della giornata è la visita al convento di S. Catalina: una città nella città con i suoi ‘miniappartamenti’ per le monache di clausura provenienti da famiglie di nobiltà spagnola.

Anche la visita alla cappella della Compagnia di Gesù merita tutta l’attenzione con i suoi affreschi che ne ricoprono interamente le pareti.

Curiosità: sono moltissimi i musei e le chiese dove è vietato fotografare o fare riprese video. Fin qui nulla di strano, ma risulta anche impossibile trovare pubblicazioni o cartoline di questi interni. Il motivo sembra stia nella volontà peruviana di costringere chi vuole ammirare affreschi, quadri e oggetti d’arte di fare un viaggio.

 

18/5/2008 – Domenica

Alle 7,40 passa il pullmino per andare al Canyon del Colca. Ci sono già alcuni passeggeri ed altri passiamo a prenderli al loro albergo. Sono un po’ di tutte le nazionalità: canadesi, tedeschi, australiani. Oltre a noi c’è un’altra coppia di italiani che sono all’inizio del loro soggiorno in Perù.

Irene, che parla spagnolo e inglese, ci illustra quanto vediamo durante il percorso di tre ore che porta a Chivay, capoluogo della valle del fiume Colca. Il paesaggio è deserto. Nell’unica zona con un po’ di erba vivono le vigogne che, con il guanaco, sono i due tipi di camelidi selvatici. Ne vediamo parecchie in piccoli branchi. Più oltre, gruppi di camelidi domestici: lama e alpaca.

La guida non si limita a farci vedere animali, curiosità paesaggistiche e a raccontarci un po’ di storia, ma ci fa notare anche alcune erbe dalle proprietà miracolose che consentono di sopportare l’altitudine. Oggi si arriva fino al passo di Patapampa a 4910 metri e queste erbe sono un toccasana con le foglie di coca che mastichiamo durante il tragitto.

Ci sistemiamo in albergo prima di fare una breve escursione nei dintorni. Ci vengono incontro una frotta di bambini speranzosi di ricevere qualcosa.

Fine giornata alle acque termali di Calera per un ottimo bagno. Finalmente, grazie alle qualità di quest’acqua, le punture di zanzare della scorsa settimana si placano miracolosamente. Rimarranno i segni per un bel po’ ma almeno il prurito cessa.

Curiosità: dopo oltre dieci giorni di permanenza non possiamo che confermare la validità delle foglie di coca masticate contro mal d’altura, mal d’auto e mal di mare.

 

19/5/2008 – Lunedì

Partenza alle 5 col pullmino . Percorriamo tutta la valle del Colca, verde, rigogliosa e coltivata a terrazzamenti come cinquecento anni or sono. Il costume tradizionale delle donne è molto cambiato: semplice di foggia ma molto ricamato, cappello di paglia chiaro o cappello ricamato a seconda della zona della valle.

Ci fermiamo nei pressi della Cruz del Condor sui 3800 metri di altitudine. I condor si avvistano assai presto (l’ora è la più propizia), sono splendidi, maestosi veleggiatori che sfruttano le correnti ascensionali del profondissimo canyon (oltre 4000 metri) di cui vediamo con fatica il fondo.

La vegetazione è costituita da diverse specie di cactus. Rientrando ci fermiamo in un paio di posti: una chiesa di un certo interesse, un piccolo museo che illustra l’abitudine dei popoli pre inca di questa zona di praticare la deformazione del cranio nei bambini:  essi erano convinti fosse un segno di grande distinzione che la testa assumesse la stessa forma delle loro montagne sacre.  Rientriamo ad Arequipa un po’ stanchi.

Curiosità:  i cactus hanno grossi frutti della dimensione di un pompelmo. Irene ce li fa assaggiare: sono a metà fra il kiwi e il limone, molto succosi e piacevoli. Scopriremo in seguito che neppure i peruviani li conoscono gran che.

 

 

20/5/2008 – Martedì

Dobbiamo impiegare la giornata girando per Arequipa: il nostro autobus per Nazca parte alle 21,30 e l’albergo va lasciato entro le 12.

Ce la prendiamo comoda e usciamo alle 11 lasciando gli zaini nell’albergo che è in una costruzione coloniale con molti cortili sui quali si affacciano le camere, un bel giardino e molti oggetti del 1800 appesi alle pareti.

Visitiamo il museo della Mummia Juanita, il cadavere di una bambina di 12-14 anni che è stato liberato dai ghiacci del vulcano Ampato nel 1995. La visita è preceduta da un documentario: gli archeologi vogliono che i visitatori si rendano conto, prima di tranciare giudizi di crudeltà, dell’immenso senso religioso che accompagnava l’idea di sacrificare un innocente per placare le ire del vicino vulcano Sabancahia, in eruzione da alcuni anni. Per quanto ci riguarda centrano completamente il bersaglio.

L’acquisto di alcuni souvenir (è ormai tempo di provvedere) e il pranzo in uno dei tanti ristoranti che si affacciano sulla piazza: una zuppa di gamberi di fiume davvero ottima, prima di sederci in piazza ad attendere l’ora della partenza. Manca molto tempo, ma preferiamo riposare qui guardando il via vai di donne con una scatoletta al collo che vendono caramelle, sigarette (un gruppo di giovanotti ne compra una da fumare in quattro), cioccolato.

Il check in avviene alle 21 e partiamo in perfetto orario con un autobus a due piani che fa venir male solo a guardarlo nonostante abbia poltrone comodissime, poggia-gambe e tavolinetto. Per di più siamo al secondo piano e un certo dondolio non concilia il sonno, ma il mal di stomaco.

Curiosità: esiste una polizia turistica in aggiunta a quella tradizionale e ai vigili urbani. Essa ha il compito di allontanare chi molesta i visitatori con richieste di denaro o offerte troppo insistenti. A me è capitato che un ragazzo si fosse seduto sulla panchina in cui stavo aspettando Arturo e ha iniziato a conversare: non ha fatto a tempo a finire la prima frase che già il poliziotto gli faceva segno di andarsene.

21/5/2008 – Mercoledì

Per quanto ci riguarda la soluzione delle 12 ore in autobus non va proprio bene. Il viaggio è stato particolarmente duro con conseguente mal di testa che non si riesce a smaltire visto che alle 5, quando arriviamo a Nazca, comincia già la giornata con tour delle cose interessanti dei dintorni.

Viene a prenderci Marco Antonio che ci lascia in un albergo per il tempo di una colazione.

Alle sette andiamo a visitare Chanchilla, sitnoti, non ci destano grande emozione.

Il mal di testa regalatoci dal viaggio non si placa certo col sole e chiediamo di andare nel primo pomeriggio direttamente a Paracas. Questa volta siamo in auto e le cose vanno un po’ meglio. Il viaggio dura tre ore e alle 17 alloggiamo in un alberghetto vicinissimo al mare.

Curiosità:  lungo il tragitto per Chanchilla si vedono grandi quantità di ossa, capelli e pezzi di stoffa risalenti a qualche centinaio d’anni dopo Cristo. Marco Antonio ci spiega che qui ci sono moltissime tombe e che i tombaroli locali le hanno saccheggiate spargendo intorno le ossa dei defunti: fa una certa impressione.

 

 

22/5/2008 - Giovedì

Giornata meravigliosa con la gita alle isole Ballestas dove tutti noi turisti ci sbracciamo per riprendere foche, leoni di mare, pinguini di Humboldt e uccelli in quantità indescrivibile.

Subito dopo un’auto ci porta nella riserva di Paracas, un deserto che dà sul mare in cui fotografiamo splendidi scorci, avvoltoi dalla testa rossa e vari uccelli marini.

Pranzo nel porticciolo di Lagunella con pesce freschissimo. Nel pomeriggio partenza per Lima in auto.

Curiosità: nella riserva di Paracas era famosa una formazione rocciosa detta ‘La Cattedrale’. Si trattava di un arco aereo che congiungeva uno scoglio alla terraferma. Purtroppo il terremoto dello scorso anno l’ha fatta crollare e rimane oggi solo lo scoglio ormai isolato.

 

23/5/2008 – Venerdì

Restiamo tutto il giorno al Ceprof in compagnia di Maruja che gentilmente risponde alle nostre domande sulla sua esperienza con le bambine in difficoltà. Ci dice che aveva già tentato una precedente esperienza di laboratorio per aiutare le donne ad emanciparsi, ma che Sendero Luminoso che avversava tali iniziative, aveva costretto ad abbandonare tutto.

A pranzo siamo con le bambine che sono appena tornate da scuola: allegre e festose ci cantano qualche canzone e si divertono a rivedersi sulla mia videocamera che le ha riprese.

Partenza per Milano alle 19,45 con viaggio interminabile (ma senza problemi di bagaglio per una volta).

 

 

Conclusioni

Il viaggio è decisamente faticoso: jet leg, problemi di adattamento all’altura, qualche problema legato alla carenza d’acqua di alcuni luoghi e non ultima la nostra non giovanissima età hanno avuto il loro peso, ma guai a chi si autolimita: i disagi valgono decisamente la pena di un’esperienza come la nostra che consigliamo decisamente.

 

Col senno di poi il viaggio si può organizzare da soli: il vantaggio sarebbe in una schedulazione più mirata alle proprie possibilità, lo svantaggio nel dover ricercare ogni volta taxi, escursioni, guide con il rischio di non trovare sempre il meglio. Confermo comunque che l’organizzazione è stata impeccabile.

 

Se dovessimo  dare un consiglio direi che proprio non va bene il passaggio da Arequipa a Nazca, credo che sia molto meglio l’ipotesi di un’auto con qualche fermata intermedia. Non sarebbe male tenere la stanza ad Arequipa tutto il giorno; io ci avevo pensato ma poi avevamo rinunciato.

 

 

 

Nelly e Arturo

negando@alice.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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